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Pandemie del mondo antico: ma cosa è cambiato?

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Chi conosce la storia antica può vedere incredibili assonanze tra le pandemie di millenni fa e quella odierna. I patogeni potrebbero non essere gli stessi, tuttavia le reazioni degli esseri umani sono le medesime.

 

Le pestilenze furono una presenza precoce nella storia della Civiltà e nelle sue lettere.

 

Nell’Iliade, Omero scrive che Apollo mandò un’armata mortali di topi ad attaccare le truppe degli Achei che assediavano Troia. Riconosciamo nell’opera del cruento dio del Sole e delle arti quelle dinamiche che oggi chiamiamo spillover, il passaggio del morbo da specie a specie: le prime vittime furono cani e cavalli.

 

Nel 430 a.C., il secondo anni delle guerre del Peloponneso, Atene fu colpita da una epidemia che sterminò forse 100.000 cittadini. Vi furono, come si dice ora, due ondate, e dilagò anche nel Mediterraneo orientale. Gli Spartani, bizzarramente,  non furono toccati., né essa si diffuse dentro l’Ellade: segno probabile che laddove i confini funzionano, il virus non passa.

Nell’Iliade, Omero scrive che Apollo mandò un’armata mortali di topi ad attaccare le truppe degli Achei che assediavano Troia

 

L’antica Grecia ebbe la sua dose di storia epidemica. Ippocrate scrisse il trattato Sulle Epidemie catalogò diversi eventi, con gran dose di dettagli e suggerimenti per i possibili rimedi. 

 

Lo storico Tucidide fu vittima e sopravissuto di una epidemia, dipinge con parole orripilanti il suo racconto di contagio: una malattia della ferocia misteriosa, dottori che muoiono in massa a causa del contatto con i malati e non hanno idea dell’origine del male e della cura (è cambiato qualcosa nei millenni?).

 

Tucidide dice che il morbo veniva dall’estero – tema ricorrente nei racconti degli storici antichi, e anche contemporanei. Si diffuse dall’Egitto e dalla Persia arrivando al Pireo, il porto di Atene – non diversamente dal COVID-19 arrivato tramite i nostri aeroporti non presidiati epidemiologicamente, con contorno di antirazzismo all’involtino primavera.

Tucidide dice che il morbo veniva dall’estero  Si diffuse dall’Egitto e dalla Persia arrivando al Pireo, il porto di Atene – non diversamente dal COVID-19 arrivato tramite i nostri aeroporti non presidiati epidemiologicamente, con contorno di antirazzismo all’involtino primavera

 

Secondo lo scrittore greco Atene a quel tempo era «piuttosto libera da altre malattie»: la peste colpì improvvisamente mietendo le sue vittime, iniziando con mal di testa e infiammazione agli occhi, sangue alla bocca e alla gola. Seguivano tosse e raffreddore, voce roca, dolori al petto. Poi ancora: crampi allo stomaco, vomito; la pelle. invece che impallidire, diveniva rubizza, e non vi era febbre. Pustole e ulcere spingevano gli infetti a saltare dentro le fontane per cercare sollievo.

 

La catastrofe biologica ateniese durò una settimana. I sopravvissuti erano afflitti da una diarrea violentissima, che talvolta uccideva anche chi aveva superato l’epidemia. I rimanenti ebbero problemi alle dita dei piedi e delle mani e sui genitali.

 

Tucidide aggiunge anche un dettaglio bizzarro: alcuni guarirono fisicamente ma divennero vittime di incredibili amnesie: non erano più in grado di riconoscere gli amici, e, in certuni casi, perfino se stessi. 

 

Cos’era questa malattia? Gli Ateniesi non lo seppero mai, i moderni se ne sono venuti fuori invece con almeno 30 patogeni differenti per spiegare la grande epidemia greca.

 

Nel XVIII secolo – secolo che diede vita alla tecnologia vaccinale  – la diarista gallese Hester THrale suggerì che Atene fu distrutta dal vaiolo. Altri suggerirono che si trattasse della «Morte Nera» europea. Gli scienziati odierni, nella consueta concordia in material epidemiologica, dicono che si è trattato di virus Ebola, o del Marbur, o della Febbre Virale Emorragica (Orthontavirus) della Legionellosi o ancora della Sindrome di Shock Tossico.

