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Problemi di salute mentale: la triste nuova normalità nei campus universitari USA

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Renovatio 21 pubblica questa traduzione su gentile concessione di Children’s Health Defense.

 

I campus universitari sono testimoni di livelli record di problemi di salute mentale degli studenti, che vanno da depressione e disturbi d’ansia a comportamenti autolesionistici o peggio. Un medico che scriveva qualche anno fa su Psychology Today ha affermato che non è né una «esagerazione» né «allarmismo» riconoscere che i giovani americani stanno vivendo «livelli di stress e psicopatologia più elevati che mai nella storia della nazione», con conseguenze che sono «difficili da sovrastimare».

 

Le difficoltà nei campus universitari sono manifestazioni delle problematiche che iniziano a compromettere la salute dei bambini americani in giovane età. Per esempio, molti studenti entrano all’università con un carico pesante di malattie croniche o una diagnosi di malattia mentale a insorgenza giovanile che li ha resi dipendenti da psicofarmaci o altri medicinali.

Molti studenti entrano all’università con un carico pesante di malattie croniche o una diagnosi di malattia mentale a insorgenza giovanile che li ha resi dipendenti da psicofarmaci o altri medicinali.

 

Anche la prevalenza infantile di diverse forme di deficit cognitivo è aumentata ed è associata a successive problematiche psichiche.

 

Inoltre, la maggior parte degli studenti americani è ora impreparata a livello accademico per la propria carriera universitaria, come dimostrato dai livelli storicamente bassi dei risultati nei test di valutazione standard. Una volta all’università, grandi proporzioni di studenti, sempre più caratterizzati come fragili dal punto di vista emotivo, incolpano problematiche psichiche di aver interferito in modo significativo con la loro capacità di rendimento.

 

I risultati di queste tendenze, tra cui l’aumento dei tassi di suicidio tra gli studenti e il calo dei tassi di completamento del college, sono di cattivo auspicio per il futuro dei giovani e della nostra nazione.

 

Ansia paralizzante e depressione

Un’indagine del 2018 presso 140 istituti di istruzione ha interpellato quasi 90.000 studenti universitari in merito alla loro salute negli ultimi 12 mesi. L’indagine ha rilevato che più di tre intervistati su cinque (63%) hanno riferito di aver vissuto «un’ansia opprimente» nell’ultimo anno, mentre due su cinque (42%) hanno riferito di sentirsi «così depressi da rendere difficile il lavoro». Gli studenti hanno anche riferito che ansia (27%), difficoltà di sonno (22%) e depressione (19%) hanno influenzato negativamente il loro rendimento scolastico.

Il 12% degli studenti universitari ha riferito di aver «seriamente considerato il suicidio»

 

Nello stesso sondaggio, il 12% degli studenti universitari ha riferito di aver «seriamente considerato il suicidio». Un altro studio, che ha riguardato studenti universitari con depressione, ansia e disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) che erano stati segnalati dai centri di consulenza universitaria per la valutazione psicofarmacologica, ha scoperto che la stessa percentuale, pari al 12%, aveva effettivamente compiuto almeno un tentativo di suicidio. La metà degli studenti di quest’ultimo studio aveva precedentemente ricevuto una prescrizione di farmaci, il più delle volte antidepressivi.

 

I college stanno sentendo la pressione, con una domanda crescente a livello nazionale di servizi per la salute mentale nei campus. Uno studio del Centro per la Salute Mentale Universitaria della Penn State ha riportato un aumento medio dal 30% al 40% nell’uso dei centri di consulenza da parte degli studenti tra il 2009 e il 2015, in un periodo in cui l’iscrizione è cresciuta solo del 5%. Secondo il rapporto della Penn State, «l’aumento della domanda è caratterizzato principalmente da una crescente frequenza di studenti con una prevalenza a lungo termine di indicatori di minaccia verso se stessi».

 

Vaccini per il college

«L’aumento della domanda è caratterizzato principalmente da una crescente frequenza di studenti con una prevalenza a lungo termine di indicatori di minaccia verso se stessi»

La maggior parte dei college si aspetta che i nuovi studenti abbiano ricevuto tutti i vaccini per l’infanzia consigliati dal CDC e che prima dell’immatricolazione al college aggiungano tutti i vaccini o le dosi che non abbiano effettuato in precedenza. In particolare, è probabile che le università sottolineino l’importanza del richiamo dei vaccini contro tetano – difterite – pertosse (Tdap) e morbillo – parotite – rosolia (MMR); il vaccino contro il papillomavirus umano (HPV); la vaccinazione anti meningococcica e i vaccini antinfluenzali annuali. 

