Geopolitica
L’esercito israeliano chiede più fondi per una (possibile) guerra con Teheran
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Una risposta alla scelta iraniana di spingere sull’arricchimento dell’uranio. I negoziati sul nucleare a Vienna sospesi sino all’insediamento del nuovo presidente Raisi. I militari pronti ad attacchi preventivi. Netanyahu accusato di non aver stanziato un budget sufficiente per sventare la minaccia
L’esercito israeliano avrebbe chiesto un aumento «significativo» di fondi e finanziamenti per miliardi di shekels, per prepararsi alla guerra con l’Iran o, quantomeno, predisporre il terreno per un attacco preventivo. Una risposta alla scelta di Teheran di «spingere” sull’arricchimento dell’uranio e sospendere i colloqui sul nucleare a Vienna sino al passaggio di poteri a inizio agosto fra il presidente uscente, il moderato Hassan Rouhani, e il vincitore delle elezioni, l’ultra-conservatore Ebrahim Raisi.
L’esercito israeliano avrebbe chiesto un aumento «significativo» di fondi e finanziamenti per miliardi di shekels, per prepararsi alla guerra con l’Iran o, quantomeno, predisporre il terreno per un attacco preventivo
La richiesta di un ulteriore stanziamento di denaro è giunta ieri, durante le prime fasi della discussione avviata dal governo sul budget dello Stato, che il primo ministro Naftali Bennett vuole vedere approvato entro i prossimi mesi.
Fra le massime autorità del Paese ebraico e i vertici militari l’opinione diffusa è che i negoziati (indiretti) in atto sul ripristino del JCPOA nella capitale austriaca fra delegati della Repubblica islamica e funzionari USA siano destinati a fallire.
Per l’emittente TV israeliana Channel 12, che cita fonti anonime all’interno dei reparti della sicurezza, l’esercito si starebbe preparando a sferrare alcuni attacchi contro obiettivi in Iran entro «pochi mesi» dal collasso dei colloqui sul nucleare.
L’esercito israeliano si starebbe preparando a sferrare alcuni attacchi contro obiettivi in Iran entro «pochi mesi» dal collasso dei colloqui sul nucleare
L’obiettivo dei militari è quello di stroncare sul nascere ogni velleità iraniana sul nucleare e impedire la produzione – anche solo potenziale – di una bomba atomica, eventualità che Teheran ha sempre smentito con forza in tutti questi anni.
Sulla questione è intervenuto anche il ministro israeliano della Difesa Benny Gantz, il quale ha detto che «contro la più grande minaccia, l’Iran che si dota di un’arma nucleare, non abbiamo altra scelta se non quella di espandere la forza militare». L’obiettivo, conclude, è «continuare a fare affidamento sul nostro capitale umano e adattare le nostre capacità e i nostri piani».
Intanto sul banco degli imputati è finito anche l’ex premier e attuale leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu, non certo fautore di una linea morbida verso la Repubblica islamica, accusato di aver «ignorato la minaccia iraniana». E, spiegano le fonti, di «non aver stanziato un budget sufficiente» per una «preparazione adeguata» a un eventuale conflitto.
Il rischio, afferma una fonte della Difesa, è che per le politiche del precedente governo Israele «possa brandire un’arma, senza alcun proiettile al suo interno».
Il ministro israeliano della Difesa Benny Gantz: «contro la più grande minaccia, l’Iran che si dota di un’arma nucleare, non abbiamo altra scelta se non quella di espandere la forza militare»
In precedenza lo stesso Netanyahu aveva accusato Bennett e il suo esecutivo di «restare in silenzio» mentre Teheran «correva grandi falcate verso l’atomica».
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Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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