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Politica

Trump minaccia Zuckerberg con l’ergastolo

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L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accusato Mark Zuckerberg di aver complottato contro di lui durante le elezioni del 2020 e ha messo in guardia il CEO di Meta dal farlo di nuovo alle elezioni di novembre. Lo riporta il sito Politico che avrebbe esaminato un estratto del nuovo libro di Trump intitolato Save America la cui pubblicazione è prevista la prossima settimana.

 

Secondo quanto riportato, il volume presenta una fotografia che lo ritrae mentre incontra Zuckerberg alla Casa Bianca quando era presidente e sotto l’immagine Trump ha scritto una didascalia in cui afferma che il capo del Meta «era venuto allo Studio Ovale per vedermi. Aveva portato la sua bravissima moglie a cena, era stato gentile come chiunque altro, mentre tramava sempre per installare vergognose Lock Box in un vero e proprio complotto contro il presidente».

 

Come riportato da Renovatio 21, ancora tre anni fa l’ex presidente si era espresso nello stesso modo dicendo che «la prossima volta che Zuckerberg sarà alla Casa Bianca» non sarà del tutto amichevole.

 

Secondo l’articolo di Politico, Trump sembra riferirsi al contributo di 420 milioni di dollari che Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan hanno versato durante le elezioni presidenziali del 2020 per finanziare le infrastrutture di voto – i cosiddetti «Zuck Bucks».

 

L’ex presidente ha continuato affermando che Zuckerberg gli aveva detto che «non c’era nessuno come Trump su Facebook», ma allo stesso tempo «l’aveva rivolta contro di me».

 

«Lo stiamo osservando attentamente e se questa volta farà qualcosa di illegale trascorrerà il resto della sua vita in prigione, così come tutti coloro che imbroglieranno nelle elezioni presidenziali del 2024», avrebbe avvertito Trump nel libro in uscita.

 

L’estratto esaminato da Politico segue dichiarazioni simili fatte da Trump in passato. A luglio, il candidato repubblicano alla presidenza ha anche scritto sulla sua piattaforma Truth Social che, se eletto, avrebbe perseguito «i truffatori elettorali a livelli mai visti prima» e li avrebbe mandati in prigione per «lunghi periodi di tempo».

 

«Sappiamo già chi sei. Non farlo! Zuckerbucks, fai attenzione», ha scritto Trump.

 

Meta non ha commentato le accuse e gli avvertimenti dell’ex presidente.

 

Come riportato da Renovatio 21, all’inizio di questa settimana Zuckerberg ha inviato una lettera al presidente della commissione giudiziaria della Camera Jim Jordan, confessando che alti funzionari dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden avevano «ripetutamente fatto pressione» su Facebook affinché «censurasse» i contenuti sul COVID-19 nel 2021.

 

Il CEO di Meta ha osservato nella lettera che, a suo avviso, «la pressione del governo era sbagliata» e ha espresso rammarico per non averne parlato apertamente in quel momento.

 

Zuckerberg ha continuato dichiarando che non comprometterà più gli standard dei contenuti di Facebook a causa delle pressioni «di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni». Ha promesso di «respingere se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo» e rimarrà politicamente «neutrale» prima delle elezioni di novembre.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro settimane fa Trump aveva detto che Zuckerberg lo aveva chiamato assicurandogli che non avrebbe sostenuto il Partito Democratico.

 

Sei mesi fa il biondo ex presidente aveva definito Facebook «nemico del popolo», con cadute delle azioni di Meta in borsa.

 

Facebook e Twitter a seguito della rivolta del 6 gennaio 2021 rimossero l’account di Trump dalle loro piattaforme: un gesto incredibile fatto, nota bene, quando questi era formalmente e materialmente ancora presidente. Trump reagì in seguito chiedendo agli Stati del mondo di indire una class action contro i grandi di Big Tech.

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Politica

Anche in Austria i giudici contro l’opposizione: inquisito il leader FPO. C’è una regia globale per i giudici anti-destra?

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Il leader del Partito della Libertà d’Austria (FPÖ) Herbert Kickl sta affrontando un processo dopo che la sua immunità è stata revocata.   Il pubblico ministero austriaco, Wirtschafts- und Korruptionsstaatsanwaltschaft («Procura per l’economica e la corruzione», o WKStA), vuole aprire un’indagine sul Kickl per le accuse di falsa testimonianza rilasciata a un’inchiesta della commissione parlamentare.   Il Parlamento austriaco ha votato per revocare la sua immunità, il che consentirà all’indagine di andare avanti, con tutti i partiti che voteranno contro Kickl tranne il suo. La procura austriaca sta indagando su diversi argomenti, tra cui le accuse secondo cui il suo partito avrebbe utilizzato fondi pubblici per pagare pubblicità in cambio di una copertura favorevole da parte dei media.