 

Il mistero della peste ateniese fu discusso alla Fifth Annual Medical Conference dell’Università del Maryland nel 199: il tifo divenne la spiegazione più popolare. 

 

A Roma vi fu la cosiddetta peste antonina (165-180 d.C.),  afflisse sia la popolazione che l’esercito romano e uccise il 25% della popolazione circa 5 milioni di persone

A Roma vi fu la cosiddetta peste antonina (165-180 d.C.), dal nome dell’imperatore Marco Aurelio Antonio. Essa è anche detta «Peste di Galeno». Essa afflisse sia la popolazione che l’esercito romano.

 

La peste antonina ammazzò fino a 2.000 persone al giorno, secondo lo storico coevo Cassio Dione. Secondo i calcoli svolti dai moderni, la percentuale di morte della peste antonina fu del 25%, con una cifra finale di decessi che si aggira intorno ai 5 milioni. 

 

Come sempre, si sospettò che la malattia giungesse da Oriente, trasportata in Europa dai soldati romani di ritorno. Storici romani successivi parlarono del contagio dalle Gallie verso il frontiere con il Reno. Come per il caso ateniese, anche qui i virologi scatenano la loro compattezza scientifica: secondo i sapienti, fu una pandemia di vaiolo, o morbillo, o tifo.

 

La peste antonina ammazzò fino a 2.000 persone al giorno, secondo lo storico coevo Cassio Dione

Secondo gli annali cinesi vi fu, proprio in quegli anni, una tremenda epidemia che ferì il Regno di Mezzo, bloccando di fatto i commerci romani in Asia. Il mistico e sedicente «profeta» – «falso profeta» per Luciano di Samosata – Alessandro di Abonutico (105 – ca 170 d.C.) fece circolare alcune parole che secondo lui funzionavano come incantesimo contro il morbo, se scritte sulle porte delle case.

 

A Bisanzio un’epidemia esplose nel 542 d.C. sotto il regno di Giustiniano, il quale riuscì a sopravvivere. Il maggior testimone oculare del disastro fu Procopio, segretario del generale Belisario. Alcuni storici moderni dubitano della veracità dei suoi scritti perché troppo calcati sull’esempio di Tucidide.

 

Procopio disse che che l’epidemia abbracciava l’intero mondo. A Costantinopoli, racconta, durò 4 mesi, e uccise 10.000 abitanti. Sono numeri che, come sempre nella storia antica, vanno presi cum grano salis, perché le statistiche delle morti – specie quelle miltiari – erano spesso esagerate per fini di manipolazione storica. Anche qui, cos’è cambiato rispetto al presente?

Secondo gli annali cinesi vi fu, proprio in quegli anni, una tremenda epidemia che ferì il Regno di Mezzo, bloccando di fatto i commerci romani in Asia

 

Fonti successive danno resoconti più neri: i morti di quella peste furono dai 25 ai 50 milioni, cioè un quarto della popolazione terrestra a quel tempo. – ma anche questi sono oggidì dati contestati. A differenze della peste ateniese e di quella antonina, si ritiene piuttosto unanimemente che si sia trattato di un caso di Peste Bubbonica, trasportata dalle pulci dei ratti.

 

Plinio il vecchio riportò varie epidemie nella Roma del primo secolo dopo Cristo, in particolare nell’Historia Naturae (libro XXVI) tratta della la Mentagra, una malattia (chiamata in greco Lichen) che colpiva i volti degli uomini disfigurandoli: le ferite dovevano essere cauterizzate sino all’osso, le cicatrici che restavano in faccia erano mostruose. Il morbo non era mortale ma «la morte era preferibile».

