Ambiente
La pretesa emergenza idrica
Renovatio 21 pubblica il parere congiunto del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) e dell’Osservatorio contro la Transizione Ecologica (OCTE)
Parere sulla pretesa emergenza idrica
«L’acqua non è un diritto». Questa singolare affermazione, che in altri tempi sarebbe stata giudicata da chiunque gravemente lesiva della dignità e dei diritti umani fondamentali, è stata recentemente pronunciata dal presidente della società a responsabilità limitata che gestisce il servizio idrico di una provincia italiana. (1)
In un qualsiasi Paese civile, l’ente pubblico competente avrebbe preteso e ottenuto le dimissioni dell’autore di una simile esternazione, procedendo ad accertarne le ulteriori, eventuali responsabilità civili e penali.
Nell’Italia post-COVID e pre-razionamenti da climate change e/o guerra in Ucraina, invece, chi pronuncia frasi del genere può contare non soltanto sull’ignavia delle istituzioni, ma anche sulla compiacenza dei media e soprattutto sulla complicità del governo in carica, che da oltre due anni sta meticolosamente spianando la strada all’accettazione acritica di affermazioni simili a quella riportata.
È infatti sotto gli occhi di molti che il green pass fondato sull’obbligo vaccinale, introdotto dalla divisiva gestione politica del COVID, ha sdoganato il criterio della negoziabilità di diritti e libertà che – fino alla cosiddetta pandemia – erano considerati fondamentali e inviolabili perché innati nell’essere umano, quali il diritto alla vita e alla tutela della salute.
Ed è altrettanto evidente che il continuo ricorso a stati di emergenza di natura diversa (sanitaria, strategica, climatica, ambientale, energetica), secondo il metodo del biopandemismo, giustifica e giustificherà ancor più in futuro l’estensione di meccanismi e strumenti «premiali», simili al green pass, per limitare la titolarità e l’esercizio di altri diritti e libertà fondamentali, a partire dal diritto all’acqua: diritto che anche l’ONU, nel 2010, ha riconosciuto quale «human right» nell’ambito del più generale diritto di accesso ai servizi igienico- sanitari di base. (2)
Le cause della pretesa emergenza idrica, enfatizzata dai media – ma è solo una coincidenza – nel periodo di abituale siccità dovuta alle alte temperature estive, sono coralmente imputate al climate change, all’aumento della popolazione mondiale, all’inquinamento, al fabbisogno energetico e a quello agricolo: ossia a problemi globali che, secondo alcuni, richiederebbero risposte globali concertate a livello internazionale.
Queste risposte, che fatalmente lasciano presagire ulteriori erosioni della sovranità degli Stati e conseguentemente dell’autonomia degli individui, sono precedute, accompagnate e seguite da un consenso mediatico e politico in grado di oscurare i paradossi e le contraddizioni da esse generati, senza peraltro favorire – anzitutto sul piano educativo e culturale – un’inversione degli stili di vita e delle tendenze di consumo.
Sotto quest’ultimo profilo, un esempio può essere offerto dall’alimentazione: è infatti evidente che una corretta educazione alimentare contribuirebbe all’uso responsabile delle risorse, comprese quelle idriche, ma finirebbe per scontrarsi, proprio per questo motivo, con gli interessi delle multinazionali agro-industriali, interessi che in genere sono tenuti in considerazione dagli stessi consessi internazionali in cui vengono elaborate le risposte globali sopra evocate.
Allo stesso modo media e politica tendono a liquidare sbrigativamente altre cause della crisi idrica, da taluni ritenute secondarie, quali ad esempio l’inefficienza strutturale della rete distributiva italiana, che nel solo settore civile comporta livelli di dispersione pari al 40% dell’acqua veicolata; l’inadeguatezza degli investimenti nella manutenzione e nel miglioramento dell’efficienza della rete medesima, posti in secondo piano dai più lucrosi investimenti nel campo della depurazione – e quindi dello smaltimento dei rifiuti – e comunque scoraggiati dall’assenza di ritorni significativi, tenuto conto dell’ancora basso costo dell’acqua in sé; l’assenza di strumenti, anche normativi, che incoraggino e incentivino la raccolta e la conservazione delle acque piovane; non ultimo, il saccheggio sistematico e incontrollato, anche su scala medio-piccola, delle falde freatiche, cui attingono una miriade di soggetti privati per ragioni eticamente discutibili.
