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L’UE cerca di aumentare le multe contro Musk

L’UE potrebbe prendere di mira tutte le aziende private di Elon Musk nel calcolo delle multe per X. Lo riporta Bloomberg, citando fonti anonime a conoscenza della questione.
Bruxelles sta valutando l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.
Secondo Bloomberg, Bruxelles ha recentemente avvisato Musk che sta attualmente valutando se includere le vendite delle sue altre attività, ovvero SpaceX, Neuralink, xAI e The Boring Company, nella determinazione delle potenziali multe contro X.
Le fonti della testata economica neoeboracena hanno osservato che le vendite di Tesla Inc. non sarebbero incluse in tali calcoli perché è una società quotata in borsa e non sotto il pieno controllo del miliardario.
In base al DSA, l’UE può infliggere multe fino al 6% del fatturato annuo globale alle piattaforme online che non contrastano i contenuti illegali e la disinformazione e non rispettano le norme sulla trasparenza dell’Unione.
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Le fonti di Bloomberg hanno tuttavia osservato che non è stata ancora presa alcuna decisione definitiva per penalizzare X e che l’entità di qualsiasi potenziale multa è ancora in fase di deliberazione. Hanno anche affermato che la piattaforma potrebbe evitare del tutto le sanzioni se rispettasse le richieste del blocco.
Sebbene X non abbia risposto ufficialmente al rapporto, Musk in precedenza aveva promesso di fare ricorso contro eventuali multe della DSA attraverso una «battaglia molto pubblica in tribunale, in modo che i cittadini europei possano conoscere la verità».
Ad agosto, prima della sua intervista con l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Musk è stato anche minacciato da Breton di affrontare una «cassetta degli attrezzi completa» di ripercussioni legali se non avesse intensificato la censura dei «contenuti dannosi». In risposta, il miliardario ha pubblicato un meme, dicendo al commissario UE di «fare un grande passo indietro e letteralmente, fottiti la faccia».
To be honest, I really wanted to respond with this Tropic Thunder meme, but I would NEVER do something so rude & irresponsible! https://t.co/jL0GDW5QUx pic.twitter.com/XhUxCSGFNP
— Elon Musk (@elonmusk) August 12, 2024
Si tratta in realtà di un meme – grande passione di Elone – che riprende un verso della pellicola Tropic Thunder (2008), dove un rude produttore cinematografico interpretato da Tom Cruise (reso grasso, calvo e peloso) usa questo tipo di frasi per esprimere la sua grinta professionale.
Da quando ha acquistato Twitter nel 2022, Musk ha dichiarato il suo impegno a trasformare la piattaforma in uno spazio più trasparente, impegnato nella libertà di parola e privo di censura.
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Immagine di UK Government via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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I giudici stabiliscono che Google è un monopolio

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Tribunale tedesco condanna giornalista per meme

Un tribunale distrettuale tedesco ha condannato David Bendels, caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier, a una detenzione di sette mesi con sospensione della pena per aver diffamato il ministro federale degli Interni Nancy Faeser attraverso un meme satirico.
Il controverso meme, pubblicato sull’account X di Deutschland-Kurier nel febbraio 2024, mostrava Faeser con in mano un cartello modificato per riportare la scritta: «Odio la libertà di espressione». La foto originale conteneva la frase «Noi ricordiamo», parte di una campagna di commemorazione dell’Olocausto. Il team legale di Faeser ha presentato una denuncia penale, che ha portato a una multa e alla condanna di lunedì da parte del tribunale distrettuale di Bamberg nell’Alta Franconia, Baviera.
La corte ha ritenuto Bendels colpevole ai sensi dell’articolo 188 del codice penale tedesco, una disposizione raramente invocata e talvolta definita legge sulla «lesa maestà» o sulla «maestà lesa», che punisce la diffamazione dei funzionari pubblici, ha riportato il Deutschland-Kurier.
— Deutschland Kurier (@Deu_Kurier) April 8, 2025
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In Italia il codice privilegia i politici – ed espressamente il presidente della Repubblica – inasprendo teoricamente la pena per diffamazione verso una figura pubblica rispetto alla diffamazione di un quivis de populo. La Corte Europea, invece, non ha questo dislivello sostenendo il diritto di critica del potere, e considera sempre le somme da pagare in caso di condanna in maniera proporzionale allo stipendio, cosa che non avviene nel nostro Paese.
Notando che Bendels non aveva precedenti penali, la corte ha sospeso la sentenza e lo mise in libertà vigilata per due anni. Secondo quanto riportato, gli ha ordinato anche di inviare delle scuse scritte a Faeser.
Bendels e il suo team legale hanno giurato di appellarsi al verdetto, sostenendo che il meme era protetto dai diritti alla libertà di espressione e di stampa. Affermano che il caso costituisce un precedente preoccupante per la libertà giornalistica in Germania.
«Non accetteremo questo verdetto e lo contesteremo con tutti i mezzi legali», ha detto Bendels. «Deutschland-Kurier e io continueremo personalmente la lotta per la libertà di stampa e di espressione, con fermezza, coerenza e con tutte le conseguenze necessarie per la continuazione della democrazia in Germania».
All’inizio di quest’anno, il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha criticato quelle che ha definito leggi tedesche «orwelliane» sulla libertà di parola, riferendosi a un’intervista con tre procuratori statali tedeschi che hanno spiegato che insultare qualcuno in pubblico o online è un reato punibile.
L’intervista, trasmessa dalla CBS, è stata registrata durante un’ondata di raid coordinati della polizia in tutta la Germania che hanno preso di mira più di 50 individui accusati di diffondere discorsi d’odio online.
In un’altro servizio della TV americana ha mostrato come in Germania squadre di polizia facciano raid nelle case di chi ha scritto post sui social ritenuti non accettabili da squadre governative di controllori del pensiero.
Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parole pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.
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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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