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Intelligenza Artificiale

Robotaxi dato alle fiamme da gruppo di persone: le immagini. San Francisco senza più freno alcuno

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Un’auto a guida autonoma Waymo è stata presa di mira e incendiata deliberatamente da un gruppo di persone nella Chinatown di San Francisco lo scorso sabato sera.

 

L’incidente si iscrive in una crescente tendenza di ostilità nei confronti dei veicoli autonomi. I media locali NBC Bay Area hanno riportato che la Jaguar a guida autonoma stava viaggiando su Jackson Street, tra Stockton e Grant, intorno alle 21.00 ora locale, quando da 10 a 15 persone l’hanno attaccata.

 

I video su Twitter mostrano un gruppo di persone che vandalizzano l’auto a guida autonoma.

 

 

L’azienda Waymo, che opera il robotaxi, ha detto che «una folla ha circondato e vandalizzato il veicolo, rompendo il finestrino e lanciando fuochi d’artificio».

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«Stiamo lavorando a stretto contatto con i funzionari locali della sicurezza per rispondere alla situazione», ha detto Waymo in una dichiarazione al San Francisco Standard. La startup ha aggiunto che l’auto non trasportava passeggeri al momento dell’incidente.

 

Il dipartimento dei pompieri della città californiana ha pubblicato foto drammatiche dell’atto vandalico, che ha ridotto in cenere l’automobile robotica.

 

 

 

Ciò avviene dopo una serie di attacchi alle auto a guida autonoma in tutta l’area metropolitana retta da fanatici progressisti e dominata dalla criminalità.

 


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Non è chiaro se si sia trattato di un atto di vandalismo nel pieno stile dell’anarco-tirannia programmata per i centri urbani occidentali o se invece sia parte di una incipiente «crociata» contro l’Intelligenza Artificiale.

 

La scorsa estate i membri di Safe Street Rebels, un gruppo che sostiene che queste auto sono «inquinanti, pericolose e assassine», ha piazzato in segno di protesta coni segnalatici sul cofano delle auto senza conducente in tutta la città.

 

Come riportato da Renovatio 21, i servizi di taxi senza conducente sono già utilizzati dalla popolazione della città per incontri sessuali in movimento.

 

Il degrado della città californiana, dove le morti per overdose sono il triplo di quelle COVID e dove il goscismo più folle dei politici vuole fornire il «reddito di transessualanza» con documenti che prevedono 96 generi diversi, è oramai inarrestabile: una vera apocalisse zombie che, crediamo, è in realtà un quadro realistico di cosa succederà anche ai nostri nuclei urbani.

 

Tuttavia, è curioso che proprio il consiglio comunale di San Francisco, che ha depenalizzato il furto sotto il migliaio di dollari creando di fatto razzie continue che hanno fatto fuggire perfino le grandi catene di distribuzione, abbia votato affinché la polizia utilizzi robot killer.

 

Un altro dettaglio che parla del futuro inquietante che attende tutti noi?

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Immagine da Twitter

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Intelligenza Artificiale

Il CEO di OpenAI accusato di essere «megalomane»

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Il CEO di OpenAI, Sam Altman, è ritenuto un ragazzo estremamente ambizioso. È noto che in realtà il ragazzo non è un founder – ossia un creatore di imprese, un inventore di startup dalla crescita vertiginosa – quanto piuttosto uno che riesce a farsi mettere nel posto giusto nel momento giusto.   Altman, classe 1985, prese la guida di Y Combinator, un acceleratore di startup (cioè un istituto che prende le aziende e le fa crescere grazie a competenze e ai finanziamenti venture capital) dopo che il timone gli fu passato dal fondatore Paul Graham. Qui si fece notare per il successo di alcune startup passate per l’acceleratore, e per qualche intervista in cui dava dalla tecnologia una visione originale e talvolta apocalittica, non lontana dai toni di Peter Thiel, che è suo conoscente.   Capitò a OpenAI quando la società, fondata come ente senza scopo di lucro da Elon Musk, passò ad essere un business vero e proprio. Neanche l’azienda che lo ha portato al successo globale, quindi, viene da una sua idea, ma da un’iniziativa di un vero founder come il geniale sudafricano. Sul rapporto fra i due, che non è chiarissimo («ho sentimenti contrastanti su Sam», ha detto Musk riguardo ad Altman), che è stato recentemente estromesso e reintegrato), girava una decina di anni fa un video che analizzava la postura corporale durante un’intervista che Altman, che peraltro è omosessuale dichiarato, fece a Musk.  

