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Omaggio ad Antonio Inoki

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È morto Antonio Inoki, pioniere del wrestling mondiale. La causa sarebbe la amiloidosi sistemica da transtiretina (ATTRv).

 

Inoki nacque a Yokohama nel 1943 come Inoki Kanji, ma cambiò il nome in Antonio in onore del lottatore italo-argentino Antonino Rocca (1921-1977).

 

La famiglia Inoki era caduta in disgrazia negli anni del dopoguerra e nel 1957 il ragazzo, 14 anni, emigrò in Brasile con il nonno, la madre e i fratelli. Il nonno morì  durante il viaggio verso il Brasile. Inoki qui vinse i campionati regionali in Brasile nel lancio del peso, nel lancio del disco e nel lancio del giavellotto, e infine i campionati tutti brasiliani nel lancio del peso e nel disco.

 

Inoki iniziò  la sua carriera di wrestling professionale negli anni ’60 per la Japan Pro Wrestling Alliance (JWA) sotto la guida di Rikidōzan. Inoki divenne rapidamente una delle star più popolari nella storia del wrestling professionistico giapponese. Ha sfruttato la sua carriera di wrestling per diventare uno degli atleti più riconoscibili del Giappone, una reputazione rafforzata dalla sua lotta nel 1976 contro il pugile campione del mondo Muhammad Ali, già Cassius Clay.

 

Il combattimento epocale tra i due, regolato secondo norme speciali, è visto come un precursore delle moderne arti marziali miste (MMA). La maggior parte del match vide l’Inoki sulla schiena calciare le gambe di Ali per 107 volte senza interruzioni da parte dell’arbitro grazie ad una regola particolare negoziata poco prima dell’incontro, che gli ha permesso di farlo senza essere squalificato.

 

 

Il risultato dell’epica lotta, un pareggio, è stato a lungo dibattuto dalla stampa e dai fan. La lotta fu  arbitrata da Gene LeBell, leggendario stuntmen hollywodiano morto proprio il mese scorso, noto per essere colui che picchiò sul set Bruce Lee (su indicazione degli altri stuntmen, che odiavano il cinese e la sua boria) divenendo così l’ispirazione per il personaggio di Brad Pitt in C’era una volta ad Hollywood.

 

Inoki fu  protagonista, assieme allo statunitense Ric Flair, di due spettacoli di wrestling in Corea del Nord che hanno attirato 165.000 e 190.000 spettatori, le presenze più alte nella storia dello sport.

 

Oltre ad essere un lottatore di fama internazionale, era stato dal 1989 al 1995 e dal 2013 al 2019 anche membro della Camera dei Consiglieri, la camera alta della Dieta del Giappone. Aveva militato in una grande quantità di partiti, dallo Supotsu Heiwa To, il «partito dello sport e della pace», da lui stesso creato, al  Nippon Ishin no Kai (»Partito della Restaurazione Giapponese»), il Nippon no kokoro wo taisetsu ni suru to («Partito per le Future Generazioni»), la ippon wo Genkinisuru Kai («l’Assemblea per energizzare il Giappone») e infine il Club Indipendente (Mushozoku Club), una fazione parlamentare che un tempo esisteva nella Camera dei Consiglieri.

 

Durante il suo primo mandato con la Camera dei Consiglieri, Inoki negoziò con successo con Saddam Hussein per il rilascio di ostaggi giapponesi prima dello scoppio della Guerra del Golfo. Con evidenza, anche Saddam era un fan.

 

Si sprecano le voci di relazioni con la yakuza, la mafia giapponese. Il lottatore Dynamite Kid afferma nella sua autobiografia che Antonio Inoki una volta è stato schiaffeggiato da un membro della yakuza nel backstage. Inoki, rendendosi conto di chi stava schiaffeggiando, lo ringraziò per l’onore.

 

Inoki si era convertito all’Islam sciita nel 1990 durante un pellegrinaggio a Karbala, la città santa sciita in Iraq, per cui è morto con il nome di Muhammad Hussain Inoki, ma in seguito si descrisse sia come un musulmano convertito che come un buddista.

Ora che vi abbiamo trasmesso tutte queste informazioni possiamo andare al sodo, e specificare che Inoki appariva nel cartone giapponese L’Uomo Tigre, che tante infanzie italiane ha segnato.

 

Nell’intreccio egli era l’unico lottatore che riuscì a sconfiggere il protagonista Naoto Date, cioè Tiger Mask, cioè l’Uomo Tigre.

 

In altri episodi Inoki lottava assieme al Tigre contro altri lottatori provenienti dalla tremenda Tana delle Tigri, e picchiava come un fabbro.

