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Geopolitica

La Polonia ha pensato ad una partizione dell’Ucraina?

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L’ex ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha suggerito che il governo di Varsavia abbia preso in considerazione la spartizione dell’Ucraina nelle prime settimane dopo l’inizio dell’operazione militare speciale della Russia del 24 febbraio 2022 in Ucraina.

 

I suoi commenti sono arrivati ​​in un’intervista a Radio ZET il 23 gennaio, suscitando una forte replica da parte del primo ministro Mateusz Morawiecki.

 

A Sikorski è stato chiesto se il governo Legge e giustizia (PiS) al potere avesse mai preso in considerazione l’idea di una partizione dell’Ucraina. L’ex ministro, ora europarlamentare, risposto affermando che c’è stato «un momento di esitazione nei primi 10 giorni di guerra, quando tutti non sapevamo come sarebbe andata, se forse l’Ucraina sarebbe caduta… Se non fosse stato per l’eroismo del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj e l’aiuto dell’Occidente, le cose sarebbero potute andare diversamente».

 

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha reagito, accusando Sikorski di comportarsi «come un propagandista russo».

 

Secondo il tweet del premier di Varsavia, «l’ex ministro degli Esteri deve soppesare le sue parole. Mi aspetto che queste vergognose dichiarazioni vengano ritirate. Chiedo all’opposizione di dissociarsi dalla dichiarazione di Radoslaw Sikorski».

 

Non è la prima volta che Sikorski è in disaccordo con il governo di Varsavia.

 

Nel settembre 2022, il Sikorski ha twittato «Grazie, USA», insieme a una foto di un’enorme fuga di gas causata dal sabotaggio dei gasdotti russi Nord Stream nel Mar Baltico.

 

Sikorski si era ulteriormente congratulato con i responsabili dell’atto, affermando che i gravi danni causati ai gasdotti costringerebbero la Russia a parlare con Polonia e Ucraina se volesse continuare a fornire gas all’Europa. «Ottimo lavoro», aveva concluso in un secondo tweet. Successivamente ha cancellato entrambi i tweet.

 

Come riportato da Renovatio 21, Sikorski in un’intervista al settimanale italiano L’Espresso è arrivato a ipotizzare la possibilità di consegnare testate atomiche occidentali a Kiev.

 

Il Sikorski è passato per think tank ed ambienti neocon americani, al pari di sua moglie, l’americana Anne Applebaum, inesausta nemica di Mosca premiata perfino con il Pulitzer.

 

Va ricordato inoltre che nel 2014 Sikorski trattava per la UE a Kiev.

 

L’idea di un’annessione di porzioni dell’Ucraina occidentale, che sono state storicamente polacche (Leopoli, Ternopoli, Rivne) aleggia sin dall’inizio nel conflitto nelle chiacchiere sui progetti di Varsavia.

 

Vi sono degli aspetti anche personali. Si realizzerebbe forse un desiderio dello stratega americano Zbig Brzezinski (1928-2017), advisor presidenziale USA antirusso fino al midollo e discendente di un’aristocratica famiglia polacca che proveniva dal Voivodato di Ternopil’.

 

Come Brzezinski, anche i neocon, detti anche «straussiani» per la loro fedeltà agli insegnamenti segreti del filosofo ebreo-tedesco.statunitense Leo Strauss, che al momento dirigono la diplomazia e la guerra americana come Victoria Nuland, sono in genere originari di quelle parti, membri di famiglie ebree fuggite dallo Zar.

 

 

 

 

 

 

Immagine di Platforma Obywatelska RP via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

 

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Geopolitica

Lavrov: i piani di pulizia etnica di Israele portano la regione sull’orlo dell’abisso

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Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha avvertito in termini drammatici che il tempo a disposizione per raggiungere una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese potrebbe essere scaduto, nella sua conferenza stampa dell’11 settembre, a conclusione del Dialogo Strategico Russia-Consiglio di Cooperazione del Golfo a Sochi.

 

Il Lavrov messo in guardia contro la proposta israeliana di creare un’«entità» controllata da Israele a Gaza attraverso una «pulizia etnica», ricordando che il mancato riconoscimento di uno Stato palestinese è la causa principale della crisi nella regione.

 

La Russia, ha dichiarato il ministro, sta cercando di chiarire questa realtà agli Stati Uniti. A Lavrov è stato chiesto se la Russia consideri il suo Dialogo Strategico del Consiglio di Cooperazione del Golfo «come una sede per promuovere iniziative» per un accordo palestinese-israeliano, e se tale accordo sia ancora possibile dopo l’attacco israeliano a Doha del 9 settembre.

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È necessario agire per «arretrare il processo di insediamento da dove si trova ora, ovvero sull’orlo del baratro. Potrebbe benissimo accadere che [non identificato, ndr] ci impongano il punto di vista promosso da Israele, che sostiene che uno Stato palestinese non è necessario, che i palestinesi devono essere reinsediati e che, dopo la pulizia etnica, dovrebbe essere creata un’entità controllata da Israele nella Striscia di Gaza. Questo è un approccio molto pericoloso», ha risposto Lavrov.

 

«Mentre oggi ci scambiavamo opinioni a porte chiuse, tutti concordavano sul fatto che la questione palestinese irrisolta fosse la causa principale di tutti i problemi in Medio Oriente, perché lo Stato palestinese, solennemente promesso dall’Assemblea Generale da 80 anni, che avrebbe dovuto essere creato contemporaneamente allo Stato di Israele, non è stato ancora proclamato».

