Spirito
L’arcivescovo Forte contro i fedeli che vogliono la Comunione sulla lingua. Mentre continuano le profanazioni sataniche

In un video emerso in queste ore è visibile l’arcivescovo Bruno Forte, dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto mentre rimprovera tre parrocchiani per aver ricevuto la Santa Eucaristia sulla lingua. Lo riporta LifeSite.
Durante l’omelia, Forte rimprovera i tre fedeli per aver ricevuto la Santa Comunione sulla lingua e affermata che qualsiasi cattolico che scelga di ricevere la Comunione sulla lingua non solo è «disobbediente» alla gerarchia ecclesiastica, ma commette anche il peccato di orgoglio.
«Permettete che chiarisca un punto. Ci sono state tre persone che non hanno voluto la Comunione in mano. Prima di tutto, nel Nuovo Testamento Gesù dice “làbete“. Il verbo lambano in greco significa prendere in mano» ammonisce il prelato, che decisamente non condivide le posizioni di quanti, come monsignor Athanasius Schneider nel libro Christus Vincit, ritiene che la giusta traduzione, visto anche il latino accipere, non è «prendere» ma «ricevere».
ITALY
Bishop Bruno Forte BERATES three people for receiving Communion on the tongue
He claims that Communion should only be received in the hands and that it is ‘pride’ that makes people do otherwise
What are your thoughts? pic.twitter.com/bWqXm0UiSr
— Catholic Arena (@CatholicArena) April 24, 2025
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«Per secoli la Chiesa ha preso in mano la comunione. Solo in alcuni secoli oscuri, temendo la mancanza di igiene, si è sostituito questo gesto con quello del prenderla in bocca» spiega monsignor Forte, forte forse di tanti insegnamenti pandemici pienamente recepiti dal cattolicesimo moderno.
«Ma grazie a Dio oggi siamo tutti cresciuti. Le mani ce le laviamo», assicura l’arcivescovo, che in realtà non lo può sapere, e che probabilmente non è mai stato nel bagno di un Autogrill, dove è possibile osservare l’immancabile tragitto delle moltitudini dal pisciatoio all’auto senza passare per il lavandino. (Monsignor Forte probabilmente è di quelli che non sanno perché nei bar all’aperitivo la ciotola della nocciolino include un cucchiaino).
«Per cui la Comunione si prende in mano» annunzia perentorio il religioso, «con il gesto umile di stendere la mano e di accoglierla».
«Chi non lo fa, fa un atto di orgoglio, si crede più saggio e più esperto del papa e dei vescovi che hanno deciso che la Comunione si prende in mano». Anche qui, è sensibile un accento dai tempi pandemici, quando alla popolazione veniva ripetuto di fidarsi degli esperti.
«Per piacere siate umili ed obbedienti alla Chiesa. Almeno nel momento in cui fate la Comunione, facendo la volontà che è quella espressa nella Chiesa, dal papa e dai vescovi».
Non è chiaro da dove il monsignore esperto tragga l’ordine secondo cui «la Comunione si prende in mano» secondo la volontà di Chiesa, papa e vescovi.
La Santa Comunione sulla lingua è stata la norma nella Chiesa per oltre 1.300 anni, mentre la Comunione sulla mano si è diffusa a livello mondiale solo con le riforme degli anni Settanta.
Nell’istruzione Memoriale Domini papa Paolo VI scrive della Comunione sulla lingua: «Questo modo di distribuire al Comunione, tenuta presente nel suo complesso la situazione attuale della Chiesa, si deve senz’altro conservare, non solo perché poggia su di una tradizione plurisecolare, ma specialmente perché esprime e significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia. Non ne è per nulla sminuita la dignità della persona dei comunicandi; tutto anzi rientra in quel doveroso clima di preparazione, necessario perché sia più fruttuosa la Comunione al Corpo del Signore».
Monsignor Forte pare inoltre ignorare l’istruzione Redemptionis Sacramentum (2004) scrive che ogni fedele ha «sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca».
L’arcivescovo è ritenuto da alcuni osservatori come teologo pro-LGBT che ha introdotto il tema dell’omosessualità al Sinodo per la famiglia.