 

È improbabile che le cliniche avvertano gli studenti universitari appena vaccinati sulle potenziali conseguenze negative da tenere d’occhio, ma due università (Penn State e Yale) hanno fatto notizia nel 2017 quando i loro ricercatori hanno pubblicato uno studio che mostrava una relazione temporale tra i disturbi neuropsichiatrici di nuova diagnosi e i vaccini ricevuti nei tre o dodici mesi precedenti.

I ricercatori hanno osservato un aumento dei disturbi mentali diagnosticati dopo la vaccinazione antinfluenzale

 

Anche se i ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di bambini dai 6 ai 15 anni, non di studenti universitari, hanno trovato associazioni particolarmente forti per tre disturbi comuni nei campus universitari – anoressia nervosa, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi d’ansia – e hanno osservato un aumento dei disturbi diagnosticati dopo la vaccinazione antinfluenzale (uno dei vaccini che gli studenti universitari hanno maggiori probabilità di subire). Hanno anche rilevato significative associazioni temporali che collegano la vaccinazione contro la meningite sia all’anoressia che ai tic cronici.

 

Per prendere le distanze da una implicazione eccessiva dei vaccini, questi ricercatori hanno successivamente proposto diversi meccanismi meno controversi per spiegare i loro risultati, compresa la presenza di fattori infiammatori o genetici predisponenti. Uno dei ricercatori ha persino suggerito che il «trauma» di essere «infilzato da un ago» potrebbe innescare esiti neuropsichiatrici avversi.

 

I ricercatori hanno anche rilevato significative associazioni temporali che collegano la vaccinazione contro la meningite sia all’anoressia che ai tic cronici

Questa assurda scappatoia ignora notevoli prove sperimentali sia sugli animali che sull’uomo che collegano le risposte immunitarie prodotte dai vaccini (e dagli adiuvanti vaccinali) a manifestazioni avverse per la salute mentale.

 

Infatti, alcuni ricercatori vaccinano animali o persone sane solo per studiare questo fenomeno. Per esempio:

 

  • Uno studio ha intenzionalmente iniettato ai topi il vaccino usato contro la tubercolosi (vaccino BCG) per indurre un «comportamento depressivo», scoprendo che la depressione indotta dal vaccino era resistente al trattamento con antidepressivi standard. 

 

La depressione indotta nei topi  dal vaccino per la tubercolosi era resistente al trattamento con antidepressivi standard

  • Un altro studio sui topi ha rilevato che sia gli antigeni che l’adiuvante di alluminio del vaccino Gardasil contro l’HPV producevano anomalie comportamentali, compresa la depressione, significativamente maggiori nei topi esposti rispetto ai topi non esposti.

 

  • Ricercatori dell’Università della California hanno seguito studenti universitari sani per una settimana prima e dopo la vaccinazione antinfluenzale; in assenza di sintomi fisici, hanno rilevato un aumento dell’infiammazione post-vaccinazione che era associata a un maggior numero di disturbi dell’umore, in particolare «umore depresso e sintomi cognitivi».

 

Secondo lo studio gli antigeni e l’adiuvante a base di alluminio del vaccino Gardasil contro l’HPV producevano anomalie comportamentali, compresa la depressione

  • Un altro studio sulla vaccinazione antinfluenzale ha confrontato i destinatari del vaccino che avevano depressione e ansia preesistenti con destinatari «mentalmente sani», riscontrando che entrambi i gruppi avevano un «effetto positivo ridotto» dopo la vaccinazione; tuttavia, l’impatto del vaccino sull’umore era «più pronunciato per quelli con ansia o depressione».

 

  • Neuroscienziati a Oxford hanno iniettato giovani adulti sani con vaccino antitifico per esplorare «il legame tra infiammazione, sonno e depressione» e hanno scoperto che il vaccino «ha prodotto una compromissione significativa in diversa misura della continuità del sonno» nel gruppo di vaccino rispetto al placebo; i ricercatori hanno notato nelle loro conclusioni che il sonno alterato è sia un «segno distintivo» che «predittivo» della depressione grave.

 

Secondo neuroscienziati di Oxford il vaccino «ha prodotto una compromissione significativa in diversa misura della continuità del sonno»

  • Un altro gruppo di ricercatori britannici, che ha analogamente iniettato giovani maschi adulti sani con il vaccino contro il tifo, ha scoperto che, in poche ore, il vaccino aveva prodotto deficit cognitivo-sociali misurabili.

 

È interessante notare che uno studio condotto nel 2014 ha scoperto che gli effetti del vaccino sulla salute mentale possono influire in entrambi i sensi.

 

I ricercatori che hanno valutato depressione e ansia (e altre condizioni) in bambini di 11 anni, prima e fino a sei mesi dopo la vaccinazione di routine, hanno scoperto che i bambini che hanno riportato più sintomi iniziali di depressione e ansia avevano una risposta vaccinale più forte (definita da «risposte anticorpali elevate e durevolmente più alte») e che questa associazione è rimasta anche dopo il controllo per i fattori confondenti. Dato che questo tipo di risposta eccessiva al vaccino può essere foriera di autoimmunità, alcuni ricercatori hanno sollecitato una maggiore attenzione a questi effetti «bidirezionali».

