Connettiti con Renovato 21

Politica

Afghanistan, Akhundzada si rafforza nella lotta tra talebani, mentre il Paese sprofonda per la crisi dei rifugiati

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La Guida suprema dell’Emirato islamico, Hibatullah Akhundzada, ha riassegnato nove funzionari, nel tentativo di consolidare la propria autorità contro le altre fazioni talebane, in particolare la Rete Haqqani. Le tensioni interne alimentano però anche fratture etniche e territoriali. Intanto, il ritorno forzato di decine di migliaia di rifugiati dall’Iran aggrava la situazione umanitaria interna.

 

La Guida suprema dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, Hibatullah Akhundzada, ha riassegnato nove funzionari a nuovi incarichi, proseguendo sulla scia di precedenti rimpasti all’interno della leadership talebana, segnata da divisioni ideologiche, etniche e tribali, mentre la popolazione continua a vivere una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi decenni, aggravata dal ritorno forzato di decine di migliaia di rifugiati dall’Iran, dopo le espulsioni dal Pakistan.

 

Le nomine sono state annunciate il 16 luglio e riguardano ruolo nel governo centrale e nelle amministrazioni provinciali. Zia-ur-Rahman Madani, per esempio, ex governatore talebano di Logar, ricopre ora il ruolo di viceministro per gli Affari professionali presso il ministero dell’Orientamento e degli Affari religiosi. Il suo posto è stato preso da Salahuddin Ayoubi, già capo della polizia talebana nella provincia meridionale di Zabol. Sayed Hassan Shah Agha, ex vice governatore talebano di Kandahar, si occupa ora finanze talebane all’Ufficio per gli affari amministrativi, mentre Qudratullah Amini, ex consigliere del ministero degli Interni talebano, è ora vice governatore talebano di Kabul, prendendo il posto di Mohammad Younis Mokhles, promosso a consigliere al ministero dell’Interno.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Anche ad aprile e maggio la Guida suprema aveva compiuto operazioni simili, riducendo del 20% le strutture governative.

 

Akhunzada non ha mai dato spiegazioni riguardo questi cambiamenti ma è facile immaginare che si tratti un rimpasto atto a rafforzare ancora una volta la sua leadership, il cui centro geografico ruota intorno alla città di Kandahar (dove è stata creata anche una forza di polizia apposita per proteggere la Guida suprema), sulle altre fazioni talebane, e in particolare su quella guidata da Sirajuddin Haqqani, che ufficialmente ricopre ancora il ruolo di ministro dell’Interno.

 

Secondo diversi esperti, il ritorno al potere dei talebani ha esacerbato le divisioni interne che prima erano mascherate dalla necessità di combattere la presenza straniera in Afghanistan che sosteneva il precedente governo. Il passaggio da un movimento di guerriglia a un’amministrazione statale ha fatto emergere le divisioni ideologiche, creando una competizione interna per il potere e le risorse.

 

In questo contesto Akhunzada è sostenitore di una rigida applicazione della legge islamica e di un ritorno al governo talebano degli anni ‘90, anche a costo dell’isolamento internazionale. È lui il responsabile dei divieti nei confronti delle donne per i quali la Corte Penale Internazionale ha anche emesso un mandato d’arresto, mentre la Rete Haqqani, guidata da Sijaruddin, ha una visione più pragmatica e sarebbe disposta anche a scendere a compromessi con la comunità internazionale per rendere il regime meno isolato e garantirne la sopravvivenza a lungo termine.

 

La Rete Haqqani mantiene anche fonti finanziarie indipendenti, il che contribuisce a una certa autonomia all’interno della struttura talebana. Di questa fazione fanno parte anche Abdul Ghani Baradar, vice primo ministro, e il mullah Mohammad Yaqoob, ministro della Difesa e figlio del fondatore del movimento, il mullah Omar. Oltre ad aver cercato di aumentare i legami militari e commerciali con Qatar, Emirati Arabi Uniti e India, in un’occasione ha dichiarato che i talebani dovrebbero «ascoltare le legittime richieste del popolo».

 

Anche altri leader nei mesi scorsi hanno rilasciato dichiarazioni con cui hanno apertamente e pubblicamente criticato l’ala intransigente. È il caso per esempio di Abbas Stanikzai, vice ministro degli Affari Esteri, auto-esiliatosi negli Emirati Arabi Uniti (dove lo stesso Haqqani è rimasto per un certo periodo nei mesi scorsi) dopo aver pubblicamente sostenuto l’istruzione per ragazze e donne e persino affermato che gli individui hanno il diritto di rifiutare ordini contrari alla legge islamica.

 

Ma queste non sono le uniche divisioni: al ministero della Difesa sono state licenziate oltre 4.400 persone, prevalentemente di etnia tagika e altri gruppi non pashtun. Ufficialmente inquadrata come misura di riduzione dei costi, la mossa è stata in realtà interpretata come un tentativo di consolidare il dominio pashtun sulle altre etnie. Nella provincia nord-orientale di Badakhshan, in particolare, sono emerse tensioni in seguito alla crescente marginalizzazione dei comandanti tajiki dalla gestione dell’amministrazione locale e per la distruzione dei campi di oppio.