A Bisanzio un’epidemia esplose nel 542 d.C. sotto il regno di Giustiniano

 

La Mentagra fu importata a Roma da un anonimo servo asiatico (ecco il «Paziente Zero» duemila anni fa). Incredibilmente, questa epidemia risparmiava le donne, gli schiavi e le classi più basse colpendo solo gli aristocratici. Anche questa storia del virus selettivo, e clemente con il gentil sesso e gli immigrati, dovrebbe suonare famigliare. I nobili maschi infettati, dice Plinio, «si infettavano attraverso il fuggevole contatto di un bacio», come la mononucleosi.

Ippocrate, nel suo giuramente, dice «E non darò neppure un farmaco mortale a nessuno per quanto richiesto né proporrò mai un tal consiglio; ed ugualmente neppure darò ad una donna un pessario abortivo». Ora i virologi democratici chiedono la sperimentazione diretta sugli esseri umani, e i vaccini per il COVID-19 stanno venendo realizzati con linee cellulari di feto abortito

 

Morbo asiatico, incertezza su origini e cure, massacri di determinate porzioni della popolazione, esperti che brancolano nel buio: cos’è cambiato, da Ippocrate ai virologi da salotto? 

 

Poco o nulla. Anzi, la situazione è peggiorata: Ippocrate, nel suo giuramente, dice «E non darò neppure un farmaco mortale a nessuno per quanto richiesto né proporrò mai un tal consiglio; ed ugualmente neppure darò ad una donna un pessario abortivo».

 

Ora i virologi democratici chiedono la sperimentazione diretta sugli esseri umani, e i vaccini per il COVID-19 stanno venendo realizzati con linee cellulari di feto abortito.

 

Ecco il progresso della «scienza», ecco il mondo moderno: senza risolvere nulla, nulla più che passi avanti verso il ritorno del sacrificio umano.

 

 

 

 

 

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Civiltà

Musk parla di civiltà multiplanetaria e di vita aliena. Il direttore del programma spaziale russo gli dà ragione

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Lunedì, parlando ad una conferenza del Milken Institute a Los Angeles, Elon Musk ha ipotizzato che le sonde spaziali potrebbero eventualmente trovare resti di antiche civiltà nello spazio. Potrebbe esserci qualcosa di vero in tali opinioni del capo di SpaceX, ha detto il direttore generale di Roskosmos, Yurij Borisov.

 

«Musk è un’autorità in questo campo, probabilmente bisogna credergli», ha detto Borisov all’agenzia russa TASS martedì, quando gli è stato chiesto dei commenti dell’imprenditore tecnologico.

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Roslosmos ha avuto un’amichevole rivalità con SpaceX negli ultimi anni, quando la NASA ha iniziato a delegare la maggior parte dei progetti spaziali americani alla società privata di Musk.

 

«Vogliamo assicurarci che il programma Apollo non sia il punto più alto dell’esplorazione spaziale umana», ha affermato Musk lunedì all’evento del Milken Institute.

 

Spiegando la sua argomentazione di lunga data sulla necessità che l’umanità diventi una «civiltà multiplanetaria», Musk ha sostenuto che qualsiasi specie che non riesce a farlo, fondamentalmente aspetta solo di essere spazzata via.

 

«Vogliamo superare il filtro Fermi dell’essere una civiltà su un unico pianeta», ha aggiunto Musk. «Se inviamo sonde laggiù potremmo trovare i resti di civiltà aliene morte da tempo».

 

Tuttavia, Musk ha respinto l’idea che gli alieni potrebbero visitare la terra o vivere tra gli umani come visto nei film hollywoodiani.

 

«Non ho visto alcuna traccia di alieni», sul nostro pianeta, ha detto Musk, aggiungendo che il sistema Starlink di SpaceX ha circa 6.000 satelliti, «e nemmeno una volta abbiamo dovuto manovrare attorno a un UFO». Questa assenza di visitatori alieni suggerisce in realtà che «la civiltà è precaria e rara», ha aggiunto.

 

Musk ha spesso parlato dei suoi piani per colonizzare Marte entro il 2050, costruendo una flotta di 1.000 astronavi nel prossimo decennio.

