Persecuzioni
Nigeria, monaco ucciso e gettato in un fiume

In una nota rilasciata ad ACI Africa martedì 24 ottobre, l’amministratore della diocesi di Ilorin, padre Anselm Pendo Lawani, ha dichiarato che fra’ Godwin Eze del monastero benedettino di Eruku, rapito il 17 ottobre 2023 insieme ai frati Anthony Eze e Peter Olarewaju, è stato brutalmente assassinato e il suo corpo gettato in un fiume.
In precedenza, la diocesi aveva annunciato il rilascio di Anthony Eze e Olarewaju, postulanti del monastero benedettino, e aveva lanciato un appello alla preghiera per Godwin Eze, novizio del monastero.
Nella nota del 24 ottobre, padre Lawani ha dichiarato: «Vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno pregato collettivamente negli ultimi giorni per il rilascio dei nostri fratelli, fra’ Anthony Eze e fra’ Peter Olarewaju, sani e salvi. Ringraziamo Dio per aver risposto alle nostre preghiere».
«Tuttavia, siamo rattristati dalla notizia del raccapricciante omicidio di fra’ Godwin Eze, per mano dei sequestratori. Che Dio conceda il riposo eterno alla sua anima, la consolazione ai suoi familiari più stretti e a tutti noi che piangiamo la sua scomparsa», ha proseguito.
In un’intervista ad ACI Africa, padre Joseph Ekesioba, ex maestro dei novizi del monastero, ha annunciato che fra’ Godwin Eze è stato ucciso dai banditi Fulani il giorno dopo il rapimento.
«Ho parlato con uno dei nostri frati che è stato rilasciato e mi ha detto che fra’ Godwin è stato ucciso mercoledì [18 ottobre] notte. I rapitori hanno portato i nostri tre frati sulla riva di un fiume e hanno sparato a fra’ Godwin. Poi hanno gettato il suo corpo senza vita nel fiume», ha detto padre Ekesioba il 24 ottobre.
Ha aggiunto: «Dopo aver ucciso Godwin, i rapitori hanno portato i frati Peter e Anthony nella foresta dove li avevano nascosti e hanno continuato a minacciarli, dicendo che sarebbero stati uccisi anche loro. Fortunatamente entrambi sono stati rilasciati sabato sera [21 ottobre]».
Padre Ekesioba ha detto che il monastero stava organizzando una ricerca per recuperare il corpo di Godwin Eze nel fiume.
Ha raccontato ad ACI Africa che il monastero è stato costretto a prendere misure drastiche in seguito al rapimento del 17 ottobre. «Abbiamo dovuto trasferire i nostri frati in un luogo più sicuro perché continuiamo a ricevere minacce di attacchi», ha spiegato.
La diocesi di Ilorin opera nello stato di Kwara, che confina a est con lo stato di Kogi, a nord con lo stato del Niger (non il paese, ma uno degli stati della Nigeria) e a sud con gli stati di Ekiti, Osun e Oyo.
Alcuni di questi stati nigeriani, in particolare gli stati di Kogi e del Niger, continuano a subire attacchi, presumibilmente, da parte di pastori Fulani armati e altri banditi.
Un rapporto di Intersociety pubblicato ad aprile afferma che più di 150 persone sono state massacrate nelle aree cristiane dello stato del Niger in soli 100 giorni e che dei 707 cristiani rapiti nello stesso periodo, 200 erano nello stato del Niger.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Oyelola Opeyemi Emmanuel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Ultras rumeni espongono lo striscione «Difendiamo i cristiani nigeriani» durante le qualificazioni ai Mondiali

La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse. Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.‘Defend Nigerian Christians’ Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l
— Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
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Persecuzioni
Spagna, l’islamo-sinistra non riesce a imprigionare un prete