Cause, tutte queste, che non sempre raggiungono la ribalta mediatica – e quindi l’attenzione del pubblico – e quasi mai vengono rappresentate nella complessità delle reciproche relazioni.
Alla luce di queste considerazioni, il CIEB e l’OCTE:
1) Richiamano l’attenzione sui rischi derivanti dall’interpretazione unilaterale e fuorviante generalmente fornita dai media e dalla politica alle evidenze scientifiche relative alla pretesa emergenza idrica;
2) Sollecitano il pubblico a una disamina approfondita delle cause e delle possibili soluzioni della crisi idrica, come anche delle altre situazioni di crisi che ormai accompagnano quotidianamente la vita degli italiani;
3) Sottolineano ancora una volta l’effetto discriminatorio di meccanismi e strumenti «premiali» simili al green pass fondato sull’obbligo vaccinale – che è bene ricordare è stato prorogato dall’Unione Europea fino al giugno 2023 e dal governo italiano, approfittando della distrazione di massa provocata dalla guerra in Ucraina, fino al gennaio 2025 – e invitano le istituzioni, con particolare riferimento alla Corte costituzionale, a valutare attentamente la legittimità di meccanismi e strumenti siffatti;
4) Evidenziano la previsione contenuta nel cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – alla luce della quale dovrebbe essere riletta l’affermazione ricordata in apertura «L’acqua non è un diritto» – di procedere entro il mese di luglio 2022 alla valutazione della capacità degli enti locali di gestire la rete idrica e, in caso di valutazione negativa, di coinvolgere soggetti privati nella gestione della rete medesima, vanificando così l’esito del referendum popolare tenutosi nel 2011;
5) Evidenziano il rischio che la crisi economica che si prospetta per il prossimo autunno finisca per estendere l’applicazione dei meccanismi “premiali” alla fruizione delle due principali risorse degli italiani, ossia il risparmio privato e il patrimonio immobiliare, allo scopo – mai dichiarato ma ormai sotto gli occhi di tutti – di penalizzare ulteriormente il ceto medio e le piccole/medie imprese e, con essi, il tessuto sociale e produttivo d’Italia, nella prospettiva di un default pianificato dalle corporazioni finanziarie transnazionali e dalle organizzazioni internazionali che a dette corporazioni forniscono sostegno sul piano politico-istituzionale.
CIEB – OCTE
30 giugno 2022
Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb – www.ecsel.org/octe
NOTE
1) Cfr. https://www.malpensa24.it/lacqua-non-e-un-diritto-e-polemica-sulle-parole-del-presidente-di-alfa/.
2) Cfr. la risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU del 28 luglio 2010, intitolata «Human right to water and sanitation» (document A/64/L.63/REV.1).
Ambiente
L’Iran prova la geoingegneria contro la siccità
Le autorità iraniane hanno lanciato sabato un’operazione di «inseminazione delle nuvole» sul bacino del lago Urmia, il più grande del Paese ormai quasi completamente prosciugato, nel disperato tentativo di contrastare la peggior siccità degli ultimi decenni.
Il processo consiste nel disperdere nelle nubi, tramite aerei o generatori a terra, sali chimici (principalmente ioduro d’argento o di potassio) per favorire la condensazione del vapore acqueo e provocare precipitazioni. Ulteriori interventi sono previsti nelle province dell’Azerbaigian orientale e occidentale, ha reso noto l’agenzia ufficiale Irna.
Le piogge sono ai minimi storici: secondo l’Organizzazione meteorologica iraniana, quest’anno le precipitazioni sono calate dell’89% rispetto alla media pluriennale, rendendo questo «l’autunno più secco degli ultimi 50 anni».
I bacini idrici sono quasi vuoti e molte dighe registrano livelli a una sola cifra percentuale. La scorsa settimana il presidente Masoud Pezeshkian ha ammonito che, senza piogge imminenti, si renderanno necessari razionamenti idrici a Teheran e persino l’evacuazione parziale della capitale.
Il direttore del Centro nazionale per la gestione delle crisi climatiche e della siccità, Ahmad Vazifeh, ha definito «preoccupante» la situazione delle dighe nelle province di Teheran, Azerbaigian occidentale, Azerbaigian orientale e Markazi.
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Venerdì centinaia di persone si sono riunite in una moschea della capitale per pregare per la pioggia. Sabato scorso, per la prima volta quest’anno, sono caduti fiocchi di neve in una stazione sciistica a nord di Teheran, mentre precipitazioni si sono verificate nelle regioni occidentali e nord-occidentali del Paese.