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In particolare, il partito di Kickl è arrivato al primo posto durante le elezioni nazionali di quest’anno, ma tutti i partiti gli hanno impedito di formare una coalizione. Attualmente, l’FPÖ è più popolare che mai, con il 34 percento degli elettori che ha dichiarato che avrebbe sostenuto il partito. Durante le elezioni nazionali, l’FPÖ ha ottenuto il 29%dei voti, mentre il suo rivale, il Partito Popolare Austriaco (ÖVP), ha perso drasticamente popolarità dopo le elezioni.   È stao un politico dell’ÖVP, Christoph Zarits, a lanciare la richiesta di revoca dell’immunità di Kickl.   Il Kickl si è difeso, dicendo ai media austriaci, quando è stato accusato per la prima volta, di «non essersi occupato della pubblicità» mentre era ministro degli Interni tra il 2017 e il 2019. Il suo partito ha definito la revoca dell’immunità di Kickl una manovra politica progettata per attaccare il partito mentre cresce in popolarità.   In quasi tutti i principali Paesi d’Europa, la destra sta affrontando indagini giudiziarie, nel caso della Germania, il divieto assoluto di un intero partito, AfD, formazioni in grande ascesa in varie laender tedeschi.   In tutta Europa, i partiti rivali stanno ricorrendo all’azione penale per colpire i loro rivali, come l’azione penale contro Matto Salvini in Italia per il suo ruolo nel bloccare gli sbarchi di migranti durante il suo mandato come ministro degli Interni. In Francia, la favorita alla presidenza Marine Le Pen è attualmente sotto processo per le accuse di aver utilizzato in modo improprio i fondi UE per la politica interna, con il leader parlamentare del Rassemblement National che rischia anni di prigione e il divieto di partecipare alla politica per anni.   Inoltre, il partito tedesco Alternativa per la Germania (AfD) rischia seriamente di essere messo al bando, nonostante sia attualmente il secondo partito più popolare del Paese nei sondaggi. Come noto, AfD chiede la remigrazione di milioni di immigrati e l’uscita della Germania dalla UE, manovra per la quale vuole indire un referendum. I servizi segreti tedeschi del BfV da anni cercano di etichettare come sovversive parti del partito come la sezione giovanile, al fine di sorvegliarne i membri.   In quella che è forse la mossa più scioccante degli ultimi tempi, la Corte costituzionale rumena ha appena annullato tutte le elezioni presidenziali perché il NATO-scettico Calin Georgescu era molto più avanti nei sondaggi rispetto al suo rivale. La Corte costituzionale ha sostenuto «interferenza elettorale straniera», ma ha fornito poche o nessuna prova a sostegno delle sue affermazioni. Ciò stabilisce un precedente pericoloso per le elezioni future, in cui le corti possono annullare interi risultati elettorali semplicemente perché non gli piace il risultato. Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha commentato tale sviluppo, osservando che «è una democrazia solo se vincono loro. E tutto è giustificato per fermarci se sembriamo vincere».   Il cancelliere Karl Nehammer, il cui ÖVP aveva precedentemente formato due coalizioni con l’FPÖ, ha escluso la possibilità che entrassero al governo con Kickl al comando. All’epoca, ha descritto Kickl come un «rischio per la sicurezza».

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Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il Kickl aveva accusato il presidente Nehammer di ignorare la volontà popolare. Il cancelliere Nehammer, va ricordato, venne trovato positivo al COVID dopo essere stato trivaccinato: secondo quanto riportato dai giornali all’epoca, si sarebbe infettato ad un meeting per promuovere la vaccinazione obbligatoria, dove si presuppone fossero tutti sierati come lui. Negli stessi giorni aveva dichiarato che l‘Austria avrebbe multato fino a 50 mila euro i media che violano le regole di censura UE.   Kickl è noto per le sue posizioni durante la pandemia COVID-19, quando l’Austria subì uno dei lockdown più draconiani del continente, con arresti in strada, mascherine sulle piste di sci, lotterie vaccinali e persino proposte di carcere per i non vaccinati. Il Kickl ha sostenuto l’uso dell’ivermectina e anche definito l’Organizzazione Mondiale della Sanità «uno strumento per far rispettare gli interessi di potere».   L’FPÖ ha promosso una posizione dura in materia di immigrazione – proponendo di istituire un commisario per la remigrazione – e ha chiesto la revoca delle sanzioni contro la Russia e la limitazione degli aiuti militari all’Ucraina. I parlamentari austriaci hanno inoltre deciso di revocare l’immunità di altri tre membri del partito FPÖ che avevano partecipato al funerale di un ex parlamentare, durante il quale è stato scandito uno slogan nazista.   I parlamentari sono accusati di aver violato una legge del 1947 che proibisce la promozione dell’ideologia del partito nazista, nonché la sua ricostituzione o la negazione dei crimini contro l’umanità commessi dai nazisti.

