Predazione degli organi
«Un puro atto di altruismo»: la donazione di organi dopo l’eutanasia

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Ricordiamo che per Renovatio 21 la «donazione di organi» è «predazione di organi» da persona ancora vivente, in quanto il suo cuore batte ancora.
La donazione di organi dopo l’eutanasia è possibile nei Paesi Bassi, in Belgio e in Canada. Tuttavia, non è ancora un’opzione molto popolare.
Sembra che essa sia stata eseguita solo 70 volte nei Paesi Bassi. La maggior parte delle persone preferisce essere soppressa a casa e quando il loro corpo arriva in ospedale, gli organi non sono più in grado di essere utilizzati.
Tuttavia, diversi medici e un bioeticista hanno pubblicato un articolo su BMC Medical Ethics che registra come sono riusciti a portare con successo la combinazione di morte a casa e donazione di organi. L’uomo soppresso era il marito di una delle autrici dell’articolo.
La maggior parte delle persone preferisce essere soppressa a casa e quando il loro corpo arriva in ospedale, gli organi non sono più in grado di essere utilizzati
Dal punto di vista logistico, è un po’ complicato. L’uomo di 63 anni, che soffriva di atrofia multisistemica, è stato sedato a casa circondato dalla sua famiglia e poi trasportato in un vicino ospedale. Lì è stato soppresso dal suo medico di famiglia. Gli specialisti dei trapianti hanno aspettato i 5 minuti previsti e poi hanno estratto gli organi. Sono stati in grado di recuperare entrambi i reni, il fegato e il pancreas.
Legalmente, gli autori hanno riconosciuto che la procedura ha allungato la lettera della legge.
Nei Paesi Bassi, un paziente deve soffrire disperatamente e in modo insopportabile.
Tuttavia, dopo essere stato sedato, non soffre più. Come può acconsentire all’eutanasia?
Tuttavia, tutti i soggetti coinvolti hanno convenuto che la procedura rispettava lo spirito della legge.
Nei Paesi Bassi, un paziente deve soffrire disperatamente e in modo insopportabile. Tuttavia, dopo essere stato sedato, non soffre più. Come può acconsentire all’eutanasia?
Eticamente, gli autori hanno messo la spunta su tutti i principi Belmont di autonomia, beneficenza, non maleficenza e giustizia.
«Da una prospettiva utilitaristica – dicono – la decisione di onorare gli ultimi desideri del paziente ha prodotto il bene più grande per molti altri pazienti».
Concludono che «dal punto di vista del paziente, addormentarsi nell’intimità della propria casa e con i suoi cari presenti sembra essere una buona alternativa alla medicalizzazione della donazione di organi dopo l’eutanasia in ospedale».
«La donazione di organi dopo l’eutanasia – dichiarano – è un puro atto di altruismo”.
Michael Cook
Direttore di Bioedge
Predazione degli organi
Aumentano le opposizioni all’espianto degli organi. Gli italiani stanno comprendendo la realtà della predazione?

La legge italiana ha stabilito il principio del consenso o dissenso esplicito, sulla base di cui ad ogni persona maggiorenne viene data la possibilità di dichiarare validamente la propria volontà in merito alla cosidetta donazione degli organi.
La mens del legislatore non era certo quella di rispettare sic et simpliciter la volontà dei cittadini, figuriamoci, bensì quella di ridurre la percentuale delle opposizioni ai trapianti. Infatti, in presenza di una esplicita dichiarazione espressa in vita da parte del «defunto» gli aventi diritto non possono opporsi al prelievo.
In realtà, la legge 91/99 agli articoli 4 e 5 ha stabilito il principio del silenzio-assenso in base a cui la mancata dichiarazione di volontà viene considerata come consenso alla donazione. Tuttavia, tale enunciato non può essere applicato, in quanto, come previsto dalla legge stessa, non è stata ancora costituita un’anagrafe informatizzata che consenta la notifica ad ogni cittadino, da parte di un Pubblico Ufficiale, di un modulo per la dichiarazione di volontà.