 

Un gruppo di ricercatori britannici ha analogamente iniettato giovani maschi adulti sani con il vaccino contro il tifo e ha scoperto che, in poche ore, il vaccino aveva prodotto deficit cognitivo-sociali misurabili

Spazi sicuri o vaccini sicuri?

Mentre gli «spazi sicuri» si moltiplicano nei campus universitari e le istituzioni private d’élite offrono stupidi corsi per i crediti come «Sociologia di Miley Cyrus» o «Iniziare Dungeons and Dragons», è il momento di fare il punto sulle sfide sanitarie – sia mentali che fisiche – che stanno sabotando le possibilità di successo degli studenti universitari.

 

I ricercatori hanno già notato un inquietante disallineamento tra le capacità cognitive disponibili e i tipi di abilità analitico-cognitive «non routinarie» di cui la nostra nazione avrà sempre più bisogno in futuro.

 

Mentre variabili come il debito studentesco certamente incidono sui fattori di stress degli studenti universitari, ci prendiamo in giro se non consideriamo il possibile effetto di un carico cumulativo di vaccini nei bambini che ricevono decine di dosi entro i 18 anni, a cui se ne aggiungono altri ancora quando i ragazzi vanno all’università.

 

 

© 13 giugno 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

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Psicofarmaci

Fedez e il dramma degli psicofarmaci

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I giornali negli scorsi giorni ci hanno informato che il cantante tatuato Fedez ha avuto un brutto periodo: «ho sospeso uno psicofarmaco e sono crollato». Ci sembra di capire che la confessione via social serva a chiarire che non ha una crisi in casa («Sono girate voci sulla mia famiglia che non sono corrispondenti al vero») ma dentro di sé, nella sua psiche.

 

«Non appena mi è stato diagnosticato il tumore al pancreas — per quanto privilegiato io possa essere — ho vissuto un evento molto traumatico e solo oggi ho realizzato di quanto non mi sia preso cura della mia salute mentale e mi sia affidato solo a psicofarmaci» dichiara il ragazzo, riportato dal Corriere della Sera.

 

Ammettiamo: non abbiamo ben presente cosa significhi prendersi cura della propria salute mentale, ma forse è un limite nostro, di persone che credono che, più che di mente, siamo fatti di anima – vera etimologia della parola psiche.

 

Tuttavia, non possiamo non notare il dito puntato contro le droghe psichiatriche. Raro sul serio.

 

«A gennaio mi è stato prescritto questo psicofarmaco antidepressivo molto potente che mi ha cambiato, mi ha agitato tanto e mi ha dato anche effetti collaterali molto forti dal punto di vista fisico fino al punto da provocarmi dei tic nervosi alla bocca e da impedirmi di parlare in maniera libera» confessa il rapper dell’hinterland. Che, in realtà, va generosamente in dettaglio.

 

 

«Correvo dei rischi importanti e quindi ho dovuto sospenderlo in maniera repentina, senza scalarlo e questo mi ha provocato il cosiddetto effetto rebound: una cosa che non auguro a nessuno».

 

Per i profani: il rebound è la riemersione della patologia trattata.

 

«Oltre a provocarmi un annebbiamento importantissimo a livello cognitivo, mi ha dato dei forti spasmi muscolari alle gambe che mi hanno impedito per diversi giorni di camminare, vertigini molto intense, mal di testa incredibili, nausea terribile fino a perdere 5 chili in 4 giorni. Non una bella cosa».

 

I problemi, nonostante, dica di aver smesso il farmaco, sono un po’ rimasti. «Ad oggi non sono al 100%, ho ancora vertigini, scalmane, sudorazioni, ma giorno dopo giorno miglioro» racconta con i capelli ossigenati. «Ho vissuto un periodo parecchio infelice che mi ha fatto capire tante cose… Mi ha fatto capire quanto io voglia focalizzarmi sulla mia salute mentale e sulla mia famiglia».

 

Rimangono delle domande. L’uomo parla di uno «psicofarmaco, un antidepressivo molto forte», prescrittogli (cioè, dietro c’è un medico) a gennaio.

 

Cercando, non siamo riusciti a trovare il nome di questo psicofarmaco. Sarebbe stato d’aiuto, forse, se il cantante di Buccinasco lo avesse segnalato, tuttavia capiamo che è difficile: è così anche per tutti i casi di cronaca nera dove il perpetratore era, magari, sotto SSRI (sertralina, fluoxetina, citalopram, etc.) o qualcos’altro – è quasi sempre impossibile risalire alle prescrizioni di psicodroghe assunte dal soggetto, del resto dietro ci sono società non esattamente piccole, e  – a giudicare dal track record di Big Pharma – non esattamente avezze agli scrupoli.

