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Politica

Trump promette di liberare l’ergastolano del Dark Web e delle criptovalute Ross Ulbricht

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Il candidato presidenziale americano Donald J. Trump ha promesso di graziare il fondatore di Silk Road, sito del Dark Web che agiva come una sorta di piattaforma di commercio per sostanze illegali.

 

«Commuterò la sentenza di Ross Ulbricht» ha detto Trump intervenendo alla convention del Libertarian Party, un partitino statunitense legato ad ideali di estrema libertà economica.

 

Ulbricht sta scontando due ergastoli per una serie di condanne, inclusa la distribuzione di narcotici. I problemi legali di Ulbricht derivano dall’essere stato l’inventore e il gestore di Silk Road, defunto mercato online del Dark Web dove gli utenti potevano acquistare e vendere di tutto, soprattutto droghe.

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L’Ulbricht rappresenta da tempo un tema di interesse per i libertari, molti dei quali sono ostinati nella convinzione che la sua condanna fosse perversamente sproporzionata rispetto alla sua condotta effettiva. Non solo: Silk Road e Ulbricht, molto in anticipo sui tempi, operavano solo con Bitcoin, cosa che ha reso il ragazzo una sorta di proto-eroe dell’adozione delle criptovalute, al punto di essere considerato come uno dei primi veri usi materiali continuativi delle criptomonete nella storia.

 

Dopo aver assicurato la volontà di lasciare in pace i possessori di Bitcoin (differentemente da quello che sta facendo l’amministrazione Biden, che è arrivata a condannare i maggiori banchi di cripto del mondo, dopo che per anni si è assistito al finanziamento di figure del Partito Democratico da parte della fraudolenta società cripto FTX), Trump ha dichiarato dal palco che una volta eletto trasformerà la pena di Ulbricht in «time served», cioè il tempo passato in galera, già 11 anni, sarà considerato abbastanza da estinguere il debito con la società.

 


«Se voterete per me, il primo giorno commuterò la pena di Ross Ulbricht in pena già scontata. Ha già fatto 11 anni, lo riporteremo a casa» ha detto il presidente.

 

Il pubblico in sala, che lo aveva riempito di «boo» quando aveva chiesto di nominarlo candidato anche del partito libertario, stavolta ha applaudito, con molti a issare cartelli con su scritto «Free Ross».

 


Lo stesso Ulbricht ha risposto dal carcere via Twitter.

 

 

«Ieri sera Donald Trump si è impegnato a commutare la mia condanna il primo giorno, se rieletto. Grazie. Grazie. Grazie» scrive il carcerato. «Dopo 11 anni di prigione, è difficile esprimere quello che provo in questo momento. È grazie al vostro eterno sostegno che potrei avere una seconda possibilità».

 

Trump ha poi scritto sul suo social Truth il suo appoggio al mondo delle cripto: «sono molto positivo ed aperto alle società di criptovalute e a tutto ciò che riguarda questa nuova e fiorente industria. Il nostro Paese deve essere leader in questo campo. Non c’è un secondo posto (…) il presidente Joe BIden vuole che [l’industria delle criptovalute] muoia di una morta lenta e dolorosa. Con me non succederà mai!»

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Dettaglio ancora più importante, nello stesso discorso sul palco libertarian, Trump ha promesso di mai lanciare, se eletto presidente, una CBDC, ossia una moneta elettronica di Stato emessa dalla Banca Centrale.

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa le autorità del governo degli Stati Uniti ha iniziato a liquidare circa 51.352 bitcoin sequestrati nel caso di Ross Ulbricht – Silk Road. Secondo i documenti depositati in tribunale, il 14 marzo i funzionari hanno venduto circa 9.861 bitcoin per oltre 215 milioni di dollari. Del bottino sequestrato a Ulbricht rimarrebbero quindi circa 41.491 bitcoin.

 

Il mercato virtuale Silk Road, chiuso da 10 anni, originariamente consentiva agli utenti di acquistare e vendere merci illecite, tra cui armi e informazioni sulle carte di credito rubate, nonché, soprattutto, droghe di ogni tipo.

 

Le indagini furono complicate e intricate, e ricche di comportamenti controversi delle autorità, che arrivarono a simulare l’assassinio di un collaboratore di Ulbricht per incastrarlo.

 

Vi è sempre stato un certo mistero sulla enorme quantità di bitcoin accumulati da Ulbricht negli anni.

 

Nel 2015 un ex poliziotto sotto copertura è stato condannato a sei anni e mezzo di carcere per aver ricevuto da Silk Road 700.000 dollari in bitcoin. L’agente, che faceva parte dell’indagine della Drug Enforcement Administration (DEA) su Silk Road si è dichiarato colpevole di estorsione, riciclaggio di denaro e ostruzione alla giustizia.

 

L’agente DEA si atteggiava a spacciatore di droga con legami con sicari per stabilire un contatto con il fondatore di Silk Road. Una volta raggiuntolo, l’agente gli aveva venduto informazioni sulle indagini.