 

Borisov ha assunto la direzione di Roscosmos nel luglio 2022, dopo aver precedentemente ricoperto il ruolo di vice primo ministro per le industrie della difesa e dello spazio. Mentre Musk ha fatto del raggiungimento di Marte la sua ossessione (contestata da Bill Gates, con cui si è spesso scontrato), Borisov ha guidato gli sforzi di Roscosmos per sviluppare razzi più pesanti e costruire una stazione spaziale russa che sostituirebbe la vecchia ISS.

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In altre interviste l’imprenditore di origine sudafricana aveva suggerito che le civiltà morte che potremmo trovare nell’esplorazione spaziale potrebbero essere implose a causa di sistemi di intrattenimento continui che divorziano l’individuo dalla realtà, come la realtà virtuale, di cui è campione la società del rivale Mark Zuckerberg.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Musk ha parlato spesse volte della fragilità della civiltà e dei rischi che corre in continuazione. In particolare, sembra preoccupato fortemente dall’implosione demografica, scagliandosi in modo impressionante contro il denatalismo, una tendenza totalmente contraria a quella della corrente, con la società mondiale che ancora vive del mito, artificiale ed antiumano, della sovrappopolazione.

 

L’anno scorso, collegato ad un incontro in Arabia Saudita, aveva dichiarato che un «governo unico mondiale» costituisce un «rischio di civiltà» consistente.

 

Da anni Musk sostiene che un altro rischio per la civiltà è costituito dall’Intelligenza Artificiale, che ha descritto dieci anni fa come «l’evocazione di un demone». Dopo aver fondato OpenAI come società senza fine di lucro e averla vista trasformarsi, una volta allontanatosene, in una società a scopo di lucro (ora finanziata con diecine di miliardi dalla Microsoft di Bill Gates, che ora alimenta, pure in modo inquietante, i suoi prodotti con l’IA), Musk ha fatto causa all’azienda di ChatGPT citando «profondi rischi per la società e l’umanità».

 

Come riportato da Renovatio 21, le dichiarazioni di Borisov sugli alieni si differenziano da quelle del predecessore alla Roskosmos Demetrio Rogozin, il quale due anni fa aveva avuto a dichiarare che la vita su altri pianeti esiste sicuramente e probabilmente include forme di vita più sviluppate e avanzate di quelle sulla Terra, arrivando a non escludere che la Terra sia già sotto osservazione extraterrestre e che gli attuali livelli della tecnologia umana e della comprensione della scienza potrebbero semplicemente non essere abbastanza avanzati allo stadio attuale per rendersene conto.

 

«Non siamo gli unici che possono studiare i microbi, ma possiamo essere studiati come i microbi», aveva scherzato Rogozin. Scherzato non si sa fino a che punto.

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Civiltà

Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana

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Circola da ieri in rete l’indignazione per il nuovo spot pubblicitario di un noto marchio di patatine.   La storia è raccontata con il linguaggio tipico della pubblicità TV: mentre sullo sfondo odiamo la melodia dell’Ave Maria di Schubert, vediamo un gruppo di novizie di un convento che si allinea per ricevere la comunione dalle mani del parroco. Tuttavia, la prima a ricevere l’ostia consacrata si ritrova a masticare una patatina. Scopriamo quindi una suora ai margini del gruppo fa lo stesso direttamente dalla busta.   In pratica, una suora ha sostituito la Santa Eucarestia con delle patatine fritte prodotto industrialmente. La voce fuori capo è di una femmina che con voce languida dice «Il divino quotidiano».    

