Cina
Pechino vieta agli uiguri le «nazioni sensibili» a maggioranza musulmana

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo un rapporto di HRW, la Cina ha imposto restrizioni ancora più severe ai viaggi per i membri della minoranza islamica. Accessibili solo un un numero «limitato» di nazioni. Vietati contatti e interazioni con attivisti all’estero. Per il visto necessario fornire un «garante» o vengono tenuti in «ostaggio» i familiari per assicurare il ritorno in patria.
La Cina ha imposto nuove, e ancor più severe restrizioni ai viaggi per i membri della minoranza musulmana uiguri, diffusa nella provincia occidentale dello Xinjiang e già in passato – anche di recente – oggetto di pesanti persecuzioni che spesso passano sotto silenzio.
A denunciarlo è l’ong attivista Human Rights Watch (HRW), che in un rapporto pubblicato ieri documenta «violazione sistematica» del loro diritto di poter lasciare il Paese, riconosciuto pure a livello internazionale. In particolare, agli uiguri è vietato visitare «Paesi sensibili» con grandi popolazioni musulmane, fra i quali la Turchia, e possono viaggiare solo in un numero limitato in altre nazioni come il Kazakhstan, ma solo per affari.
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Secondo il rapporto, ai musulmani uiguri è vietato avere contatti o interazioni con attivisti all’estero e non è nemmeno possibile parlare «in modo critico del governo cinese». Gli elementi della minoranza musulmana cinese emigrati in una nazione diversa, ma che vogliono visitare lo Xinjiang, devono fornire uno «scopo del viaggio» e un «invito da parte di un membro della famiglia» di origine.
Una fonte della comunità uiguri, il cui padre è stato interrogato al ritorno da un viaggio oltre-confine, ha raccontato a HW che gli è stato chiesto «chi ha incontrato, dove è andato e cosa ha detto alla gente». «Non andavamo nemmeno nei ristoranti uiguri» ha quindi aggiunto «per evitare l’attenzione e la sorveglianza della Cina».
Gli uiguri, cittadini di Paesi che richiedono un visto per visitare la Cina, devono affrontare una procedura di richiesta più lunga, fino a sei mesi. Secondo il gruppo, anche la partecipazione ad attività non politiche, come mandare i figli in scuole di lingua uigura o partecipare a un matrimonio in presenza di attivisti, può comportare il rifiuto di ingresso.
Il rapporto giunge mentre le autorità cinesi iniziano a permettere ad alcuni uiguri di viaggiare fuori dallo Xinjiang, anni dopo aver confiscato i passaporti di alcuni membri della minoranza etnica e averli imprigionati per “contatti” con persone all’estero. Pechino è inoltre accusata di averli perseguitati (coi musulmani Hui) nell’ultimo decennio, anche attraverso una campagna di detenzioni arbitrarie; accuse che la leadership nega in modo sistematico e bollandole come la «menzogna del secolo».
Secondo le Nazioni Unite la Cina, in seguito alla drammatica escalation nell’applicazione delle misure anti-terrorismo del 2017, avrebbe arrestato e detenuto oltre un milione di musulmani appartenenti alle minoranze, perlopiù uiguri. Di contro, Pechino ha sempre negato – almeno nella prima fase – l’esistenza di centri di detenzione per i membri della minoranza, per poi difenderli definendoli come «centri di rieducazione».
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Fra le nazioni straniere, la Turchia è fra quelle che ha maggiori legami culturali ed etnici con gli uiguri e molti membri della comunità, in fuga dalle violazioni dei diritti umani nella regione occidentale cinese, hanno trovato rifugio fra le braccia di Ankara. Tuttavia il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan, che un tempo criticava aspramente il trattamento riservato dalla Cina agli uiguri, ha nell’ultimo periodo moderato le sue critiche, anche in seguito allo sviluppo di relazioni economiche più forti – e redditizie – con Pechino.
Alcuni uiguri hanno raccontato a HRW che le autorità cinesi hanno permesso a una sola persona di ciascuna famiglia di viaggiare, tenendo in «ostaggio» i parenti più stretti per garantire il loro ritorno in patria. Alcuni hanno affermato che le autorità hanno richiesto loro di fornire un «garante» – spesso un altro funzionario che si spendesse per loro – prima di concedere il permesso di viaggiare o il visto di espatrio. Inoltre, il mancato rispetto delle regole mette il garante o i membri della famiglia a rischio di durissime punizioni.
«Gli uiguri si trovano ad affrontare condizioni e requisiti severi se vogliono ricongiungersi brevemente o anche solo comunicare con i familiari in Cina» ha dichiarato Yalkun Uluyol, ricercatore sulla Cina di Human Rights Watch. «Poter contattare o visitare i propri cari all’estero» conclude «non dovrebbe essere un privilegio concesso a pochi uiguri, ma è un diritto che il governo cinese è obbligato a rispettare».
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Immagine di Colegota via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Spain
Cina
I cattolici di Shanghai e le restrizioni del vescovo Ma Daqin

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Cina
La Cina verso i motori al plasma

Un nuovo potente motore al plasma è stato appena svelato dagli ingegneri cinesi, avvicinando la tecnologia cinese a quella del leader del settore, la Russia.
Il «propulsore al plasma magnetico ad alta spinta» della Cina, progettato dallo Xian Aerospace Propulsion Institute, è stato in grado di raggiungere un funzionamento stabile alla sua piena potenza di 100 kilowatt. «L’accensione riuscita questa volta segna che il livello tecnico del motore al plasma magnetico del nostro istituto è entrato in prima linea nel mondo», ha scritto l’istituto cinese in un post sui social media lunedì.
Il team ha utilizzato materiali stampati in 3D e tecnologia dei magneti superconduttori ad alta temperatura per creare il motore. Mentre i motori al plasma hanno una spinta inferiore rispetto ai motori aeronautici tradizionali, il loro impulso specifico, ovvero l’efficienza con cui il motore genera la spinta, è più elevato, rendendoli più adatti per viaggi più lunghi.
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L’istituto ha affermato che il loro motore «fornirà un supporto energetico forte e affidabile per i veicoli spaziali grandi e super-grandi della Cina per svolgere ricerche scientifiche e missioni spaziali».
Il motore al plasma più avanzato negli Stati Uniti ha superato solo gli 80 kW durante il funzionamento ad alta potenza sostenuto, sebbene abbia una potenza teorica di 200 kW con un’efficienza del propulsore del 73%. Il prototipo del motore da 300 kW dell’agenzia atomica russa Rosatom ha un’efficienza dell’80%.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. Il team di scienza della fusione termonucleare presso l’Istituto del Plasma di Hefei ha condotto ricerche sulle prestazioni globali dei materiali, sulle prestazioni dei superconduttori, dei magneti superconduttori, delle camere a vuoto del reattore di fusione, dei componenti del divertore e dell’interazione tra plasma e materiali.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati del Dragone avevano introdotto un nuovo dispositivo al plasma chiamato «Lama del cielo cremisi».
Come riportato da Renovatio 21, Cina ha continuato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
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Immagine di Stbuccia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
Pechino scommette sul carbonio per i microchip di domani

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