Bioetica
Circoncisione, l’Islanda abbandona l’idea del divieto
Dopo un dibattito nazionale di tre mesi e pressioni da tutto il mondo, una commissione parlamentare islandese ha accantonato il divieto proposto di circoncisione maschile. La pena per l’esecuzione o l’organizzazione di una circoncisione sarebbe stata una condanna fino a sei anni di carcere.
Il divieto è stato proposto a febbraio da Silja Dögg Gunnarsdóttir, 44 anni, del Partito progressista di Althing (così chiamano il parlamento islandese in lingua locale).
L’onorevole Gunnarsdóttir ha descritto il suo disegno di legge come un tentativo «di proteggere l’interesse del bambino». La «circoncisione delle donne» (cioè, l’infibulazione) era già stata bandita – aveva ragionato la deputata – perché quindi non anche la circoncisione dei maschi?
«Ogni individuo, non importa di che sesso o di quanti anni dovrebbe essere in grado di dare il consenso informato per una procedura che è inutile, irreversibile e può essere dannosa», ha dichiarato. «Il suo corpo, la sua scelta».
Incredibilmente, l’onorevole Gunnarsdóttir non ha consultato le minuscole comunità ebraiche e musulmane dell’Islanda e non ha saputo vedere d’anticipo il tumulto che ne è seguito. «Non pensavo che fosse necessario consultare», ha raccontato al giornale britannico The Independent. «Non lo vedo come una questione religiosa. Gli ebrei sono i benvenuti in Islanda. Ma questo riguarda la protezione dei bambini e i diritti dei bambini. Questo viene prima, e prima dei diritti religiosi dell’adulto».
«Non lo vedo come una questione religiosa. Gli ebrei sono i benvenuti in Islanda. Ma questo riguarda la protezione dei bambini e i diritti dei bambini. Questo viene prima, e prima dei diritti religiosi dell’adulto».
Gli islandesi erano divisi. Il sondaggio ha mostrato che il 50% ha favorito il disegno di legge e il 37% lo ha opposto, mentre il resto è indeciso. I capi religiosi locali hanno fatto una campagna contro.
Nel caso, sono altresì emerse alcune incongruenze. I bambini intersessuali sono abitualmente operati, ma senza il loro consenso. Il disegno di legge citava la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, ma l’Islanda ha talvolta deportato bambini nati in Islanda senza rispettare i loro diritti.
Il disegno di legge sembra essere affondato perché i lobbisti hanno alimentato con successo i timori di discriminazione religiosa.
«L’impatto di questa legge sarebbe sentito molto al di là dei confini dell’Islanda», scrive una lettera del Comitato degli affari esteri della Camera dei Rappresentanti.
«Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in paesi con popolazioni più diversificate».
«Questa mossa renderebbe l’Islanda la prima e unica nazione europea a mettere fuori legge la circoncisione. Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in paesi con popolazioni più diversificate».
In pratica un sacrificio altruistico: ogni prepuzio di bambino che tagliamo in Islanda è una manciata di voti in meno agli xenofobi degli altri paesi.
Nel blog della Oxford University Practical Ethics, i due bioeticisti Lauren Notini e Brian D. Earp, hanno suggerito che le ragioni religiose per la circoncisione maschile non sono probabilmente giustificabili: «I diritti religiosi dei genitori non sono illimitati».
I due studiosi sostengono che «il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto). Plausibilmente, la persona le cui “parti private” saranno permanentemente influenzate dal taglio dovrebbe avere la possibilità di valutare se è ciò che desidera, alla luce delle loro preferenze e valori a lungo termine».
«Il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto)
Togliendo una quantità immensa di terminazioni nervose (di cui il pene è una delle aree più ricche), con la circoncisione – è stato ribadito anche recentemente da un episodio di qualche tempo fa della trasmissione radiofonica La Zanzara, che intervistava un cittadino israeliano – con probabilità si condanna il soggetto a rapporti sessuali meno piacevoli.
Specularmente, l’infibulazione, che invece in Italia è proibita dalla legge 7/2006 (dai 4 ai 12 anni di carcere), toglie alla femmina il piacere nel coito, al punto che alcuni hanno ipotizzato che, mancando la lubrificazione della vagina, è proprio a causa dell’infibulazione e dei conseguenti sanguinamenti durante il sesso che l’Africa registra un’epidemia di HIV senza pari al mondo.
