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Sacerdote affronta un processo per «scisma» per i messaggi celesti che definirebbero Papa Francesco un «usurpatore»

Il fondatore di una comunità religiosa cattolica americana sarà processato con l’accusa di scisma. Lo riporta LifeSite.
L’apostolato Mission of Divine Mercy ha informato i suoi sostenitori che il 9 aprile ha ricevuto una lettera dall’arcidiocesi di San Antonio «che annunciava un tribunale per indagare sull’accusa di scisma contro padre John Mary (Foster) per aver “negato la legittimità … di papa Francesco”».
La comunità ha dichiarato di aver richiesto personalmente questo tribunale «Lo scorso luglio nel tentativo di seguire le procedure canoniche e chiarire la situazione», fornendo ai fedeli una copia censurata della lettera.
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La lettera, che erroneamente si rivolge a Padre John Mary chiamandolo «Joseph Mary», afferma che il sacerdote è «accusato del delitto di Scisma e di aver negato la legittimità del Sommo Pontefice, Sua Santità papa Francesco, in violazione del Canone 1364, un reato che, se riconosciuto colpevole, è punito con la scomunica latae sentencia (sic), oltre alle pene previste dal Canone 1336, § 2-4».
Il testo diocesano definisce le «prove» contro Padre Foster come «non complicate».
«Il fatto che lei definisca papa Francesco un “usurpatore” in quanto Successore di San Pietro e Romano Pontefice è ampiamente noto e le prove pubbliche sono facilmente reperibili», prosegue.
«L’Arcivescovo di San Antonio ha comunicato con lei e le ha chiesto di pentirsi, ma lei continua a sostenere il suo errore. Deve essere affermato chiaramente: se non si pente, corre il grave rischio di essere dimesso dal sacerdozio e scomunicato dalla Chiesa cattolica».
La lettera del Tribunale dell’Arcidiocesi di San Antonio è l’ultimo capitolo di una storia iniziata quando la comunità della Missione della Divina Misericordia iniziò a pubblicare il contenuto di locuzioni soprannaturali che, a suo dire, erano state sperimentate da una delle sue membri, Suor Amapola.
I «messaggi celesti» che lei registra e che sono stati finora pubblicati da Padre Foster sono attribuiti alla Beata Vergine Maria, a Gesù Cristo, Nostro Signore e al Padre Onnipotente. La prima locuzione è datata 8 febbraio 2024.
Più avanti, a febbraio, padre Foster registrò un messaggio che si supponeva fosse la parola di Dio Padre. Datato 26 febbraio, il discorso – rivolto a sacerdoti di ogni grado – accusa il vescovo di grave negligenza e papa Francesco di essere sia un usurpatore che un traditore:
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«Non solo avete permesso al fumo di Satana di infiltrarsi nel Mio Santuario, ma avete permesso a un intero esercito di demoni di prendere il vostro posto. E avete permesso all’usurpatore di sedersi sulla sedia del Mio Pietro, colui che sta portando avanti il Grande Tradimento che lascerà la Mia Chiesa desolata».
In risposta alla pubblicazione di questi e altri messaggi, l’arcivescovo di San Antonio, Gustavo García-Siller, ha revocato le facoltà a padre Foster, proibendogli il ministero pubblico e sopprimendo il suo ordine, la Missione della Divina Misericordia.
Padre Foster è stato rimosso dal suo incarico di vicario parrocchiale presso la parrocchia di San Tommaso Apostolo a Canyon Lake, in Texas. García-Siller ha inoltre ordinato il sequestro da parte dell’arcidiocesi dei beni della Missione della Divina Misericordia.
Come riportato da Renovatio 21, il vescovo di San Antonio aveva già sospeso il sacerdote nel marzo dell’anno passato.
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Il cardinale Parolin ripercorre l’elezione di Leone XIV

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Spirito
«Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato»: omelia di inizio papato di Leone XIV

Renovatio 21 pubblica il testo integrale dell’omelia di papa Leone XIV durante la celebrazione eucarestica per l’inizio del ministero petrino.
Cari fratelli Cardinali,
fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!
Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!
Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).
In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).
Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
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Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: «pescare» l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui «pescatori di uomini»; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un «di più», cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di «amare di più» e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui!
Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
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Immagine screenshot da YouTube
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L’ambasciatore russo in Vaticano incontra Papa Leone XIV

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