Il vaticanista Edward Pentin in un articolo dell’anno passato sulle nomine al Dicastero per la Dottrina della Fede scriveva che il prelato sarebbe «responsabile delle sezioni sull’omosessualità nel controverso documento provvisorio del primo Sinodo sulla famiglia del 2014 che tentava di aprire la porta all’accettazione delle relazioni omosessuali nella Chiesa». Il link è ad un articolo della BBC sull’argomento. «È stato una voce di spicco nel sostenere una maggiore inclusione e rispetto per l’omosessualità e i diritti degli omosessuali all’interno della Chiesa» scrive il giornalista linkando un articolo de La Stampa.
Della chiesa moderna colpisce l’ostinazione, al limite della fake news, riguardo la Comunione nella mano come unica forma liturgica. È infatti arcinoto come la possibilità di non dare sulla lingua l’Eucarestia crei la questione della profanazione: in breve, alimenti network satanisti, che per i loro immondi riti necessitano dell’Ostia consacrata (hanno, di fatto, più fede di molti vescovi…)
L’idea di tale pericolo era giù presente nell’istruzione di Paolo VI, quando si dice che «con questa forma ormai tradizionale (…)si evita il pericolo di profanare le specie eucaristiche, nelle quali «è presente in modo unico, sostanzialmente e ininterrottamente, il Cristo tutto e intero; Dio e uomo». Parimenti, la Redemptionis Sacramentun scrive che «se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli».
La questione è rimbalzata nelle cronache mondiale, in maniera comica e tragica al contempo, quando un gruppo Satanista ha officiato un rito fuori dal Campidoglio del Kansas, dovendo però assicurare che l’Ostia che sarebbe stata utilizzata non era consacrata.
Tale cortocircuito dello Stato moderno ha visto quindi l’attuarsi di una scena eroica: quando il satanista ha innalzato la particola e la ha buttata al suolo calpestandola, un signore che stava ai lati è intervenuto gettandosi a terra per consumarla con la bocca, ricevendo quindi le botte dal leader satanista.
Un satanista intentó profanar la Sagrada Hostia en el Capitolio del Estado de Kansas mediante algún tipo de conjuro.
Sin embargo, en un acto de valentía y devoción, un hombre católico intervino rápidamente, tomó la Hostia y la consumió para evitar la profanación.
¡Así es! Un… pic.twitter.com/x3UGLLCnyq
— Carolina ❤️🔥 (@realCarola2Hope) March 29, 2025
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Solo questo episodio, con immagini pubbliche che parlano chiarissimo, dovrebbe far decadere urbi et orbi la pratica della Comunione sulla mano, vero grande sistema di alimentazione del satanismo odierno.
Renovatio 21 tenta di seguire da vicino i casi di Ostie trafugate, che – lontani dalle cronache mainstream – si ripetono costantemente in tutto il mondo.
Come riportato da Renovatio21, all’inizio di maggio dello scorso anno, in Francia, il tabernacolo della chiesa di Notre-Dame, a Livry-Gargan (Seine-Saint-Denis) è stato divelto e ritrovato a pochi metri dall’edificio. Il Santissimo Sacramento non è stato trafugato, a differenza di quanto accaduto nella chiesa Sainte-Trinité a Louvroil (Nord) dove sono scomparse le Ostie consacrate.
Un altro episodio sacrilego è avvenuto nella parrocchia di San Michele Arcangelo a Portland, in Oregon, dove è stato invece rubato il tabernacolo.
Anche l’Italia ha i suoi casi: ad aprile 2024 qualcuno è entrato di notte all’interno del Santuario di Ponte delle Pietra, a Perugia. È stato detto che l’effrazione aveva probabilmente l’intento di trafugare oggetti di arte sacra, tuttavia, ha scritto Renovatio 21 all’epoca, è lecito ipotizzare che l’obiettivo principale dei malviventi fosse quello di rubare le Ostie consacrate.
Molti fedeli sono arrivati alla Santa Messa tradizionale – il vetus ordo, il rito antico, la «Messa in latino», chiamatela come volete – durante la pandemia, quando impressionarono, oltre che il sacerdote con i guanti di lattice, la distribuzione forzata in mano della Santa Comunione.
I lettori di Renovatio 21 che vogliono evitare lo scempio di vedere la Santa Eucarestia piazzata nelle mani dei fedeli possono scriverci per chiederci dove assistere a delle Sante Messe dove ciò non può accadere.