Togliendo una quantità immensa di terminazioni nervose on probabilità si condanna il soggetto a rapporti sessuali meno piacevoli
Sempre a differenza dell’infibulazione, la circoncisione, fondamentale rito per i bambini ebrei (Brit Milah: «patto del taglio»), gode di uno fortunato status in molti Paesi del mondo. In Italia nessuna legge la vieta, anzi, vi sono progetti affinché se ne possa usufruire presso la sanità pubblica.
Nel nostro Paese, – dove è stata recepita la legge 101 del 1989, che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane – maschi di religione ebraica e (musulmana) grazie ad alcuni progetti «clinico-culturali» possono essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.
In America la circoncisione supera il 90% della popolazione. Mentre erroneamente qualcuno pensa si tratti dell’influenza della minoranza ebraica residente in quel Paese, le origini di questa pratica diffusa sono nell’Ottocento, quando si pensava che circoncidere il bambino avrebbe prevenuto la masturbazione (chiamata pudicamente self-abuse) in età più adulta.
Vi sono negli USA oggi vari movimenti che si battono contro la circoncisione; molti di coloro che protestano sono, molto spesso, circoncisi.
Negli Stati Uniti è inoltre nota la pratica, usata dagli ebrei ultra-ortodossi, del metzitzah b’peh, cioè «suzione orale della circoncisione»: la ferita della circoncisione è pulita con la bocca dal rabbino celebrante. Si calcola che nella sola Nuova York ogni anno 3.000 bambini vengano circoncisi così.
Negli anni scorsi, hanno riportato diverse testate, una piccola epidemia di Herpes sembra aver colpito i bambini soggetti a questa controversa pratica.
Bioetica
Circa il 40% delle donne soffre di un dolore profondo per anni dopo un aborto: studio
Secondo uno studio pubblicato di recente, quasi il 40 percento delle donne che hanno subito una perdita di gravidanza, a causa di un aborto o di un aborto spontaneo, riferiscono di provare un dolore intenso anche 20 anni dopo. Lo riporta LifeSite.
La straordinaria scoperta proviene da uno studio sul dolore per la perdita di una gravidanza, pubblicato lunedì, che ha coinvolto in modo casuale donne americane sui 40 anni. Lo studio ha classificato le donne che hanno abortito in base al grado in cui desideravano o accettavano l’aborto.
La percentuale più alta di donne ha dichiarato che l’aborto è stato accettato ma non è coerente con i propri valori (35,5%), seguita dalle donne che desideravano abortire (29,8%), dalle donne che non desideravano abortire (22,0%) e dalle donne che sono state costrette ad abortire (12,7%).
Il 70,2% delle donne che hanno segnalato l’aborto come incoerente con i propri valori, indesiderato o forzato presentava un rischio significativamente più elevato di soffrire di un lutto intenso e prolungato, noto come disturbo da lutto prolungato (PGD) o lutto complicato. Secondo lo studio, questo disturbo è «caratterizzato dall’incapacità di passare dal lutto acuto al lutto integrato… e può influire negativamente sulla salute fisica, sulle relazioni e sulla vita quotidiana».
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Le donne costrette ad abortire presentavano il rischio più elevato di PGD, pari al 53,8%, mentre le donne che dichiaravano di voler abortire presentavano il rischio più basso, pari al 13,9%.
Ben il 39 percento delle donne che hanno subito una qualsiasi forma di aborto ha dichiarato che «i peggiori sentimenti negativi persistono in media per 20 anni dopo la perdita», evidenziando la necessità di educare le donne sui rischi dell’aborto per la salute mentale.
Livelli elevati di dolore sono stati associati anche a eventi dirompenti come pensieri intrusivi, incubi, flashback e, in generale, «interferenze con la vita quotidiana, il lavoro o le relazioni».
In particolare, quando questo dolore segue un aborto, è spesso esacerbato dal senso di colpa e può anche essere prolungato dalla riluttanza a parlarne in terapia o con un confessore, un pastore o un direttore spirituale. Come osserva lo studio, «casi di studio hanno dimostrato che molte donne, anche quelle che cercano assistenza per la salute mentale, sono riluttanti a rivelare la propria storia di aborti a meno che non vengano espressamente invitate a farlo».