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Pertanto, il principale ostacolo da superare al fine di ottenere un numero sempre crescente di organi freschi è la percentuale delle opposizioni da parte dei familiari dei comatosi, che tende a rimanere stabile nel tempo intorno al 30%. La speranza del legislatore era di raccogliere dai cittadini un elevato numero di consensi che consentisse di abbattere in maniera significativa la suddetta soglia, bypassando le dichiarazioni di volontà dei soggetti terzi.
Tale stratagemma però non ha funzionato e si è trasformato in un clamoroso boomerang: nei primi mesi del 2025 ben il 40% delle persone che hanno rinnovato la carta d’identità si è esplicitamente opposto al trapianto degli organi (la percentuale più alta registrata negli ultimi dieci anni), mentre nel 2024 tale percentuale si era attestata intorno al 37%. Complessivamente, nel sistema informativo dei trapianti sono stati depositati 22,3 milioni di dichiarazioni: 15,5 milioni di consensi e 6,8 milioni di opposizioni.
Il centro nazionale trapianti, che coordina la distribuzione degli organi in tutti gli ospedali italiani, giudica questo andamento molto preoccupante.
Vista la malaparata, già da qualche anno la macchina della predazione degli organi ha tirato fuori dal cilindro magico nuove tecniche di accertamento della morte finalizzate ad allargare la platea dei potenziali donatori, come la donazione di organi a cuore fermo (DCD).Inoltre, comincia a filtrare attraverso i media l’ipotesi che la cosiddetta «donazione degli organi» possa un giorno diventare un obbligo.
C’è da tenere presente che in questi ultimi anni è stata organizzata dalle istituzioni una massiccia campagna di (dis)informazione mirata a convincere la popolazione a cedere i propri organi. Ovviamente, trattasi di pura propaganda che si guarda bene dall’informare correttamente il cittadino, tendendo essenzialmente a far leva sull’emotività (la cultura del dono) e sul senso di colpa.
Sembra però che una consistente parte degli italiani non sia caduta nella trappola psicologica e abbia declinato l’invito ad acconsentire di essere trattata come carne da macello.
Del resto, quello della morte cerebrale può apparire un argomento complesso, da addetti ai lavori, quando invece la sua apparente difficoltà deriva unicamente dal fatto che si tratta di un costrutto artificiale, studiato a tavolino, il cui unico fine è consentire l’eliminazione del comatoso e la predazione degli organi.
In effetti, chiunque è in grado di distinguere un cadavere da una persona ancora in vita, anche se non ha mai sfogliato una sola pagina di un libro di medicina o di anatomia. L’inganno della morte cerebrale sta proprio in questo: trasformare la vita e la morte da eventi naturali ed osservabili a eventi artificiali che possono essere accertati solamente tramite l’ausilio di complessi macchinari e da una commissione medica istituita ad hoc.
Ad ogni modo, il sensibile aumento delle opposizioni ai trapianti lascia ben sperare: il buon senso delle persone tende ancora a prevalere sulla menzogna e sull’artificio, almeno fintantoché le sarà concesso di esprimere la loro volontà.
Abbiamo già avuto modo di sperimentare infatti come i valori liberal democratici su cui si fondano gli Stati moderni possono diventare elementi di intralcio per le élite dominanti, soprattutto quando i loro piani non coincidono esattamente con quelli della popolazione generale.
Alfredo De Matteo
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Immagine di Fruehaufsteher2 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Predazione degli organi
Se la cardiologa parla della possibilità di un «obbligo» per la «donazione» degli organi

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Predazione degli organi
DCD, la nuova frontiera della predazione degli organi

L’introduzione del criterio della morte cerebrale non fu il risultato di una riflessione teorica o filosofica sulla morte, piuttosto della volontà di risolvere due ordini di esigenze pratiche: contenere il problema dei pazienti bisognosi di cure mediche adeguate (in concomitanza della scoperta delle moderne tecniche di rianimazione) e legittimare l’espianto degli organi vitali.
Ad affermarlo furono gli stessi membri del Comitato di Harvard i quali, ormai più di cinquant’anni fa, vennero chiamati ad elaborare il concetto di morte con criteri neurologici: «il peso è più grande per i pazienti che soffrono della perdita permanente dell’intelletto, per le loro famiglie, per gli ospedali, e per quanti hanno bisogno di posti letto già occupati da altri pazienti comatosi (…) Criteri obsoleti per la definizione di morte possono portare a controversie nell’ottenere organi per il trapianto».
