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Cina

Pensiero di Xi e sicurezza nazionale: Pechino riscrive i libri di testo scolastici

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Secondo la CCTV saranno introdotti la settimana prossima, con l’inizio dell’anno. dalla prima alla settima classe, poi estesi a tutti i nove gradi di istruzione obbligatoria. Ampi spazi alla guerra con l’India e il Vietnam. Sezioni specifiche anche per la letteratura cinese antica e gli anni della rivoluzione comunista.

 

Sicurezza nazionale, il pensiero di Xi Jinping, le guerre e le tensioni con la il Vietnam e l’India: sono questi i temi che avranno uno spazio crescente nei libri di testo scolastici di lingua e di storia, oltre a quelli della morale e del diritto, dedicati agli studenti cinesi delle elementari e delle medie a partire dal prossimo semestre autunnale.

 

È questo l’ultimo provvedimento preso dalla leadership di Pechino all’interno delle istituzioni scolastiche, per rafforzare la propaganda e il controllo sull’educazione delle nuove generazioni nel nuovo anno sui banchi a partire dalla prossima settimana come riferisce oggi l’emittente statale CCTV.

 

Corsi sulla moralità e sul diritto, oltre a quelli dedicati all’ideologia e alle politiche promosse dal Partito comunista cinese sono una priorità a livello di ministero dell’Istruzione fin dal 2016, tanto da essere considerati «materie obbligatorie» per rafforzare le direttive del partito.

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Gli argomenti dei nuovi libri di testo includono la filosofia politica del presidente, il pensiero di Xi Jinping, oltre a sezioni specifiche sulla cultura «tradizionale» e la «sicurezza nazionale», un tema controverso e criticato da istituzioni internazionali per la repressione «legalizzata» dei diritti.

 

Tutti i cittadini cinesi ricevono nove anni di istruzione obbligatoria, sei nella scuola primaria e il rimanente alle scuole medie. Secondo quanto riferisce la TV di Stato, i nuovi libri di testo saranno inizialmente utilizzati dalla classe prima alla settima delle primarie, per poi essere estesi a tutti i nove gradi di istruzione entro i prossimi tre anni.

 

Il nuovo libro di testo di morale e legge, prosegue l’emittente, introdurrà il «contenuto principale e lo status storico» del Pensiero di Xi Jinping. Ufficialmente noto come «Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era», la filosofia politica di Xi è stata inserita nella Costituzione cinese nel 2018 che lo ha elevato al “rango” di Mao Zedong e Deng Xiaoping.

 

Tuttavia, la «rivoluzione» dei libri di testo negli ultimi anni si è ampliata fino a includere sette aspetti, che coprono le sue istruzioni in materia economica, diplomatica, militare e ambientale, nonché la legge, la propaganda e la disciplina di partito. All’inizio di quest’anno, lo studio di queste «ideologie e pensieri» è diventata priorità assoluta per tutte le organizzazioni di partito, con l’ordine di tenere riunioni regolari per studiare i discorsi e le direttive di Xi. I nuovi libri di testo di storia includeranno anche la breve, ma sanguinosa guerra di confine del 1962 tra Cina e India, conclusasi con la sconfitta di Delhi dopo quattro settimane. Ancora oggi i due giganti asiatici sono in disaccordo sul confine himalayano, che interessa oltre 120mila kmq di territorio conteso.

 

Nei libri scolastici troverà ampio spazio la rilettura del conflitto fra la Pechino e Hanoi del 1979, quando circa 300mila truppe cinese sono entrate in Vietnam per impedire il rovesciamento del sanguinario regime dei Khmer rossi in Cambogia, sostenuto dai cinesi.

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La guerra ha causato decine di migliaia di vittime da entrambe le parti in quella che Pechino ha definito una «guerra di autodifesa contro il Vietnam». Tuttavia, la Cina è rimasta a lungo in silenzio sulla questione, bloccando commemorazioni pubbliche per il quarantesimo anniversario nel 2019 e cercando di impedire ai veterani di rendere omaggio.