Le autorità hanno inoltre annunciato sanzioni per famiglie e imprese che superino i consumi idrici consentiti.
La geoingegneria – fenomeno chiamato da alcuni «scie chimiche» – è oramai alla luce del sole ed è sempre più gettonata dai Paesi mediorientali.
Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole (cloud seeding) per contrastare la cronica scarsità d’acqua. L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce.
Tuttavia, gli esiti della geoingegneria sembrano essere non sempre imprevedibili e potenzialmente catastrofici: l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.
Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.
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Ambiente
Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»
Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli… pic.twitter.com/thIv4fsrKa
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) November 18, 2025
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Ambiente
Gli Emirati continuano con la geoingegneria
Gli Emirati Arabi Uniti hanno fatto ricorso all’inseminazione delle nuvole per contrastare la cronica scarsità d’acqua, ha dichiarato un direttore di ricerca locale.
L’inseminazione delle nuvole è un’operazione costosa: gli Emirati spendono milioni di dollari l’anno per accrescere le riserve di acqua dolce. I piloti sorvolano nubi promettenti e rilasciano particelle di sale per stimolare le precipitazioni in un Paese che riceve meno di 100 mm di pioggia annui.
La tecnica rientra nella «strategia di adattamento del Paese al cambiamento climatico», ha spiegato lunedì al Financial Times Alya Al Mazrouei, direttrice del Programma di ricerca degli Emirati Arabi Uniti per la scienza del miglioramento della pioggia (UAEREP).
Il metodo, tuttavia, ha suscitato controversie: i critici temono che possa aggravare eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, alterando i modelli naturali. Esprimono inoltre preoccupazione per l’impatto ambientale delle sostanze chimiche impiegate e per le possibili conseguenze indesiderate della modifica artificiale del clima.
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Orestes Morfin, esperto senior della Climate and Water Initiative in Arizona, ha dichiarato al quotidiano che «l’inseminazione delle nuvole è considerata un ulteriore strumento potenziale per incrementare l’approvvigionamento idrico».
In uno studio del 2023, gli scienziati del Centro nazionale di meteorologia degli Emirati Arabi Uniti hanno stimato che l’inseminazione delle nuvole potrebbe aggiungere fino a 419 milioni di metri cubi di acqua raccoglibile all’anno.
La scarsità d’acqua è una sfida storica per gli Emirati, che dipendono in larga misura dalla desalinizzazione per l’acqua potabile. Dall’inizio degli anni 2000, le autorità emiratine si sono impegnate per aumentare le precipitazioni con mezzi artificiali. Attualmente, il programma di miglioramento delle precipitazioni degli Emirati è operativo con dieci piloti e quattro velivoli, pronti a intervenire 24 ore su 24.
«Ogni volta che abbiamo l’opportunità di farlo… di solito non ne perdiamo nessuna», ha detto Al Mazrouei.
L’operazione è costosa: 8.000 dollari per ora di volo, con una media di 1.100 ore annue, per un totale di quasi 9 milioni di dollari. Tuttavia, Al Mazrouei sostiene che «il costo per metro cubo di acqua aggiuntiva è inferiore a quello della desalinizzazione». Gli Emirati hanno investito 22,5 milioni di dollari in sovvenzioni per la ricerca per perfezionare la tecnologia.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Dubai, città nel deserto, subì un incredibile allagamento a seguito di un diluvio ritenuto essere provocato dal programma di modifica metereologica del governo emiratino.
«Il cloud seeding mira a migliorare e accelerare il processo di precipitazione. Soprattutto nelle aree in cui non piove da molto tempo, precipitazioni così intense possono portare a un flusso eccessivo di infiltrazioni, con conseguenti potenziali inondazioni improvvise», ha dichiarato John Jaques, meteorologo della società di tecnologia ambientale Kisters, secondo il settimanale americano Newsweek.
«Le inondazioni di Dubai fungono da forte avvertimento sulle conseguenze indesiderate che possiamo scatenare quando utilizziamo tale tecnologia per alterare il clima». «Inoltre, abbiamo poco controllo sulle conseguenze dell’inseminazione delle nuvole. Dove esattamente pioverà effettivamente? L’uso di tecniche come il cloud seeding per portare le piogge tanto necessarie in un’area può causare inondazioni improvvise e siccità in un’altra».
Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.
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