Arte
Maometto cancellato dalla traduzione olandese della Divina Commedia
Una traduzione olandese della Divina Commedia ha cancellato il personaggio di Maometto, che è come arcinoto un personaggio del Canto XXVIII dell’Inferno.
Nell’iconoclastia dell’ora presente, dove domina la cosiddetta «cancel culture», una casa editrice olandese ha appena trovato argomenti per «editare», cioè alterare, la Divina Commedia di Dante.
L’editore Blossom Books ha infatti deciso di togliere il personaggio di Maometto dall’opera del poeta fiorentino, riporta il quotidiano De Standaard. Nel Canto originale, il profeta dell’Islam è descritto nell’ottavo cerchio dell’Inferno dove vengono puniti «coloro che commisero scandali, e’ seminatori di scisma e discordia e d’ogne altro male operare», che vengono quindi condannati a vagare con il petto aperto in due.
«Non volevamo ferire inutilmente. In Dante, Maometto subisce un destino grossolano e umiliante semplicemente perché è il fondatore dell’Islam. Con la nostra serie di traduzioni, vogliamo presentare i classici della letteratura in un modo che sia accessibile e piacevole ai nuovi lettori, soprattutto ai più giovani»
Il passaggio non è stato completamente rimosso dalla traduzione olandese, ma il nome di Maometto è stato cancellato. Una scelta che l’editore giustifica con la volontà di non offendere, soprattutto il pubblico giovane.
«Non volevamo ferire inutilmente. In Dante, Maometto subisce un destino grossolano e umiliante semplicemente perché è il fondatore dell’Islam. Con la nostra serie di traduzioni, vogliamo presentare i classici della letteratura in un modo che sia accessibile e piacevole ai nuovi lettori, soprattutto ai più giovani», spiega a De Standaard Myrthe Spiteri, direttrice di Blossom Books.
Questa adulterazione del capolavoro dantesco ha suscitato indignazione nei Paesi Bassi. Il passaggio della traduttrice Lies Lavrijsen su Radio 1, per cercare di giustificare le sue scelte, ha suscitato in particolare la reazione di molti ascoltatori.
Per tornare a Maometto, la Cattedrale di San Petronio a Bologna è perennemente dotata della scorta delle forze di polizia perché al suo interno vi è un affresco di Giovanni da Modena che nel 1410, nella Cappella dei Re Magi, raffigurò il profeta islamico all’Inferno
«È una sfortunata genuflessione per evitare problemi che probabilmente non sarebbero accaduti. Tutti i musulmani che hanno risposto l’hanno trovato imbarazzante, soprattutto in questo momento di cancel culture. L’editore deve correggere questo il più rapidamente possibile», spiega lo scrittore Abdelkader Benali a De Standaard.
Il mondo letterario è da alcuni mesi soggetto a queste logiche allucinanti di estremismo del politicamente corretto. La scorsa estate, l’opera di Agatha Christie Dieci piccoli indiani è stata ribattezzata con il titolo Erano dieci, sempre per non «ferire».
Nel 2018 si sono anche alzate diverse voci, soprattutto tra le femministe, contro la Bella Addormentata nel Bosco. Il racconto di Charles Perrault è stato accusato di ritrarre una principessa baciata senza consenso.
Anche Pepé la moffetta, un’antica puzzola dei cartoni è stata accusata di stupro.
Nel 2002 un primo attacco di terrorismo iconoclasta contro l’affresco fu sventato grazie al lavoro di intercettazione, che portò ad identificare una decina di maghrebini di diversa nazionalità di base a Milano
Per tornare a Maometto, la Cattedrale di San Petronio a Bologna è perennemente dotata della scorta delle forze di polizia perché al suo interno vi è un affresco di Giovanni da Modena che nel 1410, nella Cappella dei Re Magi, raffigurò il profeta islamico all’Inferno.
