Cina
Lockdown Shanghai, calano i contagi da ma aumentano le restrizioni

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Le autorità inaspriscono le misure di chiusura in diverse parti del Paese, come richiesto dal leader supremo Xi Jinping. Censurati i commenti online che mettono in discussione i lockdown. Anche le imprese Usa presenti in Cina criticano la politica «zero-COVID» di Pechino.
Nelle ultime 24 ore Shanghai ha registrato un netto calo dei contagi da COVID-19: circa 1.500 casi rispetto ai 25mila giornalieri di metà aprile. Malgrado i miglioramenti, le autorità hanno inasprito ancora le restrizioni, riportando persino in lockdown in aree della città che stavano lentamente uscendo dalla quarantena. In diversi casi la popolazione ha violato i divieti di uscire dalle proprie abitazioni.
Dopo che la scorsa settimana il presidente Xi Jinping ha ribadito la politica «zero-COVID», molte città in Cina hanno intensificato le chiusure per il contenimento del coronavirus.
Pechino è in parziale lockdown, sebbene non ufficialmente, con la popolazione che deve effettuare ripetuti test diagnostici. Le linee degli autobus in diversi quartieri della capitale sono sospese, alcune stazioni della metropolitana sono chiuse e ai cittadini è stato ordinato di lavorare da casa. Anche le scuole locali sono chiuse e gli studenti sono costretti a seguire lezioni online.
Shanghai rimane il centro più colpito dalla nuova ondata. Ad esempio, le autorità cittadine hanno annunciato che l’esame di ammissione all’università, l’evento più cruciale per gli studenti e le famiglie, è rimandato a luglio.
La legittimità delle rigide misure di isolamento è messa in discussione dagli esperti di diritto.
In una lettera aperta Tong Zhiwei (童之伟), docente dell’Università di scienze politiche e giurisprudenza della Cina orientale, ha chiesto al governo di smettere di obbligare i cittadini alla quarantena negli ospedali temporanei. Tong ha scritto che le misure sanitarie estreme hanno avuto gravi conseguenze e possono avere un impatto sullo Stato di diritto. Egli ha sottolineato di aver consultato oltre 20 professori di diverse università in merito alla sua denuncia.
I social network cinesi hanno rimosso le esternazioni del prof. Tong, come quelle dell’l’avvocato Liu Dali (刘大力): anch’egli ha messo in dubbio la base legale delle misure di quarantena ordinate dalle autorità.
La censura ha colpito in altri modi. Video online – poi rimossi dal web – mostrano agenti di polizia a Shanghai che sfondano la porta per portare via le persone che si rifiutano di andare nelle strutture di quarantena designate. Prima dello sgombero, gli agenti hanno costretto alcuni residenti a consegnare le chiavi di casa per permettere al personale sanitario di disinfettare le abitazioni.
In una situazione sempre più politicizzata dai vertici, Xi lo ha detto in modo chiaro: «La nostra linea guida di prevenzione è determinata dalla natura e dallo scopo del Partito».
Xi ha chiesto ai quadri del Partito comunista cinese di allinearsi al Comitato centrale e di «combattere risolutamente contro tutti i commenti e le azioni che distorcono, mettono in dubbio e negano le linee guida e le politiche nazionali di prevenzione delle epidemie».
I leader di Shanghai hanno risposto alle istruzioni di Xi promettendo di eliminare le infezioni il prima possibile. Altre piccole città in lockdown sono raramente segnalate.
Realtà di frontiera che dipendono dal commercio estero sono colpite dalle chiusure prolungate, soprattutto Ruili al confine con il Myanmar, Dongxing vicino al Vietnam e Suifenhe alla frontiera con la Russia.
Per la maggior parte degli esperti, la politica dello zero-COVID di Xi danneggia le catene globali di approvvigionamento e la stessa economia cinese.
In aprile l’export nazionale è cresciuto solo del 3,9% rispetto allo stesso mese del 2021, il minimo degli ultimi due anni. Minata anche la fiducia delle aziende straniere: dopo la rivelazione che il 23% delle imprese europee presenti in Cina pensa di spostare il proprio business in altri Paesi, a lanciare l’allarme sono quelle USA.
