Cina
Pechino: il presidente di Taiwan si «prostituisce»

Il presidente taiwanese Lai Ching-te starebbe cercando il sostegno di potenze straniere per promuovere il separatismo nell’isola autonoma. Lo sostengono i funzionari di Pechino per gli affari con Formosa.
In un’intervista rilasciata lunedì al programma radiofonico conservatore statunitense «The Clay Travis and Buck Sexton Show», Lai ha riaffermato che considera Taiwano un Paese indipendente e non parte della Cina, sottolineando che Pechino non ha il diritto di invadere l’isola, dichiarando inoltre che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump meriterebbe il Premio Nobel per la Pace se riuscisse a persuadere il presidente cinese Xi Jinping a rinunciare definitivamente all’uso della forza contro Taiwan.
In risposta, l’ufficio cinese per gli affari di Taiwan ha definito le affermazioni di Lai «sciocchezze» e lo ha accusato di «diffondere le fallacie separatiste dell’”indipendenza di Taiwan”».
«Si è impegnato in una condotta senza scrupoli nei confronti dell’estero e in una svendita senza limiti di Taiwan, sperperando la carne e il sangue del popolo, prostituendosi e schierandosi dalla parte delle forze straniere», si legge nella dichiarazione.
Negli ultimi mesi, diversi politici stranieri hanno proposto Trump per il Premio Nobel per la Pace, citando i suoi sforzi nella mediazione dei conflitti. Tuttavia, alcune di queste iniziative sono considerate gesti simbolici o tentativi di guadagnarsi il favore del presidente statunitense.
Taiwano acquista armi dagli Stati Uniti da anni per contrastare l’esercito cinese, e i media suggeriscono che Washington intenda approvare vendite di armi a Taipei a livelli superiori rispetto al primo mandato di Trump. La cooperazione tra Stati Uniti e Taiwan rappresenta un punto di attrito significativo per la Cina, che conduce regolarmente esercitazioni militari vicino all’isola.
La Cina considera Taiwano parte integrante del suo territorio sovrano. Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione con Taiwan è «inevitabile», aggiungendo che Pechino non esclude l’uso della forza per riportarla sotto il suo controllo.
Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.
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Immagine di Mass Rapid Transit Bureau, Kaohsiung City Government via Wikimedia pubblicata su indicazioni.
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Cina
Parlava all’estero del Tibet: studentessa cinese sparita durante le vacanze in patria

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Le denuncia degli amici: dal 30 luglio non abbiamo più notizie di Zhang Yadi, 22 anni, che avrebbe dovuto iniziare a Londra un master di antropologia alla School of Oriental and African Studies. All’estero aveva dato vita al gruppo «Chinese Youths Stand for Tibet». A Changsha fermato anche l’avvocato Jiang Tianyong che si stava interessando del suo caso. Sempre più duro il pugno di Pechino per mettere a tacere le critiche anche nelle comunità cinesi all’estero
Ventidue anni, brillante studentessa cinese in Francia, proprio in questi giorni avrebbe dovuto spostarsi a Londra per iniziare un master in antropologia presso la prestigiosa School of Oriental and African Studies (SOAS) della University of London. Ma dalla visita estiva alla famiglia a Changsha in Cina Zhang Yadi non è tornata.
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Dal 30 luglio è sparita mentre si trovava a Shangri-La, nello Yunnan; e diverse fonti riferiscono che a portarla via siano stati gli agenti della polizia con l’accusa di «aver messo in pericolo la sicurezza nazionale». Perché avrebbero scoperto che online Zhang era @TaraFreesoul, una delle promotrici di CYS4T – Chinese Youths Stand for Tibet – un gruppo di studenti che dal maggio 2024 all’estero hanno fatto propria la causa del Tibet e ne raccontano la «verità nascosta» nelle comunità cinesi della diaspora.
Quello della giovane Zhang è un volto nuovo della dissidenza cinese, figlio della «generazione dei fogli bianchi», le proteste venute allo scoperto con il malcontento per la rigidissima politica Zero COVID imposta durante la pandemia. Ma è anche una triste conferma di quanto il controllo imposto da Xi Jinping in nome del «grande rinnovamento della nazione cinese» sia capillare anche fuori dalla Cina, tra i giovani che studiano e lavorano in Occidente.
Chi la conosce racconta che in Francia Zhang Yadi era attivamente impegnata su temi accademici e sociali, dedicandosi a promuovere il dialogo tra gruppi etnici diversi. Con coraggio si è attivamente adoperata per promuovere la comprensione reciproca tra Han e tibetani attraverso la ricerca e la scrittura.
Appena pochi giorni fa sul profilo X @Tarafreesoul scriveva: «la storia dei gruppi etnici della Cina sud-occidentale è una storia sanguinosa di colonizzazione, lavaggio del cervello, schiavitù, matrimoni misti e assimilazione della popolazione indigena da parte del popolo Han. Dietro lo slogan “costruire una forte comunità nazionale cinese” si celano il sangue e le lacrime di vari gruppi etnici. La loro cultura è stata repressa e scomparsa, la loro lingua madre è stata messa a tacere e scomparsa, e la loro storia non può essere scritta dal loro stesso popolo. Tutto è mascherato dai quattro caratteri di ‘nazione cinese’, come se nulla fosse accaduto, come se questa terra facesse parte dell’Impero cinese fin dall’antichità».
Il 5 luglio Zhang è tornata a Changsha per far visita alla famiglia. Prima della sua scomparsa il 30 luglio era in stretto contatto con amici e familiari, ma ogni comunicazione si è poi interrotta bruscamente. E alcuni dichiarazioni contrastanti pubblicate dalla madre sul suo account WeChat hanno sollevato preoccupazioni sulla libertà personale di Zhang e sulla sicurezza della sua famiglia.
Per questo motivo alcuni amici hanno coinvolto l’avvocato per i diritti umani Jiang Tianyong, uno dei legali già finiti nel mirino delle autorità dieci anni fa, nella repressione del 9 luglio 2015, il primo grave giro di vite sulle libertà in Cina dell’era Xi Jinping. Nel pomeriggio del 16 settembre l’avvocato Jiang Tianyong si è recato a Changsha per incontrare la signora Zhou, la madre di Zhang. Alle 16:45, proprio mentre incontrava la donna al caffè Guangdian Time City, è stato portato via con la forza da tre uomini non identificati. Si ritiene che sia stato condotto alla stazione di polizia di Yuehu, del distretto di Kaifu (Changsha), ma la sua posizione attuale rimane sconosciuta.
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Di qui l’appello degli amici che stanno chiedendo alle organizzazioni per i diritti umani fuori dalla Cina di attivarsi per chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Zhang Yadi e la possibilità per l’avvocato Jiang Tianyong di offrire assistenza legale alla madre della ragazza.
Amnesty International ha definito la vicenda «profondamente inquietante» e ha lanciato un appello affinché a Zhang sia garantito immediatamente l’accesso a un avvocato di sua scelta. L’ONG ricorda anche come proprio pochi mesi fa – in un suo rapporto – avesse evidenziato come l’azione del governo cinese per mettere a tacere le critiche all’estero sia una delle principali tendenze oggi della repressione delle libertà. «Invitiamo tutti gli Stati – conclude Amnesty Iternational – ad adottare misure per monitorare le denunce e fornire supporto alle vittime».
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Laika ac via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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