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La grande prova della guerra giudiziaria, che è oggi un modus operandi di lotta politica dello Stato-partito in tutti i Paesi occidentali (compresi gli USA, con Trump a rischiare mezzo millennio di carcere) l’ha vissuta per prima, come sempre, l’Italia, con il caso di Silvio Berlusconi, di cui tendiamo a dimenticarci – un caso che seguiva uno ancora più devastante, Tangentopoli, con cui di fatto si fecero sparire praticamente tutti i partiti storici del dopoguerra, con l’eccezione di uno, il PCI, poi PDS, DS e ora PD.   È interessante notare come tutti i politici e i partiti interessati dalla guerra giudiziaria siano stati, a vario titolo, amici di Putin o favorevoli anche solo a semplici scambi commerciali con la Russia.   La qualcosa dovrebbe far sorgere la domanda: è possibile che alcuni giudici, in tutti questi Paesi, siano controllati dall’Estero, da un ente terzo rispetto alla politica?   Tendiamo a dimenticare, pure, che anche nel caso italiano, con Tangentopoli, qualcuno ha cercato di mettere in luce elementi a favore di questa ipotesi?

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Putin annuncia nuovamente che la pena di morte non ritornerà in Russia

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La Russia non ha intenzione di reintrodurre la pena di morte e continuerà a liberalizzare il suo codice penale per ridurre il numero dei condannati, ha affermato il presidente Vladimir Putin.

 

Putin ha fatto queste osservazioni martedì mentre parlava durante una riunione del Consiglio presidenziale per la società civile e i diritti umani, un organo consultivo incaricato di assistere il leader del paese nella protezione dei diritti umani e delle libertà. La posizione di Mosca sulla pena di morte rimane invariata anche sulla scia del conflitto ucraino, ha ribadito Putin.

 

«Viviamo nella realtà di un’operazione militare speciale e non introduciamo affatto la pena di morte, nonostante il fatto che, vi assicuro, e probabilmente lo sapete, un numero considerevole di nostri cittadini e personaggi politici sollevino costantemente questa questione», ha affermato Putin.

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Nonostante l’attuale «azione militare piuttosto seria», il governo russo continua a «prendere decisioni per aumentare l’umanità del nostro sistema giudiziario», ha aggiunto. In particolare, la Russia continua il suo sforzo per ridurre il numero di persone incarcerate, ha detto Putin.

 

La Russia ha introdotto una moratoria sulla pena di morte nel 1997, quando è entrata a far parte del Consiglio d’Europa. L’ultima esecuzione nel paese è stata eseguita l’anno precedente. Tuttavia, la pena capitale non è mai stata completamente abolita e vari politici e personaggi pubblici russi hanno suggerito di revocare la moratoria.

 

Il discorso di ripristinare la pena di morte è stato rivitalizzato l’anno scorso sulla scia del ritiro della Russia dal Consiglio d’Europa. Mosca ha affermato che l’organizzazione era stata dirottata per promuovere gli interessi occidentali piuttosto che per servire i propri obiettivi originali.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

 

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Zuckerberg consegna a Trump 1 milione di dollari

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Meta Platforms, proprietaria di Facebook e Instagram, ha donato 1 milione di dollari al fondo per l’insediamento del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, ha confermato un portavoce dell’azienda.   Il contributo è visto come parte di un’iniziativa del CEO di Meta Mark Zuckerberg per migliorare i suoi rapporti storicamente tesi con il nuovo repubblicano.   Questa mossa segna un nuovo inizio per il colosso della tecnologia, che non aveva apportato alcun contributo di questo tipo durante le due precedenti presidenze degli Stati Uniti.

