Spirito
«Quell’infernale fornace che è l’Occidente apostata del Nuovo Ordine Mondiale»: omelia di mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica questa omelia di monsignor Carlo Maria Viganò.
OMELIA
nella Domenica XX dopo Pentecoste
15 Ottobre 2023
Omnia quæ fecísti nobis, Dómine, in vero judício fecísti,
quia peccávimus tibi, et mandátis tuis non obedívimus:
sed da glóriam nómini tuo,
et fac nobíscum secúndum multitúdinem
misericórdiæ tuæ.
Dan 3, 31, 29 et 35
In tutto ciò che hai fatto, o Signore, hai agito con vera giustizia, perché noi peccammo contro di Te e non obbedimmo ai Tuoi comandamenti: ma Tu dà gloria al Tuo nome e agisci nei nostri riguardi secondo l’immensità della Tua misericordia.
Le parole dello splendido Introito di questa santa Messa, nella Domenica vigesima dopo Pentecoste, sono tratte dal Profeta Daniele. Esse si riferiscono ad un fatto storico: quando cioè il re Nabucodonosor convocò satrapi, prefetti, governatori, consiglieri, tesorieri, giudici, questori e tutte le alte autorità delle province per annunciare la costruzione di una statua d’oro a Babilonia.
Un banditore di Nabucodonosor annuncia: Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama: Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpicordo, del salterio, della zampogna, e d’ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d’oro, che il re Nabucodonosor ha fatto innalzare. Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente (Dan 3, 4-6).
Dinanzi all’obbedienza di tutti i popoli, nazioni e lingue, c’è però chi si conserva fedele al vero Dio, e viene denunciato al re: Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d’oro che tu hai fatto innalzare (Dan 3, 12).
Nabucodonosor convoca i tre funzionari Ebrei e ordina loro, sotto pena di morte, di adorare l’idolo. Ed essi gli rispondono: Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto (Dan 3, 16-18).
Adirato per la loro risposta, il re li fa gettare in una fornace ardente, che però uccide con le sue fiamme i soldati che ve li avevano buttati. Sadràch, Mesàch e Abdènego, incolumi, passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore (Dan 3, 24).
Ritroviamo quasi le medesime parole nell’Epistola: Implemini Spiritu Sancto, loquentes vobismetipsis in psalmis, et hymnis, et canticis spiritualibus, cantantes, et psallentes in cordibus vestris Domino (Ef 5, 18-19). Siate ricolmi dello Spirito Santo, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore.
È a questo punto che Azaria intona la meravigliosa preghiera cui allude l’Introito. Vi esorto a rileggerla nel terzo capitolo del Libro di Daniele, dal verso 26 al verso 45. Dovrebbe essere la preghiera di ciascuno di noi, in questi giorni di ribellione e di tenebre.
Anania inizia con atto di fede e di adorazione.
Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
Poi passa alla confessione delle proprie colpe e la consapevolezza della giusta punizione:
Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo a causa dei nostri peccati,
poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
Non abbiamo fatto quanto ci avevi ordinato per il nostro bene, riconosce Anania. E lo riconosciamo anche noi, popolo eletto della Nuova ed Eterna Alleanza, nuovo Israele, nuova Nazione santa. Contempliamo quanto è stato fatto ricadere su di noi e sulla città santa dei nostri padri, Roma.
Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l’hai fatto con retto giudizio:
ci hai dato in potere dei nostri nemici, ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
Il leviatano globalista che ci tiene oggi schiavi è ben peggiore della schiavitù di Babilonia e del re Nabucodonosor, ma obbedisce al medesimo Principe di questo mondo che allora ispirava la costruzione di una statua d’oro da far adorare ai popoli, e che oggi erige gli idoli del Nuovo Ordine Mondiale, dell’ideologia woke, della follia gender, della Pachamama, della sinodalità e di tutti i feticci che il Salmista compendia in quattro icastiche parole: omnes dii gentium demonia, tutti gli dei pagani sono demoni (Sal 95, 5).
