Economia
Uzbeki senza energia, imam di Tashkent: la mancanza di gas viene da Allah

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Incita la popolazione all’accettazione della situazione e alla sottomissione. Critici: guadagna da vivere contrabbandando una falsa religione. Per utenti social la colpa della crisi è invece di burocrati e governanti. Il clero locale obbedisce alle direttive statali.
A dicembre in Uzbekistan si è aperta una grave crisi energetica. In tutto il Paese la corrente elettrica è razionata per poche ore al giorno e alle stazioni di servizio si accalcano lunghe code di automobilisti.
Di fronte alla tensione crescente tra la popolazione, l’imam principale della capitale Taškent, Rakhmatulla Sayfiddinov, noto da tempo per le sue «scandalose» dichiarazioni, ha pronunciato un solenne discorso in cui richiama tutti i fedeli a sentimenti di gratitudine e sopportazione.
Sayfiddinov ha sottolineato che «i nostri avi vivevano senza gas e senza elettricità, bisogna accettare la volontà di Allah». A suo dire i musulmani locali non devono diventare «la vergogna del mondo», sollevando animosamente la questione su tutti i social media. Il predicatore ha ammonito che «il panico, i disordini e le proteste non risolveranno i problemi», ma queste parole non hanno fatto altro che provocare ulteriori turbamenti tra i cittadini socialmente più attivi.
Il giornalista Umid Soriev ha scritto sulla sua pagina Facebook che «di nuovo nel momento più delicato si ripropone la campagna per la gratitudine e la pazienza, distogliendo i cittadini dalle azioni in difesa dei propri diritti, e questa campagna deve essere fermata immediatamente, bisogna avere il coraggio di esprimere il proprio disagio». A suo parere l’imam «spinge le persone semplici a vivere nella schiavitù e nella sottomissione».
L’attivista umanitario Musannif Adkham ha dichiarato a sua volta che «colpevolizzare le persone che tremano per il freddo, che passano le notti in attesa del proprio turno ai distributori e vagano nel buio, accusandole di ingratitudine e incitandoli a sopportare una situazione che sembra non avere fine, tutto questo è blasfemo, un modo di guadagnare da vivere contrabbandando una falsa religione».
Il canale Telegram Platforma.uz ha scritto che oggi «i politici si stanno trasformando in mullah petulanti e bigotti, mentre i servitori del culto si dedicano alla geopolitica».
Gli utenti delle reti social rispondono all’imam Sayfiddinov che non è il popolo che deve essere criticato, ma i burocrati e i governanti che l’estate scorsa non hanno adottato le misure necessarie per prepararsi alla stagione invernale. L’imam, nominato lo scorso anno alla massima dignità religiosa nella capitale, da tempo solleva accese discussioni con le sue controverse lezioni su diverse tematiche sociali.
Già nel 2018, come imam della moschea cattedrale «MirzaYusuf», alla preghiera del venerdì aveva fatto un appello per liberarsi dal «vergognoso fenomeno» dei ginecologi maschi, e si era scagliato contro l’influsso malefico degli sceneggiati televisivi della Turchia che parlavano del genocidio degli uzbeki. Durante l’omelia aveva anche proclamato che «le donne che durante l’atto sessuale col marito hanno fantasie su altri uomini, magari degli affascinanti attori, finiranno per generare dei figli gay».
Il grande imam di Taškent, del resto, non è l’unico leader spirituale in Uzbekistan a incitare la popolazione alla sottomissione e alla gratitudine durante la crisi energetica, ma si trova in sintonia con la maggior parte dei suoi colleghi e confratelli, e molti ritengono che si tratti in realtà di direttive distribuite dall’amministrazione statale per gli affari religiosi, insieme al Comitato per la religione presso il Consiglio dei ministri.
L’eredità sovietica, caratteristica per tutti i Paesi dell’Asia centrale, considera ancora la religione come «instrumentum regni», e questo vale anche per l’islam, assimilato più alla «sinfonia bizantina» che alla teocrazia maomettana, obbligando il clero locale a obbedire alle direttive statali.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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