 

A questo sommate che ai giornali, che hanno quelle aziende come inserzionisti pubblicitari, non è che vada a genio mettere questa pulce nell’orecchio ai loro lettori: ma non è che gli psicofarmaci facciano male? Non è che, in totale eterogenesi dei fini rispetto a quello che dovrebbero fare, rendano le persone diverse, più disperate, perfino alterate pericolosamente nella personalità?

 

Quindi, neanche il Fedez, quello che non ha problemi ad attaccare politici e quant’altro, che ha i soldi, la Lamborghini e la moglie più bella d’Italia (dicono), riesce a fare quel nome. Tuttavia, è già tanto così, e c’è da essergliene grati. Mica tutti possono essere come Elon Musk, che invece si è scagliato contro una psicodroga facendo gentilmente nome e cognome: nel suo caso, attaccò il Bupropione, venduto come Wellbutrin, dicendo che è peggio dell’Adderall – lo stimolante che sta rovinando generazioni di americani.

 

 

La SIP, Società Italiana di Psichiatria, è intervenuta sul tema, perché in effetti la confessione del ragazzo col piercing è tanta roba. Per i farmaci «è fondamentale “seguire le istruzioni” del proprio medico, sia quando si devono assumere sia quando si devono interrompere. Una brusca interruzione decisa autonomamente, è sempre da evitare». Il dottore «deve comunicare chiaramente al paziente i rischi di eventuali effetti collaterali del farmaco prescritto».

 

Ah ecco, gli effetti collaterali. Per esempio: negli SSRI, che sono le psicodroghe più vendute in Occidente, la lista è lunghetta: cefalea, disturbi gastrointestinali, sonnolenza o insonnia, affaticamento, nervosismo e tremori, sudorazione e/o bocca secca, sogni lucidi (termine da bugiardino, ma che si tratti forse degli incubi?), scarsa concentrazione, vasodilatazione, sanguinamento vaginale, difficoltà respiratorie, visione offuscata, alterazione del gusto, frequente minzione. E poi: pensieri autolesionistici e/o suicidi.

 

Immaginiamo quanto spesso questa lista venga sciorinata di fronte al paziente depresso cui si vuole prescrivere il farmaco: prenda questo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina: potrebbe avere l’effetto di farle ideare il suo suicidio, dopo averle dato problemi intestinali, agli occhi, alla bocca, ai genitali, alla mente in generale. Forse è così e siamo noi che non sappiamo quanto siano bravi con il consenso informato: del resto anni di campagna vaccinale mRNA ce lo garantiscono.

 

Tutto questo ammasso di rischi, per poi scoprire che esiste una sindrome di sospensione: vertigini, astenia, scosse alla testa (brain-zaps), sintomi simil- influenzali «ma anche sintomi che ricalcano la malattia trattata, quali ansia, agitazione, insonnia» scrive Wikipedia. Ecco il rebound. Hai preso il farmaco, ti ha fatto male, appena lo smetti, torna tutto come prima, o forse peggio.

 

Infine, non possiamo non rammentare l’effetto collaterale temuto delle disfuzioni sessuali, e questo sia negli uomini che nelle donne: disfunzioni erettili, sparizione della libido, anorgasmia (cioè incapacità di arrivare all’orgasmo), anedonia (incapacità di provare piacere: cosa che ha effetti anche fisici nella lubrificazione del sistema riproduttivo femminile). Sulla cosa Renovatio 21, anni fa, ha pubblicata una testimonianza importante di una nostra lettrice.

 

Contrariamente ai rumors che il Fedez diceva di voler smentire, con la moglie sembra vada tutto bene.

 

«In questo periodo ne sono state dette di ogni, ma mia moglie è l’unica persona che mi è stata al fianco. Mi dispiace abbia dovuto subire una tempesta di merda mediatica totalmente immeritata».

 

In realtà, a leggere le cronache, sembra non stare benissimo neanche lei.

 

«Fermarsi a respirare e a pensare, ricordandosi che è normale avere paura, è normale chiedersi se ce la farai, è normale offrire aiuto a chi intorno a te ne ha bisogno ma anche chiederlo a chi sai può esserti di supporto» scrive la bellissima mega-influencer sul suo preziosissimo account Instagram. «Mi è capitato dopo settimane di cose emotivamente complesse che mi sono successe e ci sono successe come famiglia (…) A volte ho provato anche dello sconforto trovandomi a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi crollata anche io».

