Bioetica
«Bambini inguaribili»: il decalogo dell’ospedale Bambin Gesù. O bambino di Satana?
Il 28 maggio scorso, a un mese dall’omicidio di Stato del piccolo Alfie Evans – omicidio perpetrato dallo Stato sanitario con la complicità della chiesa – si è tenuto un importante convegno nell’Aula Salviati dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma.
Il fine dell’evento, strombazzato dai media di tutto il mondo, era presentare la «Carta dei Diritti del Bambino Inguaribile». Una sorta di decalogo, dettato però non da Dio Padre, ma dal Bambin Gesù, inteso come Ospedale della Santa Sede che si fregia del nome del Figlio di Dio infante.
Erano presenti delegazioni di medici, politici, ricercatori e bioeticisti.
Non poteva mancare, certo, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Mons. Vincenzo Paglia, vescovo emerito di Terni-Narnia-Amelia, il quale, ricordiamolo, è anche Gran Cancelliere del Pontificio istituto teologico San Giovanni Paolo II per le Scienze sul matrimonio e sulla famiglia e Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia.
Per i cattolici, insomma, in teoria nessuno più di lui dovrebbe essere titolato a parlare dei temi della vita e della famiglia, intorno ai quali ruota la tragedia appena consumata della famiglia Evans.
Paglia si è distinto per molte iniziative, tra cui ricordiamo solo la promozione alla Giornata della Gioventù dei simpatici pornolibretti (dei cui intarsi satanisti si è accorta soltanto Riscossa Cristiana in tutto il giro della stampa nazionale e internazionale sedicente cattolica), oppure la commissione a un artista omosessuale di un imponente pornoaffresco nella cattedrale di Terni in cui campeggia un Gesù effemminato ritratto su modello di un noto parrucchiere locale.
Nessuna delle sue tante belle iniziative ha mai scottato Paglia, anzi. Il monsignore è stato protagonista di un’ascesa inarrestabile nei posti chiave della gerarchia ecclesiastica che hanno a che fare con la morale cattolica.
Ma torniamo all’ospedale vaticano.
Il grande evento di presentazione della Carta ha potuto contare anche sulla presenza della parlamentare europea Silvia Costa, del direttore del Centro Nazionale Trapianti (perché, i trapianti, come i vaccini, sono molto amati dalla neochiesa), di Alessandro Nanni Costa, direttore della Pediatria e della Rianimazione Neonatale dell’Ospedale A. Beclere di Parigi, di Daniele De Luca e Mons. Francesco Cavina (il vescovo di Carpi che portò Thomas Evans da Bergoglio per iniziare il percorso senza uscita della «diplomazia vaticana», sfociato, come noto, nell’assassinio del piccolo Alfie e nella proibizione ai preti di avvicinarsi alla sua famiglia).
Alla base di tutto c’è quella cultura contrattualista per cui l’obiettivo supremo starebbe nell’alleanza terapeutica fra medici e genitori: una posizione fatta per far scivolare la discussione bioetica sul piano del volontarismo e dell’utilitarismo
Del team del Bambin Gesù erano presenti, oltre al presidente Mariella Enoc (quella che riguardo agli Evans cominciò a ventilare di «test genetici» – cioè eugenetici – per i figli successivi), il direttore scientifico Bruno Dallapiccola (appunto, un genetista), il direttore dei dipartimenti clinici Nicola Pirozzi e il responsabile dell’Etica Clinica, don Luigi Zucaro.
Tale dispiegamento di forze aveva come obiettivo la stesura di un documento in grado di «promuovere l’alleanza terapeutica e il sostegno ai bambini con malattie gravi e inguaribili», che prevede dieci diritti in dieci punti, che commentiamo tra parentesi.
1) Il bambino e la sua famiglia hanno diritto al miglior rapporto possibile con medici e personale sanitario
(Una puntualizzazione che tutti sentiamo come necessaria, in molti infatti pensano di aver diritto ad un rapporto mediocre o scadente con chi li cura)
2) Il bambino e la sua famiglia hanno il diritto all’educazione alla salute
(Qui parte un po’ di paternalismo: le famiglie vanno educate. Anche se la parola che sentiamo più vicina è di sapore maoista: rieducate)
3) Il bambino e la sua famiglia hanno il diritto di ottenere una seconda opinione medica
(Ci era sfuggito fosse proibito. Grazie Enoc!)