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Immagine: Jan van den Hoecke (1611–1651), La Santa Comunione del Beato Federico di Ratisbona (1630-1651), collezione privata.
Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
Spirito
Mons. Eleganti critica duramente il Vaticano II e la nuova liturgia

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Un’infanzia segnata dal Concilio
«Da bambino, ho assistito all’iconoclastia nella venerabile Chiesa della Santa Croce nella mia città natale. Gli altari gotici scolpiti furono demoliti davanti ai miei occhi infantili. Tutto ciò che rimase fu un altare comune, una sala del coro vuota, la croce nell’arco del coro, Maria e Giovanni a sinistra e a destra su pareti bianche e spoglie». «Nuove vetrate inondavano la chiesa con il sole che sorgeva a est. Niente di più: era una deforestazione senza precedenti. Noi bambini trovavamo tutto questo normale e appropriato e risparmiavamo con fervore per il nuovo pavimento in pietra, così da dare il nostro contributo alla riforma o al rinnovamento della chiesa. L’euforia del Concilio veniva trasmessa dai sacerdoti; venivano convocati sinodi, ai quali io stesso partecipavo da adolescente. Non avevo assolutamente idea di cosa stesse succedendo». Un’accettazione sicura ma lucida «All’età di 20 anni, come novizio [benedettino, ndr], ho sperimentato da vicino e dolorosamente le tensioni liturgiche tra tradizionalisti e progressisti tra i riformatori. Furono introdotte nuove professioni ecclesiastiche, come quella di assistente pastorale (principalmente per i coniugati)». «Ricordo i miei commenti critici su questo perché le tensioni e i problemi che stavano lentamente emergendo tra ordinati e non ordinati erano prevedibili fin dall’inizio. Il calo del numero di candidati al sacerdozio era prevedibile e divenne rapidamente evidente». «Da giovane, ho sostenuto con tutto il cuore il Concilio e in seguito ne ho studiato i documenti con fede e fiducia. Tuttavia, fin dall’età di vent’anni, ho notato diverse cose: la desacralizzazione del santuario, del sacerdozio, del Santissimo Sacramento, così come la ricezione della Santa Eucaristia, e l’ambiguità di alcuni passaggi nei documenti conciliari. Da giovane laico ancora poco versato in teologia, ho notato tutto questo molto presto». «Sebbene il sacerdozio fosse la scelta che mi stava più a cuore fin dall’infanzia, non sono stato ordinato sacerdote fino all’età di 40 anni. Sono cresciuto con il Concilio, ho raggiunto l’età adulta e ho potuto osservarne gli effetti fin da quando ha avuto luogo. Oggi ho 70 anni e sono vescovo».Iscriviti al canale Telegram
La consapevolezza del fiasco conciliare
«Guardando indietro, devo dire che la primavera della Chiesa non è mai arrivata; ciò che è arrivato è stato invece un declino indescrivibile nella pratica e nella conoscenza della fede, una diffusa mancanza di forma liturgica e una certa arbitrarietà (alla quale io stesso ho in parte contribuito senza rendermene conto)». «Guardando indietro, sono sempre più critico verso tutto, compreso il Concilio, i cui testi la maggior parte delle persone ha già abbandonato, pur invocandone costantemente lo spirito. Cosa non è stato confuso con lo Spirito Santo e attribuito a lui negli ultimi 60 anni? Cosa è stato chiamato “vita” senza apportare vita, ma al contrario dissolvendola?» «I cosiddetti riformatori volevano ripensare il rapporto della Chiesa con il mondo, riorganizzare la liturgia e rivalutare le posizioni morali. E continuano a farlo. Il segno distintivo della loro riforma è la fluidità nella dottrina, nella moralità e nella liturgia, l’allineamento con le norme secolari e una rottura spietata, post-conciliare, con tutto ciò che era venuto prima». «Per loro, la Chiesa è, soprattutto, ciò che è stata dal 1969 (Editio Typica Ordo Missae, Cardinale Benno Gut). Ciò che è venuto prima può essere trascurato o è già stato rivisto. Non si può tornare indietro. I più rivoluzionari tra i riformatori sono sempre stati consapevoli dei loro atti rivoluzionari. Ma la loro riforma postconciliare, i loro processi, sono falliti – su tutta la linea. Non sono stati ispirati. L’altare del popolo non è un’invenzione dei padri conciliari». «Io stesso celebro la Santa Messa secondo il nuovo rito, anche in privato. Tuttavia, grazie alla mia