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Leone XIV: la scelta di un nome dal significato simbolico
Leone… Nome proprio che deriva dal latino leo che significa appunto «leone», e che risuona, nei primi secoli della Chiesa, come simbolo di forza, coraggio e autorità spirituale all’interno della Chiesa cattolica. Tredici papi hanno portato questo nome fino all’elezione del cardinale Robert-Francis Prevost, avvenuta l’8 maggio 2025.
FSSPX.Attualità si propone di ripercorrere la linea dei predecessori a cui si è appena aggiunto il nuovo pontefice romano.
Leone I, soprannominato «il Grande», è senza dubbio uno dei papi più illustri della storia. Eletto nel 440, incarnò la forza di un pontefice in un’epoca in cui l’Impero romano d’Occidente vacillava sotto gli assalti delle invasioni barbariche. È famoso per il suo audace incontro con Attila, capo degli Unni, nel 452 nei pressi di Mantova. Si dice che con la sua presenza e la sua eloquenza abbia convinto il «flagello di Dio» a risparmiare Roma. Ma è soprattutto sul piano teologico che Leone I risplende.
Il suo Tomo a Flaviano, lettera indirizzata al Patriarca di Costantinopoli, ebbe un ruolo decisivo nella definizione della dottrina cristologica al Concilio di Calcedonia (451). Affermando la duplice natura di Cristo, divina e umana, in un’unica persona, Leone pose le basi di un’ortodossia che guidò la Chiesa per secoli. Canonizzato, è uno dei tre papi ad aver ricevuto il titolo di Dottore della Chiesa, insieme a Gregorio Magno e Niccolò I.
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Leone II, nonostante il suo pontificato sia stato breve (682-683), si distinse per la sua santità e per il ruolo svolto nel consolidare i decreti del Sesto Concilio Ecumenico che condannava il monotelismo, un’eresia che negava la piena umanità di Cristo. Canonizzato, rimane un modello di pietà e rigore dottrinale.
Leone III celebrò l’VIII secolo con un evento di grande rilevanza storica: l’incoronazione di Carlo Magno a Imperatore d’Occidente il giorno di Natale dell’800. Celebrata nella Basilica di San Pietro, essa suggellò l’alleanza tra il papato e l’Impero carolingio, inaugurando una nuova era per l’Europa cristiana. Nonostante le tensioni che lo costrinsero a cercare rifugio presso Carlo Magno, Leone III seppe come rafforzare l’autorità papale in un mondo in cambiamento.
Al tempo di Leone IV (847-855), Roma era minacciata dai Saraceni. Nell’846 una flotta musulmana saccheggiò le basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le Mura. Leone IV fortificò la Città Leonina, il quartiere che circondava San Pietro, con mura ancora visibili. Organizzò una coalizione cristiana che trionfò nella battaglia navale di Ostia nell’849. La sua opera difensiva protesse non solo Roma, ma anche l’idea di un cristianesimo unito dalle minacce esterne.
Il X e l’XI secolo, l'”età del ferro” del papato, videro la successione di diversi papi Leone, i cui regni furono brevi e spesso segnati da lotte di potere. Leone V (903) fu rovesciato dopo solo un mese di pontificato, imprigionato dal suo successore Cristoforo, un antipapa. Leone VI (928) e Leone VII (936-939) esercitarono il loro ministero all’ombra delle grandi famiglie romane, come quella dei Teofilatti, che orientarono le elezioni papali secondo i loro interessi.
Leone VIII (963-965) fu una figura controversa. Eletto sotto l’influenza dell’imperatore Ottone I, fu deposto e poi rieletto in un clima di rivalità tra Roma e l’Impero. Questi papi, sebbene meno memorabili, riflettono le sfide di una Chiesa che si trovò ad affrontare la lotta per le investiture.
Con Leone IX, nell’XI secolo, il papato riacquistò il suo splendore spirituale. Questo papa tedesco, appartenente alla nobiltà lorenese, ebbe un ruolo chiave nella riforma gregoriana, che mirava a purificare la Chiesa dalla simonia e dal nicolaismo (matrimonio dei chierici). Leone IX viaggiò in tutta Europa, convocando sinodi a Reims, Magonza e Pavia per imporre la disciplina ecclesiastica. Fu canonizzato nel 1087.
Il suo pontificato fu segnato anche dallo scisma del 1054 tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Sebbene Leone IX morì prima che la rottura fosse definitiva, la reciproca scomunica tra Roma e Costantinopoli sotto il suo regno pose le basi per una divisione duratura.
Leone X nacque Giovanni de’ Medici. Figlio di Lorenzo il Magnifico, crebbe nella raffinata Firenze prima di salire al soglio di Pietro nel 1513. Il suo pontificato fu un periodo di splendore artistico: sostenne geni come Raffaello e Michelangelo, abbellendo Roma e la Basilica di San Pietro. Tuttavia, è anche associato a uno dei principali punti di svolta nella storia cristiana: la Riforma protestante. Fu il Papa a condannare le 95 tesi di Lutero.
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Leone XI, un altro Medici, regnò solo per 27 giorni nel 1605, uno dei pontificati più brevi della storia. Nonostante la sua brevità, la sua elezione fu vista come una promessa di riforma in una Chiesa che si trovava ad affrontare le sfide della Controriforma. La sua morte prematura ha impedito ogni realizzazione significativa, ma il suo nome rimane un’eco dell’influenza medicea.
Leone XII, papa dal 1823 al 1829, regnò in un’Europa scossa da rivoluzioni e secolarizzazione. Cercò di ripristinare l’autorità della Chiesa nello Stato Pontificio, lottando contro le idee liberali.
Leone XIII rimane uno dei papi più influenti del XIX secolo. Eletto nel 1878, regnò fino al 1903, diventando il primo papa a superare i 90 anni. Intellettuale e diplomatico, è noto soprattutto per la sua enciclica Rerum Novarum (1891), che pose le basi della dottrina sociale della Chiesa.
Rafforzò anche la diplomazia vaticana, riallacciando i rapporti con nazioni come la Francia e la Germania. Di grande erudizione, fu promotore della ripresa degli studi tomistici. Condannò vigorosamente il liberalismo anche nella sua enciclica Libertas.
Un mosaico sorprendente, questa linea di Leone continua nel 2025 con l’elezione del cardinale Robert-Francis Prevost l’8 maggio. Preghiamo affinché colui che ha voluto seguire questa linea di discendenza sotto il nome di Leone XIV, possa unire il coraggio teologico di un Leone I, con la preoccupazione per la dottrina sociale e il tomismo di un Leone XIII, che hanno entrambi manifestato, a modo loro, la forza simboleggiata dal loro nome.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine: Claudius Jacquand (1803–1878): Carlo Magno incoronato re d’Italia da papa Adriano I a Milano, 774 (1837), Palazzo di Versailles.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Il cardinale Zen risponde alle critiche del sacerdote cinese e avverte che la Chiesa potrebbe imitare il crollo anglicano
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L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino
L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.
Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.
L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.
Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.
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È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».
Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.
«I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».
«Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.
Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.
«Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».
Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.
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A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:
«Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».
«Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».
Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.
«Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».
«Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.
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Immagine screenshot da YouTube
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Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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