4) Il bambino e la sua famiglia hanno il diritto di ricevere la diagnosi più competente
(Anche qui, pensavamo di avere diritto solo alla diagnosi incompetente; poi sarà comunque a carico dell’ospedale far arrivare premi Nobel a visitarci la prole)
Notiamo la folle volontà di stringere un’«alleanza» con i dottori e le strutture che ammazzano i bambini, e pure non se ne scusano
5) Il bambino ha il diritto di esser sottoposto al miglior trattamento sperimentale
(E noi che credevamo si pescasse dal cesto dei peggiori trattamenti!)
6) Il bambino ha diritto a trasferimenti sanitari transfrontalieri
(Certo, si è visto nel caso di Alfie; si è sentito soprattutto quando un impiegato vaticano ha risposto a una emissaria degli Evans che in lacrime domandava la cittadinanza per Alfie qualcosa come «Signora, se lo facciamo per questo bambino dovremmo farlo per altri venti, duecento, duemila»)
7) Il bambino ha diritto alla continuità delle cure e alle cure palliative
(Pensavamo al bambino spettassero cure discontinue e nessuna cura palliativa. Fanno bene a puntualizzare)
8) Il bambino ha il diritto di veder rispettata la sua persona anche nella fase finale della vita, senza ostinazione terapeutica
(Ecco: su questo diremo più sotto)
9) Il bambino e la sua famiglia hanno il diritto all’accompagnamento psicologico e spirituale.
(Idem: diciamo più sotto, e qui centriamo il punto)
10) Il bambino e la sua famiglia hanno il diritto di partecipare alle attività di cura, di ricerca e accoglienza.
(Qualsiasi cosa voglia dire questa infilata di parole vuote, ci va bene lo stesso: almeno lo strazio della lettura di questo «decalogo del niente» è finito)
C’è un piccolo particolare, però: Alfie è morto. Tante parole, tanta condivisione. L’assassinio è avvenuto lo stesso.
C’è da rilevare come alla base di tutto, al solito, ci sia quella cultura contrattualista per cui l’obiettivo supremo starebbe nell’alleanza terapeutica fra medici e genitori: una posizione fatta per far scivolare la discussione bioetica sul piano del volontarismo (si decide in base alla volontà) e dell’utilitarismo (si decide in base al massimo del piacere esperibile per la comunità di esseri senzienti, essendo il dolore cosa orrenda che va evitata).
Notiamo la folle volontà di stringere un’«alleanza» con i dottori e le strutture che ammazzano i bambini, e pure non se ne scusano: il caso del recente comunicato riguardo alla morte del piccolo Isaiah indica con quale bestia assetata di sangue abbiamo a che fare.
Sappiamo, del resto, che le belve piacciono ai nemici dei cristiani: un tempo, i seguaci di Cristo erano dati in pasto ai leoni, peraltro proprio nei luoghi dove oggi sorge San Pietro (di qui, forse, la simpatica trovata di proiettare immagini di fiere varie sulla facciata di San Pietro, un paio di anni fa).
Comunque sia, è il caso di lasciar la parola al loquace uomo Paglia:
«Io credo che iniziative come queste siano particolarmente utili, perché i due casi di cui si fa memoria – quello di Charlie e di Alfie – mostrano un punto molto critico della società contemporanea. Ecco perché è indispensabile ritrovarsi insieme per riscoprire quella alleanza terapeutica o alleanza d’amore tra medici, familiari, malati e chi è amico, per accompagnare, senza mai abbandonare, anche coloro che sono inguaribili. Io mi augurerei che casi come questo ci aiutino a riflettere sul fatto che mai nessuno deve essere scartato. Io credo che sia indispensabile una cultura che contesti e si sdegni contro uno scarto quotidiano per aiutare un mondo che invece capisca; come dice Papa Francesco: “Se lo vogliamo umano, dobbiamo ripartire dalle periferie o dagli scartati”».
Nel settembre del 2017 proprio gli specialisti del Bambino Gesù di Roma avevano decretato l’inguaribilità di Alfie.
Oggi, invece, arrivano a parlare di differenza fra «possibilità di guarigione» e «possibilità di cura».