 

Del resto il rapporto fra i due Paesi, amici e rivali, ha registrato fasi altalenanti e momenti di tensione: il Vietnam cerca investimenti e supporto tecnico cinese, ma la guerra del 1979 e le dispute territoriali con Pechino nel mar Cinese meridionale rappresentano da tempo potenziali ostacoli ai legami bilaterali.

 

Nel frattempo, i libri di testo in lingua cinese includeranno maggiore spazio e attenzione alla letteratura cinese antica e storie sugli anni rivoluzionari, prima che il partito vincesse la guerra civile nel 1949, istituendo la Repubblica Popolare.

 

I nuovi libri di testo hanno richiesto due anni di lavoro e sono stati utilizzati da più di 100mila studenti in oltre 550 scuole prima di essere lanciati a livello nazionale.

 

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Immagine di David Wook via Flickr pubblicata su licenza CC BY-ND 2.0

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Cina

Il candidato vicepresidente della Harris legato al biolaboratorio di Wuhano?

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Il candidato vicepresidente USA di Kamala Harris Tim Walz avrebbe legami con l’Istituto di Virologia di Wuhan. Lo riporta la testata statunitense Washington Examiner.   Il Walz avrebbe contatti di lunga data con l’Hormel Institute, un centro di ricerca medica con sede presso l’Università del Minnesota che collaborerebbe con l’istituto cinese al centro della controversia sulle origini del COVID-19.   In qualità di membro del Congresso, il Walz ha contribuito a garantire oltre 2 milioni di dollari di finanziamenti per le acquisizioni tecnologiche dell’Hormel Institute ed è stato un «forte sostenitore dell’Hormel Institute, anche supportando le sue principali espansioni», ha affermato il gruppo con sede in Minnesota nell’aprile di quest’anno.

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Walz ha elogiato ampiamente l’Hormel Institute, che ha visitato personalmente, affermando che «ha contribuito ad aprire la strada al Minnesota per diventare leader nell’innovazione biomedica» e «si adatta a dove ci vediamo come Stato» in futuro, con la sua enfasi su «energia verde, agricoltura sostenibile e la capacità di sfamare un mondo molto affamato».   L’Hormel Institute avrebbe collaborato con il famigerato Istituto di Virologia di Wuhano su diversi progetti, tra cui diversi studi sul COVID-19, e avrebbe ricevuto aiuto dalla sua controparte cinese. Un professore dell’Hormel Institute avrebbe anche frequentato la Wuhan University e ha lavorato con scienziati del Wuhan Institute su un articolo scientifico nel 2020.   In una dichiarazione al Washington Examiner, il portavoce dell’Università del Minnesota Jake Ricker ha affermato che l’università e l’Hormel Institute non hanno alcuna «affiliazione formale» con l’Istituto di Virologia di Wuhan o il Beijing Genomics Institute, un ente che Fox News ha detto essere partecipato dall’Esercito di Liberazione del Popolo (ELP).   «Le nostre scoperte sono sottoposte a revisione paritaria e pubblicate nel pubblico dominio con l’appropriata attribuzione a coloro che hanno contribuito a ogni studio», ha affermato Ricker. «La ricerca viene condotta con il pieno impegno dell’Hormel Institute e dell’università nel rispetto delle norme federali in materia di divulgazione, sicurezza, controlli sulle esportazioni e sanzioni».   Si tratta di un ulteriore tassello del rapporto tra il candidato vicepresidente Walz e la Repubblica Popolare Cinese, un rapporto recentemente al centro di grande attenzione.   Il Walz ha dovuto affrontare un esame sempre più attento per i suoi vasti legami con la Cina, con un ex studente che ha descritto l’uomo, che ha viaggiato in Cina più di trenta volte, come «maoista fino al midollo».   James Comer, a capo della Commissione per la vigilanza e la responsabilità della Camera, ha annunciato di recente un’indagine sui legami di Walz con il Partito Comuinista Cinese (PCC) con un comunicato stampa e una lettera al direttore dell’FBI Christopher Wray.   «Il PCC ha cercato di distruggere gli Stati Uniti attraverso campagne coordinate di influenza e infiltrazione che prendono di mira ogni aspetto della vita americana, compresi i nostri funzionari eletti», ha affermato Comer nel comunicato stampa.