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Il canale YouTube della casa di produzione specializzata in pubblicità, che sul sito dice di essere il marchio di una società a responsabilità limitata con sede in una località termale austriaca, ha caricato il video ieri. Al momento è ancora visibile.   È segnato il nome del regista, Dario Piana, che spiega il linguaggio classico, qualcuno direbbe un po’ antiquato, del filmato: si tratta di uno dei più grandi nomi della pubblicità TV italiana, certo forse conosciuto poco oltre la cerchia dei pubblicitari milanesi e della loro filiera, uno specialista ultrasettantenne con decenni di esperienza fatti negli anni d’oro dell’ascesa delle réclame nelle TV berlusconiane, una firma-garanzia vista per qualche ragione come il pinnacolo cui aspirare per chi vuole fare uno spottone per un’aziendona.   La pubblicità, scrivono i giornali, sarebbe visibile nei canali social dell’azienda, che ricordiamo è nota per aver fatto in passato spot con l’attore pornografico Rocco Siffredi, e polemiche per lo slogan scelto per la campagna pubblicitaria – «la patata tira».   Era inevitabile che i cattolici si incazzassero. Ha chiesto l’immediata sospensione dello spot che «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti» una sigla chiamata AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione), che mai avevamo sentito prima e che dicono sia di ispirazione cattolica.   Secondo l’associazione dei catto-ascoltatori cui sarebbe oltraggioso «banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata», e si potrebbe parlare di un vero ricorso alla blasfemia: «strappare un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità», dicono.   «Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?».   Notiamo che siamo davanti ad una posizione moderata. Quanto mostrato è gravissimo: perché la Santa Eucarestia è il centro della religione cristiana, o meglio è Cristo stesso, è Dio stesso.   L’Eucarestia è il miracolo fondamentale della fede cattolica. Insultare la Santa Comunione è offendere la Fede, e direttamente Dio in persona. Quei cattolici che credono si tratti di un atto perfettamente equivalente alla bestemmia, ragionano con logica basica, inevitabile. Non per scandalizzarci, tuttavia, che scriviamo, aggiungendosi a quanti ora si battono il petto. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di avvocati denunciò un cantante del concerto dei sindacati – quello del 1° maggio, dove ora si tifa per armi ucraine e vaccini – per aver simulato l’atto di consacrazione dell’Eucarestia con un preservativo – grande provocazione, davvero… se poi un giorno ci spiegano pure perché uno deve rivendicare felice di coprirsi la parte più sensibile del suo corpo con un pezzo di gomma sintetica che per soprammercato lo sterilizza). Non sappiamo quanta strada abbia fatto quella denunzia…   Non è la blasfemia ad essere rilevante qui, ma il come possa, contro ogni logica, essere prodotta. Perché c’è un grosso problema in tutta la storiella dello spot raccontato.   La trama è palesemente incongrua ed irreale, per il motivo semplice che prima di venire data ai fedeli, l’eucarestia viene consacrata. Che vuol dire, perfino nel rito postconciliare, innalzata dal sacerdote che pronuncia le formule necessarie a che avvenga la transustanziazione. Cioè: il prete della finzione pubblicitaria, avrebbe dovuto accorgersi che stava consacrando delle patatine. E nel caso il sacerdote fosse orbo od ubriaco, se ne sarebbero accorti i chierichetti, i fedeli, tutti.   In pratica: chi ha scritto e girato e mandato in giro lo spot, sembra ignorare come funziona una Messa, come funziona la Comunione. Ciò potrebbe includere una discreta quantità di persone che vanno dai geniali pubblicitari che l’hanno pensata, ai committenti che l’hanno accettata, ai produttori, al regista, alle maestranze presenti, agli attori, ai montatori, all’ufficio marketing dell’azienda, etc. Tanta gente. Nessuno a cui sia venuto il dubbio: ma non è che questa storia della pisside piena di patatine non tiene? Non è che qualcuno si può accorgere di questo errore narrativo gigantesco – quello che in gergo cinematografico è chiamato «buco di sceneggiatura»?   Qui, secondo noi, sta il vero scandalo. La società è talmente decristianizzata che pure nella blasfemia non c’è conoscenza della tradizione cattolica che si va a negare, o deridere, o anche solo a criticare. Non hanno idea di come sia fatta, eppure vogliono usare la chiesa cattolica e le sue forme, ci si avvicinano appena possono – un fenomeno che appare chiaro anche nel mondo LGBT, dove alla prima fessura che si apre gli attivisti omotransessualisti si ficcano nelle cattedrali, come visto nel caso di San Patrizio a Nuova York usato per le celebrazioni blasfeme di un transessuale argentino.   Va detto che gli LGBT, tuttavia, hanno in qualche modo presente cosa sia la chiesa, e questo spiega perché ne sono ossessionati. I pubblicitari, invece, non è detto che lo sappiano.   Quindi se non sanno quello che fanno, ci si chiede se si può parlare davvero di intenzioni blasfeme. Ma di questo non ci importa. Rileva realizzare come blasfema sia l’intera società post-cristiana dove, in mancanza di fede e pure di conoscenza basilare, cose come questa posson saltar fuori.