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Ora, con il successo di ChatGPT, l’ambizione dell’Altman sembra cresciuta a dismisura. All’inizio di quest’anno, il Wall Street Journal ha riferito che OpenAI sta cercando di raccogliere fino a 7 trilioni di dollari per un’impresa di hardware AI. Si tratta di più di 14 volte tutte le vendite globali di chip dello scorso anno.   Come riportato da Renovatio 21, Microsoft e OpenAI avrebbero messo in piedi il progetto di un supercomputer da 100 miliardi di dollari per addestrare un’AI avanzatissima.   Nel frattempo, la società sta cercando di raccogliere fondi per una valutazione di oltre 100 miliardi di dollari, che la renderebbe una delle startup più preziose al mondo. A partire dal febbraio scorso, l’azienda ha un valore di 80 miliardi di dollari, a seguito di un accordo con il fondo di capitale di rischio Thrive Capital.   «È un megalomane», ha detto a Business Insider un anonimo partner di venture capital, che ha trascorso del tempo con Altman. «Per lo stesso motivo per cui non mi fido di Elon, semplicemente non mi fido di qualcuno le cui aspirazioni riguardano così chiaramente se stesso».   In passato, altri gli investitori avrebbero menzionato un «campo di distorsione della realtà» di Altman, un riferimento al defunto CEO di Apple Steve Jobs, noto per distorcere la realtà a vantaggio suo e dei suoi interessi aziendali.   «Sta costruendo la piattaforma di Sam», ha detto alla pubblicazione americana Ali Ghodsi, CEO della società di analisi e intelligenza artificiale Databricks, «ed è per questo che i suoi progetti collaterali vengono finanziati come le società pubbliche».   Il curriculum di Altman pare avere luci ed ombre. Nel 2019, secondo quanto riferito, gli è stato chiesto di lasciare Y Combinator dopo essere stato accusato di essersi arricchito oltremodo, ha scritto il Washington Post. Si dice che quell’evento sia almeno in parte il motivo per cui è stato licenziato da OpenAI a novembre.   Mesi dopo il crollo dell’azienda, Altman è rientrato nel consiglio di amministrazione di OpenAI, consolidando il suo controllo e la sua influenza sull’azienda. Ma gli investitori stanno iniziando a diffidare dell’immenso clamore che circonda il sempre più ricco CEO.   «Ci sono buchi profondi un miglio nel curriculum di questo ragazzo, ma è riuscito a capire come prendere i suoi pezzi degli scacchi e muoverli correttamente», ha detto sempre a Business Insier il fondatore di una startup e angel investor che conosce Altman. «E ora una delle cose è impazzita e lui è un esperto di intelligenza artificiale».

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Come riportato da Renovatio 21, Elon Musk ha fatto causa ad OpenAI citando «profondi rischi per la società e l’umanità». La causa elencava il CEO di OpenAI Sam Altman e il presidente Gregory Brockman come co-imputati nel caso e richiedeva un’ingiunzione per impedire a Microsoft di commercializzare la tecnologia.   Altman è dietro all’inquietante progetto del Worldcoin, un progetto che assegna una criptovaluta agli utenti che accettano di farsi scansionare l’iride, di modo da incentivare la cessione da parte dei cittadini di dati biometrici che serviranno all’ID digitale, e di lì ad un reddito di cittadinanza mondiale.   «L’AGI [Intelligenza Artificiale generale, cioè la macchina pensante e senziente vera e propria, ndr] sta per accadere» ha dichiarato Alex Blania, il CEO di Worldcoin. «Sta per sconvolgere la società in modo significativo. E Sam [Altman] aveva già la convinzione che alla fine l’UBI [reddito universale di base, ndr] dovrà realizzarsi, e potrebbe essere una delle cose più importanti per la società» dice Blania nell’intervista. «Se arriviamo a 8 miliardi di utenti, effettuerai sicuramente l’accesso e in realtà otterrai UBI solo tramite il tuo World ID».   Gratta il miliardario, trovi il tecnocrate mondialista. Sempre. Specie nel giro di Bill Gates.

