Immigrazione
La strage di Erba opera di «due professionisti», non di Rosa e Olindo: torna a parlare Azouz Marzouk
Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e genitore del piccolo Youssef, entrambi trucidati durante la strage di Erba, supporterà la richiesta di riesame del processo riguardante Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi di vicini di casa condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage avvenuta l’11 dicembre 2006.
«Io supporterò la richiesta di revisione con argomenti sui quali sto lavorando con i miei legali. Non posso rivelare nulla, è una cosa su cui sto lavorando con i miei avvocati» ha dichiarato il Marzouk, secondo il Corriere Milano. L’uomo il primo marzo dovrebbe quindi presentarsi al tribunale di Brescia per l’udienza di discussione dell’istanza di revisione intentata dagli avvocati di Rosa e Olindo e dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser.
Secondo le dichiarazioni finite ai giornali, l’eccidio sarebbe stato perpetrato da «qualcuno di professionista» – un’idea che era del resto tra le prime piste battute subito dopo il fatto, quando qualcuno pensò ad un regolamento di conti nella criminalità immigrata. Poi, tuttavia, i due coniugi di Erba confessarono, separatamente ed accollandosi per intero la colpa degli omicidi.
Secondo il Corriere Milano, alla domanda sul perché Rosa e Olindo abbiano dapprima confessato e poi ritrattato, il Marzouk risponde ««non lo so, non me lo posso spiegare. Sicuramente sono stati ingenui, ma si vede lontano un miglio, non credo di essere l’unico a dire questo». Tuttavia l’uomo non avanza altre ipotesi: «le mie idee e le mie supposizioni mi hanno portato a una condanna per diffamazione, non voglio parlare di piste alternative né di altro».
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«Non credo proprio che dei vicini di casa per dei litigi, per rumori, possano arrivare a così tanto… non lo posso neanche immaginare» ha detto il tunisino ospite di un programma TV di RAI 3. «E poi è da precisare anche come sono stati ammazzati. Non è che stiamo parlando di persone ingenue, di questi due ingenui. È stato qualcuno che sa come colpire nella gola».
L’autopsia, in effetti, ha stabilito che tutte e tre le vittime sono state colpite nello stesso punto. «L’unico è Frigerio che si è salvato per miracolo, per questione di millimetri».
Secondo quanto riportato dai giornali, in un primo momento, dal letto di ospedale, il Frigerio aveva detto che l’aggressore era uno sconosciuto di carnagione olivastra. Frigerio, salvatosi dal fendente grazie ad una malformazione congenita alla carotide che gli evitò la morte per dissanguamento, è deceduto nel 2014.
Come riportato da Renovatio 21, la strage di Erba ebbe un potente effetto politico-mediatico: in reazione alla stampa che dapprima accusò il tunisino in prima pagina, si creò la cosiddetta Carta di Roma, cioè «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» dei giornalisti italiani, che sono tenuti a scrivere degli immigrati in un determinato modo, senza mai citare la provenienza degli stranieri coinvolti né possibilmente mostrarli in foto.
Dal 2016, i termini della Carta di Roma vengono inglobati nel «Testo unico dei doveri del giornalista», il documento deontologico dell’ordine. L’Associazione Carta di Roma, creata per diffondere il protocollo per gli immigrati, ha ricevuto il sostegno della Open Society di Soros, oltre che dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) e dell’8 per mille della Chiesa Valdese.
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Immigrazione
Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»
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Immigrazione
Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».
Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.
Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.
«Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».
TRUMP: “Our country’s at a tipping point. We could go bad.. We’re going to go the wrong way if we keep taking in garbage into our country.”
“Ilhan Omar is garbage. She’s garbage. Her friends are garbage. These aren’t people that work. These aren’t people that say, ‘let’s go,… pic.twitter.com/fmH2t3Q2gp
— Fox News (@FoxNews) December 2, 2025
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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».
Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.
Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.
In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.
His obsession with me is creepy. I hope he gets the help he desperately needs. https://t.co/pxOpAChHse
— Ilhan Omar (@IlhanMN) December 2, 2025
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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama.
La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.
Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».
La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.
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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
Immigrazione
Nemmeno la provincia è al riparo dalla violenza dell’immigrazione: in memoria di Thomas Perotto
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