Bioetica
«Non curate chi protesta contro il lockdown»
Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi episodi di razzismo biomedico. Ricordiamo tutti di quel dottore italiano che disse in rete, per poi ritrattare, che al Pronto Soccorso lui i No-Vax non li avrebbe curati.
«Spero che il Signore si prenda loro e i loro figli prima che il morbillo o la meningite si prenda il mio. Altrimenti me lo prendo io. Per me è guerra. All’ingresso in pronto soccorso chiedo se uno è No-Vax. In caso fuori dai c… che si rivolgano al box a fianco, io non curo No Vax, neanche moribondi. Non lo ritengo etico» scrisse il medico.
«Le persone che ottengono COVID-19 mentre protestano contro le misure di sanità pubblica necessarie per fermare la sua diffusione non dovrebbero ottenere un ventilatore prima di coloro che hanno rispettato le regole»
Molti utenti dei social, medici o meno, si sono spesi sull’argomento: chi rifiuta li vaccini dovrebbe non solo essere confinato, ma nemmeno curato – poiché si tratterebbe di uno spreco di danaro pubblico per salvare qualcuno che, oltre che ad essere incivile, potrebbe essere causa del suo stesso male, ed anche un pericolo ambulante per la società.
Ora questo argomento, che ovviamente fa a pugni con Ippocrate, con la Civiltà cristiana e con la sensibilità umana in generale, si riproduce immutato anche in era Coronavirus.
La Bioetica, in USA, ha cominciato a ragionare – o meglio, ad emettere sentenze – sulla questione. Alla fine di aprile, circa 1.500 persone hanno partecipato a una manifestazione contro il lockdown a Madison, nel Wisconsin. In seguito circa 70 dei partecipanti sono risultati positivi al virus.
«Il nostro dovere professionale e morale come medici non può essere basato sulle nostre percezioni delle opinioni e delle azioni morali dei nostri pazienti. Tale militarizzazione dell’assistenza sanitaria in nome dell’indignazione va contro ogni obbligo di etica e professionalità che ci impegniamo a rispettare come clinici»
Non è certo che i 70 fossero manifestanti, tuttavia i bioeticisti ne hanno approfittato per lanciare la loro posizione: Art Caplan, Dominic Sisti, Moti Gorin ed Emily Largent hanno sostenuto su un blog della Pennsylvania che i manifestanti abbiano vanificato i sacrifici fatti dalle persone che osservano il blocco.
«Le persone che ottengono COVID-19 mentre protestano contro le misure di sanità pubblica necessarie per fermare la sua diffusione non dovrebbero ottenere un ventilatore prima di coloro che hanno rispettato le regole» hanno affermato perentori.
Questo sfogo ha provocato una risposta altrettanto appassionata sul blog dell’Hastings Center, un importante istituto di Bioetica americano. Isabel C. Legarda e Samara Peters , due studiose di bioetica hanno affermato che Caplan e i suoi colleghi stavano ignorando i diritti umani fondamentali e il giuramento di Ippocrate.
«Il nostro dovere professionale e morale come medici non può essere basato sulle nostre percezioni delle opinioni e delle azioni morali dei nostri pazienti. Tale militarizzazione dell’assistenza sanitaria in nome dell’indignazione va contro ogni obbligo di etica e professionalità che ci impegniamo a rispettare come clinici. È, francamente, estorsione, una forma di violenza al servizio del nostro disagio affettivo e non di quelli a cui abbiamo prestato giuramento».
Tale enigma etico non pertiene solo ai giorni del COVID-19 o alla guerra contro i No-Vax. Ci si aspetta che i medici curino alcolisti che hanno danneggiato i loro fegati o terroristi feriti dalle loro stesse bombe.
«È, francamente, estorsione, una forma di violenza al servizio del nostro disagio affettivo e non di quelli a cui abbiamo prestato giuramento»
«L’allineamento politico, la religione o altre credenze non dovrebbero mai offuscare gli standard che sosteniamo per le nostre azioni» scrivono le esperte dell’Hastings Center.
È tuttavia innegabile che tale idea morale dell’azione medica è oramai lontanissima non solo dalla massa, ma financo dalla sensibilità dei medici. Il mondo moderno e la sua civiltà decadente si riempiono la bocca di parole come «diversità» e «tolleranza», ma quello che inseguono davvero è lo sterminio del diverso, del difforme, di ciò che non corrisponde passivamente allo standard del pensiero unico.
Pensiero unico del quale i volenterosi carnefici della modernità talvolta – come il pesce rosso con l’acqua della boccetta in cui nuota – neppure sospettano l’esistenza, e l’origine.
Immagine di Becker1999 via Flicker riprodotta su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.
«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.
Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.
Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).
La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.
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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.
Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.
Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.
Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.
Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.
Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Bioetica
Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea
Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.
La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».
I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».
La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».
Minaccia ai gruppi pro-vita
I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.
Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.
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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»
La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».
Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».
Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.
Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata
Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:
«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».
Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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