 

La foto che pubblica non è, volutamente, delle migliori: un selfie stesa a terra, occhio vitreo, l’ombra del telefono sulla faccia arrossata ed umida, i capelli così. Se l’effetto era farla vedere in difficoltà, l’immagine lo rende benissimo. È funzionalmente fotogenica anche qui – non c’è che dire, è davvero, sempre, una fuoriclasse.

 

 

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Un post condiviso da Chiara Ferragni ✨ (@chiaraferragni)


«Certo a volte vorrei concedermi di dirmi “Chiara ci sei anche tu, oggi puoi essere fragile, puoi sbagliare, puoi essere tu quella che chiede aiuto”. Succederá [con accento acuto, sic, ndr], lo so. Per ora è il momento di tirare dritto e provare a far funzionare le cose, di aggiustarle senza fingere che tutto vada bene, ma provando a farle andare bene veramente» continua la moglie del Fedez ferito dallo psicofarmaco, senza nominarlo (né il marito, né lo psicofarmaco).

 

Abbiamo una notizia per tutti: è possibile curare tutto questo male. Senza farmaci. Senza prescrizioni mediche.

 

Similia similibus curantur. Il principio basilare dell’alchimia, e dell’omeopatia. I simili si curano con i simili. Ma non è di ritrovati magici o pillole di zucchero che stiamo parlando.

 

Perché se il problema è la psiche, cioè l’anima, allora solo lo Spirito può essere la cura. È inutile pensare che non sia così: la religione vissuta è il più grande antidoto ai mali della mente, chiunque lo sa. Chiunque può verificare che, con il disincantamento del mondo, cioè con la caduta della vita spirituale delle nazioni scristianizzate, è contestualmente aumentano il consumo di psicodroghe, l’ammasso delle persone infelici, il suicidio.

 

È qualcosa che, con molta sincerità e carità, vorremmo dire a Fedez e alla Ferragni. Perché ci sembrano, almeno a vedere da fuori, un po’ lontani dalla soluzione. Il Federico ha dato scandalo facendosi baciare e tocacciare da un altro cantante in diretta mondovisiva a Sanremo, probabilmente per una politica di épater le bourgeois che prevede di grattar vie le ultime resistenze al mondo liquefatto – le persone rimaste religiose nonostante il Vaticano gender pro-leggi sodomite – mentre la moglie, dallo stesso altissimo palco offertole dal contribuente italiano, si è mostrata con un indicibile collana a forma di utero.

 

«I diritti riproduttivi sono diritti umani. Perché l’accesso all’aborto sicuro e alla procreazione assistita è una questione di diritti umani a cui non dobbiamo rinunciare» ha fatto sapere spiegando la scelta dell’orrido monile.

 

Pochi giorni fa, siamo informati che la stessa «cavalca l’onda delle croci-gioiello da appendere al collo (…) Una moda che certo non ha lanciato lei, ma che è ritornata prepotentemente tra le star americane, da Kim Kardashian – che completa i suoi look con i crocifissi già da diversi mesi (…) a Rihanna»

 

«Chiara Ferragni invece si è sempre dichiarata atea, così come Fedez, il marito, al punto da non voler battezzare i loro figli, (…) la coppia non è andata (…) si è sposata dopo una lunga convivenza a Noto in Sicilia, ma solo con rito civile».

 

Epperò, sui social compare improvvisamente in primo piano mentre indica la croce al collo, anzi ne ha due. «Crocine qui» recita la didascalia con link. «Tutti i gioielli sono placcati oro o argento e le pietre sono cubic zirconia». Segue emoji.

 

C’è da capirla. Per lei la croce è un segno come un altro, un segno morto, buono per essere venduto portato al collo tra tanti altri: oggi una croce, domani un utero per significare l’aborto…

 

Per noi invece la croce non è un segno: è un simbolo, come diceva Jung, il portatore di un significato talmente ampio da non potere essere nemmeno del tutto compreso dalla mente.

 

Forse non è nemmeno un simbolo: la croce è la realtà, materiale ed incontrovertibile. È il sacrificio di Dio, è il sacrificio di sé, è l’accettazione del dolore, e al contempo la vittoria su di esso.

 

Vincere il dolore, vincere la morte. Sono cose che anche i ricchi e i famosi desiderano, e che si raggiungono solo in un modo. Qualcosa impedisce loro di capirlo.

 

E, certo, gli psicofarmaci, in questo percorso, non aiutano. Per niente.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

 

 

 

 

 

Immagine di Greta via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

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Psicofarmaci

Psicofarmaci antidepressivi associati ai superbatteri

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Un nuovo studio pubblicato su PNAS  ha dimostrato che gli antidepressivi causano resistenza agli antibiotici, dando loro il potenziale per diventare pericolosi «superbatteri».