Perché adorando la natura o adorando se stessi, si adora sempre e comunque Satana, e chi adora Satana non può adorare Dio.
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Azaria sembra quasi appellarsi alla divina Maestà, al Dominus Deus Sabaoth, al Signore degli eserciti schierati in ordine di battaglia, perché assecondi le sue preghiere non guardando ai meriti inesistenti di chi le formula né alla moltitudine delle sue colpe, ma alla parola data ad Abramo e a Isacco, e tramite essi all’intero popolo eletto:
Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi, ai tuoi adoratori.
Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d’Israele tuo santo,
ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare.
E quanto si era moltiplicata la nostra stirpe, la stirpe di Cristo, nei secoli in cui Egli ha regnato sulle Nazioni e nella Chiesa! Quante conversioni, quante vocazioni, quanti figli nati alla Grazia e cresciuti nel timor di Dio e nell’osservanza dei Suoi Comandamenti!
E poi anche noi non abbiamo fatto quanto ci avevi ordinato per il nostro bene (Dan 3, 30). Ricordiamo anche noi con nostalgia la nostra Sion, seduti in lacrime lungo le rive del Tevere: Super flumina Babylonis illic sedimus, et flevimus: dum recordaremur tui, Sion (Ps 136, 1), come canteremo tra poco nell’Offertorio.
Viene poi la richiesta di aiuto, con un elenco di disgrazie e sciagure che sembra parlare della situazione in cui versa oggi la Santa Chiesa:
Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati.
Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primizie e trovar misericordia.
Azaria parla di principe, capo e profeta: denuncia insomma la latitanza di un’autorità che dovrebbe esserci ma è come sospesa, tenuta in ostaggio o venduta ai nemici. Non menziona una totale assenza di fede nel popolo, ma la evidenzia nei capi: anche questo dovrebbe farci riflettere, perché è proprio nel tradimento dell’autorità che si consuma il peccato pubblico che tanto offende la divina Maestà.
E qui arriviamo al cuore dell’orazione, all’offerta di sé, in cui sono prefigurati il Sacrificio redentore di Cristo e la necessità che le membra del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, Lo seguano sulla via della Croce:
Potessimo esser accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli!
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito,
perché non c’è confusione per coloro che confidano in te.
Ma noi, a differenza del popolo ebraico, abbiamo Chi viene accolto dal Padre: et sic fiat sacrificium nostrum in conspectu tuo, ut placeat tibi, Domine Deus. Sono le parole che il sacerdote recita all’Offertorio, prima di invocare la discesa dello Spirito Santo sul sacrificium tuo sancto nomini præparatum.
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Nella Santa Messa, che ripete in forma incruenta il Sacrificio della Croce, noi abbiamo la certezza di essere ascoltati, perché a nostro nome è l’Uomo-Dio, il Sommo ed Eterno Sacerdote, il Mediatore tra Dio e gli uomini, Nostro Signore Gesù Cristo che si rivolge all’Eterno Padre.
E proprio mentre Azaria si dice disposto a immolarsi, torna potente la professione di Fede:
Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
Fa’ con noi secondo la tua clemenza, trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
Eco di questa preghiera è anche il Communio: Memento verbi tui servo tuo, Domine, in quo mihi spem dedisti: hæc me consolata est in humilitate mea (Ps 118, 49-50). Ricordati della tua parola detta al servo tuo, o Signore, nella quale mi hai dato speranza: essa è stata il mio conforto nella umiliazione.
Troppo spesso dimentichiamo che il Signore Dio è Padre Onnipotente. Eppure lo recitiamo nel primo articolo del Credo. È Padre: ci ama e vuole il nostro bene. È Onnipotente: questo Amore è infinito, al punto di dare la vita del proprio Figlio Unigenito per noi; questo Amore è così infinito da essere Dio Egli stesso, la Terza Persona della Santissima Trinità, lo Spirito Santo Paraclito.
