Persecuzioni
Pakistan, padre cristiano ucciso dopo la liberazione della figlia rapita

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo i difensori dei diritti umani si tratta di un assassinio compiuto per vendetta. Basharat Masih era riuscito a riportare a casa Hoorab, 12 anni, a fine marzo, tre mesi dopo essere stata rapita da due musulmani che l’avevano forzatamente convertita all’islam.
Nei giorni scorsi è stato ucciso in Pakistan Basharat Masih, un padre cristiano che aveva lottato per la liberazione della propria figlia, Hoorab, di 12 anni. La ragazza era stata rapita a dicembre e di recente il tribunale di Faisalabad, nel Punjab, ne aveva ordinato il rilascio. Tuttavia Basharat aveva continuato a ricevere minacce di morte sia durante che dopo il processo giudiziario.
La sorella, Maryam Bibi, nei giorni scorsi ha presentato una denuncia alla stazione di polizia di Nishatabad dichiarando che il 24 aprile suo fratello stava partecipando a una gara di volo di piccioni, quando ha sentito urlare e si è precipitata in strada: un gruppo di aggressori aveva attaccato Basharat, uccidendolo.
Naveed Walter, presidente di Human Rights Focus Pakistan, ha commentato dicendo che l’omicidio del padre cristiano sembra una vendetta per aver consegnato alla giustizia i responsabili del rapimento di Hoorab.
La bambina era stata portata via il 28 dicembre 2022 da due commercianti, Muhammad Mustafa e Muhammad Usman. Quest’ultimo aveva convertito la minore all’Islam per poterla sposare nella città di Chiniot. Dal 17 febbraio la ragazza si trovava in un centro di accoglienza per donne che hanno subito violenze o maltrattamenti (chiamati Dar-ul-Aman) e le era stato permesso tornare con la famiglia solo a fine marzo, quando aveva espresso davanti alla magistratura di Faisalabad la volontà di restare con il padre.
Basharat Masih era un manovale che lavorava alla giornata dopo che la moglie era venuta a mancare e Hoorab era solita recarsi al negozio di Muhammad Usman e Muhammad Mustafa per aiutare la famiglia. Maryam Bibi ha raccontato che le minacce contro di loro non sono mai cessate, né durante né dopo la chiusura del caso giudiziario.
«Il caso di Hoorab ha dimostrato ancora una volta che anche dopo un processo le minacce per i cristiani non finiscono. Essendo facili bersagli, le minoranze religiose subiscono rapimenti, conversioni e matrimoni forzati. I colpevoli dell’omicidio di Basharat Masih devono essere assicurati alla giustizia», ha aggiunto Naveed Walter.
Robin Daniel, un attivista per i diritti umani che ha aiutato la famiglia a riportare Hoorab a casa, chiede una legislazione che vieti queste violenze: «il disegno di legge contro le conversioni forzate, che era stato respinto dal precedente governo in quanto considerato anti-islamico, dovrebbe essere ripreso, così come l’attuazione della legge sulla limitazione dei matrimoni infantili».
«Considerare le conversioni forzate un servizio all’Islam ha inoltre reso i processi parziali e impegnativi», ha proseguito l’attivista. «Basharat Masih è stato ucciso perché era il padre di Hoorab. Viviamo in una società in cui viene ucciso un padre che chiedeva giustizia per sua figlia».
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Immagine da AsiaNews.
Persecuzioni
Autorità indiane incriminano un altro orfanotrofio cristiano