 

Addio Antonio! Una generazione intera di ragazzi italiani saluta con affetto la tua bontà di bussatore invincibile.

 

 

 

 

Immagine di Ogiyoshisan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata

 

 

 

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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.

 

L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.

 

Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.

 

Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».

 

L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.

 

Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.

 

Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».

 

Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.

 

Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate

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Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».   Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.   Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.   «Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».

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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.   «Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.    Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.   Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.   Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.  

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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Arruolamento forzato anche per l’autista ucraino di Angelina Jolie

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La visita a sorpresa della star di Hollywood ed ex ambasciatrice umanitaria ONU Angelina Jolie in Ucraina martedì scorso è stata interrotta dagli agenti della leva obbligatoria, che hanno arrestato un membro del suo entourage e lo hanno arruolato. Lo riporta la stampa locale.

 

L’episodio si è verificato a un posto di blocco militare vicino a Yuzhnoukrainsk, nella regione di Nikolaev, mentre il convoglio di Jolie era diretto verso una zona della regione di Kherson controllata da Kiev.

 

Nonostante avesse segnalato alle autorità di trasportare una «persona importante», un componente del gruppo – identificato in alcuni resoconti come autista, in altri come guardia del corpo – è stato fermato dagli ufficiali di reclutamento.

 

Un video circolato su Telegram mostra la Jolie (il cui vero nome è Angelina Jolie Voight, figlia problematica dell’attore supertrumpiano John Voight) recarsi di persona al centro di leva per tentare di ottenerne il rilascio.

 

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Secondo TASS, avrebbe persino cercato di contattare l’ufficio del presidente ucraino Volodymyro Zelens’kyj. Fonti militari ucraine avevano inizialmente riferito all’emittente locale TSN che la presenza della diva al centro non era legata all’arresto, sostenendo che aveva semplicemente «chiesto di usare il bagno». Le autorità hanno poi precisato che l’uomo, cittadino ucraino nato nel 1992 e ufficiale di riserva senza motivi di esenzione, era trattenuto per verifiche sulla mobilitazione.

 

Alla fine, l’attrice americana ha lasciato il membro dello staff e ha proseguito il viaggio. Gli addetti alla leva di Kiev sono stati aspramente criticati per i video virali che mostrano uomini trascinati nei furgoni, pratica nota come «busificazione».

 

L’indignazione pubblica è cresciuta, con numerose denunce di scontri violenti e persino decessi legati alla mobilitazione forzata. Il mese scorso, il giornalista britannico Jerome Starkey ha riferito che il suo interprete ucraino è stato «arruolato con la forza» a un posto di blocco di routine. «Il tuo amico è andato in guerra. Bang, bang!», avrebbe scherzato un soldato.

 

Anche le modalità di coscrizione ucraine hanno attirato l’attenzione internazionale: a settembre, il ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto ha condannato quella che ha definito «una caccia all’uomo aperta», accusando i governi occidentali di chiudere un occhio.

 

La Jolie aveva già visitato l’Ucraina nell’aprile 2022, poco dopo l’escalation del conflitto, in un periodo in cui numerose celebrità, come gli attori Ben Stiller e Sean Penn, si erano recate nel Paese. Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha sostenuto che le star di Hollywood venivano pagate tramite USAID – il canale USA per finanziare progetti politici all’estero, ormai chiuso – per promuovere narrazioni pro-Kiev.

 

In seguito l’autista, di nome Dmitry Pishikov, ha dato una sua versione dell’accaduto.

 

«A quel posto di blocco mi hanno fermato per qualche motivo, senza spiegazioni, e mi hanno chiesto di seguirli in auto per chiarire alcuni dettagli. Evidentemente con l’inganno», ha dichiarato Pishikov a TSN in un’intervista pubblicata venerdì.

 

È stato portato in un centro di leva locale, dove è stato trattenuto con falsi pretesti, ha aggiunto. «”Dieci minuti, c’è un piccolo dettaglio, ti lasceremo andare non appena avremo chiarito la situazione”, hanno detto. Hanno mentito», ha riferito all’emittente, aggiungendo di essere ancora «un po’ indignato» per le azioni dei funzionari della coscrizione.

 

L’uomo dichiarato a TSN che venerdì si trovava in un centro di addestramento militare e che «verrà addestrato e presterà servizio nell’esercito».

 

Igor Kastyukevich, senatore della regione russa di Kherson – la parte controllata dall’Ucraina visitata da Jolie – ha condannato il viaggio definendolo «un’altra trovata pubblicitaria che sfrutta la fame e la paura». Nessuna visita di star di Hollywood «che usa i soldi dei contribuenti americani ed europei» aiuterà la gente comune, ha dichiarato alla TASS.

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