 

Parallelamente è stato portato davanti al giudice anche un ex agente dei Servizi Segreti USA (il dipartimento che si occupa della sicurezza dei presidenti) connesso alla vicenda. Dal 2013 Ulbricht sta scontando due ergastoli senza possibilità di libertà condizionale.

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Non è chiaro l’effetto sul mercato di questa enorme vendita governativa di bitcoin.

 

È stata avanzata tuttavia la teoria che il governo USA possa aver comprato una grande quantità di bitcoin lo scorso gennaio quando, per la prima volta dopo l’11 settembre, l’intero traffico aereo fu sospeso: stessa cosa accaduta settimane prima nelle Filippine e poi in Canada. Per alcuni si sarebbe potuto trattare di un attacco cibernetico ransomware, per il quale – come avviene altrove – è stato pagato il riscatto richiesto in bitcoin.

 

Di fatto, in quelle ore, il prezzo del bitcoin era salito di molto.

 

Come riportato da Renovatio 21, molte figure principali del bitcoin in questi tempi fanno una brutta fine: in galera per crack recordbraccati in Montenegro o affogati nell’Oceano. Banchi cripto e criptovalute intere stanno saltando.

 

Come scritto da Renovatio 21, l’arrivo della CBDC, la moneta virtuale da Banca Centrale (come l’euro digitale in arrivo), rendere impossibile il commercio di criptovalute, in quanto tutta l’economia dovrà essere soggetta alla piattaforma.

 

Parimenti, anche le banche, diverranno il larga parte obsolete, e saranno disrupted, disintermendiate. Il crollo delle banche in AmericaSvizzera e Germania dello scorso anno è l’assaggio di quello che potrebbe avvenire ovunque.

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Tentativo di colpo di Stato in Benin

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Un gruppo di militari del Benin, paese dell’Africa occidentale, ha proclamato la propria ascesa al potere attraverso la tv di stato SRTB. Tuttavia, diverse fonti hanno indicato che un assalto alla residenza presidenziale è fallito.   I soldati hanno sfruttato la rete televisiva per annunciare la sospensione delle istituzioni nazionali e della Costituzione beninese, ordinando la chiusura di tutte le frontiere aeree, terrestri e marittime. Hanno designato il tenente colonnello Pascal Tigri come presidente del Comitato Militare per la Rifondazione (CMR), «a partire da oggi». In seguito, il segnale del canale è stato tagliato.   Il ministro degli Esteri del Benin, Olushegun Adjadi Bakari, ha riferito all’agenzia Reuters che «un piccolo gruppo» di militari ha orchestrato un tentativo di golpe, ma le truppe leali al presidente Patrice Talon sono al lavoro per ristabilire la normalità. «C’è un tentativo in corso, ma la situazione è sotto controllo… La maggior parte dell’esercito rimane fedele e stiamo riprendendo il dominio della faccenda», ha precisato.   Il governo ha poco fa diffuso un video in lingua francese per spiegare l’accaduto. A parlare è Sig. Alassane Seidou, ministro dell’Interno e della Pubblica Sicurezza del Paese.  

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«Cari concittadini, Nelle prime ore del mattino di domenica 7 dicembre 2025, un piccolo gruppo di soldati ha scatenato un ammutinamento con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e le sue istituzioni. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica».   «La loro risposta ha permesso loro di mantenere il controllo della situazione e di sventare la manovra. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica. Pertanto, il Governo invita la popolazione a continuare a svolgere le proprie attività come di consueto».   A Cotonou, la principale città del Benin, si sono sentiti spari sin dalle prime ore di domenica, sebbene le voci di un colpo di stato non siano ancora verificate, ha dichiarato Maxim Meletin, portavoce dell’ambasciata russa nel paese africano, all’agenzia African Initiative.   «Dalle 7 del mattino, abbiamo rilevato colpi d’arma da fuoco e detonazioni di granate nei dintorni della residenza presidenziale. Stando a indiscrezioni non confermate, militari beninesi si sono presentati alla tv nazionale per proclamare la destituzione del presidente», ha proseguito Meletin.   Una fonte vicina a Talon, interpellata da Jeune Afrique, ha raccontato che uomini in divisa hanno provato a irrompere nella residenza presidenziale intorno alle 6 del mattino ora locale, con il capo dello Stato ancora all’interno. L’incursione sarebbe stata sventata dalle guardie di sicurezza, e il presidente sarebbe illeso.   Tuttavia, questi dettagli non hanno ricevuto conferme indipendenti da canali ufficiali. Unità dell’esercito fedeli al regime in carica hanno risposto con una controffensiva. Si parla di elicotteri che pattugliano Cotonou, mentre varie zone del centro urbano risultano bloccate.   Talon è al timone del Benin dal 2016; il suo secondo e ultimo mandato scadrà nel 2026. La Carta Costituzionale ammette soltanto due quinquenni presidenziali, e le urne per il dopo-Talon sono in programma il 12 gennaio 2026.   Nell’agosto 2025, la maggioranza al governo ha sostenuto la corsa alla presidenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Romuald Wadagni.