 

Il timore di un «superbatterio» è connesso all’idea di una crescente resistenza agli antibiotici da parte degli organismi patogeni causato dal consumo di questi farmaci. Molti batteri si sarebbero «adattati» alla presenza degli antibiotici, rendendoli ineffettivi e rendendo quindi difficile la cura di certe infezioni.

 

Di qui l’idea apocalittica dell’arrivo di un superbatterio non curabile. Si tratta di quella che è percepita come un’immane minaccia alla salute pubblica globale, con tanto di emergenza dichiarata dalla stessa OMS. Nel 2019, secondo alcune stime, 1,2 milioni di persone sarebbero perite perché vittime dell’antibiotico-resistenza, e il numero è destinato solo a crescere.

 

Non era mai stato suggerito che l’antibiotico-resistenza possa derivare, oltre che dagli antibiotici, dalle psicodroghe antidepressive, che sono tra i farmaci più prescritti al mondo, con milioni di consumatori nel solo caso del territorio italiano.

 

«Anche dopo pochi giorni di esposizione, i batteri sviluppano resistenza ai farmaci, non solo contro uno ma più antibiotici» , ha detto alla rivista scientifica Nature Jianhua Guo, uno degli autori dello studio e professore presso l’Australian Centre for Water and Environmental Biotechnology dell’Università del Queensland   «Ciò è sia interessante che spaventoso».

 

Nello studio, i ricercatori hanno esposto i batteri Escherichia coli a cinque antidepressivi comuni: sertralina (Zoloft), duloxetina (Cymbalta), bupropione (Wellbutrin), escitalopram (Lexapro) e agomelatina (Valdoxan), quindi per un’esposizione di due mesi periodo, il team ha esposto i batteri a tredici antibiotici che rappresentano sei diverse classi di farmaci.

 

Ognuno degli antidepressivi ha indotto l’Escherichia coli a sviluppare resistenza agli antibiotici, ma due in particolare, la sertralina (Zoloft) e la duloxetina (Cymbalta), hanno avuto gli effetti più pronunciati, producendo il maggior numero di cellule batteriche resistenti.

 

L’interesse di Guo per i farmaci non antibiotici che contribuiscono alla resistenza agli antibiotici è sorto nel 2014 quando il suo laboratorio ha scoperto che c’erano più geni resistenti agli antibiotici nelle acque reflue domestiche che nelle acque reflue degli ospedali, dove usano più antibiotici.

 

Ciò ha portato alla scoperta da parte del suo team e di altri che gli antidepressivi erano in grado di uccidere o rallentare la crescita di alcuni batteri , che secondo Guo provoca «una risposta SOS», innescando meccanismi di difesa nei batteri che li aiutano a sopravvivere e successivamente a resistere ai trattamenti antibiotici.

 

Questi risultati hanno portato Gou e il suo team a condurre il presente studio per scoprire se gli antidepressivi potrebbero rendere i batteri resistenti agli antibiotici.

 

Oltre a dimostrare che gli antidepressivi causano resistenza agli antibiotici, lo studio ha anche scoperto che maggiore è la dose di antidepressivi, più velocemente i batteri Escherichia coli sviluppano resistenza e più antibiotici possono resistere entro la finestra di studio di due mesi.

 

Lo studio ha anche rivelato che almeno uno degli antidepressivi, la sertralina, venduto inizialmente dalla Pfizer con il marchio Zoloft, ha favorito la trasmissione di geni tra cellule batteriche, consentendo la diffusione della resistenza in una popolazione. Questi trasferimenti possono avvenire tra diversi tipi di batteri, consentendo alla resistenza di passare da una specie all’altra, il che può includere il passaggio da batteri innocui a batteri infettivi.

 

La questione potrebbe essere più complicata di come sembra. Come riportato da Renovatio 21, è noto che la presenza di sostanze psicofarmacologiche nei fiumi – escrete nell’urina dei pazienti delle psicodroghe legali – è in tale quantità da alterare il comportamento dei pesci: possiamo immaginare quindi il loro effetto sui batteri.

 

 

 

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Psicofarmaci

Omicidi, accoltellamenti, suicidi nel giro di poche ore: quali farmaci assumevano i responsabili?

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Assago, periferia di Milano. Un 46enne entra in un centro commerciale e comincia ad accoltellare la gente: un morto e 4 feriti, tra cui un calciatore del Monza.

 

Asso, provincia di Como. Un carabiniere con una storia di problemi psichici ma riammesso al lavoro si barrica in caserma dopo aver ucciso il comandante. Dopo l’irruzione del Gruppo di Intervento Speciale, si consegna, ma un carabiniere viene colpito da una pallottola al ginocchio prima della resa.

 

Roma, Circo Massimo. Un 57enne, forse una guardia giurata, si spara con l’arma regolarmente detenuta dinanzi a passanti e turisti. Vi sono due spari: uno alla tempia, uno che parte – dicono le cronache – quando l’uomo è a terra. I giornali scrivono che non avrebbe lasciato alcun biglietto di addio.