attività apostolica, ho riscoperto l’antica liturgia della mia infanzia e ne noto la differenza, soprattutto nelle preghiere e nelle posture, e naturalmente nell’orientamento». «A posteriori, l’intervento postconciliare sulla forma molto coerente della liturgia, vecchia di quasi duemila anni, mi sembra una ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria della Santa Messa negli anni successivi alla conclusione del Concilio, che è stata associata a grandi perdite che devono essere colmate. È stato fatto anche per ragioni ecumeniche». «Molte forze, anche protestanti, furono direttamente coinvolte in questo sforzo di allineare la liturgia tradizionale con la Cena del Signore protestante e forse anche con la liturgia del Sabato ebraico. Ciò fu fatto in modo elitario, dirompente e sconsiderato dalla Commissione Liturgica Romana e imposto all’intera Chiesa da Paolo VI, non senza causare gravi fratture e divisioni nel corpo mistico di Cristo, che persistono ancora oggi».Aiuta Renovatio 21
Giudica l’albero dai suoi frutti
«Una cosa è certa per me: se si può giudicare un albero dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e onesta della riforma liturgica postconciliare: storicamente onesta e meticolosa, non ideologica e aperta, a immagine della nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio. «Non hanno nemmeno problemi con la nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno sperimentato come funzionano attualmente le parrocchie, come celebrano la liturgia e cosa rimane della loro socializzazione religiosa attraverso la parrocchia? Molto poco! Per questo motivo, non sono nemmeno progressisti». «Dalla prospettiva odierna, il cattolicesimo liberale o progressismo degli anni Settanta – più recentemente sotto le mentite spoglie del “cammino sinodale” – ha fatto il suo corso e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è ancora maggiore. Lo possiamo vedere ovunque. Le funzioni domenicali e feriali sono frequentate principalmente dagli anziani. I giovani sono assenti, tranne che in alcuni luoghi di culto molto affollati. La riforma sta avvenendo da sola, perché nessuno ci va più né ne legge i risultati». «Come è possibile che la riforma postconciliare possa essere ancora oggi considerata in modo così acritico e limitato, a giudicare dai suoi frutti? Perché un esame onesto della tradizione e della nostra storia (della Chiesa) non è ancora possibile? Perché non si vuole vedere che siamo a un punto di svolta e che dovremmo fare il punto della situazione, soprattutto a livello liturgico?» «”Essere o non essere”, in termini di fede e vita ecclesiale, si decide sulla base o sui fondamenti della liturgia. È qui che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti hanno correttamente valutato questo aspetto fin dal 1965. Allora perché la tradizione è in aumento tra i giovani? Cosa la rende così attraente per i giovani? Pensateci! I piedi votano, non i concili. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capito?» Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Mons. Viganò: «non c’è paradiso per i codardi!»

Renovatio 21 pubblica questo intervento di monsignor Carlo Maria Viganò.
Non c’è paradiso per i codardi!
La Vittoria della Lega Santa a Lepanto
Intervento al Convegno dell’Associazione culturale «Veneto Russia» Settimo di Pescantina (VR), 11 Ottobre 2025
Salve, Regina, rosa de spina,
rosa d’amor, Madre del Signor.
Fa’ che mi no mora e che no mora pecador,
che no peca mortalmente e che no mora malamente.
Preghiera del marinaio, recitata da tutta la flotta veneziana
prima di muovere battaglia nelle acque di Patrasso.
Cari Amici,
consentitemi di ringraziare gli organizzatori di questo evento e di porgere il mio saluto a tutti i partecipanti. È per me un piacere potermi unire a voi nel celebrare l’anniversario della Vittoria di Lepanto, prendendo parte alla nona edizione del Convegno che quest’anno ha come tema il paradosso di un’Europa laicista, liberale e massonica che muove guerra alla Russia cristiana e antiglobalista.
Viviamo ormai negli ultimi tempi, in cui lo scontro tra Cristo e Anticristo impone a tutti noi di schierarci sotto le insegne del nostro Re divino e della Sua augustissima Madre, nostra Regina, memori delle parole del Signore: Chi non è con Me, è contro di Me (Mt 12, 30).
