Spirito
Roma torna a discutere del diaconato femminile

La questione del diaconato femminile è tornata a sollevarsi a Roma, nella massima discrezione, mentre diversi gruppi progressisti sollecitano Papa Francesco a pronunciarsi a favore di quello che è diventato negli anni uno dei serpenti marini dell’attuale pontificato. Un pontificato sospeso per diversi giorni a causa delle preoccupanti condizioni di salute del successore di Pietro.
«Non parlare mai bene di te stesso, né bene, perché non ti crederanno, né male, perché ti crederanno fin troppo». Confucio avrebbe trovato seguaci in Vaticano? Poiché è stato nella massima discrezione che è stata organizzata a Roma, dal 3 al 7 febbraio 2025, una riunione della Commissione di studio sul diaconato femminile, costituita su iniziativa del sommo pontefice.
La Sala Stampa della Santa Sede per il momento ha mantenuto il silenzio sui nuovi scambi, confermati da «due fonti vicine al caso» all’agenzia di stampa I.Media, che da parte sua fa riferimento a «uno dei temi più importanti del pontificato di Francesco».
Una questione delicata al punto che le discussioni e le conclusioni di questi incontri – il precedente si è tenuto nel 2022 – sono coperte dal segreto pontificio, che punisce con pesanti sanzioni canoniche ogni indiscrezione.
La questione del diaconato femminile è infatti uno dei tanti serpenti marini dell’attuale pontificato: una prima commissione di studio è stata istituita nel 2016 dall’inquilina di Santa Marta, su pressione dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG). Sappiamo che la situazione è giunta a un punto morto.
Nel 2020 è stata istituita una nuova commissione, presieduta dal cardinale Giuseppe Petrocchi: in realtà i lavori sono ripresi dal 2023 sotto l’egida del Dicastero per la Dottrina della Fede, guidato da un uomo di fiducia del Papa argentino, il cardinale Victor Manuel Fernandez.
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Come sottolinea il sito cath.ch, che riporta il dispaccio di I.Media, il nuovo organismo comprende cinque donne, oltre a diversi diaconi e teologi, tra cui l’americano Dominic Cerrato, che ha pubblicato uno studio all’inizio del 2025 in cui concludeva che la proposta di ammettere le donne al diaconato segnerebbe, a suo dire, «una corruzione e una rottura con la tradizione apostolica e la coerenza teologica della Chiesa».
Dominic Cerrato ha dovuto mordersi il labbro durante l’ultimo incontro di febbraio: secondo quanto riportato da Religion News (RNS), l’associazione americana Discerning Deacons – che si batte per il diaconato femminile – ha presentato le testimonianze di diverse donne particolarmente «investite» nella vita liturgica della loro parrocchia.
Sembra che sia stata utilizzata tutta la gamma di argomenti a favore dell’inclusione, senza dimenticare la retorica lacrimosa: «mancanza di riconoscimento», «dolore», «sofferenza» di sentirsi «esclusi» dalla Chiesa, etc.
Va detto che i gruppi di pressione progressisti sono ancora potenti all’interno della Chiesa oltre Atlantico e, tra l’altro, sono spesso loro a strumentalizzare la questione dell’immigrazione per scatenare una guerra di parole contro l’amministrazione Trump. Pertanto, il 64% dei cattolici americani sarebbe favorevole all’accesso delle donne agli ordini maggiori.
Ma il pontefice romano, nonostante il suo progressismo su molte questioni, sembra finora cercare di dare un osso da rosicchiare agli innovatori per rimandare la questione a tempo indeterminato. Quale sia la politica peggiore, essendo la questione già decisa dal Concilio di Trento e da Giovanni Paolo II.
François farà progressi su questo tema? La doppia polmonite che lo ha colpito sta rimescolando le carte. In ogni caso, nei prossimi giorni, dal 21 al 23 febbraio, si terrà il Giubileo dei Diaconi, che vedrà riunirsi in Vaticano importanti personalità del clero provenienti da tutto il mondo.
L’associazione Discerning Deacons ha già risposto ed è stata incaricata di guidare uno dei laboratori: non c’è dubbio che queste suffragette del XXI secolo che affrontano la palude sinodale in gonna – o più spesso in pantaloni – pretendono risposte alle loro richieste.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Zakarie Faibis via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Gender
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Misteri
Candace Owens pubblica i presunti messaggi di Charlie Kirk: «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore»

Candace Owens ha pubblicato presunti messaggi personali del defunto Charlie Kirk che dimostrano un crescente interesse per la Chiesa cattolica. Lo riporta LifeSite.