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Nel mirino del nazionalista indù che guida la Commissione nazionale per la protezione dei minori questa volta le strutture educative promosse dal noto predicatore evangelico Ajay Lall. Accusate di conversioni forzate e persino «traffico di esseri umani». Il precedente della campagna contro il vescovo di Jabalpur, mons. Gerald Almeida, in uno Stato indiano che tra poche settimane andrà al voto per le elezioni locali.
Un’altra istituzione cristiana del Madhya Pradesh è stata presa di mira dalla Commissione nazionale per la protezione dei diritti dell’infanzia (NCPCR) e dal suo presidente Priyank Kanoongo, un nazionalista indù originario proprio di questo Stato indiano che da mesi ha concentrato i suoi poteri di indagine sulle realtà educative legate ai missionari.
Fonti di AsiaNews riferiscono che, con il pretesto delle conversioni, continuano ad essere registrate false denunce contro le istituzioni educative delle minoranze. L’ultimo caso è avvenuto il 23 settembre nella città di Damoh dove la polizia ha registrato una denuncia contro un noto predicatore evangelico, Ajay Lall, dopo che la Commissione nazionale per la protezione dei diritti dell’infanzia (NCPCR) avrebbe riscontrato irregolarità negli orfanotrofi da lui gestiti nel distretto.
Il tribunale del giudice distrettuale aggiunto di Damoh ha incriminato 9 persone sulla base di diversi articoli del Codice penale indiano. Recentemente, il governo del Madhya Pradesh aveva cancellato anche la registrazione di un orfanotrofio gestito dall’Adharshila Sansthan, la fondazione creata da Ajay Lall per la promozione delle donne tribali.
Sbandierando la nuova operazione Priyank Kanoongo su X (il nuovo nome del social network Twitter) ha accusato Ajay Lal e i suoi collaboratori di reati quali «il traffico di esseri umani, casi di conversioni religiose di bambini, bambini tribali trasformati in pastori, bambini orfani adottati solo in famiglie cristiane».
A giugno l’Alta Corte del Madhya Pradesh aveva concesso la libertà provvisoria al vescovo di Jabalpur, mons. Gerald Almeida e a suor Liji, incriminati in base alla legge anti-conversione dopo un’incursione in un orfanotrofio gestito dalla diocesi.
«Decine di istituzioni sono state prese di mira dal presidente del NCPCR Kanoongo negli ultimi due anni con l’accusa di conversione e con l’incriminazione del personale e della direzione in base alle leggi sulla conversione e sulla giustizia minorile. Ha le mani in pasta con il governo statale e vuole polarizzare la società in vista delle elezioni locali che dovrebbero tenersi entro la fine dell’anno» aveva dichiarato in quell’occasione padre Joseph Thankachan a nome della diocesi.
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Persecuzioni
Tamil Nadu, famiglia di cristiani attaccata da nazionalisti indù

Persecuzioni
Sacerdote trovato impiccato in India

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Padre Anil Francis, 40 anni, è stato trovato impiccato a un albero. In una nota la diocesi di Sagar – pur senza sbilanciarsi sul movente e offrendo piena disponibilità alla collaborazione nelle indagini – racconta che era stato denunciato per un suo post sui social network contro le violenze nel Manipur. Era il direttore di una scuola cattolica in uno Stato indiano al centro da mesi di intimidazioni contro i cristiani da parte dei fondamentalisti indù.
La Chiesa cattolica indiana è scossa oggi dal gesto estremo di padre Anil Francis, un sacerdote della diocesi di Sagar in Madhya Pradesh, che si è tolto la vita con un suicidio. Il prete – che aveva 40 anni ed era il responsabile della St Alphonsa Academy, una scuola primaria del villaggio di Garhakota – è stato trovato impiccato ieri a un albero alla periferia di Sagar dove si era recato la sera prima per l’incontro mensile del clero. Alla mattina era però scomparso finché nel pomeriggio è avvenuta la tragica scoperta.
Con una dota diffusa dal suo portavoce, padre Sabu Puthenpurackal, la diocesi di Sagar ha confermato stamattina la notizia. «La polizia – si legge nel comunicato – sta indagando sul caso e la diocesi sta collaborando pienamente» Ma padre Puthenpurackal aggiunge anche che «padre Anil Francis era sottoposto a tensioni e pressioni a causa di una denuncia depositato contro di lui per un post che aveva condiviso sui social media sulle violenze nel Manipur».
Il post in questione era semplicemente una protesta contro la mancanza di provvedimenti da parte del governo indiano per fermare gli scontri che da mesi continuano nella regione nord-orientale e vedono spesso vittima la locale minoranza cristiana. L’immagine accostava le due donne violentate e umiliate del Manipur finite al centro di un video divenuto virale alla Madre India.
In un contesto come quello del Madhya Pradesh – dove la pressione dei fondamentalisti indù contro i cristiani è stata particolarmente dura negli ultimi tempi – qualcuno aveva sentito il bisogno di sporgere denuncia contro di lui. Inoltre ci sono voci anche di minacce che avrebbe ricevuto in quanto responsabile della scuola. E anche in questo caso non si può non ricordare che proprio in Madhya Pradesh le scuole cattoliche sono oggetto di una dura campagna intimidatoria, che ha visto persino una minaccia di arresto per un suo vescovo, mons. Gerald Almeida, della diocesi di Jabalpur.
Va davvero ricercata in questo clima pesante la ragione del suicidio di padre Anil Francis? Nella nota la diocesi mantiene un atteggiamento prudente, rimandando alle indagini della polizia e ribadendo la propria collaborazione. Spiega inoltre che in un biglietto il sacerdote ha espresso il desiderio che il suo corpo venga cremato.
«Siamo estremamente addolorati e tristi per la morte di padre Anil Francis che era noto per il suo impegno nelle opere che gli erano state affidate e per la sua dedizione ai valori da lui predicati – conclude la nota di padre Puthenpurackal. Condividiamo il dolore della famiglia di padre Anil Francis e porgiamo loro le nostre più sentite condoglianze in questa occasione. Preghiamo l’Onnipotente di dare loro la forza di superare questo straziante momento che stanno vivendo».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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