Il 7 Ottobre 1571, nel Golfo di Patrasso, la flotta della Lega Santa schiacciava vittoriosa l’orgoglio ottomano, rallentando l’espansione islamica nel Mediterraneo occidentale. Un’espansione che non si è mai fermata con il «dialogo» tra Croce e Mezzaluna, ma con l’uso della forza militare, il sacrificio di tante vite umane e la protezione soprannaturale che la Regina delle Vittorie e Mediatrice di tutte le Grazie ha spiegato come un manto sulla Cristianità minacciata dall’Islam.
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Anche alle porte di Vienna, il 12 Settembre 1683 – ossia solo 112 anni dopo Lepanto – il Turco venne sconfitto dalle armate cattoliche, sotto il patrocinio del Santo Nome di Maria. Temibile e terribile come un esercito schierato in ordine di battaglia: solo al pronunciare queste parole, sentiamo un nodo alla gola, nella commozione di contemplare la nostra Augusta Regina a capo delle schiere angeliche e terrene.
Ella era apparsa in simili sembianze anche il 7 Agosto 626, quando Costantinopoli era assediata dagli Avari, dagli Slavi e dai Persiani Sassanidi e il popolo cristiano riunito nella chiesa delle Blacherne invocava il Suo intervento. Sfolgorante di luce e con Gesù Bambino tra le braccia, la Vittoriosa Condottiera – come è chiamata nell’Inno Akatisto – aveva sbaragliato i nemici, meritando alla Capitale dell’Impero il titolo di «città di Maria».
Ma se l’aiuto divino e l’intercessione potentissima della Semprevergine Madre di Dio hanno portato a compimento in modo miracoloso e certamente soprannaturale vittorie umanamente difficili se non impossibili, non possiamo non ricordare che questi prodigiosi e provvidenziali interventi, queste irruzioni della potenza del Deus Sabaoth nelle umane contingenze, si rendono possibili solo dove questo tutto inarrivabile e divino è preceduto dal nulla della nostra cooperazione all’opera della Redenzione.
In virtù dell’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità, infatti, l’Uomo-Dio prende possesso dell’umanità di cui per divinità, per stirpe e per diritto di conquista Egli è costituito Signore e Re. Ma questo consorzio della natura divina del Figlio di Dio con la natura umana di Gesù Cristo, attuato dall’Unione ipostatica, fa sì che anche ogni membro del Corpo Mistico possa unirsi alla Passione di Cristo Capo, completando nella propria carne quello che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del Suo corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). E nell’economia della salvezza, ogni uomo è chiamato a contribuire all’opera della Redenzione attivamente, senza cercare in un fatalismo ben poco cattolico un alibi alla propria ignavia.
Ma nel rievocare Lepanto, non possiamo non ricordare anche la figura eroica di Marcantonio Bragadin, nobile veneziano e governatore di Famagosta, a Cipro, durante l’assedio ottomano del 1570-1571. La città cadde nell’agosto 1571, e Bragadin negoziò una capitolazione onorevole con il comandante ottomano Lala Mustafa Pascià, che promise salva la vita ai difensori. I Turchi però, venendo meno alla parola data, violarono l’accordo: Bragadin fu torturato e sottoposto a una morte brutale; venne scorticato vivo e la sua pelle fu riempita di paglia e inviata come trofeo al sultano Selim II.
Questo orribile crimine suscitò sdegno nei membri della Lega Santa e la vittoria di Lepanto fu vista anche come una vendetta per l’assedio di Cipro, le atrocità subite da Bragadin (1) e come una punizione per la slealtà dei Turchi, inconcepibile per un cavaliere Cristiano.
L’eroismo di Bragadin trovò emuli anche nel golfo di Patrasso: don Giovanni d’Austria, Comandante supremo della Lega Santa a soli ventiquattr’anni e grande stratega, fu uomo di fede. Durante la battaglia incoraggiava i rematori e i soldati al grido: Non c’è paradiso per i codardi!
Sebastiano Venier, Capitano generale veneziano e veterano di settantacinque anni, si distinse per coraggio e ardore, incitando i suoi compagni: Chi non combatte non è Veneziano. Il suo eroismo gli meritò l’elezione a Doge nel 1577.