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Immagine di TechCrunch via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution 2.0 Generic    
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«Un insulto alla vita stessa»: Hayao Miyazaki contro l’Intelligenza Artificiale

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Ha ripreso a circolare in rete un video in cui il genio dell’animazione mondiale premio Oscar Hayao Miyazaki ad una presentazione di un software di Intelligenza Artificiale visiva raggela tutti definendola «un insulto alla vita stessa».

 

Il filmato, che risale a diversi anni fa, mostra il maestro nipponico ad un meeting in cui gli viene presentato un filmato generato dagli algoritmi. I giovani della società di telecomunicazione e media Dwango presentano al Miyazaki – non esattamente conosciuto per le sue capacità diplomatiche (chiedere a Hideaki Anno) – mostrano di essere in grado di far fare al computer una scena in cui una figura vagamente antropomorfa cammina sulla testa.

 

Dopo aver ricordato di quando andava a trovare tutti i giorni un amico disabile, il Miyazaki si irrigidisce. si dice quindi «davvero disgustato».

 


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«Chiunque ha fatto questo non ha alcuna cognizione del dolore. È davvero spiacevole» continua il premio Oscar. «Potete fare cose orribili se volete, ma non ci voglio avere niente a che fare».

 

«È un orrendo insulto alla vita» tuona il genio.

 

Il produttore dello studio Ghibli Toshio Suzuki a questo punto chiede ai giovani tecnologi «qual è il vostro vero fine». Uno – non quello che aveva fatto la presentazione fino a un secondo prima col sorriso sulle labbra – risponde che vogliono creare «una macchina che disegni film come fanno gli esseri umani».

 

Il filmato finisce con Miyazaki che borbotta: «ho paura che la fine del mondo sia vicina».

 

Chi conosce l’opera del maestro – che per qualche ragione non è ancora stato nominato Ningen Kokuho cioè «tesoro nazionale vivente», titolo monumentale che il governo nipponico assegna ai suoi irripetibili artisti (della calligrafia, del teatro kabuki, delle tanti arti in cui il Sol Levante eccelle) – sa bene che la fine del mondo è, in effetti, qualcosa alla quale egli ha pensato, forte anche della sua esperienza personale di bambino cresciuto tra le macerie fumanti delle città giapponesi bombardate dagli americani fino alla nuclearizzazione.

 

Molti italiani della generazione nata tra gli anni Settanta e Ottana ricordano la serie Conan, di cui Miyazaki non può vantare, per qualche ragione di diritti supponiamo, la produzione (al Ghibli Museum, incantevole casetta fuori Tokyo che da luogo dove si lavorava alacremente ai film è diventato museo miyazakiano, Conan è del tutto assente). La storia, tratta dal romanzo dello scrittore di fantascienza statunitense Alexander Key (1904-1979) The Incredible Tide (tradotto in italiano come Conan il ragazzo del futuro), narrava di un modo post-apocalittico dove le città sono state sommerse dopo una guerra immane scatenata dalle tecnologie distruttive.

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Tuttavia, se pensiamo all’Intelligenza Artificiale e alla fine del mondo, può venirci in mente una scena, un po’ accennata, su cui verte l’ulteriore capolavoro miyazakiano Nausicaa della Valle del Vento (1984). Nel mondo descritto dal film – anche qui post-apoc – una guerra ha azzerato la civiltà e sconvolto l’ecosistema terrestre. A perpetrarla gli Dei Guerrieri, detti anche Guerrieri Invincibili, titanici androidi biologici in grado di sparare raggi termonucleari.