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La causa dell’abisso di bestemmia, sciatteria ed ignoranza in cui è caduta la società umana ha un nome ed un cognome: si chiama Concilio Vaticano II, la più grande catastrofe vissuta dall’umanità negli ultimi secoli, l’alterazione profonda del sistema operativo spirituale e personale di miliardi di persone, con conseguente sabotaggio dell’intera civiltà.   Prima del Concilio, lo scandalo dello spottino patatino era impensabile: non solo perché la gente non avrebbe mai accettato un’offesa del genere, non solo perché non gli sceneggiatori nemmeno l’avrebbero concepita, ma perché quasi tutti erano stati almeno una volta a Messa, e sapevano che l’Ostia, prima di essere distribuita, va consacrata pubblicamente (cosa perfino evidente nel nuovo rito, dove si fa ad populum, cioè rivolti ai fedeli).   Lo scandalo vero, dunque, non è la pubblicità blasfema, ma il Concilio che ci ha portato dove siamo ora, dove l’attacco a Dio pare scritto nel codice stesso dello Stato moderno.   E quindi: cari cattolici, cari telespettatori, cari cittadini sincero-democratici, cari democristiani, cari post-cristiani, avete voluto il Paese laico, adesso beccatevi la patatina ignorante, e tutta la sua filiera di lavoratori intellettuali strapagati.   Avete voluto detronizzare Cristo al punto da accostare il suo corpo ad una patata fritta, al punto da dimenticare perfino il rito centrale degli ultimi millenni; adesso proseguite pure con la cancellazione delle statue con donne che allattano e le vacanze scolastiche pel Ramadan.   Blasfemie a parte, lo scandalo è qui: nella decadenza del consorzio umano, nella caduta della civiltà cristiana.   Roberto Dal Bosco SOSTIENI RENOVATIO 21
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Civiltà

«Vediamo i sommi sacerdoti prostrarsi dinanzi agli idoli infernali del Nuovo Ordine Mondiale»: omelia di mons. Viganò nella Domenica di Pasqua

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Renovatio 21 pubblica l’omelia di monsignor Carlo Maria Viganò per la domenica di Pasqua 2024.

 

ADHUC TECUM SUM

Omelia nella Domenica di Pasqua

 

Resurrexi, et adhuc tecum sum.
Sono risorto, e sono ancora con te.

Salmo 138

 

Hæc dies, quam fecit dominus. Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Sono le parole che la divina Liturgia ripeterà durante tutta l’Ottava di Pasqua, per celebrare la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, trionfatore della morte. Permettetemi tuttavia di fare un passo indietro, al Sabato Santo, ossia al momento in cui le spoglie del Salvatore giacciono nel Sepolcro senza vita e la Sua anima scende negl’inferi per liberare dal Limbo coloro che morirono sotto l’Antica Legge aspettando il Messia promesso. 

 

Una settimana fa il Signore era acclamato Re d’Israele ed entrava trionfalmente in Gerusalemme. Pochi giorni dopo, appena celebrata la Pasqua ebraica, le guardie del tempio Lo arrestavano e con un processo farsa convincevano l’autorità imperiale a metterLo a morte per esserSi proclamato Dio.

 

Abbiamo accompagnato il Signore nel pretorio; abbiamo assistito alla fuga dei Discepoli, alla latitanza degli Apostoli, al rinnegamento di Pietro; Lo abbiamo visto flagellare e coronare di spine; Lo abbiamo visto esposto agli insulti e agli sputi della folla sobillata dal Sinedrio; Lo abbiamo seguito lungo la via che porta al Calvario; abbiamo contemplato la Sua crocifissione, ascoltato le Sue parole sulla Croce, udito il grido con cui spirava; abbiamo visto oscurarsi il cielo, tremare la terra, strapparsi il velo del Tempio; abbiamo pianto con le Pie Donne e San Giovanni la Sua Morte e la deposizione dalla Croce; abbiamo infine osservato la pietra sepolcrale chiudere la Sua tomba e la guarnigione delle guardie del tempio sorvegliare che nessuno vi si avvicinasse per rubarne il corpo e dire che Egli era risorto dai morti. Tutto era già scritto, profetato, annunciato.

