Gender
Parata del Gay Pride in Germania aggredita da «uomini di origine meridionale»
Una parata del gay pride in Germania è stata attaccata da un gruppo di giovani uomini di «origine meridionale». Così è stato riportato su vari media germanici.
L’incidente è avvenuto nella città di Karlsruhe lo scorso fine settimana, durante la parata per l’orgoglio della minoranza LGBT.
Uomini di «origine meridionale» è l’espressione orwelliana che le autorità usano solitamente per descrivere i migranti musulmani provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente.
Stando a quanto riportato da Summit News, a Karlsruhe circa 30 uomini di «origine meridionale» hanno attaccato la sfilata del pride, appiccando il fuoco a una bandiera arcobaleno e attaccando fisicamente i partecipanti.
«La situazione è peggiorata nella tarda serata di sabato, quando gli uomini hanno rubato una bandiera LGBT arcobaleno dalla parata e le hanno dato fuoco», riporta il sito ReMix News.
«Un gruppo ha circondato, insultato e picchiato l’uomo che portava la bandiera, secondo quanto riportato dal sito tedesco Queer.de. Anche coloro che sono venuti in aiuto della vittima sono stati aggrediti, con la prima vittima che è finita in ospedale».
Testimoni oculari affermano che le vittime hanno subito una serie di ferite gravi, tra cui commozioni cerebrali e ossa rotte.
Florian Wahl, un «portavoce politico omosessuale» del gruppo parlamentare SPD nel parlamento statale del Baden-Württemberg, ha chiesto un’indagine sulla risposta della polizia all’incidente, di cui le vittime si sarebbero lamentate.
«Indipendentemente dal fatto che fosse così, dobbiamo addestrare i nostri agenti di polizia ad affrontare i crimini ispirati dall’odio in generale e gli attacchi anti-queer in particolare», ha affermato.
Secondo quanto riportato dall’associazione CSD Karlsruhe, durante il fine settimana sarebbero avvenuti attacchi separati contro i partecipanti alla parata omosessualista anche in altri luoghi della città.
L’anno scorso, l’allora cancelliera Angela Merkel ha affermato che la decisione della Germania di consentire a oltre un milione di migranti di entrare nel Paese dal 2015 in poi è stata un successo.
Tuttavia, dopo l’afflusso, la criminalità violenta e gli attacchi sessuali sono saliti alle stelle.
Come riportato da Reuters, in tutta la Germania «la criminalità violenta è aumentata di circa il 10% nel 2015 e nel 2016, secondo uno studio. Ha attribuito più del 90% di ciò a giovani rifugiati maschi».
Il grande paradosso immigrazionista: le forze politiche che fanno entrare i «migranti» lavorano anche per l’avanzamento dell’agenda LGBT, cosa bizzarra considerando che la stragrande maggioranza di africani e asiatici arrivano da Paesi con leggi (e culture) fortemente avverse all’omosessualità.
Una volta di più si chiarifica il concetto di base: l’omosessualismo, come l’immigrazione, non è un fine, ma non uno strumento atto alla dissoluzione della società occidentale, e più estesamente della Civiltà cristiana, cioè della Civiltà.
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo
Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.
Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.
La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.
Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.
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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.
Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.
Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.
Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.
Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.
Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.
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La Corte UE ordina alla Polonia di riconoscere il matrimonio gay
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Studio della Sanità USA conferma i pericoli dei farmaci transgender e degli interventi chirurgici sui minori
Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) ha reso pubblico mercoledì un atteso rapporto sottoposto a revisione paritaria, che mette in guardia contro i rischi dell’«assistenza di affermazione di genere» per i minori, scatenando l’ira delle associazioni pro-LGBTQ+.
Lo studio, intitolato «Trattamento della disforia di genere pediatrica: revisione delle prove e delle migliori pratiche», si basa su un’analisi preliminare diffusa a maggio sui giovani con confusione di genere. Conferma che bloccanti della pubertà, ormoni di sesso opposto e interventi chirurgici provocano «danni significativi e a lungo termine, spesso trascurati o monitorati in modo inadeguato». Tra i rischi elencati: infertilità, disfunzioni sessuali, ridotta densità ossea, effetti cognitivi negativi, problemi cardiovascolari e metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze operatorie e rimpianti post-trattamento.
Il segretario HHS Robert F. Kennedy Jr. ha appoggiato le conclusioni, accusando l’establishment medico di «negligenza». «L’American Medical Association e l’American Academy of Pediatrics hanno diffuso la menzogna che procedure chimiche e chirurgiche di rifiuto del sesso potessero giovare ai bambini», ha dichiarato in una nota. «Hanno tradito il giuramento di non nuocere, infliggendo danni fisici e psicologici duraturi a giovani vulnerabili. Questa non è medicina, è negligenza».
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Il rapporto giunge dopo l’ordine esecutivo firmato a gennaio dal presidente Donald Trump, che limita gli interventi di «cambio di sesso» per under 19, definendoli «mutilazioni chimiche e chirurgiche» mascherate da cure mediche necessarie.
Sempre più ospedali e medici stanno riducendo questi trattamenti: tra gli esempi, l’Università del Michigan, Yale Medicine, Kaiser Permanente, il Children’s Hospital di Los Angeles, UChicago Medicine e il Children’s National Hospital di Washington stanno eliminando o limitando bloccanti della pubertà e farmaci analoghi per i minori.
Negli USA circa 2,8 milioni di persone dai 13 anni in su si identificano come transgender, con la Gen Z che raggiunge il 7,6% tra chi si dichiara LGBTQ+.
Oltre al rapporto HHS, un’ampia letteratura scientifica indica che «affermare» la disforia di genere espone a pericoli gravi: oltre l’80% dei bambini la supera spontaneamente entro la tarda adolescenza, e anche una «riassegnazione» completa non riduce i tassi elevati di autolesionismo e suicidio tra chi soffre di confusione di genere.
Inchieste come quella del 2022 sulla Vanderbilt University Medical Center hanno documentato medici che promuovevano questi interventi pur consapevoli dei rischi, ammettendo in email e video che «fanno un sacco di soldi».
L’HHS ha precisato di aver invitato l’American Academy of Pediatrics e l’Endocrine Society a contribuire al rapporto, ma entrambe hanno declinato.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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