Il comandante veneziano Agostino Barbarigo morì in battaglia dopo essere stato colpito da una freccia a un occhio ed aver continuato a comandare l’ala sinistra della flotta, contribuendo così alla vittoria finale. Marcantonio Colonna, Ammiraglio pontificio, si distinse per il suo impegno nel soccorrere i feriti e nel garantire che i prigionieri ottomani fossero trattati con umanità, coerentemente con i valori cristiani che la Lega Santa professava.
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Fu il loro coraggio, la loro abnegazione, ma soprattutto la loro fede sincera e virile a costituire quel nulla che il Signore attende da noi prima di scendere in campo al nostro fianco e darci una vittoria altrimenti impensabile. Il Suo tutto, il nostro nulla. Il nulla di chi, sulle facciate dei palazzi, non si vergognava di incidere Non nobis Domine non nobis, sed nomini tuo da gloriam. Di chi, costituito in autorità e membro del Serenissimo Senato, non esitò ad attribuire la Vittoria della flotta cristiana non alla potenza navale, né alla forza delle armi, ma all’intercessione della Beata Vergine del Rosario, che San Pio V – il Papa di Lepanto – aveva ordinato di invocare recitando la santa Corona.
Perché vi fu un’epoca in cui gli uomini erano uomini, e uomini di valore, uomini di parola, uomini di guerra, uomini di fede. Peccatori certamente, ma coraggiosi, disposti a morire per difendere la Santa Chiesa e ricacciare gli idolatri invasori nelle loro plaghe remote. Ut Turcarum et hæreticorum conatus ad nihilum perducere digneris: Te rogamus, audi nos! Così pregarono a Costantinopoli, così pregavano a Lepanto, così hanno pregato a Vienna: sempre fiduciosi che l’aiuto di Dio sarebbe giunto nel momento in cui esso si mostrava inequivocabilmente divino e soprannaturale, e sempre con la mediazione della Madre di Dio, l’onnipotente per Grazia.
Il nostro Dio è un Dio geloso: geloso del Suo popolo e geloso della propria Signoria su di noi, che non permette sia usurpata da alcuno e che vuole condividere con la propria Santissima Madre, nostra Signora e Regina. Egli è Re e come Re vuole regnare: oportet illum regnare, è necessario che Egli regni. E quando regna Cristo, si compie il voto del Salmista: Beatus populus, cujus Dominus Deus ejus (Ps 143, 15), beato il popolo del quale è Signore il suo Dio.
Quanto tempo è passato dalla Vittoria di Lepanto! Cinquecentocinquantaquattro anni: oltre mezzo millennio. Ed oggi, in un mondo che guarda con incomprensione e disprezzo all’eroismo dei caduti di Lepanto e alla loro Fede, considerandoli pericolosi fanatici, le orde islamiche non solo non sono respinte ai nostri confini, ma sono accolte e ospitate e nutrite e curate e lasciate libere di delinquere e di trasformare la nostra Patria in una nazione islamica.
Trecentonovantun anni dopo Lepanto, il primo «concilio» della «nuova chiesa» – il Vaticano II di cui ricorre oggi l’anniversario dell’apertura – teorizzò quell’ecumenismo sincretico condannato dai Romani Pontefici che nell’arco di pochi anni avrebbe condotto Paolo VI, il 19 gennaio 1967 (2), a restituire lo stendardo che Mehmet Alì Pascià aveva issato sulla sua ammiraglia, la Sultana. In quel gesto sconsiderato Paolo VI umiliava la Chiesa e il suo Predecessore San Pio V, al quale quel vessillo era stato donato da Sebastiano Venier che lo aveva conquistato eroicamente arrembando la Sultana.
A dispetto delle smanie ecumeniche dei papi conciliari e sinodali, noi conserviamo ancora il gonfalone che San Pio V benedisse e fece issare al pennone della Reál, l’ammiraglia delle ammiraglie della flotta cristiana: un drappo di seta porpora bordata d’oro, al cui centro campeggia l’immagine del Santissimo Redentore, affiancata dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e il motto In hoc signo vinces. Fu Marcantonio Colonna a riportarlo a Gaeta, come voto fatto a Sant’Erasmo, patrono dei marinai (3). In quell’immagine e in quel motto si riassume il senso della vita cristiana, valido ai tempi gloriosi di Lepanto come nei tempi presenti di apostasia.
