Economia
Nazionalizzazione dell’ILVA e crollo dei consumi energetici. Quale futuro per l’Italia deindustrializzata?
Il 2023 si apre con l’annuncio dell’imminente nazionalizzazione dell’ILVA (la ex Italsider), una triste storia industriale che è concomitante al continuo crollo dei consumi energetici. Il pieno ritorno dello Stato nell’economia e il continuo calo dei consumi di gas, petrolio ed energia elettrica sono aspetti che erano stati previsti con estrema precisione dal professor Mario Pagliaro in una serie di interviste rilasciate a Renovatio 21. Siamo tornati a sentire lo scienziato dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del CNR per commentare questi e altri fatti in tema di energia ed economia industriale.
Professor Pagliaro, lei aveva previsto il ritorno dello Stato nei settori industriali fondamentali. L’ILVA, oggi Acciaierie di Italia in cui lo Stato è già al 38% del capitale, si appresta alla piena nazionalizzazione. Perché non sarebbe meglio chiuderla e comprare sul mercato l’acciaio necessario alle nostre imprese?
Perché si tratta, con quelle dell’energia e della chimica, del comparto industriale strategico di qualsiasi grande Paese industrializzato. L’intera industria automobilistica, quella degli elettrodomestici, e buona parte dell’industria metalmeccanica e persino di quella edile oltre che quella degli armamenti e la cantieristica navale devono la loro capacità di produrre in modo remunerativo all’accesso ad acciaio di qualità a basso costo
Era la logica vincente che ha portato alla costituzione dell’IRI: fornire alla fragile e frammentata industria italiana semilavorati di qualità a basso costo.
La nazionalizzazione era ed è inevitabile, ed è puntualmente arrivata. Non sarà l’unica, se vogliamo che l’Italia resti un Paese industrializzato.
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Per quale ragione?
Perché le relazioni internazionali sono entrate in crisi, e l’Italia non può fronteggiare una simile situazione con un sistema produttivo fatto di piccole e medie aziende che dovrebbero rifornirsi di semilavorati e di energia da grandi aziende internazionali il cui interesse è quello di massimizzare i dividendi annui.
Si tratta il limite storico del capitalismo italiano, che nei trent’anni di liberismo economico successivi al 1992 è stato apparentemente risolto adottando la moneta della Germania – il marco ribattezzato «euro» – usandola per importare semilavorati e merci di ogni genere dalla Cina, divenuta fabbrica del mondo.
I nostri predecessori al contrario optarono per fare dell’Italia un grande Paese industriale costituendo l’IRI negli anni ’30. Fra le grandi aziende pubbliche che costituirono c’era ovviamente anche l’ILVA.
I consumi energetici, leggiamo su La Staffetta quotidiana, nel 2023 sono crollati «di due ILVA in Italia e di 5 ILVA in Germania». Lei lo aveva preconizzato proprio sulle pagine di Renovatio 21. Perché i consumi energetici industriali continuano a crollare, se il prezzo dell’energia è ritornato ad essere basso?
Il calo non è stato di «2 ILVA» o di «9 ILVA», ma molto di più. Quelli sono solo i consumi elettrici, calati in Italia nel 2023 di 9 miliardi di chilowattora e in Germania di 25 miliardi. Ancora più preoccupante è il crollo dei consumi del gas naturale, che ha perso in Italia quasi il 9% (-8,5%) sui livelli già bassissimi del 2022. E anche di quelli petroliferi, che perdono un altro punto percentuale raggiungendo i 53 milioni di tonnellate.
I raffronti aiutano: in termini di consumi elettrici, l’Italia è tornata al 2001, pur avendo una popolazione cresciuta di 2 milioni di abitanti a causa dei grandi flussi migratori. In termini di consumi petroliferi, in raffronto al già anemico 2019 antecedente l’anno dei lockdown, ogni singolo mese del 2023 con l’eccezione di Marzo e Novembre si è chiuso con un pesante calo dei consumi.
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Ma perché il calo dei consumi energetici è negativo per l’economia?
Perché la crescita della ricchezza, il Prodotto Interno Lordo, è correlata linearmente con i consumi energetici. Il calo dei consumi energetici è indice certo del calo di tutte le attività produttive reali.
Poi, il PIL può anche essere fatto crescere in modo artificioso creando denaro ed immettendolo nel circuito economico, come avviene dal 2008 e ancor più dal 2020 dei lockdown con i «bonus» distribuiti dai governi per le più svariate finalità. Ma se ad una crescita della massa monetaria non corrisponde una crescita delle attività produttive reali, l’esito economico sarà solo la crescita dei prezzi, cioè l’inflazione, e una società finanziarizzata in cui al posto del lavoro e della produzione agricola e industriale proliferano attività cosiddette «di servizio» il cui unico fine è quello di pagare stipendi per far crescere i consumi.
E le energie rinnovabili, come sono andate nel 2023 nel nostro Paese?
Molto bene. La produzione di energia elettrica da acqua, sole e vento nel complesso è cresciuta del 9% (+8,9%), sia per il ritorno della grande produzione idroelettrica a causa dell’abbondanza delle precipitazioni.