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«Gli americani dovrebbero essere profondamente preoccupati che il governatore Walz, compagno di corsa alla vicepresidenza di Kamala Harris, abbia una relazione di lunga data e intima con la Cina. Il signor Walz ha visitato la Cina decine di volte, ha lavorato come ricercatore presso un’istituzione cinese che mantiene una devozione al PCC e ha parlato insieme al presidente di un’organizzazione cinese che il Dipartimento di Stato ha denunciato come uno sforzo del PCC per influenzare e cooptare i leader locali».   «I briefing dell’FBI hanno recentemente informato il comitato che la Foreign Influence Task Force dell’ufficio sta indagando sulle attività del PCC che sono simili all’impegno della Cina con il governatore Walz. Il popolo americano merita di comprendere appieno quanto sia profonda la relazione del governatore Walz con la Cina».   Il comunicato stampa prosegue descrivendo nei dettagli come Walz abbia iniziato a organizzare viaggi scolastici in Cina, finanziati dal PCC, nei primi anni Novanta, e poi abbia fondato una società privata che organizzava viaggi annuali in Cina, fino a quando non è stata sciolta pochi giorni prima che Walz entrasse al Congresso nel 2007.   Il Walz ha visitato la Cina circa trenta volte e ha ricoperto varie posizioni di influenza per quanto riguarda le relazioni tra Stati Uniti e Cina.   Nella sua lettera al direttore dell’FBI Wray, Comer chiede una serie di documenti e informazioni relativi alle attività di Walz in Cina e con la Cina, compresi quelli su individui e organizzazioni cinesi e su eventuali avvertimenti o direttive fornite al governatore Walz in merito a «funzionari governativi subnazionali che interagiscono con la RPC, il PCC e i rappresentanti del PCC».

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Immagine di Laurie Shaill via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Big Pharma

Deputati USA accusano Pfizer di aver testato nuovi farmaci sui prigionieri nella Cina comunista

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Un gruppo bipartisan di membri del Congresso ha mosso accuse sorprendenti contro le aziende farmaceutiche Pfizer ed Eli Lilly, chiedendo alla Food & Drug Administration (FDA) statunitense di indagare sui potenziali test di nuovi farmaci sui prigionieri della Cina comunista. Lo riporta LifeSiteNews.

 

La lettera è stata inviata il 19 agosto al commissario della FDA, il dottor Robert Calf, ed è stata firmata dal presidente del comitato speciale del Partito comunista cinese (PCC), il deputato John Moolenaar, un repubblicano della Florida e membro di spicco e il deputato democratico dell’Illinois Raja Krishnamoorthi, il membro di spicco del sottocomitato per la salute, l’energia e il commercio e deputato democratico della California Anna Eshoo e il deputato repubblicano della Florida Neal Dunn.

 

«Per oltre un decennio, sembra che le aziende biofarmaceutiche statunitensi abbiano condotto sperimentazioni cliniche con le organizzazioni militari cinesi, e in particolare con centri medici e ospedali affiliati all’Esercito Popolare di Liberazione (PLA), per determinare la sicurezza e l’efficacia di nuovi farmaci candidati prima dell’approvazione», si legge nella lettera.

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«Siamo anche preoccupati che le aziende biofarmaceutiche statunitensi abbiano condotto sperimentazioni cliniche con infrastrutture ospedaliere situate nella Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang (XUAR), dove il Partito Comunista Cinese (PCC) è impegnato nel genocidio della popolazione uigura».

