Bioetica
Un vescovo USA contro il vaccino COVID-19 fatto con cellule di feto abortito
Il vescovo Joseph Strickland di Tyler, Texas, ha dichiarato che «rifiuterà» un potenziale vaccino per il coronavirus se verrà prodotto utilizzando tessuti provenienti da bambini abortiti. Lo riporta Lifesitenews.
In un tweet, ha espresso il suo rammarico per il fatto che «anche con il Covid-19 stiamo discutendo dell’uso di tessuti fetali abortiti per la ricerca medica».
Un vescovo statunitense «rifiuterà» il vaccino COVID-19 se prodotto con «tessuti di feti abortiti». «Non ucciderò i bambini per vivere», insiste il Vescovo Joseph Strickland.
L’organizzazione pro-vita Children of God for Life, che si concentra sulla questione dei vaccini etici, ha scoperto che molti dei principali sviluppatori del vaccino COVID-19 utilizzano cellule fetali abortite. Renovatio 21 ha pubblicato le grida di allarme lanciate da COG sull’uso di linee cellulari da feto abortito nella ricerca dei vaccini anche per il COVID.
Debi Vinnedge, direttore esecutivo di Children of God for Life che fu ospite di Renovatio 21 al convegno di Roma «Fede, Scienza, Coscienza» di marzo 2019 sull’uso di cellule di feto abortito, ha dichiarato che «il suo cuore si è spezzato quando ha scoperto che la proteina Spike,» che fa parte di un vaccino sviluppato da Moderna, «è stata prodotta utilizzando cellule fetali abortite HEK 293».
Allo stesso modo, uno sviluppatore di vaccini di proprietà di Johnson & Johnson «sta usando la [sua] tecnologia PER C6 Ad5, derivata dal tessuto retinico di un bambino abortito.»
Secondo Children of God for Life, durante un’audizione della Food and Drug Administration (FDA), un medico ha rivelato come ha raccolto le cellule fetali.
«Così ho isolato la retina da un feto, da un feto sano, per quanto si potesse vedere, di 18 settimane. È stato scritto che il padre era ignoto, e questo era, in effetti, il motivo per cui è stato richiesto l’aborto»
«Così ho isolato la retina da un feto, da un feto sano, per quanto si potesse vedere, di 18 settimane», ha detto Alex van der Eb. «Non c’era nulla di speciale nella storia familiare e la gravidanza era completamente normale fino alle 18 settimane, e si è rivelato essere un aborto volontario, e questo semplicemente perché la donna voleva sbarazzarsi del feto [.]… È stato scritto che il padre era ignoto, e questo era, in effetti, il motivo per cui è stato richiesto l’aborto.»
Ha poi ammesso che «PER C6 è stato realizzato solo per la produzione farmaceutica di vettori di adenovirus [.] … E per gli standard dell’industria farmaceutica. Mi rendo conto che questo suona un po’ commerciale, ma le linee PER C6 sono state realizzate per quel particolare scopo.»
In un comunicato stampa, Children of God for Life ha spiegato come «nella maggior parte dei vaccini antinfluenzali stagionali, la necessità di produrre rapidamente grandi quantità di vaccini è stata un problema per molti anni poiché le aziende farmaceutiche utilizzavano uova di gallina per coltivare i loro virus. Sono necessari diversi mesi e milioni di uova per produrre i vaccini e così tante aziende hanno iniziato a ricercare altre linee cellulari per una produzione più rapida».
Per ora, il vescovo Strickland sembra essere il solo a denunciare l’uso non etico del tessuto fetale abortito nello sviluppo di un vaccino contro il COVID-19.
Per ora, il vescovo Strickland sembra essere il solo a denunciare l’uso non etico del tessuto fetale abortito nello sviluppo di un vaccino contro il COVID-19.
Non è la prima volta che Strickland si trova da solo quando si tratta di questioni di principio. Alla fine di marzo, ha rifiutato di firmare una «Dichiarazione sulla scarsità di risorse sanitarie» voluta dalla Conferenza episcopale cattolica del Texas (TCCB) all’inizio della pandemia di COVID-19.
Il vescovo ha riconosciuto la difficoltà nel prendere la decisione corretta in situazioni di vita o di morte quando le risorse sono limitate. «Fortunatamente, e giustamente, la legge stessa ha un certo grado di flessibilità che consente ai giudici di essere prudenti e di prendere in considerazione fattori che possono portare a decisioni discutibili non motivate da malizia di nessun tipo ma piuttosto da incauta compassione.»
A questo proposito, Strickland ha invitato i giudici, le giurie e il pubblico a essere comprensivi, concedendo il beneficio del dubbio alle persone che lavorano nell’assistenza sanitaria. «Ma sospendere del tutto la legge significa rimuovere un grande incentivo per garantire che venga esercitata la dovuta diligenza in tempi difficili e metterebbe a rischio a rischio i malati, i vulnerabili, i poveri e gli emarginati.»
