Spirito
L’arcivescovo Aguer: la presentazione di Papa Leone XIV riporta alla mente «tempi più gloriosi»
Renovatio 21 ripubblica questo testo di monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata, argentina apparso su LifeSiteNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La presentazione del nuovo papa Leone XIV ha riportato alla mente tempi più gloriosi della Chiesa. È apparso sulla loggia in abiti papali e il nome che ha scelto richiama quello di Leone XIII, il papa della Rerum Novarum, il documento iniziale di un’esposizione aggiornata della dottrina sociale della Chiesa.
Dal 1903 al 1958, in una storia ricca di contrasti, si svolse un periodo di forte identità cattolica in cui si distinse la presenza prepotente del comunismo, che prese il controllo della Santa Russia nel 1917.
Il pontificato di Pio XII segnò il XX secolo con un prestigio eccezionale. La successione fu enigmatica. Il patriarca di Venezia, Angelo Roncalli, scelse l’insolito nome di Giovanni. Era il XXIII o il XXIV? Il primo dei due designava un presunto antipapa, da qui la confusione sul numero, che doveva essere distinto dalla serie di Pio. Si affrettò a protestare contro i «profeti di sventure» – e ce n’erano molti!
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Annunciò immediatamente che avrebbe convocato un concilio; lo fece e ne presiedette la prima sessione, poiché la morte lo portò via di lì a poco. Crea cardinale Giovanni Montini, arcivescovo di Milano, che gli succedette come Paolo VI e continuò il concilio. Ben presto si accorse che «attraverso una fessura, il fumo dell’inferno» si era infiltrato nel tempio di Dio.
Nel 1968 avvenne un cambiamento cruciale. Papa Montini comprese che, in effetti, l’era delle calamità era stata scatenata dalla teologia progressista e dalle sue conseguenze pastorali. Era l’anno dell’enciclica Humanae Vitae, appena citata in un’omelia di Papa Leone XIV. Il documento contraddiceva le illusioni di quanti sognavano un cambiamento nella Tradizione sul significato del matrimonio e della famiglia. Il Credo della Chiesa cattolica e la pubblicazione del Catechismo completarono una reazione contro un presunto Vaticano II, in realtà estraneo al concilio stesso, i cui documenti furono approvati quasi all’unanimità. Scoppiò l’opposizione dell’arcivescovo Marcel Lefebvre, che guidò qualche anno dopo un’alternativa che si diffuse in diverse nazioni.
La situazione cambiò radicalmente con il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, che sostituì Papa Albino Luciani (Giovanni Paolo I), morto dopo 33 giorni di pontificato. Papa Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II), originario di Cracovia, in Polonia, illuminò la Chiesa e raggiunse una popolarità mondiale che lo accompagnò con dolore durante la sua ultima malattia. Gli successe l’insigne teologo Joseph Ratzinger, che fu chiamato Benedetto XVI.
Dal conclave successivo giunse la singolare promozione dell’arcivescovo argentino di Buenos Aires e gesuita Jorge Mario Bergoglio, che scelse di chiamarsi Francesco – un nome insolito tra i nomi papali, forse aspirando a essere un riformatore della Chiesa, quando il santo di Assisi, così come il suo contemporaneo Domenico di Guzmán, guidarono un’epoca di santità interiore e missione (nulla a che vedere con la presunta riforma delle istituzioni ecclesiastiche).
Il lungo pontificato di Francesco sarà lasciato alle spalle, le sue battute dimenticate. La Chiesa affronta sempre la sua missione secondo il comando del Signore: far sì che tutti i popoli, le nazioni e le razze – pánta tà ethne – accolgano il Vangelo e diventino cristiani. La storia si snoderà fino al ritorno del Signore secondo la Sua promessa: «et iterum venturus est, iudicare vivos et mortuos» («e di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti»), come affermato nel Credo del Concilio di Nicea, che qui nel 2025 compie 1700 anni.
Héctor Aguer
Arcivescovo emerito di La Plata
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Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Immagine di Edgar Beltrán / The Pillar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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Spirito
Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»
In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.
Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».
Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».
Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.
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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».
Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.
Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.
Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.
A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.
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Immagine screenshot da YouTube
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Un papa mette, un altro toglie
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