Militaria
Comandanti militari USA vogliono che Biden ordini di colpire gli Houthi. Anche i britannici pronti a reagire
I vertici militari statunitensi vogliono attaccare gli Houthi, mentre i diplomatici starebbero mordendo il freno. Lo riporta il New York Times
L’articolo del 31 dicembre del quotidiano neoeboraceno indica che, da un lato, i comandanti militari statunitensi stanno facendo pressioni sul presidente Joe Biden affinché consenta loro di colpire le forze Houthi nello Yemen, responsabili degli attacchi alle navi commerciali nel Mar Rosso, ma dall’altro i diplomatici invitano alla cautela.
Mentre le forze statunitensi hanno colpito siti di lancio di missili e droni in Siria e Iraq, Biden è stato riluttante a ordinare lo stesso contro le basi Houthi nello Yemen, scrive il NYT. La cautela è dettata da molte considerazioni, ma la principale è che l’Arabia Saudita vuole andare oltre la sua costosa guerra nello Yemen.
L’escalation del conflitto con gli Houthi, che controllano la capitale, Sana’a, e gran parte del nord del paese, potrebbe far fallire una tregua faticosamente negoziata.
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«Tutti stanno cercando un modo per allentare le tensioni», ha detto al NYT Tim Lenderking, inviato speciale degli Stati Uniti per lo Yemen, in un’intervista all’inizio di questo mese. «L’idea non è quella di coinvolgere la regione in una guerra più ampia, ma piuttosto di utilizzare gli strumenti a nostra disposizione per incoraggiare gli Houthi a frenare il loro comportamento sconsiderato».
Nel frattempo, i funzionari del Pentagono hanno elaborato piani dettagliati per colpire basi missilistiche e droni nello Yemen, e alcune delle strutture dove sembrano essere ormeggiate le imbarcazioni veloci del tipo utilizzato per attaccare la nave portacontainer Maersk. Tuttavia esiste una certa preoccupazione che tali attacchi possano giocare un ruolo nel piano d’azione dell’Iran.
«Ho dei dubbi sugli effetti degli attacchi», ha detto Adam Clements, ex addetto dell’esercito americano per lo Yemen. «La relazione Iran-Houthi trae grandi benefici dal conflitto, quindi perché crearne di più?»
Al contempo, riporta il giornale di Nuova York, diversi alti ufficiali statunitensi in pensione con esperienza nella regione del Golfo sostengono che la ritorsione sia essenziale per ristabilire la deterrenza americana, un’opinione condivisa da molti al Pentagono. «Il problema più grande è che gli Stati Uniti dall’inizio di ottobre hanno accettato come normali attacchi persistenti di missili e droni Houthi» sul Mar Rosso, ha affermato il vice ammiraglio Kevin Donegan, comandante in pensione della Quinta Flotta. «Non rispondere quando le forze americane vengono attaccate in qualsiasi modo mette a rischio la vita dei marinai e dei marines americani se un missile dovesse superare le difese americane».
«Costituisce inoltre un nuovo precedente secondo cui attaccare una nave statunitense comporta un basso rischio di ritorsioni e, come abbiamo visto, invita a ulteriori attacchi da parte degli Houthi» ha dichiarato il Donegan.
Gli Houthi stanno provocando anche la reazione di Londra.
Dopo gli attacchi in corso nel Mar Rosso, gli inglesi si stanno mobilitando per un’escalation contro gli Houthi. L’esercito britannico si sta preparando a lanciare un’ondata di attacchi aerei contro gli Houthi, aumentando la prospettiva di una significativa spirale di tensioni nella regione, ha riferito il Times di Londra.
Secondo i piani, il Regno Unito si unirebbe agli Stati Uniti e forse ai Paesi europei per lanciare una salva di missili contro obiettivi pre-pianificati, sia in mare che nello stesso Yemen, dove hanno sede i militanti.
Una fonte di Whitehall ha affermato che gli attacchi coordinati potrebbero coinvolgere per la prima volta aerei da guerra della RAF o l’HMS Diamond, un cacciatorpediniere lanciamissili che naviga nel Mar Rosso.
Si prevede che il Regno Unito e gli Stati Uniti rilasceranno una dichiarazione senza precedenti che avvertirà gli Houthi di smettere di attaccare le navi commerciali o di affrontare la potenza militare dell’Occidente, scrive EIRN.
Prima della dichiarazione, il segretario alla Difesa britannico Grant Shapps ha dichiarato: «se gli Houthi continuano a minacciare vite umane e commercio, saremo costretti a intraprendere le azioni necessarie e appropriate».
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La fonte di Whitehall citata dal Times ha affermato che la dichiarazione rappresenta un «ultimo avvertimento» e che se gli Houthi non riuscissero a fermare gli attacchi, la risposta sarebbe probabilmente «limitata» ma «significativa».
La sera del 31 dicembre un portavoce del governo britannico ha affermato che è in corso la pianificazione di una «gamma di scenari» ma che non è stata ancora presa alcuna decisione: «la situazione nel Mar Rosso è incredibilmente grave e gli attacchi Houthi sono inaccettabili e destabilizzanti. Come ci si aspetterebbe, anche se è in corso la pianificazione per una serie di scenari, non è stata ancora presa alcuna decisione e continuiamo a perseguire tutte le vie diplomatiche. Chiediamo agli Houthi sostenuti dall’Iran di cessare questi attacchi illegali e stiamo lavorando con alleati e partner per proteggere la libertà di navigazione».