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Trump e Zuckerberg hanno cenato al resort Mar-a-Lago la scorsa settimana. In una recente conferenza stampa, il presidente degli affari globali di Meta, Nick Clegg (già ministro degli Esteri del governo britannico), ha detto che lo Zuckerberg voleva assumere un «ruolo attivo» nelle decisioni politiche tecnologiche dell’amministrazione statunitense. Il CEO intende impegnarsi nel dibattito sul mantenimento della leadership americana nella tecnologia, in particolare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, ha detto il Clegg.   Trump ha utilizzato ampiamente le piattaforme Facebook e Instagram durante il suo primo mandato, fino a quando i suoi account non sono stati sospesi in seguito alla rivolta del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti, citando il timore che avrebbe incitato ulteriori violenze negando la vittoria elettorale di Biden.   Sebbene gli account di Trump siano stati ripristinati nel 2023, lui ha continuato a esprimere frustrazione nei confronti di Zuckerberg. A marzo, ha definito Meta il «nemico del popolo», suggerendo in seguito che il giovane magnate della tecnologia dovrebbe essere incarcerato per presunta interferenza elettorale e arrivando persino a parlare di ergastolo.   Nel tentativo di riparare la relazione e di posizionarsi più vicino alla nuova amministrazione Trump, Zuckerberg ha pubblicamente elogiato la reazione «badass» («tosta») del presidente eletto al tentato assassinio durante il comizio in Pennsylvania a luglio. Lo Zuckerbergo ha anche chiamato Trump questa estate per scusarsi per aver etichettato in modo errato le sue foto con un fact check.   Non ci sono limiti alle donazioni al comitato di Trump. È strutturato come un’organizzazione politica senza scopo di lucro ai fini fiscali. Tuttavia, i contributi superiori a 200 dollari devono essere comunicati alla Federal Election Commission. Il primo comitato inaugurale di Trump ha raccolto 107 milioni di dollari nel 2016 e nel 2017.   Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa Trump aveva rivelato che Zuckerberg lo aveva chiamato dicendogli che a differenza del 2020, non avrebbe sostenuto il Partito Democratico. Quattro anni fa Trump aveva avvertito che la «prossima volta che sarà alla Casa Bianca» non sarà del tutto amichevole.   Zuckerberg aveva bandito Trump da Facebook e Instagram nel 2021, citando accuse secondo cui l’allora presidente degli Stati Uniti aveva avuto un ruolo nell’incitamento alla rivolta del 6 gennaio al Campidoglio degli Stati Uniti. I disordini seguirono le proteste per le elezioni del 2020, che il repubblicano perse ufficialmente contro il democratico Joe Biden.   Durante la campagna elettorale del 2020, Zuckerberg – un networth calcolato intorno ai 190 miliardi di dollari, cosa che lo rende forse tra i primi cinque uomini più ricchi sulla Terra – aveva donato 400 milioni di dollari a varie istituzioni in aree a maggioranza democratica, apparentemente per promuovere un voto più facile e la democrazia.   Gli «Zuckerbucks» ( gli «zuckerdollari»), come sono diventati noti, hanno facilitato quello che la rivista Time ha descritto come il “rafforzamento” del voto del 2020 a favore di Biden e della sua compagna di corsa Kamala Harris.   Come riportato da Renovatio 21, atre mesi fa Zuckerberg ha inviato una lettera al presidente della commissione giudiziaria della Camera Jim Jordan, confessando che alti funzionari dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden avevano «ripetutamente fatto pressione» su Facebook affinché «censurasse» i contenuti sul COVID-19 nel 2021.   Secondo alcuni, Zuckerberg e Jeff Bezos (il patron di Amazon e del Washington Post, che ha sollevato proteste in redazione per la sua decisione di non schierare il giornale a favore della Harris con un endorsement ufficiale) quest’anno non hanno scelto di andare contro Trump perché in possesso dei dati degli utenti che dimostravano chiaramente da che parte stava andando il Paese.

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Nel frattempo, il rivale di Zuckerberg sui social media, Elon Musk, è diventato il consigliere più stretto di Trump, con alcuni media che lo hanno soprannominato first friend, «primo amico». Musk ha acquistato Twitter (ora X) nel 2022 e ha annullato i molteplici divieti che la precedente dirigenza aveva imposto a seguito delle pressioni del governo degli Stati Uniti, incluso il divieto dell’account di Trump.   I giornali hanno riportato che Musk si è installato a Mar-a-Lago sollevando anche qualche nervosismo nella corte di Trump. Essendo che il Musko e lo Zuckerbergo avevano promesso di menarsi (cioè: la sfida era di Elon; il ragazzo ebreo del New Jersey aveva accettato ma poi si è ritirato) non è chiaro se siano stati fatti incontrare.   Musk da anni attacca i prodotti dello Zuckerberg, per esempio chiedendo a tutti di disinstallare Whatsapp in quanto «spyware», software dannoso fatto per spiarti. Di recente Elon è arrivato a dire che tra qualche anno Facebook non esisterà più.   L’azienda di punta del Musk, Tesla – ora primo gruppo automotive del mondo in Borsa –, si vanta da sempre non solo di non fare pubblicità, ma di non essere presente su Facebook.  

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    Immagine di Brian Solis via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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