In Spagna, un processo senza precedenti mette in luce le crescenti tensioni tra le libertà della Chiesa e l’amministrazione catalana. Padre Custodio Ballester, un sacerdote cattolico di 61 anni di Barcellona, che rischiava tre anni di carcere e otto anni di interdizione dall’insegnamento per dichiarazioni critiche nei confronti dell’Islam pronunciate nel 2016 e nel 2017, è stato appena assolto.
Non tutte le verità sono belle da dire: padre Ballester, sacerdote dell’arcidiocesi di Barcellona e attualmente coadiutore della parrocchia di San Sebastián de Badalona, lo ha imparato a sue spese. Noto per il suo impegno nelle cause pro-life e per una visione piuttosto tradizionalista della Chiesa, il sacerdote è già stato oggetto di denunce per omelie anti-aborto, tutte respinte.
Fu una pubblicazione del dicembre 2016 ad accendere la miccia: un articolo intitolato «Il dialogo impossibile con l’Islam», pubblicato sulla rivista cattolica Germinans Germinabit. Questo testo rispondeva a una lettera pastorale dell’arcivescovo di Barcellona, il cardinale Juan José Omella, intitolata «Il dialogo necessario con l’Islam», in cui l’autore invitava i cattolici a promuovere la comprensione reciproca di fronte all’aumento delle migrazioni: un’eco religiosa di papa Francesco.
Nel suo saggio, padre Ballester sostiene ad hominem che un vero dialogo interreligioso è impossibile con la dottrina islamica. Cita esempi storici e contemporanei di persecuzione contro i non musulmani in Paesi a maggioranza islamica come Pakistan, Nigeria e Siria.
«L’Islam non ammette il dialogo. O credi, o sei un infedele che deve essere soggiogato in un modo o nell’altro», ha scritto, riferendosi ai versetti del Corano che legittimano la violenza contro i non credenti. Ha chiesto al cardinale Omella: «di quale dialogo stiamo parlando quando ci sono Paesi in cui coloro che non professano l’Islam vengono assassinati?»
Nel 2017, padre Ballester ha ribadito i suoi commenti durante un’intervista online al programma La Ratonera . Accompagnato da Padre Jesús Calvo, un sacerdote ottantenne, il dibattito ha affrontato le minacce che il jihadismo rappresenta per l’Europa. Questi scambi, insieme all’articolo iniziale, sono stati inseriti nel fascicolo dai procuratori di Malaga, dove si trova la piattaforma che ospita il dibattito online.
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Nel marzo 2017 è stata presentata una denuncia dall’associazione di Barcellona Musulmani contro l’Islamofobia, legata ad ambienti di sinistra. Finanziata dal governo regionale catalano, l’organizzazione ha accusato Ballester di promuovere la discriminazione e l’incitamento all’odio contro l’Islam. La procura di Malaga, guidata da una donna che dirige anche un Osservatorio per l’Uguaglianza, ha chiesto una pena esemplare: tre anni di carcere e otto anni di interdizione dall’insegnamento.
Il processo, inizialmente previsto per settembre 2024, si è finalmente tenuto il 1° ottobre 2025 presso il Tribunale provinciale di Malaga, in udienza pubblica. Dopo circa due settimane, la sentenza è stata emessa: il Tribunale ha stabilito che non sussistevano gli elementi oggettivi del reato, «per quanto spregevole e perverso potesse essere il messaggio», hanno aggiunto i magistrati.
Padre Ballester denuncia un «clima di terrore» progettato per mettere a tacere i dissidenti. «Vogliono dare l’esempio affinché altri si autocensurino», ha confidato a El Debate. Aggiunge di essere fortunato nella sua sfortuna perché, in Pakistan, i suoi commenti potrebbero costargli la pena di morte. Parlando alla Catholic News Agency, ha chiarito: «le mie dichiarazioni non sono mai state discriminatorie o odiose e avevano lo scopo di allertare i fedeli sulle minacce al cristianesimo, senza prendere di mira singoli individui».
I media di destra denunciano la persecuzione ideologica, sottolineando le presunte simpatie dell’associazione querelante per gruppi come i talebani o il regime iraniano, e notano anche che le richieste dell’accusa contrastano con la clemenza nei confronti dei discorsi anticristiani: i giudici si sono recentemente rifiutati di incriminare un comico per commenti che chiedevano di lapidare i sacerdoti o di bombardare la Valle dei Caduti, definendoli «umoristici».
Personaggi come l’eurodeputato Juan Carlos Girauta del partito di destra nazionale Vox sostengono padre Ballester, sottolineando che il suo articolo riecheggia la conferenza di Benedetto XVI del 2006 a Ratisbona su fede e ragione. Una petizione online ha persino raccolto oltre 25.000 firme chiedendo l’archiviazione delle accuse, affermando: «è surreale: gli attacchi alle chiese restano impuniti, ma un sacerdote rischia il carcere per aver messo in guardia contro l’estremismo».
Mentre Vox ha reagito, la gerarchia cattolica spagnola rimane in silenzio. La Conferenza Episcopale Spagnola non ha rilasciato alcuna dichiarazione e l’arcidiocesi di Barcellona ha optato per un «silenzio discreto». A magra consolazione, il cardinale Omella, la cui lettera aveva spinto il sacerdote a rispondere nel 2016, lo avrebbe «rassicurato» in privato: «se finisci in prigione, verrò a trovarti…». Ma padre Ballester è stato infine assolto.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine screenshot da YouTube
Persecuzioni
Ciad, lo spettro dell’islamizzazione strisciante

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