Questo Amore che procede dal Padre e dal Figlio dispiega la potenza del suo braccio, disperde i superbi nei pensieri del loro cuore; rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili. L’esultazione della Vergine nel cantico del Magnificat riprende la gioia incontenibile per una Giustizia che è veramente giusta perché divina; una Giustizia che ripristina l’ordine eterno e perfetto del κόσμος divino, infranto dal χάος di Satana. Una Giustizia che sa essere prodigiosa e miracolosa proprio perché sia inequivocabile che viene da Dio.
Ascoltiamo Azaria:
Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria, Signore, al tuo nome.
Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra.
Come ci fa notare San Gregorio Magno nelle lezioni del Mattutino di oggi, nel Vangelo di San Giovanni, il funzionario reale crede imperfettamente nella potenza taumaturgica di Cristo, a differenza del centurione (Mt 8, 5-13), la cui fede nella divinità di Cristo non chiede che Egli sia presente di persona per guarire il servo. Per questo il Signore lo rimprovera – Se non vedete segni e prodigi, voi non credete (Gv 4, 48) – pur concedendo al funzionario quel che chiede, perché creda davvero. Credono invece i tre fanciulli nella fornace, e crede addirittura il re babilonese, dinanzi ai segni e ai prodigi.
E mentre i mantici degli aguzzini aumentavano le fiamme, l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco e rese l’interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia (Dan 3, 49-50).
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A questo punto Anania, Azaria e Misaele intonano il loro canto di lode, il Cantico dei Tre Fanciulli, che fa parte dell’Ufficio delle Lodi della Domenica. Quando recitiamo il Breviario – per chi vi è tenuto o lo fa per devozione – dovremmo pensare che quelle parole sulla bocca dei tre ragazzi – tres pueri – sono pronunciate tra le fiamme, dove essi rimangono illesi grazie alla loro Fede e – diciamolo, una buona volta – alla loro indisponibilità al dialogo, alla loro «rigidità», al loro «costruire muri».
Perché non è amare il prossimo lasciare che perda la sua anima per l’eternità; né è amare Dio sottrarGli quelle anime per le quali Egli ha versato il proprio Preziosissimo Sangue.
Dovremmo anche noi ripetere più spesso la preghiera di Azaria, mentre un mondo ostile e una Gerarchia non meno nemica soffiano sulle braci di questa infernale fornace che è l’Occidente apostata del Nuovo Ordine Mondiale, perché la nostra sorte sia di monito per gli altri.
Videte quomodo caute ambuletis: non quasi insipientes, sed ut sapientes, redimentes tempus, quoniam dies mali sunt, ci ammonisce San Paolo nell’Epistola (Ef 5, 15-16): vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi. Profittando del tempo presente, ossia comprendendo che tutto ciò che avviene è permesso da Dio, e che quanto hai fatto ricadere su di noi, tutto ciò che ci hai fatto, l’hai fatto con retto giudizio – come recitano le parole dell’Introito – perché già da due secoli l’Autorità temporale e da sessant’anni quella spirituale si sono rese meritevoli dei castighi che vanno moltiplicandosi in questa fase cruciale per le sorti del mondo.
E noi con esse, dal momento che come cittadini e come Cattolici abbiamo tollerato, accettato e addirittura incoraggiato il progressivo tradimento di Dio e della Sua Legge da parte dei nostri governanti civili e religiosi. Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia (Dan 3, 37-38).
Dinanzi alla prepotenza dell’idolatra Nabucodonosor, l’umile fermezza di Sadràch, Mesàch e Abdènego ci mostra la risposta di Dio: Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra (Dan 3, 45). Possiamo dunque sperare, per virtù di Speranza, che anche noi passeremo indenni attraverso questa fornace di vizi e di orrori in cui i nemici di Dio ci hanno gettato, se solo comprenderemo quali sono le nostre colpe – e le conosciamo bene – e quale la potenza, anzi: l’onnipotenza di Dio.