Allo stesso modo, gli anziani, i disabili e i più vulnerabili «dovrebbero sempre essere protetti e bisognerebbe mostrare un amore preferenziale», in quanto sono «i poveri in mezzo a noi, durante questa pandemia»
Il vescovo di Tyler ha ricordato che ci sono alcuni principi di teologia morale che devono sempre essere applicati.
«Ad esempio, la famiglia dovrebbe sempre essere consultata e considerata nel prendere decisioni morali vitali come queste». .
Immagine di Peytonlow via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0
Bioetica
Canale televisivo francese multato di 100.000 euro per aver dichiarato che l’aborto è la prima causa di morte nel mondo
L’Autorità francese di regolamentazione dell’audiovisivo e della comunicazione digitale (Arcom) ha multato un canale televisivo per aver riportato in modo accurato che l’aborto è la principale causa di morte nel mondo. Lo riporta LifeSite.
Il 13 novembre, l’autorità di regolamentazione dei media francese Arcom ha inflitto alla CNews una multa di 100.000 euro dopo che il giornalista Aymeric Pourbaix ha correttamente elencato l’aborto come la principale causa di morte al mondo durante il programma cattolico dell’emittente intitolato En quête d’esprit, ovvero «Alla ricerca dello spirito».
«L’aborto non può essere presentato come causa di morte», ha dichiarato Arcom nella sua decisione. «Sembra dal resoconto di ascolto di questo programma che il presentatore, basandosi su un’infografica trasmessa in onda, abbia presentato l’aborto come causa di mortalità».
«Parte della sequenza in questione equipara l’aborto a una causa di morte e, implicitamente, l’embrione o il feto che non è potuto nascere vivo a causa di un aborto con una persona deceduta, anche se per legge non sono considerati persone», ha affermato il regolatore.
Arcom ha sostenuto che il canale non ha rispettato il suo «obbligo di onestà e rigore nella presentazione e nella gestione delle informazioni».
Durante il programma di febbraio, Pourbaix aveva presentato un grafico del Worldometers, basato su cifre dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo il grafico, l’aborto ha costituito il 52% dei decessi in tutto il mondo, con 73 milioni di bambini uccisi ogni anno. Questo dato è paragonato a solo 10 milioni di morti per cancro e 6,2 milioni di morti per fumo.
Oltre alla multa, Arcom ha ordinato alla CNEWS, di proprietà del finanziere cattolico Vincent Bolloré, noto anche per le sue partecipazioni in importanti aziende italiane, di scusarsi pubblicamente per aver mostrato il grafico, cosa che la CNEWS ha fatto a febbraio.
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«Il canale CNews si scusa con i suoi spettatori per questo errore che non avrebbe dovuto verificarsi», ha dichiarato il presentatore di CNEWS Laurence Ferrari pochi giorni dopo la trasmissione del grafico.
Jean-Marie Le Méné, direttore della Fondazione pro-life Jérôme Lejeune, ha dichiarato a Valeurs Actuelles che la decisione di Arcom era un tentativo di nascondere la realtà degli aborti.
«Affinché l’aborto possa essere praticato con la coscienza pulita, è proibito dire che l’aborto toglie la vita», ha detto Le Méné. «Altrimenti la chiave di volta del sistema crolla. Ma chi crede a questa finzione?… L’aborto, la principale causa di morte nel mondo, è purtroppo un fatto, non un’opinione».
Secondo l’European Conservative, la decisione di Arcom arriva solo pochi mesi dopo che il Consiglio di Stato, una delle più alte corti amministrative francesi, ha raccomandato di sottoporre CNews a severi controlli a seguito dello scandalo per il grafico.
A quanto pare Arcom ha preso sul serio la raccomandazione, dato che l’ente regolatore ha imposto 52 sanzioni a C8 e CNEWS, entrambe di proprietà di Bolloré, in dodici anni, di cui 16 solo nel 2024.
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Bioetica
La morte cerebrale è vera morte?
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Bioetica
Bambina partorita nel water. Chi si scandalizza sa che la RU486 fa la stessa cosa?
Sulla base dei rilievi iniziali fatti dai medici del 118 sul corpo della bimba, «l’infanticidio è l’ipotesi più probabile nel caso della neonata trovata morta a Piove di Sacco». Lo riporta l’agenzia ANSA.
Si tratta di un ulteriore caso di morte di neonato che sconvolge l’Italia. Episodi simili sembrano susseguirsi l’uno dopo l’altro.