 

Sono ore intense per la cronaca nera, specie quella che sa di inspiegabile.

 

Ora, ci chiediamo se possa esserci un filo comune in questi gesti mostruosi, che in un modo o nell’altro prevedono sempre la violenza portata in pubblico, anche qualora rivolta contro sé stessi, come in una sorta di negazione distruttiva del mondo.

 

Ebbene, almeno in due casi su tre abbiamo certezza che gli accusati hanno subito cure psichiatriche. E con esse, si potrebbe pensare, possono essere arrivati medicinali che alterano la psiche e il comportamento: i cosiddetti psicofarmaci.

 

È molto difficile, se non a volte impossibile, ottenere il nome o anche solo la tipologia del farmaco che era stato prescritto al protagonista di casi di cronaca del genere: negli USA, nella vicenda del massacro di Aurora (quando, nel 2012 furono trucidate in un cinema 12 persone, con 58 feriti, durante una proiezione di Batman) si dovette aspettare mesi prima di scoprire che il perpetratore James Holmes, 24enne dottorando in neuroscienze, aveva nel suo appartamento clonazepam e pastiglie generiche di sertralina, il medicinale commercializzato con il nome di Zoloft.

 

Il clonazepam è un farmaco teoricamente ansiolitico di derivazione benzodiazepinica, presente anche sul mercato europeo. L’autorità canadese di regolamentazione dei farmaci nel 2007 aveva emesso un avviso sul medicinale, informando i consumatori che il clonazepam può creare assuefazione entro pochi mesi dall’uso e che i suoi effetti collaterali possono includere allucinazioni, pensieri deliranti, confusione, perdita di memoria e depressione.

 

Lo Zoloft invece è un cosiddetto psicofarmaco di seconda generazione, un SSRI, inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina. Gli SSRI hanno almeno 34 stuudi e 26 avvertimenti da parte di autorità regolatorie che mettono in guardia riguardo ai pericoli di questi farmaci.

 

Vi è una storia dolorosamente lunga e corposa di sospetti riguardo al ruolo dei farmaci nello scatenarsi di episodi di violenza. Una lista incompleta è stata pubblicata di anno in anno da Renovatio 21 – la prima volta, pensate un po’, un lustro fa.

 

Non vi sono solo sospetti a dire il vero: uno studio pubblicato nel 2010 da PLOS One concludeva che «gli atti di violenza nei confronti degli altri sono un evento avverso di droga reale e grave associato a un gruppo relativamente piccolo di droghe. La vareniclina, che aumenta la disponibilità di dopamina, e gli antidepressivi con effetti serotoninergici sono stati i farmaci più fortemente e costantemente implicati. Sono necessari studi prospettici per valutare sistematicamente questo effetto collaterale per stabilire l’incidenza, confermare le differenze tra i farmaci e identificare ulteriori caratteristiche comuni».

 

La sertralina è una prescrizione estremamente popolare. È praticamente che il lettore non abbia tra le proprie conoscenze nessuno che non ne faccia uso. Immaginiamo per aritmetica vi sua un certo numero di nostri lettori che ne fa uso. I dottori che si oppongono alla psicofarmaceutica di massa ci sono, ma si nascondono, esattamente come quelli che si oppongono ai vaccini.

 

Torniamo ai casi dei nostri giorni. Di uno, abbiamo, incredibilmente, il nome della sostanza.  Secondo il Corriere della Sera, all’accoltellatore del centro commerciale milanese erano state prescritte «5 mesi fa gocce di benzodiazepine». C’è la possibilità di antichi danni cerebrali da acido lisergico, tuttavia per il momento c’è una certezza, lo psicofarmaco prescrittogli: «dovrà essere verificato se sia vero ciò che Tombolini narra alla GIP e all’avvocato (…) e cioè di essere stato 20 anni fa “in cura” da uno psichiatra per il consumo di LSD. Nei test del tossicologico eseguiti giovedì è emerso solo l’uso di benzodiazepine».

 

Nel sangue aveva quelle: benzodiazepine.

 

Riguardo al carabiniere comasco, che era già stato psichiatrizzato, non sappiamo quali farmaci possano essere coinvolti. Per il suicida del Circo Massimo nemmeno. Sappiamo tuttavia che i dottori una prescrizione per un «innocuo» antidepressivo la negano difficilmente.

 

Ora, unite i puntini con noi.

 

Cos’è aumentato durante la pandemia? Sì, l’assunzione di psicofarmaci – compresi i bambini , dove toccherebbero il 19,7% delle prescrizioni pediatriche. Il lockdown ha depresso tutti: e allora, pensa il dottorino della mutua, perché non prescrivere più psicodroghe legali a tutti?