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Studenti polacchi pestano i compagni di classe ucraini

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Alcuni studenti polacchi di un istituto tecnico di Słupsk, nel nord della Polonia, hanno aggredito e picchiato diversi compagni ucraini dopo che un docente li aveva apostrofati come «feccia», ha riferito martedì il portale Onet.

 

L’episodio si è verificato in una scuola professionale dove sono iscritti numerosi adolescenti ucraini in corsi di formazione. L’avvocato Dawid Dehnert, contattato dai familiari delle vittime, ha citato una registrazione in cui l’insegnante avrebbe definito gli ucraini «feccia» e li avrebbe minacciati di farli bocciare «perché vi farò vedere cosa significa essere polacchi».

 

I genitori dei ragazzi aggrediti hanno raccontato ai media che uno studente polacco era solito riprodurre in aula il rumore di bombe e razzi, rivolgendosi ai compagni ucraini con frasi come «è ora di nascondervi», senza che il docente intervenisse. «L’atteggiamento del professore ha non solo danneggiato gli studenti ucraini, ma ha anche incoraggiato e tollerato atteggiamenti xenofobi negli altri», ha commentato Dehnert.

 


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La situazione è precipitata al termine delle lezioni, quando i giovani ucraini sono stati assaliti fuori dall’edificio da coetanei polacchi più grandi. «Uno degli aggressori ha prima sputato in faccia a un ragazzo ucraino gridando “in testa, puttana ucraina” e poi lo ha colpito con pugni», ha riferito l’avvocato.

 

A seguito del pestaggio, un sedicenne ucraino ha riportato la frattura della clavicola e un altro una sospetta commozione cerebrale. Un video circolato sui social riprende parzialmente la rissa, mostrando tre studenti che infieriscono su uno di loro fino a scaraventarlo a terra.

 

L’aggressione si è interrotta solo quando una passante ha minacciato di chiamare la polizia. Una madre ha dichiarato a Onet di essersi recata immediatamente alla stazione più vicina per denunciare i fatti, ma di essere stata respinta perché «non c’era nessun agente disponibile» e di aver potuto formalizzare la querela solo il giorno successivo.

 

L’episodio si colloca in un contesto in cui la Polonia resta una delle principali mete UE per gli ucraini in fuga dal conflitto: secondo Statista, quasi un milione di cittadini ucraini risultano registrati nel Paese sotto regime di protezione temporanea.

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Netanyahu ha spinto Trump a chiedere la grazia

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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha sollecitato il presidente statunitense Donald Trump a incrementare il proprio sostegno alla sua istanza di grazia presidenziale per un procedimento di corruzione protrattosi da oltre un decennio. Lo riporta Axios, attingendo a fonti informate.   La settimana scorsa, Netanyahu ha formalmente inoltrato al capo dello Stato israeliano Isaac Herzog la domanda di perdono per il caso in questione. Tale mossa è maturata dopo che Trump, storico alleato del premier, aveva esortato Herzog a novembre a concedergli un indulto integrale.   Nel corso di un colloquio telefonico lunedì, Netanyahu ha caldeggiato presso Trump un ulteriore appoggio alla sua petizione indirizzata al presidente israeliano, secondo quanto trapelato ad Axios. Trump si è professato ottimista sul successo dell’iniziativa, pur astenendosi da impegni per azioni supplementari, ha precisato l’agenzia giornalistica, citando funzionari americani e israeliani vicini alla conversazione.

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«Netanyahu desidererebbe un impegno più marcato da parte di Trump, ma il presidente ha già esaurito le proprie possibilità», ha confidato un esponente statunitense alla testata americana.   La missiva di Trump a Herzog del mese scorso ha rigettato le imputazioni a carico di Netanyahu come «un’azione giudiziaria politicizzata e immotivata», invocando un perdono totale. Gli oppositori hanno ammonito che tale intervento mina l’indipendenza del sistema giudiziario israeliano, convertendo le grazie in strumenti di lotta politica.   Netanyahu è il primo capo di governo in carica in Israele a subire un processo penale, accusato di frode, violazione di fiducia e ricezione di mazzette in tre distinti procedimenti, nei quali gli si contesta di aver contrattato benefici politici in cambio di doni sontuosi da parte di miliardari influenti. Formulati i capi d’imputazione nel 2019, si è proclamato innocente, qualificando l’inchiesta come un complotto orchestrato da stampa, forze dell’ordine e toghe per estrometterlo dalla guida del Paese. L’iter giudiziario, inaugurato nel 2020, è stato più volte procrastinato e si profila come un calvario pluriennale.   I detrattori sostengono che Netanyahu abbia strumentalizzato le crisi correnti in Israele per schermarsi dalle minacce penali e perpetuare il proprio dominio.   Nella sua supplica di clemenza, Netanyahu ha argomentato che l’indulto gli permetterebbe di concentrare «tutto il proprio tempo, le proprie competenze e la propria determinazione» nel condurre la nazione attraverso «tempi cruciali». L’entourage di Herzog ha precisato che il presidente vaglierà la domanda una volta acquisiti i pareri legali esaustivi.

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