Secondo quanto riportato, il corpicino della piccola sarebbe stato ritrovato in un bagno di un appartamento collegato ad un night club a Piove di Sacco, nel Padovano, in una zona purtroppo nota alla cronaca nera degli anni passati anche per la cosiddetta «mafia piovese», o «mala del Brenta» – la famosa «banda Maniero», a cui la TV nazionale dedica serie TV, ovviamente negando, come in tutti i casi di grandi produzioni su mafia, camorra, mala romana, che si tratti di qualcosa di anche lontanamente agiografico.
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Secondo articoli apparsi sulla stampa, per l’autopsia la bambina sarebbe morta annegata. L’esame autoptico tuttavia sarà reso disponibile solo tra settimane.
Per la morte sarebbe stata fermata la presunta madre, una donna italo-brasiliana di 29 anni, che ora si troverebbe agli arresti domiciliari, e si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere.
Secondo la procura, «la neonata era stata trovata morta all’interno del water e appariva essere completamente formata» scrive Fanpage. «Secondo gli inquirenti, la 29enne avrebbe partorito “direttamente all’interno del wc dell’appartamento in cui alloggiava” e sostenuto il parto “senza chiedere l’ausilio di personale sanitario o di altre persone”, tirando lo sciacquone “quando la bambina si trovava già con la testa in basso all’interno del WC, causando così l’annegamento”».
La tragedia della bambina del water Piove di Sacco arriva dopo lo shock del ritrovamento dei neonati morti di Traversetolo, in provincia di Parma, che secondo l’accusa sarebbero stati partoriti della giovane madre e sepolti nel giardino della villetta di famiglia, senza che nessuno si accorgesse di nulla.
Si tratta di un trend? C’è un lato nuovo della maternità che sta emergendo?
Per chi conosce il lato oscuro della riproduzione nell’ora presente, in realtà la sorpresa è poca: la società, lo sappiamo, si avvicina sempre di più all’autorizzazione dell’infanticidio, chiamato pudicamente «aborto post-natale». Filosofi e bioeticisti rilanciano l’opzione da diversi anni. Politici di rilievo del Partito Democratico USA come il governatore della Virginia Ralph Northamhanno discusso apertamente l’idea che medico e madre del neonato possano, a pochi momenti dalla nascita, decidere di sopprimere in bambini. In pratica: l’infanticidio è da un pezzo nella finestra di Overton.
Nel mondo in cui l’aborto è un diritto – o, per alcuni, un «obbligo sacro», un sacramento – come lamentare il pendio scivoloso che porta l’uccisione del bambino oltre il limite della nascita? È anche quello, alla fine, solo un confine arbitrario, una convenzione – né più né meno come la «morte cerebrale», in base alla quale in questo stesso momento quantità di persone stanno venendo squartate in ospedale e depredati dei loro organi mentre il cuore batte ancora.
Tuttavia, è un’altra immensa ipocrisia che vogliamo qui segnalare.
Abbondano ora in rete le immancabili analisi dei Soloni che parlano di «territorio alla deriva», «malessere profondo della società», e via sbadigliando. Gli editorialisti, gli opinionisti, gli psicologi mediatici, i giornalisti direttorazzi, i socio-sapientoni, quelli che il mondo lo capiscono benissimo per stipendio (eccerto), sono scandalizzati da questa storia del pargolo finito del water, con i giornali che suggeriscono anche che sarebbe stato tirato lo sciacquone come per liberarsene. Raro orrore. No?
Ebbene, informiamo i benpensanti salariati con il ditino alzato che partorire il bambino nel water è la norma dell’aborto chimico.
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L’«interruzione volontaria di gravidanza con metodo» farmacologico, la cui implementazione è stata voluta con forza dalla politica e inflitto ancora più efficacemente durante il biennio pandemico, agisce esattamente in questo modo: la pastiglia di mifepristone (RU486) uccide l’embrione, una successiva assunzione (dopo 48 ore) di una prostaglandina (misoprostolo, gemeprost) provoca l’espulsione.
La RU486 è stata approvata dall’AIFA nel 2009. Tuttavia secondo le linee guida l’assunzione del farmaco figlicida dovrebbe comportare un ricovero ospedaliero «obbligatorio» di tre giorni continuativi con assegnazione di posto letto per il pernottamento, di modo che avvenga in nosocomio «l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi».
Quindici anni fa, momento dell’immissione del farmaco nel sistema nazionale, il Consiglio Superiore di Sanità stabilì che, a differenza della Francia dove le pillole possono prendersi a casa, in Italia il percorso di aborto farmacologico dovesse avvenire in ricovero ospedaliero «dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento».