Nel 2002 un primo attacco di terrorismo iconoclasta contro l’affresco fu sventato grazie al lavoro di intercettazione, che portò ad identificare una decina di maghrebini di diversa nazionalità di base a Milano. Si trattava di terroristi di una cellula del Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento (un movimento poi legatosi ad Al-Qaeda) fuoriusciti dal GIA (Gruppo Islamico Armato), movimenti responsabili di stragi immani della guerra civile algerina degli anni Novanta, dove continui massacri efferati portarono ad un numero di perdite civili vicino alle 150 mila unità.
Anche questa, in fondo, è cancel culture: l’iconoclastia takfira degli islamisti e quella dei politicamente corretti paiono due facce della medaglia del mondo moderno.
Hanno ucciso centinaia di migliaia di persone. Crediamo che si chiaro che hanno il coraggio e la tecnica per distruggere un’opera d’arte – e magari, nel processo, mandare all’ aldilà qualche infedele.
Anche questa, in fondo, è cancel culture: l’iconoclastia takfira degli islamisti e quella dei politicamente corretti paiono due facce della medaglia del mondo moderno.
Immagine © Renovatio 21
Arte
Microsoft vuole bandire le donne formose dai videogiuochi?
Il colosso tecnologico statunitense Microsoft scoraggia l’utilizzo di figure femminili eccessivamente formose nei videogiochi, secondo le linee guida aggiornate pubblicate martedì dalla società.
Nell’ambito della sua iniziativa di inclusività, Microsoft ha offerto agli sviluppatori un elenco di domande da considerare mentre lavorano sui loro prodotti per verificare se stanno rafforzando eventuali stereotipi di genere negativi.
La guida, denominata «Azione per l’inclusione del prodotto: aiutare i clienti a sentirsi visti», include vari stereotipi che il gigante dei giochi ritiene sia meglio tralasciare.
Secondo la guida, i progettisti di giochi dovrebbero verificare se non stanno introducendo inutilmente barriere di genere e dovrebbero assicurarsi di creare personaggi femminili giocabili che siano uguali in abilità e capacità ai loro coetanei maschi, e dotarli di abiti e armature adatti ai compiti.
«Hanno proporzioni corporee esagerate?» chiede la linea guida.
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I personaggi femminili svolgono un ruolo significativo nell’industria dei giochi e sono diventati i preferiti dai fan nel corso degli anni. Il capostipite della genìa è sicuramente Lara Croft, protagonista della fortunata serie Tomb Raider, che iniziò a spopolare negli anni Novanta sulla piattaforma della Playstation 1.
Il personaggio aveva come caratteristica fisica incontrovertibile seni straripanti, che la grafica dell’epoca rendeva grottescamente attraverso poligoni piramidali. Secondo un meme che circola su internet, tale grafica potrebbe essere alla base dell’enigmatico, estremista design della nuova automobile di Tesla, il Cybertruckko.
tesla cybertruck is just ps1 lara croft boobs pic.twitter.com/W6BXuGzMRq
— scene celebrity (@whackkat) May 12, 2021
Di recente è emerso che esistono società di consulenza che portano le case produttrici di videogiochi a inserire elementi politicamente corretti nelle loro storie: più personaggi non-bianchi, gay, trans, più lotta agli stereotipi maschili – un vasto programma nel mondo dell’intrattenimento giovanile.
In un recente videogioco sono arrivati a dipingere una criminale parafemminista uccidere Batman.
L’incredibile sviluppo, lesivo non solo delle passioni dei fan ma propriamente del valore dell’IP (la proprietà intellettuale; i personaggi di film, fumetti e videogiochi questo sono, in termini legali ed economici) è stato letto come una dichiarazione di guerra del sentire comune, con l’esecuzione del Batmanno come chiaro emblema del patriarcato e della concezione del crimine come qualcosa da punire.
Sorveglia e punire: non l’agenda portata avanti negli USA dai procuratori distrettuali eletti con finanziamenti di George Soros, nelle cui città, oramai zombificate, ora governa il caos sanguinario e il disordine più tossico.
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Nella nuova Notre Dame vi saranno molte vetrate «contemporanee»
È stato appena insediato dal Ministro della Cultura il comitato incaricato di selezionare i progetti delle sei vetrate d’arte contemporanea che orneranno le cappelle laterali della Cattedrale di Parigi. Un «gesto contemporaneo» imposto dal capo dello Stato e sostenuto dall’arcidiocesi.