In uno dei messaggi, Kirk affermava che «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore». Owens ha affermato che Kirk le ha inviato il messaggio nel febbraio 2024 durante conversazioni private sulla teologia e sull’uso politico del termine «giudeo-cristiano».
Candace ha descritto l’osservazione come parte di uno scambio continuo tra amici, aggiungendo di non aver mai affermato che Kirk si fosse convertito o si stesse preparando a farlo. «Charlie stava attraversando alcuni cambiamenti spirituali verso la fine», ha detto l’attivista, affermando che Kirk «non frequentava la chiesa del pastore Rob McCoy», ma piuttosto andava a messa ogni settimana e a volte anche più spesso.
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Owens ha anche attirato l’attenzione sul ciondolo di San Michele che Kirk indossava al momento della morte, aggiungendo che la sua vedova, Erika, aveva portato un vescovo a pregare sul suo corpo in seguito, e in precedenza aveva portato un prete a casa loro per pregare dopo una «fattura» comminatagli pubblicamente da giornalisti di sinistra.
Aveva anche parlato positivamente dell’importanza della Madonna, presentandola come la «soluzione al femminismo tossico» e invitando gli evangelici a venerarla di più.
.@charliekirk11: Mary is the SOLUTION to radical feminism in America! pic.twitter.com/75KsdXtS2s
— LifeSiteNews (@LifeSite) July 17, 2025
Tuttavia, pur notando che i cattolici «speravano che avrebbe fatto il passo successivo perché stava pregando il Rosario», Owens ha insistito sul fatto che Kirk non aveva deciso di convertirsi e che lei non aveva mai affermato il contrario.
La rivelazione arriva nel mezzo di controversie in corso sulla vita spirituale e l’eredità di Kirk, seguite al suo assassinio a settembre. Alex Clark e Andrew Kolvette della TPUSA avevano recentemente discusso dell’interesse di Kirk per il cattolicesimo, definendolo più estetico che teologico.
«Stava diventando cattolico? No», ha detto Kolvet, produttore e caro amico di Kirk. «Ma amava molto la Messa cattolica. Amava il suo rituale. Amava la bellezza delle antiche chiese cattoliche e le vetrate. E lui ed Erika ci andavano ogni tanto».
«Mi è sembrata una specie di insabbiamento», ha detto la Owens a proposito di questa conversazione, chiedendosi perché personaggi vicini a Kirk si fossero affrettati ad affermare che non si stava avvicinando al cattolicesimo.
«Sono rimasto un po’ stupita», ha detto Candace, definendo il modo in cui hanno parlato dell’argomento un «tentativo inautentico di dissuadere l’idea che Charlie si stesse ammorbidendo nei confronti del cattolicesimo».
Le opinioni religiose di Kirk sono diventate un punto focale nella più ampia lotta sulla sua eredità, con personalità interne a Turning Point, e commentatori come la Owens che offrono resoconti divergenti delle sue posizioni private su questioni di fede.
Il giornalista della testata d’inchista di sinistra Grayzone Max Bluementhal ha sottolineato che un’eventuale conversione al cattolicesimo di Charlie lo avrebbe reso forse più distante dall’influenza israeliana, che abbonda tra gli evangelici americani da cui il ragazzo proveniva.
Bluementhal aveva pubblicato uno scoop che raccontava come Kirk avesse rifiutato 160 milioni offerti dal primo ministro israeliano Netanyahu a Turning Point USA (per portarlo «al prossimo livello») e come fosse stato invitato ad un ritrovo nella prestigiosa magione del miliardario hedge fund sionista Bill Ackman, dove gli sarebbe stata fatta pressione al punto che una lobbista israeliana britannica gli avrebbe pure urlato.
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Parimenti, è stato detto che amici avessero rivelato come Charlie avesse «paura» delle forze di Israele, di cui pure era stato un accanito sostenitore. L’insofferenza di Kirk per le pressioni che gli stavano mettendo – specie dopo che aveva fatto parlare ad un evento estivo il giornalista Tucker Carlson e il comico Dave Smith, considerati ora come anti-Israele – erano state rese pubbliche durante una trasmissione con la celebre giornalista Megyn Kelly.
Tutti coloro che si sono interessati del caso ci tengono a ricordare, tuttavia che non vi sono prove che Israele sia implicato nell’omicidio di Kirk.
Come riportato da Renovatio 21, a ribadire l’estraneità dello Stato Ebraico è stato più volte, alla TV americana e in videomessaggi pubblici sui social, il premier israeliano Beniamino Netanyahu, il quale per qualche ragione ha negato simultaneamente anche le accuse sugli assassinii rituali ebraici medievali con vittime i bambini cristiani, come San Simonino.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
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