Secondo un sondaggio della Camera di commercio statunitense in Cina, il 51% delle sue aziende statunitensi diminuirà o rimanderà i propri investimenti nel mercato cinese; il 58% prevede poi un calo delle entrate annuali.
Il presidente della Camera USA, Colm Rafferty, ha dichiarato a Reuters: «Ci stiamo preparando a un esodo di massa di talenti stranieri quest’estate, con un numero minore di persone dall’estero disposto ad accettare un impiego qui in Cina».
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Cina
Cina, rimosso e indagato il capo dell’Amministrazione per gli affari religiosi

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Cui Maohu finito nel mirino dell’anticorruzione. Sotto esame la sua attività nello Yunnan, la provincia da dove proviene. Alla guida della Sara dal giugno 2022: l’organismo è braccio esecutivo del Fronte unito del Partito comunista cinese. Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dalla chiusura della sessione annuale del Parlamento.
Le autorità hanno rimosso e messo sotto indagine Cui Maohu, capo dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA) e uno dei vice direttori del Dipartimento di lavoro del Fronte Unito del Partito comunista cinese. La conferma ufficiale è arrivata dalla Commissione centrale per le ispezioni disciplinari e dalla Commissione nazionale di vigilanza, il supremo organo anticorruzione.
Cui è sotto esame per aver commesso gravi infrazioni disciplinari e infranto le leggi dello Stato, hanno rivelato le autorità il 18 marzo: una espressione che di solito indica un caso di corruzione. Secondo quanto riporta Sing Tao Daily, egli è indagato in primo luogo per questioni legate al suo lavoro nello Yunnan, la provincia da dove proviene.
Il 57enne originario di Xuanwei si è laureato in filosofia presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università dello Yunnan e ha lavorato per anni presso il Dipartimento organizzativo del Comitato provinciale del PCC; aveva ottenuto la direzione della SARA nel giugno 2022, come l’incarico al Fronte Unito.
In precedenza la SARA era nota come «Ufficio Affari Religiosi», un organismo indipendente sotto l’autorità del Consiglio di Stato (il governo centrale). Nel marzo 2018 è passata sotto il diretto controllo del Partito, servendo in sostanza da braccio esecutivo del Fronte Unito per l’ambito religioso.
Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dopo la recente conclusione della sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo, coincisa con l’avvio formale del terzo mandato al potere di Xi Jinping (…).
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Cina
La Cina contro l’insabbiamento del Nord Stream

Il 15 marzo il ministero degli Esteri cinese ha sottolineato il fatto insolito che i principali organi di stampa occidentali hanno accolto acriticamente un’affermazione di anonimi funzionari statunitensi secondo cui un improbabile «manipolo filo-ucraino» sarebbe responsabile del bombardamento del gasdotto russo-tedesco Nord Stream il 26 settembre 2022.
Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha descritto i gasdotti come «progetti infrastrutturali transfrontalieri vitali», la cui distruzione ha avuto «un grave impatto sul mercato energetico globale e sull’ambiente ecologico».
La Cina vuole «un’indagine obiettiva, imparziale e professionale» sull’attentato e vuole che i responsabili siano tenuti a rispondere. Prima è, meglio è, ha aggiunto.
«Abbiamo notato che alcuni media occidentali sono stati misteriosamente silenziosi dopo che Hersh ha riferito che gli Stati Uniti erano dietro l’esplosione del Nord Stream. Ma ora questi media sono insolitamente simultanei nel far sentire la loro voce. In che modo gli Stati Uniti spiegherebbero tale anomalia? C’è qualcosa nascosto dietro la scena?» ha chiesto Wang.
Non si tratta della prima esternazione di Pechino sul gasdotto russo-tedesco fatto saltare lo scorso autunno. La portavoce degli Esteri Mao Ning il mese scorso aveva insistito sulla necessità che gli USA dessero spiegazioni sul sabotaggio del Nord Stream.