In nome di un distorto concetto di accoglienza e di inclusività, milioni di islamici sono traghettati e accompagnati nelle nostre città e villaggi, dove le chiese ormai vuote diventano moschee. In molti luoghi il suono sacro e solenne delle campane tace, ma vi risuona la voce del muezzìn che chiama alla preghiera i seguaci di Maometto. Se questo è oggi non solo possibile, ma addirittura incoraggiato e celebrato come conquista di civiltà, lo dobbiamo alla Rivoluzione: alla rivoluzione francese, per l’attacco alla monarchia cattolica nella sfera civile; alla rivoluzione conciliare e sinodale, per l’attacco alla sacra monarchia del Papato nella sfera ecclesiastica. Democrazia e sinodalità sono due facce della stessa falsa moneta. Su un lato campeggia l’emblema del liberalismo massonico, sull’altro quello dell’ecumenismo sincretista irenista.
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L’Europa è tornata da decenni ad essere terra di conquista e sarà presto a maggioranza islamica, specialmente in nazioni ribelli come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. Il loro tradimento di Nostro Signore Gesù Cristo e i loro crimini contro la Legge di Dio gridano vendetta al Cielo e non rimarranno impuniti. Ma anche l’Italia non è meno colpevole, dimentica dell’eredità gloriosa di cui è stata custode e che si fonda sulla Civiltà Cattolica, sulla Regalità di Cristo, su un ordine cosmico che pone al centro il Dio che si è fatto uomo, e non l’uomo che si fa dio. Come sempre è avvenuto nel corso della Storia, saranno i nemici di Dio a punire i Suoi figli ribelli.
Tornare a Lepanto? Ricostituire una Lega Santa contro i nemici della Cristianità?
La Provvidenza saprà indicarci la via al momento opportuno. Ma in qualsiasi frangente noi dovessimo trovarci, qualsiasi avversità, qualsiasi minaccia alla nostra Fede e alla nostra identità possa incombere su di noi, una sola cosa non dobbiamo dimenticare, delle ragioni della Vittoria: non sottrarci al nostro dovere di testimoniare la Fede che professiamo, il Battesimo nel quale siamo stati incorporati a Cristo, la Tradizione alla quale apparteniamo. Non trovare pretesti per rimanere inerti a guardare i nemici di Cristo mentre demoliscono la Santa Chiesa, soprattutto quando questi traditori sono ai vertici della Gerarchia. Non usare l’obbedienza come una coltre sotto cui nascondere l’ignavia e la mediocrità che la società contemporanea ci addita come modelli di tranquillizzante conformità al pensiero unico.
Facciamo la nostra parte, col coraggio e la fortezza dei soldati di Cristo: e Nostro Signore farà la Sua, con l’onnipotenza di Dio.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
7 Ottobre MMXXV
Maria Santissima Regina delle Vittorie,
Madonna delle Grazie
NOTE
1) La sua pelle fu successivamente recuperata dai Veneziani e portata a Venezia, dove è conservata nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo come reliquia. Bragadin divenne un simbolo del sacrificio veneziano contro l’espansione ottomana.
2) Paolo VI, Discorso al nuovo Ambasciatore di Turchia accreditato presso la Santa Sede, 19 Gennaio 1967. Cfr. https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1967/january/documents/hf_p-vi_spe_19670119_ambasciatore-turchia.html: «Poiché Noi stessi desideravamo manifestare in qualche modo i Nostri sentimenti, con un gesto che potesse essere gradito alle Autorità della Turchia contemporanea, è stata per Noi una gioia restituire un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di Lepanto, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano».
3 ) Conservato dapprima in un bauletto, nel Settecento fu disteso e incorniciato, così da poter essere esposto al pubblico. Nel ’43 una bomba tedesca lo danneggiò, anche se non irreparabilmente. Restaurato nel dopoguerra, oggi lo Stendardo di Lepanto è conservato – e visibile al pubblico – nel Museo Diocesano della cittadina laziale.
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Immagine di Andrea Vicentino (1542–1618), Battaglia di Lepanto (tra il 1571 e 1600), Museo Correr, Venezia
Immagine di Didier Descouens via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Il cardinale Müller avverte che la Chiesa non deve essere sfruttata per l’ideologi» sotto la bandiera dell’«inclusività»

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