Economia
La Banca di Francia preoccupata per la brusca recessione che si prospetta per l’economia francese
Le recenti previsioni pubblicate dalla Banque de France per i prossimi mesi non sono incoraggianti. Tutt’altro.
«Dopo aver mostrato una buona resilienza durante la maggior parte del 2022, l’attività attraverserà due fasi distinte: un forte rallentamento da questo inverno, seguito da un allentamento delle tensioni inflazionistiche e una graduale ripresa della crescita economica nel 2024 e nel 2025», dichiara la Banca di Francia.
Nella comunicazione è inoltre sottolineato che gran parte della flessione sarebbe dovuta alla continua instabilità delle forniture di gas, che colpiscono anche un Paese teoricamente autonomo grazie all’atomo, e neanche lontanamente dipendente dal gas russo come lo sono i vicini italiani e tedeschi.
Tuttavia, come sappiamo, la situazione non è rosea per l’Oltralpe.
«La Banca di Francia ha fatto questa valutazione a seguito della pubblicazione di un rapporto dell’agenzia di statistica INSEE, che ha evidenziato in particolare quanto segue: L’economia francese si contrarrà dello 0,2% negli ultimi tre mesi rispetto al trimestre precedente» riassume Sputnik.
«Una serie di scioperi delle raffinerie in ottobre ha ridotto le forniture di carburante per auto, mentre i problemi di manutenzione della vecchia flotta francese di 56 reattori nucleari hanno ridotto la loro potenza al minimo di 30 anni». Come riportato da Renovatio 21, tali problemi sono sorti improvvisamente e hanno messo in seria difficoltà la Francia e pure realtà limitrofe.
«La perdita di produzione nucleare taglierebbe la crescita economica francese dello 0,4% quest’anno» continua Sputnik. «L’anno prossimo la Francia tornerebbe a crescere nel primo trimestre con un tasso dello 0,1% seguito dallo 0,3% nel secondo trimestre. L’inflazione francese continuerà a salire dal 6,2% di novembre al picco di gennaio e febbraio al massimo di 38 anni del 7%».
Come riportato da Renovatio 21, anche in Francia sono stati lanciati allarmi per possibili blackout. Le Figaro due settimane fa ha ipotizzato pure uno stop dell’industria alimentare nazionale.
Immagine di Père Igor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Cina
La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.
Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.
Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.
La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».
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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani
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Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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