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Le parole dei Profeti non erano bastate, nonostante esse annunciassero – insieme alla dolorosissima Passione del Salvatore – anche la Sua gloriosa Resurrezione. Sembrava tutto finito, tutto vano: le speranze di tre anni di ministero pubblico, di miracoli, di guarigioni sembravano dissolversi dinanzi alla cruda realtà di una morte tremenda e infame, con cui veniva a chiudersi definitivamente la vita del figlio di un falegname della Galilea. 

 

Questo è ciò che abbiamo dinanzi in questa fase cruciale della Storia dell’umanità: un mondo che per secoli ha costruito una civiltà – anzi: la civiltà – sulle parole di Cristo, riconoscendoLo Re come fece il popolo di Gerusalemme, e che nell’arco di qualche generazione Lo rinnega, Lo tortura, Lo uccide con il più infame dei supplizi e Lo vuole seppellire per sempre.

 

E se non siamo ancora giunti alla fine di questa passio Ecclesiæ – ossia al completamento della Passione di Cristo nelle Sue membra, il Corpo Mistico – sappiamo che questo è comunque ciò che presto accadrà, perché il servo non è superiore al padrone.

 

Il mondo contemporaneo ha assistito alle manovre del Sinedrio, che in tre secoli ha compiuto sulla Santa Chiesa ciò che in tre giorni aveva fatto al suo Fondatore; in quel Sinedrio abbiamo potuto annoverare non solo re e principi, ma anche sacerdoti e scribi, per i quali la Redenzione minacciava un’usurpazione ai danni di un popolo ingannato dai suoi stessi capi. Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia (Mt 27, 18). 

 

Noi stiamo osservando: increduli che tutto questo possa accadere di nuovo, questa volta coinvolgendo l’intero corpo ecclesiale e non solo il suo Capo divino.

 

Alcuni con il timore di vedere fallito un programma politico di rivolta, altri sgomenti e incapaci di comprendere come le parole del Signore possano realizzarsi, quando tutto lascia temere il peggio.

 

Alcuni si svelano nel loro considerare il Signore come un’opportunità per trarne un vantaggio personale e quindi pronti a tradirLo, altri continuano a credere, apparentemente contro ogni ragionevolezza. 

 

Vediamo i sommi sacerdoti inchinarsi al potere temporale, prostrarsi dinanzi agli idoli del globalismo e della Madre Terra – infernale simulacro del Nuovo Ordine Mondiale – per quello stesso terrore di vedersi sottrarre un potere usurpato, di essere scoperti nelle loro menzogne, nei loro inganni.

Tradimenti, fornicazioni, perversioni, omicidi, corruzione mettono a nudo un’intera classe politica e religiosa indegna e traditrice. E quello che gli scandali portano alla luce è ancora nulla rispetto a ciò che presto verremo a conoscere: l’orrore di un mondo sommerso, in cui coloro che dovrebbero esercitare l’autorità di Cristo Re nella sfera civile e di Cristo Pontefice in quella religiosa sono in realtà adoratori e servi del Nemico, né più né meno di ciò che erano i sacerdoti mostrati dal Signore al profeta Ezechiele (Ez 8), nascosti nei penetrali del Tempio e intenti ad adorare Baal.

 

Su di loro la collera di Dio si scatena mediante l’azione punitrice dei nemici: ieri Nabucodonosor o Antioco Epifane, Diocleziano o Giuliano l’Apostata; oggi le orde dell’Islam invasore, i Black Lives Matter, i seguaci dell’ideologia LGBTQ, i tiranni del Nuovo Ordine Mondiale e dell’OMS. E come i precursori dell’Anticristo hanno creduto di poter vincere Cristo e sono morti, così moriranno anche i servi dell’Anticristo e l’Anticristo stesso, sterminati dalla destra di Dio. 