Oltre a non ricordare, non si capisce il perché, il piccolo Isaiah – i cui funerali, in pochi lo sanno, sono stati celebrati lo scorso giovedì dopo ben tre mesi dalla morte atroce cagionatagli dallo Stato ospedaliero assassino – il Paglia, che quando Alfie era ancora vivo pontificava di «accanimento terapeutico», torna a fare i soliti discorsi incentrati sul buonismo, sulla volontà di trovare spunti di condivisione puntando, à la Roncalli, su ciò che unisce e non ciò che divide.
C’è un piccolo particolare, però: Alfie è morto. Tante parole, tanta condivisione.
L’assassinio è avvenuto lo stesso.
Alfie, per settimane, è stato lasciato nel braccio della morte in attesa della pena capitale.
La corsa ai ripari del nosocomio vaticano arriva leggermente troppo tardi, e forse con lo scopo di salvare la faccia dopo che, nel settembre del 2017, in seguito alla visita di Alfie all’Alder Hey di Liverpool, proprio gli specialisti del Bambino Gesù di Roma avevano decretato l’inguaribilità di Alfie.
«Accanimento terapeutico», l’espressione gergale con cui la Necrocultura vuole iniettare definitivamente l’eutanasia nella morale cattolica.
Oggi, invece, arrivano a parlare di differenza fra «possibilità di guarigione» e «possibilità di cura».
Se il significato vi pare anche qui un po’ oscuro, esso vi diventerà più chiaro andandosi a rileggere il punto 8 e il punto 9:
«Il bambino ha il diritto di veder rispettata la sua persona anche nella fase finale della vita, senza ostinazione terapeutica».
Ecco. «Accanimento terapeutico», l’espressione gergale con cui la Necrocultura vuole iniettare definitivamente l’eutanasia nella morale cattolica.
È il pattern costante di ogni presa di posizione della neochiesa: si usa il sacro per coprire l’agenda della morte; si parla di accompagnamento spirituale per confermare l’«accompagnamento» alla morte, cioè l’omicidio, cioè la strage programmata via aborto, provetta, eutanasia dal Principe di questo mondo
«Al bambino in condizione di particolare fragilità, ivi comprese le malattie non guaribili e le situazioni ad evoluzione terminale devono essere garantiti trattamenti medici, infermieristici e di sostegno (psichico, sociale, spirituale) adeguati e proporzionati alla specifica condizione, con astensione da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione dei trattamenti».
Ecco. Accanimento terapeutico bis, dunque, e sostegno «psichico, sociale e spirituale». La psicologia messa sul piano dello Spirito: ci sembra giusto, specie negli anni in cui l’Ordine degli Psicologi radia chi sostiene la matrice patologica dell’omosessualità.
Ma soprattutto: il sostegno spirituale che abbiamo in mente è quello dei preti a Liverpool, costretti ad abbandonare l’ospedale lasciando soli Tom e Kate, con annessa l’ingiunzione episcopale di non avvicinare la famiglia (inaudito!).
Tutto torna, è il pattern costante di ogni presa di posizione della neochiesa: si usa il sacro per coprire l’agenda della morte; si parla di accompagnamento spirituale per confermare l’«accompagnamento» alla morte, cioè l’omicidio, cioè la strage programmata via aborto, provetta, eutanasia dal Principe di questo mondo.
Quindi: Bambin gesù o bambino di Satana?
Bioetica
Il Patriarcato ortodosso di Mosca dice che sempre più cliniche private rifiutano gli aborti
Oltre 500 centri medici privati hanno rifiutato di fornire servizi di aborto nonostante fossero autorizzati a farlo, ha affermato la Chiesa ortodossa russa. Ciò avviene nel bel mezzo di un’iniziativa pro-life del Patriarcato e di una spinta statale per aumentare i tassi di natalità in Russia.
Il capo della Chiesa Ortodossa Russa, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Cirillo I, ha incontrato giovedì i massimi esponenti del clero e il vicepresidente della Commissione demografica della Camera pubblica della Federazione Russa.
«Secondo i partecipanti all’incontro, più di 71 regioni della Federazione Russa hanno sostenuto l’iniziativa di Sua Santità il Patriarca di limitare l’aborto; 502 cliniche private in Russia hanno rifiutato di eseguire aborti, ovvero il 18% di tutte le cliniche autorizzate a eseguire aborti», si legge nella dichiarazione della Chiesa Ortodossa Russa.