Tuttavia, in almeno tre regioni – Toscana, Emilia-Romagna, Lazio – la pillola era programmata per essere disponibile anche senza ospedalizzazione. Nel 2015 una nota della Sanità del Piemonte scriveva che «7.311 donne hanno usufruito della RU486 presso l’ospedale Sant’Anna, primo in Italia». Nello stesso comunicato, era specificato che «per quanto riguarda le IVG fino a 49 giorni e gli aborti interni, complessivamente, il 99% delle donne non è stata ricoverata per tre giorni ed ha potuto lasciare l’ospedale tra la somministrazione del mifepristone e quella della prostaglandina due giorni dopo. Nel tempo tale percentuale è diventata prossima al 100% e negli ultimi tre anni solo 4 donne su 3.217 sono rimaste ricoverate».
Il vincolo dei tre giorni in ospedale fu quindi definitivamente rimosso dal ministro della Salute Roberto Speranza nel 2020.
E quindi è naturale pensare che, in tali condizioni, l’espulsione del figlio avviene nella quasi totalità dei casi nel bagno di casa. E la quantità di bimbi scaricati nel cesso non può che essere massiva.
Proprio così: tanti bambini, anche oggi stesso, stanno venendo partoriti nel water, con la madre che poco dopo tira l’acqua – esattamente come sarebbe successo a Piove di Sacco, con grande scandalo di quelli che benpensano.
Renovatio 21, quando tratta del tema, non manca di ricordare il proseguo. Perché la questione, tirato lo sciacquone, per la madre finisce, ma per il bambino no.
E allora, cerchiamo di vedere il resto della storia dagli occhi del piccolo espulso dal grembo materno: finisce giù per la tubatura, assiame a liquami ed escrementi, per poi finire direttamente nella fogna, dove vivono tante creature: insetti, pesci, anfibi, topi – questi ultimi con un fiuto notorio, e immaginiamo una carne giovanissima, ricca di cellule staminali, quanto possa risultare irresistibile.
Questa storia di bambini finiti nelle fogne e divorati dalle bestie manca stranamente dalle cronache recenti della RU486: proprio pochi giorni fa la Regione Emilia-Romagna (sempre all’avanguardia per quanto concerne l’aborto: pensiamo alle NIP, gli esami non invasivi che ti dicono subito se il bambino che porti in grembo è down, così da poter decidere che fare) ha aggiornato i profili di assistenza per la IVG – acronimo orwelliano per «feticidio» – tramite metodi farmacologici, istituendo definitivamente l’assunzione del «pesticida umano» a livello domestico.
Nessun giornale, nemmeno quelli sedicenti «cattolici», sembra voler pensare al destino dei bambini nel water. Pare di capire: a seconda dell’età dal concepimento, ci sono bambini-toilette di Serie A e di Serie B. Dei primi si può parlare, dei secondi no, nemmeno quando si dovrebbe.
Quindi: sì, l’Italia è il Paese dove, passando per una legge che ne autorizza la distruzione chimica, i feti finiscono nella tazza del cesso e nella fogna, ogni giorno. A decine, forse a centinaia – chi può avere questi numeri? Come vengono conteggiati? È possibile farlo?
Pure vogliamo rammentare, en passant, che mentre la tragedia dei feti uccisi agisce su tutti i livelli, visibili ed invisibili, qualcuno sta andando in giro per l’Italia a sotterrare barattoli di vetro con dentro feti, come se si trattasse di piccoli occulti capitelli di questo maleficio sui piccoli esseri umani. Gli scandalizzati di mestiere, pro-vita o meno che siano, non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando. E quelli che lo sanno, fanno finta di niente, fischiettosamente.
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Prima di gridare allo scandalo, quindi, pensiamo a quella che è la realtà. La stampa mainstream fa il suo lavoro: vuole fissarvi sul dito e non sulla luna, sulla pagliuzza invece che sulla trave. Vuole istupidirvi, rendervi ciechi rispetto al dominio della Necrocultura sul nostro mondo, sulle nostre stesse esistenze.
Diventa chiaro a tutti cosa diviene quindi questa storia: è un fenomeno di proiezione, di sfogo programmato. La società concentra su un singolo caso – possiamo dire che si tratta di un capro espiatorio? – il male che la pervade tutta, istituzionalmente e profondamente.
Dunque, caro cittadino sincero-democratico, caro contribuente perbene, caro italiano postcattolico, caro genitore borghese pronto alla provetta e alla siringa RNA, ora lancia pure le tue pietre contro la «spogliarellista», mentre tua moglie, tua figlia, tua sorella, la tua amante, la tua collega, la tua fidanzata, la tua vicina, tua madre partoriscono bambini nel cesso.
Sono i tuoi figli, i tuoi nipoti – sono il prossimo tuo, sono il futuro dell’umanità, sono l’Imago Dei, l’immagine di Dio resa carne.
Caro italiano adulto, sopravvissuto per qualche ragione anni fa allo sciacquone della Cultura della Morte: quanto ancora per capire sotto quale incantesimo malefico ti trovi?
Roberto Dal Bosco
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