La ricerca supporta un altro studio pubblicato a settembre, «Persistent Emotional Distress after Abortion in the United States», che ha scoperto che sette milioni di donne statunitensi soffrono di grave stress emotivo post-aborto.
Entrambi gli studi confutano l’affermazione spesso citata del Turnaway Study, basata su un campione non rappresentativo di centri per l’aborto, secondo cui qualsiasi sofferenza post-aborto che una donna possa provare è lieve e scompare dopo circa due anni.
Gli studi mettono in discussione anche la base fattuale dell’«aborto terapeutico», ovvero l’affermazione che l’aborto in genere migliora la salute mentale delle donne con gravidanze problematiche, che è la base per pensare alla pratica come una forma di «assistenza sanitaria» e per la sua giustificazione legale in molte giurisdizioni.
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Bioetica
Aborto legalizzato alle isole Faroe
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Bioetica
Pericolo di introduzione dell’aborto in un testo europeo
La Fondazione NEOS e l’Assemblea per la Vita hanno espresso in una dichiarazione la loro profonda preoccupazione e il loro categorico rifiuto all’inclusione di riferimenti all’aborto nella bozza di Direttiva (UE) 2024/1385 sulla violenza contro le donne e la violenza domestica.
Questo sarebbe il primo testo giuridico europeo a legittimare l’aborto. Queste organizzazioni sono particolarmente preoccupate per il fatto che questo sviluppo avvenga con il sostegno del Partito Popolare Europeo (PPE). Le due entità denunciano quello che considerano un uso fraudolento del processo legislativo europeo.
La loro dichiarazione spiega che, nel contesto della stesura di una norma che mira a stabilire un quadro comune per la lotta contro reati come la violenza sessuale, la violenza domestica, le mutilazioni genitali femminili e il matrimonio forzato, viene introdotta una questione completamente estranea a questo obiettivo.
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È particolarmente grave che l’inclusione dell’aborto nella risposta istituzionale alla violenza contro le donne, oltre a essere estranea all’obiettivo di questa direttiva, contraddica la finalità stessa della norma. Sostengono che ciò equivarrebbe a sancire, come diritto, l’esercizio di una specifica forma di violenza «perpetrata contro gli esseri umani più vulnerabili, non ancora nati».
Primo testo giuridico europeo a legittimare l’aborto
Tuttavia, secondo queste organizzazioni, la natura fraudolenta della procedura non ne attenua la gravità. Se adottata definitivamente, la direttiva potrebbe diventare il primo testo giuridico europeo a legittimare di fatto l’aborto come diritto, attraverso una strategia di approcci successivi già osservata in altri ambiti e i cui effetti a lungo termine si sono rivelati disastrosi.
Inoltre, questa manovra costituisce un’ulteriore violazione del principio di sussidiarietà, in quanto comporta un’ingerenza dell’Unione Europea in un ambito di competenza esclusiva degli Stati membri.
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Critiche al Partito Popolare Europeo
Queste organizzazioni sono particolarmente preoccupate che questo cambiamento avvenga con il sostegno del Partito Popolare Europeo (PPE).
Sebbene i risultati delle ultime elezioni europee riflettano una maggioranza di forze politiche che, almeno sulla carta, rifiutano il riconoscimento dell’aborto come diritto europeo e difendono il principio di sussidiarietà, le contraddizioni interne del Partito Popolare Europeo e, in particolare, del Partito Popolare Spagnolo, hanno portato questi partiti ad allinearsi con le forze di sinistra, tradendo così le aspettative e, a volte, gli impegni assunti con i propri elettori.
Dato che questo testo deve ancora essere votato nella sessione plenaria del Parlamento europeo, NEOS e l’Assemblea per la Vita lanciano un forte appello a:
Rimuovere tutti i riferimenti all’aborto dalla direttiva.
Rispettare le competenze nazionali esclusive.
Porre fine alle iniziative che incoraggiano l’accesso transfrontaliero all’aborto.
Riaffermare l’umanesimo europeo e la difesa della vita in tutte le sue fasi.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Diliff via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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