 

Quanto sangue sparso! Quante vite innocenti stroncate, quante anime perdute per sempre, quanti Santi strappati al Cielo! Ma quanti Martiri silenziosi, quante conversioni sconosciute, quanto eroismo in tante persone senza nome. E tra costoro non possiamo non annoverare i Dottori della Chiesa – ossia quei Vescovi rimasti fedeli all’insegnamento del Signore – e i dottori del popolo, ossia quei campioni della Verità cattolica contro l’Anticristo. Sì, cari amici e fratelli, perché ci saranno anche loro: E i dottori del popolo illumineranno molta gente, e correranno incontro alla spada, e alle fiamme, e alla schiavitù, e allo spogliamento delle sostanze per molti giorni (Dan XI, 33).

 

Questo titolo di dottore, giusta ricompensa dell’ingegno unito al lavoro, lo Spirito Santo lo attribuisce egualmente, e con infinita giustizia, a poveri popolani che la grandezza della loro Fede ha trasformati in apostoli. Apostoli intrepidi delle Verità cristiane, essi le faranno risuonare nelle officine, nelle botteghe, nelle strade, per le campagne, su internet.

 

Anche l’Anticristo li avrà in odio, considerandoli come uno dei più grandi ostacoli all’instaurazione del suo regno tirannico e li perseguiterà ferocemente; perché proprio quando egli crederà di aver sotto controllo i pulpiti e i parlamenti, sarà anche grazie ad essi se la fiamma della Fede non si spegnerà e se il fuoco della Carità accenderà tanti cuori sino ad allora tiepidi.

 

Guardiamoci attorno: la furia montante di tanti crimini esecrandi e di tante menzogne sta svegliando molte anime, scuotendole dal loro torpore per farne anime eroiche pronte a combattere per il Signore.

 

E quanto più nelle ultime fasi, la battaglia si farà feroce e spietata, tanto più determinata e coraggiosa sarà la testimonianza di persone sconosciute e umili. 

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In questa grande Parasceve dell’umanità, che volge ormai al termine e prelude alla vittoria della Resurrezione, le grida oscene e le vili crudeltà della folla ci atterriscono e ci fanno pensare che tutto sia perduto, specialmente nel contemplare quanti Hosanna si sono mutati in Crucifige.

 

Ma così non è, cari fratelli!

 

Al contrario: se siamo giunti al Venerdì di Passione, sappiamo che è imminente il silenzio del Sabato, che presto sarà squarciato dal suono non più delle campane a festa, ma dalle trombe del Giudizio, dal ritorno trionfale del Signore glorioso. 

 

A chi per primo si mostra il Salvatore risorto?

 

Non si mostra a Erode, né a Caifa, né a Pilato, ai quali pure avrebbe potuto dare una bella lezione apparendo sfolgorante nella Sua veste candida come la neve.

 

Non si mostra agli Apostoli, fuggiti e ancora nascosti nel Cenacolo.

 

Non si mostra a Pietro, che ancora piange amaramente il suo rinnegamento.

 

Si mostra invece alla Maddalena, che inizialmente crede si tratti di un ortolano: a colei che la mentalità del mondo di allora avrebbe considerato insignificante, ma che era stata – con la Maria Santissima e le Pie Donne – ad accompagnare il Signore al Calvario, e che ora si preoccupava di lavarne e imbalsamarne il corpo.

 

Questa delicatezza del Redentore verso la Maddalena sia dunque una promessa per il giorno glorioso del Suo ritorno, quando saranno altri Cattolici senza nome, rimasti fedeli nell’ora della Passione, a meritare di veder sorgere ad Oriente il Sole di Giustizia che non conoscerà tramonto.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

31 Marzo 2024
Dominica Paschatis, in Resurrectione Domini

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Immagine: Jacopo Robusti detto Tintoretto (1518-1594), La resurrezione, Gallerie dell’Accademia, Venezia 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia 

 

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