 

E se mai questi farmaci avessero come effetto collaterale quello di aumentare l’aggressività delle persone, cosa succederebbe alla popolazione del Paese?

 

La cosa è discussa perfino nei foglietti illustrativi della sertralina, sia pur solo per quel che riguarda «bambini e adolescenti»: «i pazienti di età inferiore ai 18 anni presentano un maggiore rischio di effetti indesiderati, come tentativo di suicidarsi, pensieri di volersi fare del male o di uccidersi (pensieri suicidari) e comportamento ostile (principalmente aggressività, comportamento di opposizione e rabbia) quando trattati con questa classe di medicinali».

 

Ammettiamo di non capire bene cosa succeda ad un cervello dopo il 18° anno di età: le reazioni che si possono avere a questo farmaco differiscono tra prima e dopo il compleanno della maggiore età? È possibile che alcuni cervelli continuino a reagire in questo modo disforico alle pasticche anche da adulti?

 

In realtà, non è importante nemmeno essere maggiorenni, in realtà, perché, dice sempre il bugiardino, «tuttavia», nonostante i pericolo sopra descritti «è possibile che il medico decida di prescrivere» il farmaco «a un paziente di età inferiore ai 18 anni se ciò è nell’interesse del paziente».

 

L’interesse del paziente. Non credo vi sia bisogno di commentare il capolavoro di linguistica medico-farmaceutica dell’apparato sanitario, tuttavia facciamo notare che di «interesse del paziente» in Italia ce ne è tanto, tantissimo.

 

Ricordate come nel 2018 emerse che unendo tutte le categorie psicofarmacologiche – ansiolitici, sonniferi e antidepressivi – l’Italia toccava gli 11 milioni di consumatori, cioè il 20% della popolazione.

 

La traiettoria che si può tracciare è sempliciotta. Il COVID ha generato la clausura, quindi l’ansia, quindi lo psicofarmaco. Conoscete il detto: farmaco chiama farmaco. E in un sistema che già prima della pandemia registrava una piena inclinazione per le droghe cerebrali: il consumo totale dei farmaci antipsicotici in Italia tra il 2014 e il 2020 sarebbe aumentato del 20%.

 

La situazione è migliorata? No. E ci ritroviamo, in effetti, con le strade sempre più solcate da auto aggressive, e violenze giovanili e criminali sempre più disinibite.

 

E aggiungiamo qui la domanda: adesso che sappiamo che anche le forze dell’ordine possono assumere questi farmaci, quali effetti «ondulatori» potrebbero avere questi effetti collaterali sulla repressione delle manifestazioni antigoverno in arrivo nel prossimo gelido e povero inverno?

 

Non è una domanda da poco – tuttavia, notiamo, nessuno prima di noi, ci sembra, se l’è posta mai.

 

Tuttavia, abbiamo già scritto su Renovatio 21 che il muro sulla correlazione tra psicofarmaci e stragi, massacri in famiglia, omicidi-suicidi e perfino incidenti aerei potrebbe crollare. Ma capite che davanti abbiamo sempre lo stesso nemico: Big Pharma, e la sua influenza malvagia.

 

Pensavate che le farmaceutiche hanno iniziato ad avvelenare le persone e manipolare il sistema per insabbiarne gli effetti dai vaccini COVID?

 

Eh, no. Noi questa battaglia stiamo cercando di portarla avanti da anni. Ora, se arriva qualcuno e vi dice che questi «inspiegabili» atti di violenza pubblica sono da mettere in conto ad una generica «follia» raggiunta dalla nostra società, vi sta facendo perdere tempo, o vi sta ingannando.  Le correlazioni tra psicodroghe ed esplosioni dell’aggressività umana vanno trovate e segnalate.

 

Il problema va trattato alla radice. Non abbiamo tempo da perdere con la sociologia o la poesia. Non ci sono solo cause intangibili agli orrori dell’ora presente: c’è la realtà della modifica biologica dell’essere umano per via medico-farmaceutica.

 

L’umanità sta venendo alterata biochimicamente, lo sapete: con i vaccini, e financo con il cibo, dove gli oligarchi della morte stanno facendo grandi investimenti.

 

L’uomo è sotto attacco fin dentro al suo cervello, che viene cambiato nelle sue funzioni molecolari. Che vi rendano mansueti e rincoglioniti, o ossessionati ed assassini, sospettiamo che per i padroni del sistema vada bene comunque. L’importante è guastare l’essere umano, fatto ad immagine di Dio. E cercare deviarne l’anima, a partire dalla sua mente.

 

Questo è il quadro in cui stiamo giocando – in cui stiamo vivendo.

 

Una battaglia per la nostra anima. Vi prego: non consegnatela al nemico. Mai.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

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