La notizia per cui invece che essere frutto di un accurato piano militare condotto in totale clandestinità (anche all’oscuro del Congresso) dall’amministrazione Biden – la tesi, comprovata giornalisticamente con fonti date e luoghi da Seymour Hersh, l’attacco terroristico sia stato perpetrato da un non specificato gruppuscolo di persone filo-ucraine è stata trasmessa dapprima dal New York Times, che cita fonti nell’Intelligence USA, per poi essere rivendicata dai giornali tedeschi, che citano invece fonti nelle indagini locali.
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato che la storia dei subacquei filo-ucraina è una «completa assurdità».
I timori di Pechino per gli attacchi a infrastrutture strategiche transnazionali possono essere fondati. A inizio dicembre 2022 fa è stato completato il collegamento di un gasdotto che fornisce gas naturale russo alla Cina, e a Shanghai in particolare.
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Intelligenza artificiale, delude Ernie, risposta cinese a Chat Gpt

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Il motore di ricerca Baidu ha presentato la sua chatbot. Dopo la presentazione persi alla Borsa di Hong Kong 3 miliardi di dollari di valore. Compagnia USA OpenAi lancia invece GPT-4, capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi. Guerra tecnologica con Washington minaccia i piani di Xi Jinping.
Delude Ernie Bot, la prima risposta cinese a Chat Gpt, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale generativa sviluppata dalla compagnia hi-tech USA OpenAI. Oggi, dopo la sua presentazione, il motore di ricerca internet Baidu che l’ha sviluppata ha perso il 6,4% alla Borsa di Hong Kong, bruciando 3 miliardi di dollari.
Un chatbot è una chat capace di generare risposte di tipo umano a domande complesse: permette di interagire con un sistema di intelligenza artificiale, soprattutto per l’elaborazione di testi.
Gli investitori sono rimasti poco impressionati dai video preregistrati che mostravano Ernie Bot compiere calcoli matematici, parlare dialetti cinesi e generare video e immagini accompagnati da testi. Hanno pesato poi le parole dell’amministratore delegato di Baidu, Robin Li, il quale ha ammesso che il sistema non è perfetto e che è stato presentato perché il mercato lo richiedeva.
La differenza con i prodotti presentati da OpenAI è eclatante. Il 14 marzo l’azienda tecnologica USA (sostenuta da Microsoft) ha annunciato di aver iniziato a commercializzare un nuovo modello di intelligenza artificiale ancora più potente. GPT-4 è descritto come un sistema «multiplo», capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi.
Fino alla comparsa di Chat Gpt a novembre, la Cina era considerata all’avanguardia nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ora i rivali Usa sembrano in netto vantaggio. Anche Li si è detto impressionato dalle capacità di GPT-4, ma ha sottolineato che Ernie Bot non è uno strumento di confronto tra Cina e Stati Uniti.
Oltre a Baidu, anche l’altro colosso tecnologico cinese Alibaba sta elaborando la sua chatbot. Critici degli sforzi di Pechino sostengono però che il focus sulla censura porterà allo sviluppo di uno strumento deformato, lontano dagli standard occidentali.
Gli investimenti di Pechino sull’intelligenza artificiale sono minacciati dalla guerra tecnologica con gli USA. Per decisione dell’amministrazione Biden, le compagnie statunitensi di settore hanno bisogno di una licenza governativa per poter vendere a compratori cinesi macchinari per la produzione di chip avanzati – necessari nel campo dell’intelligenza artificiale. Su pressione di Washington, anche Giappone e Paesi Bassi hanno ristretto l’export di tali strumenti in Cina.
Xi Jinping ha ribadito più volte che Pechino deve raggiungere l’autosufficienza tecnologica per non dipendere da forze straniere. Morris Chang, fondatore del colosso taiwanese dei chip TSMC, ha detto oggi che i cinesi sono indietro 5-6 anni rispetto a Taiwan nello sviluppo di microchip di ultima generazione.
Secondo il piano Made in China 2025 lanciato da Xi nel 2015, entro il 2020 la Cina avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo di produrre il 40% dei chip usati per il consumo interno, per arrivare al 70% nei prossimi due anni: al 2021 la quota è stata di circa il 16%.
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