Cina
Xi «leader eterno»? I suoi avversari nel Partito comunista frenano
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Cresce nei media cinesi e nei documenti ufficiali del PCC il riferimento al presidente come «lingxiu». Finora il termine era usato solo per Mao. Per avere un nuovo mandato al potere Xi starebbe scendendo a patti con Li Keqiang: ritorno a politiche più di «mercato» e spazio alla fazione del premier nel nuovo Politburo.
L’agenzia di stampa statale Xinhua esalta oggi la «Xiplomacy», la spinta diplomatica del presidente Xi Jinping per avere una regione Asia-Pacifico stabile e prospera. Si tratta della puntata quotidiana di una grande campagna mediatica per creare un vero e proprio «culto della personalità» in vista del 20° Congresso del Partito comunista cinese (PCC) in autunno.
Come osservano molti esperti, negli ultimi tempi i media di regime hanno preso l’abitudine di conferire a Xi il titolo di «lingxiu», una forma rafforzativa del termine «leader». In un documento della sezione provinciale del Partito nel Guangxi pubblicato in aprile, la parola leader è associata anche all’aggettivo «eterno».
Il presidente cinese – e segretario generale del PCC – è delegato proprio del Guangxi al prossimo Congresso del Partito. Un caso simile si è avuto però ai primi di maggio anche nell’Heilongjiang, quando il congresso provinciale del PCC ha giurato fedeltà al lingxiu.
Finora nella pratica e tradizione del Partito il titolo di lingxiu è stato riconosciuto solo a Mao Zedong, ricordato come il «grande leader». L’uso della parola è quasi tabù perché legato a un possibile culto della personalità, vietato in modo tassativo dallo statuto del PCC.
Diversi osservatori sostengono che il riferimento a Xi come leader eterno o «leader del popolo» segnala il suo tentativo di diventare «presidente» del Partito, titolo che Mao ha conservato fino alla morte.
Le critiche a Xi per la gestione della pandemia, con l’imposizione della politica «zero-Covid» che ha messo in difficoltà l’economia nazionale, ha riportato alla ribalta Li Keqiang. Con la sua fazione della Gioventù comunista, e il sostegno di Wang Yang, presidente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, il premier è impegnato a riportare la gestione economica del Paese sul sentiero del libero mercato, allentando il centralismo voluto da Xi.
Lo sforzo di Li è visto necessario dalla nomenclatura del Partito per evitare seri rischi di recessione.
Nonostante il momento di difficoltà, Xi rimarrebbe comunque saldo al potere.
Secondo il noto sinologo Willy Lam, l’attuale segretario generale si assicurerà in autunno un terzo, storico mandato alla guida del PCC, con possibilità di ottenerne un quarto nel 2027. L’impressione però è che Xi stia scendendo a patti con i suoi rivali nel Partito – soprattutto Li – per il via libera all’estensione del suo incarico.
Lam sottolinea che il compromesso riguarda allo stesso tempo le politiche e gli incarichi di vertice. Sulle prime Xi avrebbe rinunciato a un maggiore controllo del Partito sui settori chiave dell’economia, come quello tecnologico.
Sulle nomine al Comitato permanente del Politburo, l’organo decisionale del regime, il presidente cinese dovrebbe lasciare spazio a due membri della fazione di Li – uno dei due potrebbe essere proprio il premier uscente – con la prospettiva di avere alla guida del governo il vice premier Hu Chunhua, altro esponente della Gioventù comunista.
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Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.
Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.
L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.
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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.
Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.
Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.
L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
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Cina
La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale
In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.
Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.
Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».
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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».
La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.
Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.
Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».
L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.
Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.
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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).
Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.
Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».
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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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