Spirito
La sinodalità minata da un vescovo ortodosso durante il sinodo
Lunedì, parlando al Sinodo sulla sinodalità, il vescovo ortodosso metropolita Giobbe di Pisidia ha affermato che la definizione di sinodalità nel sinodo che si terrà a Roma «differisce molto» dalla comprensione ortodossa.
Il metropolita Giobbe di Pisidia nel suo discorso ha fatto riferimento al primo concilio ecumenico, il Concilio di Nicea del 325, e ha citato i canoni apostolici del IV secolo sul governo e la disciplina della chiesa paleocristiana. Su questa base ha dichiarato che «un sinodo è un incontro deliberativo di vescovi, e non un’assemblea consultiva di clero e laici».
«Alla luce di quanto sopra, potremmo dire che la comprensione della sinodalità nella Chiesa ortodossa differisce molto dalla definizione di sinodalità data dalla vostra attuale assemblea del Sinodo dei Vescovi», ha aggiunto.
Il metropolita Giobbe è il rappresentante permanente del Patriarcato ecumenico presso il Consiglio ecumenico delle Chiese: partecipa al sinodo sulla sinodalità come «delegato fraterno». I delegati fraterni sono rappresentanti non cattolici delle Chiese cristiane. Partecipano all’assemblea sinodale senza diritto di voto.
Secondo il rappresentante ortodosso: «Un sinodo è un incontro deliberativo di vescovi, e non un’assemblea consultiva di chierici e laici. Non può esserci sinodo senza primate, e non può esserci primate senza sinodo. Il primate fa parte del sinodo; non ha autorità superiore al sinodo e non ne è escluso. La concordia che si esprime attraverso il consenso sinodale riflette il mistero trinitario della vita divina».
«È attraverso questa pratica della sinodalità che la Chiesa ortodossa è stata amministrata nel corso dei secoli fino ai giorni nostri, anche se la frequenza e la costituzione dei sinodi può variare da una Chiesa autocefala locale all’altra», ha aggiunto.
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Mons. Giobbe ha poi ammesso che ci sono state «alcune circostanze storiche» in cui la Chiesa ortodossa si è allontanata da questa formula, anche per quanto riguarda la partecipazione dei laici al processo decisionale sinodale, in una serie di casi specifici, da lui elencati.
Infine, un’altra eccezione, ha spiegato, è la Chiesa di Cipro, dove i laici partecipano alla prima fase dell’elezione dei vescovi. «Tuttavia, la Chiesa di Cipro costituisce un caso eccezionale nell’Ortodossia contemporanea, dove la pratica della sinodalità coinvolge esclusivamente un’assemblea di vescovi», rilevando che durante un sinodo della Chiesa ortodossa di Creta nel 2016, i 62 assessori composti da membri del clero, monaci e laici non avevano voce o voto.
Questa testimonianza, aggiunta ad un recente intervento di un vescovo cattolico di rito orientale, dimostra che volerci far credere che la sinodalità di Francesco sia una tradizione sia nell’Ortodossia che tra i cattolici orientali, è una gigantesca bufala, che sconfina nella menzogna pura e semplice…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Tzim78 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
«Umiliazione della Chiesa dinanzi a un eretico concubinario globalista»: Mons. Viganò sulla preghiera congiunta del re britannico col papa
Migliaia di Martiri massacrati dalla furia anticattolica di Enrico VIII, Edoardo VI, Elisabetta I, Giacomo I, Carlo I e Carlo II si staranno chiedendo – increduli – come sia possibile che l’odierno successore di Clemente VII comunichi in sacris con il capo della chiesa… pic.twitter.com/cugRJvginQ
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 23, 2025
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Spirito
Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
Nel 1985, l’arcivescovo Lefebvre pubblicò la sua Lettera aperta ai cattolici perplessi.
Quarant’anni dopo, nel 2025, il sito web americano The Remnant ha pubblicato, sotto la penna di Robert Morrison, un articolo intitolato «La sacra saggezza dell’arcivescovo Marcel Lefebvre sulla crisi della Chiesa cattolica», in cui citava ampi estratti di questa lettera aperta, riconoscendo che «le citazioni dell’arcivescovo Lefebvre suonano più vere oggi di quando le scrisse decenni fa, e illuminano il cammino da seguire per rimanere fedeli cattolici».
Due anni dopo, nel 1987, l’arcivescovo Lefebvre avevaa pubblicato Lo hanno detronizzato: dal liberalismo all’apostasia, la tragedia conciliare. Nel 2025, sullo stesso sito, The Remnant , apparve un articolo di Andrew Pollard intitolato «Cristo Re deve essere re-incoronatoper salvare il mondo».
Quarant’anni fa, agli occhi dei «moderati» impenitenti, l’arcivescovo Lefebvre poteva sembrare uno di quei «profeti di sventura» che Giovanni XXIII non voleva più sentire quando aprì il Concilio Vaticano II, con un ottimismo la cui ingenuità oggi fa sorridere… o piangere.
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Vediamo lo stato attuale della Chiesa: pratica religiosa al suo punto più basso, seminari deserti, conventi vuoti, chiese distrutte o trasformate in sale espositive. Oggi non siamo più «perplessi», ma convinti che la diagnosi di Monsignor Lefebvre fosse corretta.
I fatti gli danno ragione in modo inconfutabile e i rimedi da lui proposti sono più che mai attuali, proprio perché non sono suoi, ma quelli della Tradizione bimillenaria: «Ho trasmesso ciò che ho ricevuto».
Quarant’anni è il tempo impiegato dagli Ebrei ad attraversare il deserto verso la Terra Promessa. Non osiamo affermare che presto raggiungeremo la terra «dove scorre latte e miele», ma adottiamo l’atteggiamento coraggioso dei veri pellegrini.
Nel deserto spirituale in cui viviamo, non costruiamoci idoli a nostra immagine e somiglianza e non rimpiangiamo le “cipolle d’Egitto”: questa sazietà di beni materiali offerta dal progresso tecnico, in cambio della servitù all’ideologia consumistica promossa dai nuovi faraoni.
Andiamo avanti! Non seguendo idoli moderni, ma dietro l’icona della Santissima Vergine. Andiamo avanti! Non sazi delle cipolle appassite di un edonismo ampiamente biodegradato, ma ben fortificati dalla manna della Santa Eucaristia. Andiamo avanti! Con l’inossidabile certezza che alla fine di questa lunga marcia si trova il trionfo dei Cuori uniti di Gesù e Maria.
Smettiamo di lamentarci dell’aridità del deserto spirituale che ci circonda, con i suoi tanti accessori a buon mercato. Con la grazia di Dio, scaviamo dentro di noi un’avidità spirituale : la fame e la sete dell’Unico necessario.
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Fotocollectie Elsevier Nationaal Archief via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata
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Papa Leone incontra le vittime di abuso poco dopo aver lodato don Milani
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