Ce lo ricorda il Postcommunio: Ut sacris, Domine, reddamur digni muneribus: fac nos, quæsumus, tuis semper obedire mandatis. O Signore, per renderci degni dei Tuoi sacri doni, fa’, Te ne preghiamo, che obbediamo sempre ai tuoi precetti.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
15 Ottobre 2023
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Papa Leone incontra le vittime di abuso poco dopo aver lodato don Milani
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Spirito
«Persecuzione feroce e genocida contro i cattolici» e «vile e cortigiana complicità». Mons. Viganò contro Parolin sulle persecuzioni in Nigeria
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X una dura accusa alle parole del cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che sembrano sminuire la persecuzione anticristiana che sta insanguinando da anni la Nigeria.
«Conosco bene e porto quotidianamente nel cuore la situazione di sofferenza e di persecuzione dei Cattolici nigeriani, essendo vissuto in Nigeria per sei anni, dal 1992 al 1998, come Nunzio Apostolico» scrive Viganò ricordando la sua esperienza diplomatica.
«Le parole vergognose del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin sul presunto “conflitto sociale” in Nigeria mistificano la realtà di una persecuzione feroce e genocida contro i Cattolici, martirizzati mentre Roma vaneggia di sinodalità e inclusività».
«Mentre la Gerarchia si schiera apertamente in favore dell’islamizzazione dell’Europa cristiana e osa definire “diritto umano” la libertà religiosa del Vaticano II, migliaia di fedeli continuano a testimoniare eroicamente il Vangelo di Cristo, e il loro sangue grida vendetta al Cielo» tuona il prelato lombardo.
Conosco bene e porto quotidianamente nel cuore la situazione di sofferenza e di persecuzione dei Cattolici nigeriani, essendo vissuto in Nigeria per sei anni, dal 1992 al 1998, come Nunzio Apostolico.
Le parole vergognose del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin sul… pic.twitter.com/fBeMP085CE
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 22, 2025
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«No, Eminenza: i Cattolici nigeriani sono uccisi in odio alla Fede che essi professano, da parte di mussulmani e in obbedienza al Corano. Quegli stessi mussulmani che stanno trasformando le vostre chiese in moschee, con la vostra vile e cortigiana complicità, e che presto rovesceranno i governi per imporre la sharia agli “infedeli”» continua l’arcivescovo.
«La responsabilità della chiesa bergogliana e post-bergogliana in questo crimine contro Dio e contro l’uomo rimarrà a perenne esecrazione del tradimento dei Pastori».
La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse.
Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.
Come riportato da Renovatio 21, rapporto pubblicato quest’estate dalla Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha evidenziato numerosi attacchi sponsorizzati dallo Stato contro i cristiani in Nigeria.
La situazione è deteriorata al punto che il rapporto 2025 della Lista Rossa di Global Christian Relief (GCR) ha indicato la Nigeria come uno dei luoghi più pericolosi per i cristiani. Nella primavera del 2023, la Società Internazionale per le Libertà Civili e lo Stato di Diritto ha riferito che oltre 50.000 persone sono state uccise nel Paese per la loro fede cristiana dal 2009.
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Nel suo rapporto del 2025, l’USCIRF ha esortato il governo statunitense a designare la Nigeria come «paese di particolare preoccupazione», esprimendo delusione per la lentezza, e a volte apparente riluttanza, del governo nigeriano nel rispondere a questa violenza, creando un clima di impunità per gli aggressori.
Come riportato da Renovatio 21, gli ultras della nazionale romena, a quanto pare più cristiani di Parolin, durante una recente partita di qualificazione ai mondiali a Bucarest hanno esposto un grande striscione con la scritta «DIFENDETE I CRISTIANI NIGERIANI».
‘Defend Nigerian Christians’
Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l
— Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
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