 

E mentre i talebani continuano a lottare per il potere, circa metà della popolazione afghana – oltre 23 milioni di persone – continua ad avere bisogno di assistenza umanitaria.

Iscriviti al canale Telegram

La situazione è poi ulteriormente aggravata dal ritorno dei rifugiati afghani dal Pakistan e dall’Iran: solo a giugno sono state rimpatriate dall’Iran 500mila persone, di cui 80mila bambini, come ha denunciato nei giorni scorsi Save the Children.

 

Da gennaio si stima che 1,4 milioni di afghani abbiano abbandonato (spesso forzatamente) l’Iran, che ospita milioni di rifugiati a causa di decenni di conflitto e a marzo ha dichiarato di non essere in grado di continuare a provvedere ai profughi afghani. In seguito alla guerra con Israele, Teheran ha incolpato gli afghani di essere spie al soldo di Washington e Tel Aviv e c’è stato un aumento delle aggressioni contro i rifugiati.

 

Nelle ultime settimane fino a 20mila persone al giorno hanno attraversato la frontiera tra i due Paesi, segnando una delle più gravi crisi migratorie dell’ultimo decennio.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

Continua a leggere

Politica

Esponente del partito AfD insiste sul fatto che la Germania dovrebbe uscire dalla NATO

Pubblicato

il

Da

Jörg Urban, presidente dell’AfD della Sassonia e capogruppo del partito nel parlamento della Sassonia, ha sollevato dettagliatamente la possibilità che la Germania lasci la NATO, in un discorso del 12 dicembre.   In risposta alle dichiarazioni bellicose del Segretario Generale della NATO Mark Rutte, Urban ha scritto sul suo canale Telegram: «L’obiettivo dichiarato dell’adesione della Germania alla NATO è proteggere il nostro Paese. Ma in realtà, sta diventando sempre più un rischio per la sicurezza dell’Europa».   Se posture come quella Rutte continueranno a dettare il passo ai governi europei, è solo questione di tempo prima che venga richiesta una «difesa avanzata» contro la Russia.   Il leader del partito della Sassonia chiede quindi una Germania neutrale e libera da alleanze, seguendo l’esempio delle vicine Austria e Svizzera.   Come riportato da Renovatio 21, i delegati AfD l’anno passato respinsero a larga maggioranza una mozione che condannava Putin.   AfD chiede inoltre l’uscita della Germania dall’UE.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di PantheraLeo1359531 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Continua a leggere

Politica

L’Ucraina vuole che l’Occidente paghi le elezioni

Pubblicato

il

Da

Kiev è disposta a indire elezioni, ma soltanto a patto che vengano soddisfatte diverse condizioni, tra cui il finanziamento occidentale del processo elettorale, ha dichiarato Mikhail Podoliak, consigliere di alto livello del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.

 

Il mandato presidenziale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma egli ha sempre rifiutato di convocare le urne, appellandosi alla legge marziale in vigore. All’inizio della settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che Kiev non dovrebbe più utilizzare il conflitto in corso come pretesto per rinviare il voto.

 

Mosca ha ripetutamente sostenuto che Zelens’kyj ha «perso la sua legittimità», rendendo così giuridicamente discutibile qualsiasi accordo di pace firmato con lui.

 

Lo Zelens’kyj ha dichiarato di non voler «aggrapparsi al potere» e, in settimana, si è detto pronto a indire elezioni, purché Stati Uniti e Paesi europei forniscano «garanzie di sicurezza» durante lo svolgimento delle votazioni.

 

Podoliak ha precisato la posizione venerdì su X, spiegando che Zelensky ha invitato il parlamento a predisporre emendamenti alla Costituzione e alle leggi elettorali. Il consigliere ha tuttavia elencato tre condizioni indispensabili perché il voto possa avere luogo.

 

Aiuta Renovatio 21


«Nessun missile o drone deve sorvolare il Paese durante le votazioni. L’unica strada realistica è un cessate il fuoco», ha scritto Podoliak, aggiungendo che i militari al fronte e gli abitanti delle zone di prima linea devono poter «votare ed essere candidati». Ha poi sottolineato che «milioni di sfollati» rendono l’operazione «complessa e costosa».

 

«Questo onere non può gravare solo sull’Ucraina», ha proseguito il collaboratore dello Zelens’kyj, precisando che Kiev sarebbe «pronta» a procedere solo con finanziamenti esterni e il rispetto delle altre due condizioni.

 

Non si tratta della prima volta che l’Ucraina chiede danari occidentali pure per il voto.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa, tra i tanti rinvii citanti la legge marziale, Kiev aveva annunciato che le elezioni le avrebbe tenute qualora le avesse pagate l’Europa.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Saeima via Wikimedia pubblicata su licenzaCreative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

Continua a leggere

Politica

Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»

Pubblicato

il

Da

La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».   All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.   La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.   Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».   Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.

Iscriviti al canale Telegram

Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.   La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.   Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.   Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.   Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Mélanie Praquin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Continua a leggere

Più popolari