Sia per la fortissima crescita del fotovoltaico, che nel 2023 è cresciuto di 4,5 GW (gigawatt), più che raddoppiando quanto installato nel 2022 e quasi quintuplicando quanto fatto nel 2021.Chiaro segno che famiglie, aziende ed enti pubblici cercano nel fotovoltaico una via di uscita non solo dal caro bollette, ma dall’estrema volatilità dei prezzi che ha contraddistinto il biennio 2021-2002.
È indicativo, inoltre, che molti di questi impianti siano installati insieme alle batterie al litio per consentire di aumentare in modo significativo l’autonomia energetica di imprese e famiglie.
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Parlando con Renovatio 21, lei ha anche previsto il ritorno dell’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale. Lo ritiene ancora possibile?
Non esiste alcuna alternativa se vogliamo che l’Italia resti un Paese industrializzato. Dall’acciaio alla chimica, dalle nuove tecnologie dell’energia alla microelettronica passando per le costruzioni, servono grandi investimenti e grandi impese che solo lo Stato è in grado di realizzare e sostenere. Il processo è già iniziato, seppur in forma embrionale, con l’ingresso della Cassa depositi e prestiti o di altre società del Tesoro nel capitale sociale di molte importanti aziende.
La crisi delle relazioni internazionali, con il nuovo conflitto in Medio Oriente che si aggiunge alla guerra in corso nei territori della ex URSS, non farà che accelerare questa positiva evoluzione. Con la Germania in piena crisi industriale ed energetica, il sistema a cambi fissi dell’euro fondato sulla solidità del marco tedesco è ormai a rischio. A quel punto, con il ritorno alla lira, l’Italia si ritroverebbe con un potere di acquisto delle merci sui mercati internazionali drasticamente ridotto. Saremmo dunque costretti ad aumentare drasticamente tanto la produzione industriale che quella agricola.
E in questo processo servirebbe la nuova IRI?
Certo. Lo Stato, con la nuova IRI, avrà il compito di aumentare drasticamente la produzione industriale con nuove aziende statali attive in tutti i settori strategici.
La crisi, da questo punto di vista, è già molto salutare perché gli italiani capiscono ogni giorno più numerosi che in Italia non è possibile rinunciare al ruolo attivo dello Stato nella produzione industriale. E pure in quella agricola, che oggi vede l’Italia molto lontana dal soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione.
I prossimi mesi non faranno che accelerare questa evoluzione.
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Cina
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Economia
Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani
Il colosso dell’e-commerce Amazon starebbe rinunziando alla sua speciale tecnologia «Just Walk Out» che permetteva ai clienti di mettere la spesa nella borsa e lasciare il negozio senza dover fare la fila alla cassa. Lo riporta The Information, testata californiana che si occupa del business della grande tecnologia.
La tecnologia, disponibile solo nella metà dei negozi Amazon Fresh, utilizzava una serie di telecamere e sensori per tracciare ciò con cui gli acquirenti lasciavano il negozio. Tuttavia, secondo quanto si apprende, invece di chiudere il ciclo tecnologico con la pura automazione e l’intelligenza artificiale, l’azienda ha dovuto fare affidamento anche su un esercito di oltre 1.000 lavoratori in India, che fungevano da cassieri a distanza.
Di questo progetto denominato «Just Walk Out» – uno stratagemma di marketing per convincere più clienti a fare acquisti nei suoi negozi, minando attivamente il mercato del lavoro locale – forse non ne sentiremo la mancanza.
Nel 2018 Amazon ha iniziato a lanciare il suo sistema «Just Walk Out», che avrebbe dovuto rivoluzionare l’esperienza di vendita al dettaglio con l’intelligenza artificiale in tutto il mondo. Diverse altre società, tra cui Walmart, hanno seguito l’esempio annunciando negozi simili senza cassiere.
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Tuttavia più di cinque anni dopo, il sistema sembra essere diventato sempre più un peso. Stando sempre a quanto riportato da The Information, la tecnologia era troppo lenta e costosa da implementare, con i cassieri in outsourcing che avrebbero impiegato ore per inviare i dati in modo che i clienti potessero ricevere le loro ricevute.
Oltre a fare affidamento su manodopera a basso costo e in outsourcing e invece di pagare salari equi a livello locale, le critiche hanno anche messo in dubbio la pratica di Amazon di raccogliere una quantità gigantesca di dati sensibili, compreso il comportamento dei clienti in negozio, trasformando una rapida visita al negozio in un incubo per la privacy, scrive Futurism.
L’anno scorso, il gruppo di difesa dei consumatori Surveillance Technology Oversight Project, aveva intentato un’azione legale collettiva contro Amazon, accusando la società di non aver informato i clienti che stava vendendo segretamente dati a Starbucks a scopo di lucro.
Nonostante la spinta aggressiva nel mercato al dettaglio, l’impatto dei negozi di alimentari di Amazon negli Stati Uniti, è ancora notevolmente inferiore a quella dei suoi concorrenti quali Walmart, Costco e Kroger, come sottolinea Gizmodo.
Invece di «Just Walk Out», Amazon ora scommette su scanner e schermi incorporati nel carrello della spesa chiamato «Dash Carts». Resta da vedere se i «Dash Carts» si riveleranno meno invasivi dal punto di vista della privacy dei dati.
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Immagine di Sikander Iqbal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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