Economia
L’industria europea soffre per il divieto dell’alluminio russo
Con il decoupling tra l’Europa e la Russia, non è solamente il gas ciò che viene a mancare rendendo sostanzialmente insostenibile ogni attività industriale europea.
La produzione di alluminio nel vecchio continente è scesa al livello degli anni ’70, riferisce la testata economica americana Bloomberg.
Il motivo sono i prezzi elevati dell’energia e il blocco dell’acquisto di alluminio dalla Russia, un altra materia prima vittima del blocco ingenerato dalle sanzioni occidentali, appunto.
Il direttore generale dell’Associazione dei produttori europei di alluminio ha informato Bloomberg che l’industria è in crisi esistenziale. Se non troviamo qualcosa in fretta, non ci sarà alcuna possibilità di ricostruire nulla, ha dichiarato il direttore generale.
La stessa Unione Europea produce solo la metà dell’alluminio necessario. La seconda metà è stata importata, una quota sostanziale di questa è importata dalla Russia.
Le fonderie di alluminio e zinco in Slovacchia, Norvegia e Paesi Bassi sono state chiuse a causa dell’incapacità dei principali produttori/commercianti di materie prime come Trafigura di pagare i costi dell’elettricità
Il secondo produttore di acciaio al mondo, ArcelorMittal, ha chiuso altiforni a Brema e in Spagna, affermando di non poter gestire tutti i suoi impianti in modo economico a causa dei prezzi del gas naturale e dell’elettricità.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno, prima della guerra, la Francia aveva chiuso l’ultima raffineria di zinco rimastale a causa dei costi energetici. Si tratta di un colpo strategico per la filiera industriale nazionale francese, che viene di fatto così smantellata pian piano. Macron non ne sembra turbato: nonostante la «rinascita dell’industria nucleare» promessa, il presidente parigino ha annunciato razionamenti e luci spente ed ha solennemente proclamato la «fine dell’era dell’abbondanza».
Dopo Azovstal a Mariupol’, la più grande acciaieria del mondo è l’ILVA di Taranto. Lì i venti della deindustrializzazione – perché, se c’è un obbiettivo di tutto ciò che sta accadendo, dal COVID all’Ucraina, quello è deindustrializzare l’umanità – hanno soffiato da anni, ma sotto altri
Perché il progetto di far mancare la capacità lavorativa degli esseri umani opera da tempo – con il fine di creare povertà e sottosviluppo e quindi contrazione della popolazione terrestre.
Da millenni l’uomo lavora il metallo: impedirglielo significa, giocoforza, odiare l’uomo, e volere la sua estinzione.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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