 

L’analisi dei dati disponibili al pubblico da parte dei legislatori ha rilevato che nell’ultimo decennio le principali aziende farmaceutiche americane hanno condotto «centinaia di sperimentazioni cliniche in Cina che includevano almeno un’entità con PLA nel nome come partner per la sperimentazione di ricerca».

 

«Ancora oggi, una delle principali entità biofarmaceutiche degli Stati Uniti sta reclutando attivamente pazienti per una sperimentazione clinica di un farmaco per l’Alzheimer avanzato ed è partner del General Hospital and Medical School del PLA… e dell’Air Force Medical University del PLA… In precedenza, un’altra entità biofarmaceutica degli Stati Uniti ha utilizzato il 307 Hospital del PLA (307 医院) come sede per una sperimentazione clinica terapeutica contro il cancro».

 

Tale lavoro non solo comporta il rischio che tecnologie sensibili finiscano nelle mani del PCC, «ci sono anche studi clinici biofarmaceutici statunitensi elencati su clinicaltrials.gov che sono stati condotti con ospedali situati nella XUAR, dove rapporti investigativi credibili hanno dimostrato che le minoranze etniche nella regione sono ripetutamente costrette dal PCC a rinunciare alla loro autonomia corporea. Come sappiamo, non c’è semplicemente alcuna possibilità per le aziende di condurre la due diligence per garantire che gli studi clinici condotti nella XUAR siano volontari».

 

La testata americana Axios ha osservato che gli studi in questione riguarderebbero il farmaco della Pfizer  axitinib (nome commerciale Inlyta) contro il cancro al rene e il farmaco della Eli Lilly donanemab (nome commerciale Kisunla) contro l’Alzheimer.

 

I legislatori hanno chiesto alla FDA di rispondere a diverse domande relative alla sua conoscenza e supervisione di tali sperimentazioni e hanno invitato l’agenzia ad «assumersi un ruolo maggiore nella protezione degli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Con questi dati, è chiaro che la FDA dovrebbe svolgere un ruolo maggiore nell’analisi delle operazioni di sperimentazione clinica delle entità biofarmaceutiche statunitensi [sic] nella Repubblica Popolare Cinese».

 

Pfizer ha risposto che «si impegna a condurre gli affari in modo etico e responsabile. Ciò include il rispetto dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale in tutte le nostre operazioni», ha riportato Straight News. Eli Lilly ha affermato che è «impegnata nella protezione della proprietà intellettuale e conduciamo solide valutazioni dei nostri partner per garantire che soddisfino gli standard Lilly per la ricerca e la privacy dei dati. Inoltre, supervisioniamo le loro attività quando conducono sperimentazioni cliniche per garantire qualità e integrità dei dati».

 

Le accuse giungono in un momento di difficile reputazione pubblica per Big Pharma, visto il ruolo delle multinazionali del farmaco nella risposta alla pandemia di COVID-19.

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Finora le grandi farmaceutiche non hanno affrontato responsabilità grazie al Public Readiness and Emergency Preparedness (PREP) Act, una legge federale del 2005. Secondo il Congressional Research Service (CRS), il PREP Act autorizza il governo federale a «limitare la responsabilità legale per le perdite relative alla somministrazione di contromisure mediche come diagnosi, trattamenti e vaccini». Verso l’inizio dell’epidemia di COVID-19 del 2020, l’amministrazione Trump ha invocato il Prep Act per dichiarare il virus un’«emergenza di sanità pubblica».

 

In base a questa immunità «ampia», ha spiegato il CRS, il governo federale, i governi statali, «i produttori e i distributori di contromisure coperte» e i professionisti sanitari autorizzati o altrimenti autorizzati che distribuiscono tali contromisure sono protetti da «tutte le richieste di risarcimento danni» derivanti da tali contromisure, ad eccezione di «morte o gravi lesioni fisiche» causate da «condotta dolosa», uno standard che, tra gli altri ostacoli, richiede che il trasgressore abbia agito «intenzionalmente per raggiungere uno scopo illecito».

