Geopolitica
Mentre l’attenzione del mondo è su Gaza, i coloni israeliani si spostano sempre più in Cisgiordania
Dal 7 ottobre, i coloni hanno preso 37.000 acri nella Cisgiordania occupata da Israele, secondo Dror Etkes di Kerem Navot, un gruppo di monitoraggio israeliano. Lo riporta il New York Times.
«Esiste un legame tra la violenza e l’espansione dei coloni», ha detto Etkes. «Si stanno vendicando dei palestinesi prendendo sempre più terra».
Quando è iniziata l’ultima guerra a Gaza, Israele ha rafforzato la sua presenza di sicurezza in Cisgiordania, il che ha ulteriormente incoraggiato i coloni nell’accaparramento delle terre, scrive EIRN.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, il 2023 è stato l’anno più mortale nei quasi 20 anni di tenuta dei registri.
Dal 7 ottobre si è verificato un aumento significativo della violenza in Cisgiordania, con la morte di 489 palestinesi e 10 israeliani (sei facevano parte della sicurezza israeliana).
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La Cisgiordania fu occupata da Israele durante la guerra del 1967. Il governo ha dato incentivi agli ebrei israeliani affinché si stabilissero lì, fornendo terra, protezione dell’IDF, elettricità, acqua e strade.
La Cisgiordania conta ora 2,7 milioni di palestinesi e mezzo milione di coloni israeliani. La maggior parte dei coloni giustifica la propria occupazione della terra sulla base di argomenti religiosi o storici e respinge qualsiasi rivendicazione palestinese sulla stessa terra. Tuttavia, quasi il mondo intero considera illegali gli insediamenti israeliani. Anche gli Stati Uniti almeno nelle comunicazioni di superficie, vedono tale situazione come un ostacolo alla soluzione dei due Stati.
Prima della strage del rave, alcuni coloni erano addirittura stati accusati dal governo israeliano di «terrorismo ebraico».
Tuttavia, i raid dei coloni verso i palestinesi continuavano fino alla rivolta violenta del 26 febbraio 2023 nella città cisgiordana di Huwara.
Come riportato da Renovatio 21, i coloni ebraici hanno tenuto un mega-convegno per pianificare la colonizzazione di Gaza. Al raduno massivo, tra balli sfrenati di musica tunza-tunza, hanno partecipato vari ministri del governo Netanyahu.
Vari attacchi di coloni ebraici si sono registrati anche nel quartiere armeno di Gerusalemme, dove è in corso una disputa immobiliare che ha assunto connotati di violenza religiosa anticristiana.
L’anno scorso gli attacchi ai cristiani in Terra Santa sono stati definiti come «senza precedenti».
Nella foto è possibile vedere una scritta in ebraico su un muro nel villaggio di Jalud, vicino a Nablus: «Lasciate che ce ne occupiamo noi».
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Immagine di btselem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
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Geopolitica
Wargame USA sulla cacciata di Maduro: il risultato è un «caos a lungo termine»
Un’esercitazione ufficiale statunitense, condotta nel 2019, per rovesciare il presidente venezuelano Nicolás Maduro, ha concluso che, indipendentemente dal fatto che il rovesciamento fosse ottenuto tramite un colpo di stato militare, una rivolta popolare o un’azione militare statunitense, avrebbe prodotto «caos per un periodo di tempo prolungato senza possibilità di porvi fine». Lo riporta il New York Times.
L’esercitazione del 2019 ha coinvolto «funzionari di tutto il governo degli Stati Uniti, inclusi quelli del Pentagono e del Dipartimento di Stato». Il riassunto dell’esito dell’esercitazione citato è tratto dal rapporto non classificato sull’esercitazione del 2019, scritto per i funzionari del Pentagono dell’epoca dal consulente per la sicurezza nazionale ed ex reporter del Washington Post Douglas Farah, scrive il giornale neoeboraceno.
Il Farah, non considerabile come pro-Maduro, aveva partecipato all’esercitazione mentre era ricercatore presso la National Defense University. «Non si può avere un immediato cambiamento epocale» nel governo del Paese senza conseguenze, ha detto il giornalista, «non si avrebbe alcun comando e controllo sull’esercito e nessuna forza di polizia. Ci sarebbero saccheggi e caos. Qualsiasi dispiegamento militare statunitense volto a stabilizzare il Paese richiederebbe probabilmente decine di migliaia di soldati».
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Il New York Times ricorda che l’intervento militare statunitense ad Haiti nel 1994 per deporre la giunta militare richiese circa 25.000 uomini, e «il Venezuela è circa 33 volte più grande di Haiti, o circa il doppio della California». Allo stesso modo, George H.W. L’invasione di Panama da parte di Bush nel 1989 per rovesciare Manuel Noriega richiese 27.000 soldati statunitensi per «un Paese grande meno di un decimo del Venezuela».
Giorni fa il Segretario del dipartimento della Guerra Pete Hegseth ha elogiato la designazione, da parte del dipartimento di Stato, del cosiddetto «Cartel de los Soles» come “Organizzazione Terroristica Straniera» (FTO), una designazione che entrerà in vigore il prossimo 24 novembre. L’amministrazione Trump sostiene che il «cartello dei Soli», la cui esistenza non è mai stata provata, sia guidato da Nicolas Maduro e coinvolga i suoi massimi funzionari militari e di gabinetto.
La designazione FTO «apre un sacco di nuove opzioni» per le azioni contro i cartelli, sia via terra che via mare, che l’esercito statunitense può offrire al presidente, ha dichiarato Hegseth a One America News Network (OAN) in un’intervista andata in onda il 20 novembre. «Quindi nulla è escluso, ma nulla è automaticamente sul tavolo».
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Immagine screenshot da YouTube
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