Gli evidenti riferimenti erano al problema di togliere i supporti vitali ai malati e alla necessità di legalizzare la pratica dei trapianti. Per risolvere tali impedimenti in un colpo solo era sufficiente dichiarare morte le persone in stato di incoscienza: il nuovo criterio di accertamento della morte venne così ratificato e finì in breve tempo per rivoluzionare radicalmente la deontologia e la prassi medica.
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Pertanto, sembra evidente che il legame tra la predazione degli organi e la deriva eutanasica non è accidentale bensì strutturale. Ai giorni nostri, l’intima connessione tra queste due pratiche si manifesta in maniera particolarmente evidente nella nuova frontiera dei trapianti, la cosiddetta donazione a cuore fermo (Donation after Cardiac Death).
Schematicamente, esistono due tipi di donatori a cuore fermo: controllati e non controllati. La DCD non controllata concerne tutti i pazienti che hanno subito un improvviso arresto cardiaco e non hanno risposto (almeno in teoria) a tutti i tentativi di rianimazione cardiopolmonare.
In questi casi, per il prelievo degli organi vengono utilizzate procedure per ridurre la sofferenza ischemica dei tessuti, come i sistemi di perfusione continua meccanica e l’utilizzo di ossigenatori a membrana extracorporea. Tali sistemi vengono utilizzati già all’arrivo del paziente in ospedale per supportarne il cuore in vista di una sua possibile ripresa
Qualora il malcapitato non si riprenda si procede a verificare la volontà donativa dello stesso e in caso positivo al prelievo dei suoi organi. Trattandosi di un «donatore» non controllato il cuore non può essere prelevato, in quanto la sua funzionalità è compromessa da una patologia che ne ha causato l’arresto (in compenso possono essere prelevati tutti gli altri organi).
Diverso è il caso della DCD controllata in cui l’arresto cardiaco è atteso, ossia previsto. Essa, fa seguito alla sospensione dei trattamenti intensivi a motivo della loro mancanza di proporzionalità. In altre parole, il malato viene staccato dai supporti vitali, in particolare dal supporto ventilatorio, in una circostanza prevista e medicalmente controllata. In questo caso il cuore è sano e può essere prelevato dopo i venti minuti di assenza di battito e di circolo, come prescritto dalla legge italiana. Il muscolo cardiaco, già prima del prelievo e del trapianto, viene accuratamente valutato e spesso collegato ad un sistema di circolazione artificiale che permette di verificare la funzionalità dell’organo in vista del trapianto.
Possiamo chiederci se possa essere stata proprio questa la causa della morte di una persona ricoverata a fine dicembre presso l’ospedale piemontese, la quale è stata depredata di cuore, fegato e reni dopo accertamento di morte con criteri cardiologici. Immediatamente dopo la dichiarazione del decesso il cuore della «donatrice», ci informano le cronache, è stato rivitalizzato da una équipe rianimatoria che ha fatto ripartire il cuore prima del suo prelievo. Gli organi (cuore e fegato) sono stati poi trasportati in un altro ospedale mantenuti vitali al di fuori del corpo in una condizione molto simile a quella fisiologica.
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Naturalmente, la notizia è stata accolta dai media con grande entusiasmo e i membri dell’équipe medica descritti come degli eroi. E ovviamente nessun accenno ad alla possibilita per cui, secondo alcuni, vi potrebbe essere sottostante una pratica eutanasica.
Una cosa è certa: la nuova tecnica dei trapianti a cuore fermo da donatore controllato è la dimostrazione ulteriore che la dichiarazione di morte cerebrale rappresenta una mera convenzione volta unicamente ad eliminare i malati e foraggiare l’industria dei trapianti; con la DCD controllata, infatti, la morte del paziente non sopraggiunge a causa di una patologia cardiaca ma è conseguente alla decisione di sospensione dei trattamenti considerati inutili per il paziente stesso. Trattasi quindi di morte dopo sospensione delle cure.
Come uno tsunami la Necrocultura avanza e rompe tutti gli argini che incontra lungo il suo mostruoso cammino.
Alfredo De Matteo
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