 

 

«Gli esseri umani hanno perduto la fiducia in loro stessi» dice amaramente Miyazaki alla fine del filmato.

 

Tutto vero.

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Immagine: robot da Laputa Il Castello nel cielo presente sul tetto del Ghibli Museum a Mitaka, Tokyo

Immagine di Tokyo Times via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

 

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Intelligenza Artificiale

La famiglia Schumacher risarcita con 200 mila euro per una falsa intervista generata con l’AI

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La famiglia della leggenda delle corse di Formula 1 Michael Schumacher ha ottenuto un risarcimento di 200.000 euro per un’intervista generata dall’intelligenza artificiale pubblicata da una rivista tedesca, ha detto mercoledì a Reuters un portavoce della famiglia.   L’anno scorso, la pubblicazione tedesca Die Aktuelle aveva pubblicato una foto di Schumacher sulla copertina dell’edizione di aprile con un’iscrizione che diceva «Michael Schumacher: La prima intervista!» Di seguito, in caratteri più piccoli, la testata aveva aggiunto che «sembra ingannevolmente vero».   Il 55enne non è più apparso in pubblico da quando ha subito una grave lesione cerebrale in un incidente sugli sci nel 2013. Non si sa dove si trovi attualmente Schumacher, ma i media hanno ipotizzato che risieda a casa della famiglia in Svizzera.   La falsa conversazione, che a prima vista potrebbe essere facilmente scambiata per autentica, includeva citazioni come «la mia vita è completamente cambiata» dall’incidente e «sono rimasto ferito così gravemente che sono rimasto per mesi in una sorta di coma artificiale».   Al termine dell’intervista, è stato rivelato che tutte le risposte di Schumacher erano state generate da un chatbot basato sull’intelligenza artificiale.

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Poco dopo che la pubblicazione è arrivata sugli scaffali, la famiglia di Schumacher, che preferisce mantenere la massima riservatezza sulle sue condizioni e limita l’accesso a lui ai parenti stretti, ha annunciato l’intenzione di intraprendere un’azione legale contro il gruppo mediatico Funke, che pubblica la rivista Die Aktuelle.   Il gruppo ha offerto scuse alla famiglia e ha licenziato il caporedattore di Die Aktuelle Anne Hoffmann. La direttrice della casa editrice Bianca Pohlmann ha definito l’articolo «di cattivo gusto e fuorviante», aggiungendo che non soddisfa gli standard del giornalismo. Tuttavia, ricordiamo come grandi gruppi mediatici germanici stiano licenziando i giornalisti per sostituirli con i robot.   Come riportato da Renovatio 21, è finito in tribunale anche uno special del defunto comico statunitense George Carlin generato con l’Intelligenza Artificiale e messo in rete.   Di questi giorni è la notizia che l’attrice Scarlett Johansson ha reagito al fatto che la voce utilizzata da ChatGPT, prodotto di OpenAI, società regina dell’AI, ora fortemente sostenuta da decine di miliardi di dollari della Microsoft di Bill Gates – sembrava simile alla sua. Per una coincidenza, forse cercata, proprio la Johansson aveva prestato la voce in una pellicola che parlava di un uomo che si innamora di un’assistente virtuale, Her.   Come riportato da Renovatio 21, da prima ancora dell’esplosione di ChatGPT esistono tutta una serie di tentativi – e di brevetti, alcuni sempre di Microsoft – per «riportare in vita» i morti, facendo parlare i deceduti e farli interagire con i vivi, perfino durante i funerali.   Segni che mostrano chiaramente come l’«Intelligenza inorganica» è usata per sostituire la vita. Un processo potenzialmente apocalittico, che ha la cooperazione di tantissimi, nonché delle principali aziende del pianeta.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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