George Braque amava dire che «il progresso nell’arte non consiste nell’estendere i propri limiti ma nel conoscerli meglio». La saggezza del pittore non è propriamente quella di un capo di Stato, e l’identico restauro di Notre-Dame de Paris non dovrebbe prescindere dal «gesto contemporaneo» promesso da Emmanuel Macron nel dicembre 2023.
È questo da parte dell’inquilino dell’Eliseo il segno di un desiderio di vendetta, un po’ ferito dalla sua incapacità di imporre l’idea di costruire una guglia contemporanea per sostituire quella costruita da Viollet-le-Duc? O l’ansia di passare di lì a pochi anni nell’oblio della Storia senza aver potuto lasciare un segno del suo tempo alla guida del Paese?
In ogni caso, è stato con grande clamore che l’8 marzo 2024 è stato lanciato il progetto volto a progettare le sei vetrate contemporanee che saranno inflitte a Notre-Dame. Il ministro della Cultura, Rachida Dati, ha insediato dal Salon des Maréchaux, un comitato «artistico» composto da venti membri e presieduto dall’ex direttore del Centre Pompidou, Bernard Blistène.
Questo paladino del lavoro applicato all’arte avrà il compito di lanciare un bando, per poi designare la coppia vincitrice (un artista e un laboratorio di vetro), nel novembre 2024. Per dare una panoramica dell’uomo, ha firmato una rubrica su Le Soir de Bruxelles nel 2018, dal titolo «Non c’è niente di peggio del nazionalismo, niente di peggio del ritiro nell’identità».
Infine, il successivo 7 dicembre, il prototipo delle future vetrate verrà presentato ai visitatori che entreranno per la prima volta nella navata della cattedrale restaurata e restituita al culto. Questo giorno vedrà la riapertura della cattedrale al pubblico (il giorno successivo sarà un momento dedicato) e il prototipo delle vetrate colorate dovrebbe essere presentato nella cattedrale.
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Dal 2020, alcuni pensavano che il «gesto contemporaneo» sarebbe stato risparmiato a Notre-Dame: un primo progetto di installazione di vetrate ha suscitato la vigorosa reazione dell’ex ministro della Cultura: «La Francia è firmataria della Carta di Venezia, che ha stabilito dal 1962 l’etica dei restauri e delle creazioni nei monumenti storici e vieta la sostituzione di un elemento esistente con un altro», ha indicato a Le Figaro.
«In ogni caso, le vetrate delle cappelle sono classificate come monumenti storici e parte integrante del monumento. Sembra impossibile sostituirli», ha avvertito Roselyne Bachelot.
Ma l’attuale capo dello Stato, non estraneo alle retromarce ed esperto nell’arte di far convivere gli opposti, non intendeva fermarsi qui. Avrà tuttavia contro di sé l’intera schiera di curatori e storici dell’arte, con forti venti contrari a un progetto che, secondo loro, ignora l’eredità di Viollet-le-Duc.
«Perché sostituire le sue vetrate, se non per disprezzo verso l’artista? Non solo non stiamo sostituendo un’opera esistente, ma il restauro dell’architetto, durato decenni davanti agli occhi dell’Europa, è stato un’opera totale», spiega Maryvonne de Saint Pulgent, saggista ed ex alta funzionaria.
Stessa storia con Alain Finkielkraut che critica su France Culture le creazioni «artistiche» imposte alla cattedrale per «cattivo gusto». Ma il progetto sembra davvero sulla buona strada: «C’è un tempo per il restauro, che dopo i dibattiti, è stato portato avanti in modo identico, e un tempo per la creazione, l’incarnazione della traccia del 21° secolo», avverte al Ministero della Cultura.
Inoltre, l’esecutivo può contare su un forte alleato nella persona dell’arcivescovo di Parigi, che sostiene un «gesto contemporaneo» che, possiamo scommetterci, sarà all’altezza della liturgia contemporanea…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Lorenzo3003 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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