 

«Se si guarda la mappa, molto è cambiato da quando è stata adottata la risoluzione dell’Assemblea Generale. Già nel 1967, la mappa ha subito modifiche significative. Se si guarda a ciò che sta accadendo ora nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania (…) il governo Netanyahu ha adottato una decisione senza precedenti: costruire nuovi insediamenti in numeri senza precedenti. I punti isolati sulla mappa della Cisgiordania ora si stanno fondendo per formare una macchia».

 

«Si dice che qualcuno in Israele stia già discutendo l’opzione di creare una o due municipalità palestinesi in Cisgiordania invece di uno Stato, una notizia allarmante che si sta diffondendo sempre di più. Ne stiamo discutendo con i nostri colleghi statunitensi e cerchiamo di far capire che senza eliminare la causa principale, che sta privando i palestinesi del diritto a un proprio Stato, aspettarsi che la situazione in Medio Oriente si calmi è un esercizio inutile, e il sentimento estremista si alimenterà ulteriormente se la situazione rimane immutata».

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Immagine di Koerner /MSC via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Germany

 

 

 

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Geopolitica

Escalation della campagna israeliana di devastazione di Gaza City

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Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) continuano la loro campagna per demolire Gaza City. Lo riporta EIRN.   Il 12 settembre, le IDF si sono vantate di aver colpito oltre 500 obiettivi a Gaza City questa settimana, in cinque ondate principali. Le prime tre ondate si sono concentrate sui quartieri di Daraj, Tuffah e Sheikh Radwan. Negli ultimi giorni, le IDF hanno affermato di aver esteso i loro attacchi al campo di Shati e ad altre aree di Sheikh Radwan.   Gli attacchi hanno distrutto diverse torri di grattacieli, che le IDF, come al solito, hanno affermato essere utilizzate da Hamas per la sorveglianza, come postazioni di cecchini, e depositi di armi.   Il reporter di Al Jazeera Hani Mahmoud ha riferito che oggi i caccia israeliani hanno sganciato bombe «ogni 10-15 minuti» su edifici residenziali e strutture pubbliche a Gaza City. «Il ritmo e la modalità degli attacchi suggeriscono una cosa: l’esercito israeliano sta deliberatamente esercitando una pressione estrema su luoghi densamente popolati da famiglie sfollate».

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Ciò continua nonostante i responsabili delle agenzie di sicurezza israeliane abbiano avvertito i ministri, durante una riunione convocata il 12 settembre da Netanyahu, che la prevista presa di Gaza City porterà «inevitabilmente» all’uccisione di ostaggi, secondo quanto riportato dall’emittente pubblica israeliana Kan.   La previsione è più definitiva di quelle precedenti fornite dalle autorità di sicurezza sull’operazione di Gaza City, secondo il Times of Israel.   Nel frattempo, l’UNICEF ha riferito che a oltre 10.000 bambini di Gaza City è stata diagnosticata una malnutrizione acuta solo negli ultimi due mesi. L’agenzia avverte che, se non vengono seguite le cure, c’è un alto rischio che alcuni dei 2.400 bambini attualmente in cura per malnutrizione acuta grave nella zona possano morire di fame.   Tre settimane fa la Classificazione Integrata della Sicurezza Alimentare (IPC), sostenuta dalle Nazioni Unite, ha dichiarato che la fame di massa dei civili a Gaza ha raggiunto il livello di carestia.   Come riportato da Renovatio 21, secondo il ministero della Salute gazano il numero ufficiale dei morti per carestia sarebbe di circa 350.

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Immagine di Jaber Jehad Badwan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Netanyahu: eliminare i capi di Hamas in Qatar toglierebbe il «principale ostacolo» alla pace

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Il primo ministro israeliano Benjamino Netanyahu ha dichiarato sabato che l’eliminazione dei leader di Hamas in Qatar favorirebbe la fine del conflitto a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani, a pochi giorni dal bombardamento da parte di Israele di alti esponenti del gruppo militante a Doha.

 

Hamas ha smentito l’eliminazione della sua leadership, definendo l’attacco israeliano un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati nella ricerca di una soluzione al conflitto di Gaza.

 

I capi dei terroristi di Hamas a Doha hanno «bloccato tutti i tentativi di cessate il fuoco per prolungare all’infinito la guerra», ha affermato Netanyahu.

 

«Liberarci di loro eliminerebbe l’ostacolo principale al rilascio di tutti i nostri ostaggi e alla fine della guerra», ha scritto Netanyahu su X sabato.

 

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Il Qatar ha ospitato numerosi negoziati tra Israele e Hamas, mediando i colloqui che hanno portato a due cessate il fuoco temporanee nella guerra di Gaza, una nel 2023 e un’altra all’inizio di quest’anno. Ha accusato Israele di «terrorismo di Stato» dopo l’attacco sul suo territorio.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha condannato l’attacco, prendendone le distanze. «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha dichiarato martedì, sottolineando che la decisione è stata esclusivamente di Netanyahu.

 

La frustrazione dell’amministrazione Trump verso il primo ministro israeliano è cresciuta dopo l’attacco al Qatar, ha riportato giovedì il sito di informazione statunitense Politico. «Ogni volta che fanno progressi, sembra che lui bombardi qualcuno», ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca, citato dalla testata.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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