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In Russia, gli aborti sono legali e la pratica è coperta dal sistema sanitario nazionale. Una gravidanza può essere interrotta fino a 12 settimane di sviluppo su richiesta della donna e fino a 22 settimane per motivi sociali, come il risultato di uno stupro o in caso di morte o disabilità del marito. Gli aborti in fase avanzata possono essere eseguiti solo per motivi medici.
In entrambi i casi, ci sono periodi di attesa obbligatori dopo che la donna ha fatto domanda per la procedura, per consentire il tempo di consultazione. Una gravidanza può essere legalmente interrotta in qualsiasi fase per motivi medici.
Il presidente russo Vladimir Putin si è rifiutato di sostenere le richieste di un divieto totale degli aborti. Invece, ha ripetutamente parlato della necessità che il governo incoraggi le famiglie russe ad avere più figli. Diverse misure adottate dallo Stato russo, negli ultimi anni, vanno in questa direzione.
Come riportato da Renovatio 21, l’intenzione di non vietare l’aborto era stata reiterata pochi mesi fa dalla presidente della Camera alta del Parlamento russo, Valentina Matvienko.
La maggioranza della popolazione russa si oppone agli aborti senza ragioni mediche, ha affermato il Patriarcato, citando un sondaggio condotto all’inizio di quest’anno.
Almeno il 77% dei russi considera un feto un essere umano, ha affermato uno studio sociologico condotto dal Centro di sociologia dell’Accademia russa delle scienze (RAN). Solo il 18% ha sostenuto che un bambino diventa umano solo alla nascita. Quasi tre quarti degli intervistati erano contrari all’aborto per scelta, prospettive o per ragioni economiche, consentendo l’aborto solo in presenza di problemi medici, secondo i dati del sondaggio.
L’anno scorso, i tassi di natalità nella Federazione Russa hanno raggiunto il minimo degli ultimi 24 anni, secondo le statistiche ufficiali.
Il numero di aborti, nel frattempo, è in costante calo dagli anni Novanta, a un tasso di circa il 6% annuo.
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Nel Paese aumentano le iniziative a favore della vita.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni è emerso che le cliniche prenatali nella città di Ivanovo, nella Russia occidentale, cercheranno di dissuadere le donne dall’aborto mostrando loro modelli di embrioni nella vita reale, hanno riferito i media locali.
La Repubblica di Mordovia l’anno scorso è divenuta ufficialmente la prima della Federazione a vietare ufficialmente la promozione dell’aborto.
«L’aborto distrugge il futuro», aveva tuonato nove mesi fa il patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
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Immagine di Saint-Petersburg Theological Academy via Flickr pubblicata su licenza CC BY-ND 2.0
Bioetica
La città russa di Ivanovo mostrerà gli embrioni alle donne che vogliono abortire
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Bioetica
Ex presidente argentino accusato di aver costretto la moglie ad abortire
Mercoledì 30 dicembre 2020, il Senato argentino ha approvato una legge che legalizza l’aborto. Dopo una sessione maratona di 12 ore, i legislatori hanno votato 38-29 (con un’astensione) per consentire l’aborto su richiesta fino a 14 settimane e, dopo tale data, in caso di stupro o pericolo per la vita della madre.
«Nel giro di una notte, l’Argentina è passata dall’essere una roccaforte pro-life a uno dei regimi abortivi più permissivi del continente» scrive LifeSiteNews.
Solo due anni prima, i legislatori avevano votato 38 a 31 contro la legalizzazione dell’aborto dopo un dibattito durato oltre 15 ore; nei mesi precedenti al voto, i pro-life avevano una «Giornata nazionale di azione», più di 3 milioni di pro-life si erano radunati in tutto il Paese.
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Tuttavia nel 2019, il candidato di sinistra Alberto Fernández è stato eletto presidente e ha giurato di legalizzare l’aborto.
«L’aborto sicuro, legale e gratuito è ora legge», aveva twittato il Fernández dopo il voto. «Oggi siamo una società migliore che amplia i diritti delle donne e garantisce la salute pubblica». Gli attivisti pro-life sospettavano che Fernández avesse lavorato duramente per spingere i legislatori a legalizzare l’aborto con ogni mezzo necessario.