Allo stesso tempo, il Financial Times riferisce che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha imposto nuove sanzioni a individui ed entità turche e yemenite che si ritiene stiano «facilitando il flusso di assistenza finanziaria iraniana alle forze Houthi e alle loro attività destabilizzanti». Sarebbero incluse società di cambio valuta nei due Paesi.
Il Tesoro ha affermato che queste reti «hanno facilitato il trasferimento di milioni di dollari agli Houthi sotto la direzione di… Sa’id al-Jamal”, un finanziere affiliato al Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane della Forza Quds.
Gli Houthi hanno affermato che intendono continuare le loro operazioni, anche se gli Stati Uniti riuscissero a mobilitare «il mondo intero» e minacciassero di contrattaccare se le navi americane osano prendere di mira lo Yemen.
Come riportato da Renovatio 21, una petroliera norvegese che incrociava nell’area giorni fa è stata colpita da un missile. Due settimane fa una nave da guerra FREMM francese, la Languedoc, è stata attaccata da droni yemeniti. Pochi giorni prima, anche una nave militare americana era stata colpita.
Come riportato da Renovatio 21, la multinazionale armatoriale Maersk ha cominciato ad evitare il canale di Suez preferendo rotte che fanno il periplo dell’Africa.
Gli Houthi hanno pubblicato il mese scorso un impressionante video del sequestro di una nave nel Mar Rosso, con un commando elitrasportato che atterra sulla nave armato al classico grido di «Allahu akbar».
Negli scorsi giorni il capo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane ha dichiarato che gli USA non solo sono «intrappolati» nel Mar Rosso, ma dovrebbero pure prepararsi alla chiusura dello Stretto di Gibilterra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 da Flickr
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Generale polacco invita la popolazione a prepararsi ad un attacco
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Militaria
Il Cremlino: i caccia francesi non aiuteranno l’Ucraina
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha dichiarato martedì che l’eventuale acquisizione da parte dell’Ucraina di caccia Rafale di produzione francese non altererà gli equilibri sul campo di battaglia a vantaggio di Kiev.
Lunedì, il presidente francese Emmanuel Macron e il capo di Stato ucraino Volodymyr Zelens’kyj hanno sottoscritto una lettera d’intenti per l’acquisto di 100 velivoli Rafale da parte di Kiev entro il prossimo decennio. Le due parti non hanno divulgato dettagli su tempistiche di fornitura o modalità di finanziamento dell’intesa.
L’accordo preliminare comprende inoltre l’acquisizione di otto sistemi di difesa aerea SAMP/T di ultima generazione – in fase di elaborazione –, munizioni di precisione AASM Hammer, droni e radar francesi.
«Qualsiasi aereo da combattimento ceduto al regime di Kiev non modificherà né la situazione al fronte né gli sviluppi operativi», ha affermato Peskov ai reporteresprimendo disappunto per il protrarsi dell’armamento di Parigi a Kiev, che «alimenta il conflitto senza apportare alcun contributo alla pace».
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Si calcola che il Rafale, l’aereo multiruolo di punta dell’aviazione francese, costi intorno ai 100 milioni di euro (116 milioni di dollari) per esemplare. La consegna di 100 unità potrebbe ascendere a 15 miliardi di euro, secondo stime riportate lunedì dai media francesi, basate su contratti antecedenti.
Non è dato sapere come l’Ucraina onorerà i pagamenti per le forniture, dal momento che i vertici di Bruxelles arrancano nel reperire risorse per sostenere lo sforzo bellico del Paese a corto di cassa. Kiev sta sollecitando i suoi finanziatori occidentali per un prestito da 140 miliardi di euro, coperto dai beni russi congelati. Mosca ha stigmatizzato il sequestro degli asset come «furto».
Il Belgio, depositario della quota preponderante di quei fondi, ha rigettato l’iniziativa per i pericoli finanziari e giuridici. Il piano controverso presuppone che Mosca eroghi in futuro i risarcimenti a Kiev, un’ipotesi ritenuta largamente implausibile.
Lo scandalo corruttivo in atto in Ucraina ha altresì suscitato obiezioni tra i funzionari UE e fomentato appelli a una contrazione degli aiuti a Kiev.
La scorsa settimana, le autorità anticorruzione ucraine hanno svelato un apparato di tangenti da 100 milioni di dollari implicante i collaboratori dello Zelens’kyj nel settore energetico, largamente sovvenzionato dagli apporti occidentali.
Nella vicenda dei Rafale vengono al pettine diversi nodi, come quello dell’animosità di Parigi contro Mosca – che potrebbe avere origine nella perdita delle ex colonie africane – così come quella dei fondi dei contribuenti occidentali dati all’Ucraina, che di fatto finiscono ad ingrassare alcuni Paesi e sempre più chiaramente gli apparati militari-industriali, come in un grande schema di riciclaggio violento.
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Immagine di Aksveer via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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La Germania rimuoverà le restrizioni all’esportazione di armi verso Israele
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