 

Nonostante il PREP Act, alcuni stati stanno attualmente compiendo sforzi per ritenere responsabili le aziende farmaceutiche, come dimostra l’indagine in corso della giuria popolare della Florida sui produttori dei vaccini.

 

Come riportato da Renovatio 21, è in corso una causa in Kansas che accusa Pfizer di falsa dichiarazione per aver definito i vaccini «sicuri ed efficaci».

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Cina

Con sempre meno nascite Pechino stoppa le adozioni internazionali

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Cominciate nel 1992 nel pieno della «politica del figlio unico», in oltre trent’anni hanno visto più di 160mila bambini e soprattutto bambine accolte da famiglie di tutto il mondo. La portavoce del ministero degli Esteri: «Adeguamento in linea con le tendenze internazionali». L’anno scorso solo 9 milioni di nuovi nati in tutta la Cina, nonostante oggi – al contrario di ieri – le autorità chiedano di avere più figli.   La Cina non invierà più bambini all’estero per l’adozione internazionale. Lo ha annunciato il governo, annullando così una serie di accordi iniziati nel 1992 – quando ancora Pechino era nel pieno della sua politica del figlio unico – e che hanno visto in più di trent’anni oltre 160mila bambini cinesi essere adottati da famiglie di tutto il mondo, la metà dei quali negli Stati Uniti secondo i dati di China’s Children International.

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Rispondendo a una domanda su una notifica in questo senso ricevuta dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti, la portavoce ministero degli Esteri di Pechino Mao Ning ha dichiarato che il governo cinese ha «adeguato» la sua politica sulle adozioni per essere «in linea» con le tendenze internazionali.   La funzionaria ha spiegato che – a parte alcuni casi legati a parentele fino al terzo grado con persone che vivono fuori dal Paese – «la Cina non invierà più bambini all’estero per l’adozione». «Esprimiamo il nostro apprezzamento ai governi e alle famiglie straniere che desiderano adottare bambini cinesi per le loro buone intenzioni e per l’amore e la gentilezza che hanno dimostrato», ha aggiunto.   Il cambiamento delle regole arriva mentre i politici cinesi lottano per incoraggiare le giovani coppie a sposarsi e ad avere figli, per la crisi demografica sempre più evidente.   La Cina ha uno dei tassi di natalità più bassi a livello globale e sta cercando di incentivare le giovani donne ad avere figli, finora però con scarsi risultati. Le nuove nascite nella Repubblica popolare nell 2023 sono scese del 5,7% a 9,02 milioni e il tasso di natalità ha raggiunto il minimo storico di 6,39 nascite per 1.000 persone, in calo rispetto al tasso di 6,77 nascite del 2022.   A livello generale la popolazione è diminuita di 2,08 milioni, o dello 0,15%, a 1,409 miliardi nel 2023. Un dato molto superiore al calo della popolazione di 850.000 unità nel 2022, che era stato il primo dal 1961, durante la Grande carestia dell’era di Mao Zedong.

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Dal 1979 al 2015 la Cina ha attuato una rigorosa politica del figlio unico dal 1979 al 2015 per ridurre la sua popolazione. Quando le famiglie sono state limitate ad avere un solo figlio, molte avevano scelto di tenere i figli maschi e di dare le femmine in adozione.   Le «tendenze internazionali» a cui la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha fatto riferimento si riferiscono alla decisone adottata a maggio dai Paesi Bassi di vietare ai propri cittadini di adottare bambini da Paesi stranieri.   Anche in Danimarca, i cittadini non potranno più adottare bambini dall’estero dopo che l’unica agenzia locale che se ne occupava ha dichiarato di voler interrompere le proprie attività.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.  

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