«Da allora, abbiamo scoperto molto che fa luce sulla visione di Fernández dei “diritti delle donne”» scrive Jonaton Van Maren su LifeSite. «All’inizio di questo mese, l’ex First Lady Fabiola Yanez ha presentato una denuncia legale contro l’ex presidente, che ha lasciato l’incarico nel 2023. Sostiene che Fernández l’ha picchiata durante il suo mandato».
Il presidente Javier Milei, il libertario pro-life che lo ha sostituito, ha immediatamente evidenziato «l’ipocrisia progressista» dei politici di sinistra che predicavano «la truffa che chiamano “politiche di genere”» mentre si comportavano in modo spaventoso nella loro vita privata.
Oltre alla presunta violenza domestica, che includerebbe violenti schiaffi e un occhio nero, è stato anche rivelato che il paladino «pro-choice» Alberto Fernández avrebbe anche costretto la moglie ad abortire.
Mentre testimoniava al consolato argentino di Madrid, in Spagna, l’ex giornalista 43enne ha accusato l’ex presidente di «violenza riproduttiva» per averla costretta ad abortire nel 2016. Yanez afferma di aver provato sia «sorpresa» che «gioia» quando è rimasta incinta, ma Fernández ha avuto una reazione diversa.
Fernández le avrebbe fatto subito pressione perché abortisse, dicendole senza mezzi termini: «Dobbiamo risolvere la cosa. Devi abortire».
«Questa volta, riguardo al nostro bambino non ancora nato, mi ha detto: “Questo non può succedere, sono sotto shock”» ha dichiarato la Yanez. Poi, dice la donna, ha iniziato a «ignorarla completamente». Alla fine, lei ha ceduto alle sue pressioni e ha abortito. Ora dice che è stata «la decisione peggiore».
L’arrivo dell’aborto in Argentina è stato segnato da battaglie non indifferenti, talvolta con orde urlanti di femministe nude che attaccavano chiese, difese solo da catene umane di fedeli che recitavano il rosario mentre donne discinte ed inferocite lanciavano loro contro di tutto.
Feministas na Argentina tentando entrar numa igreja Catolica pra protestar e encontrou um pelotão de joves q as barraram . Olha o nivel da guerra… pic.twitter.com/7NBpKhoQpH
— Oswaldo Eustáquio (@oswaldojor) September 3, 2019
Report: Feminist Abortion Activists Hurl Firebombs at Church in Argentina https://t.co/g38sQdC0aG pic.twitter.com/Xt9HMZnqmg
— Chris In Wisconsin (@Chris_In_WI) October 20, 2018
Feministas tratando de incendiar la catedral de La Plata, anoche. Los medios decidieron no mostrarte esto para que sigas pensando que estas mujeres son fantásticas.
Por cierto: son las mismas que recibieron la bienvenida de la lacra de Tucho Fernández, el arzobispo de La Plata. pic.twitter.com/td6TDUXzzf— Agustín Laje (@AgustinLaje) October 14, 2019
LGBT/Feminist movements are motivated by hatred of God and hatred of the Church
in photo feminist dressed as the Mother of God performs mock abortion of Holy Child in Tucumán, Argentina 2017 pic.twitter.com/anYfxKlXOQ
— charles simmonds (@charles12577567) August 17, 2020
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Come riportato da Renovatio 21, l’attuale presidente argentino, Milei, si è detto a più riprese nemico dell’aborto, al punto da ribadirlo anche sul palco del World Economic Forum di Davos.
Il partito del presidente, La Libertad Avanza, a inizio anno ha presentato un disegno di legge per la proibizione di tutti gli aborti in Argentina.
Nel frattempo il Paese registra casi di dottori incarcerati per aver rifiutato di procurare aborti.
L’anno scorso la Corte Suprema messicana ha depenalizzato il feticidio. Tuttavia in altri Paesi sudamericani la pratica resta vietata. Di fatto, non è possibile uccidere legalmente la propria prole in El Salvador, Honduras, Nicaragua, Haiti e nella Repubblica Dominicana.
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Immagine di or Palácio do Planalto via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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