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Ambiente

Osservatorio contro la Transizione Ecologica: parere sul Piano UE «Fit for 55»

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Renovatio 21 pubblica questo testo dell’ Osservatorio contro la Transizione Ecologica (OCTE)

 

 

È ormai sotto gli occhi di molti che i continui allarmi climatici, rilanciati di recente anche dai vertici delle agenzie dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali, costituiscono il substrato ideologico e politico delle azioni condotte da alcuni Governi nazionali allo scopo di avviare una controversa transizione ecologica: transizione finalizzata, apparentemente, alla riduzione della CO2 antropica e del riscaldamento climatico che da essa deriverebbe, ma in realtà mirante alla riorganizzazione – prima di tutto sul piano culturale – di oltre un secolo di «progresso» fondato sulle fonti energetiche non rinnovabili.

 

Al di là di ogni analisi critica circa la nozione stessa e l’eticità del progresso finora perseguito, è evidente che il catastrofismo climatico di origine antropica resta un concetto molto dibattuto e controverso (1), almeno quanto la sostenibilità socio-economica della cosiddetta transizione ecologica.

 

Come diffusamente rilevato, infatti, i risultati attesi dalle azioni così poste in essere, tutti ancora da dimostrare sul piano scientifico, sembrano destinati a realizzarsi in un futuro così lontano da rendere ineludibili, oggi, analisi costi-benefici ben più articolate e rigorose di quelle finora condotte.

 

A ciò deve aggiungersi che il peso economico e sociale di queste azioni – che prevedono la rapida decarbonizzazione dei cicli produttivi su scala globale – finirà inevitabilmente per colpire, destabilizzandole, famiglie e imprese già impoverite dall’emergenza COVID-19.

 

Tralasciando per il momento fenomeni eclatanti e ben noti al pubblico – come ad esempio l’ipertrofica diffusione delle pale eoliche, che formerà oggetto di un futuro parere dell’OCTE – esempio paradigmatico di questa controversa transizione ecologica è costituito dal piano dell’Unione europea finalizzato all’attuazione del «Green Deal» (2) e denominato «Fit for 55» («Pronti per il 55») (3).

 

Come noto, il «Fit for 55» persegue la riduzione del 55% delle emissioni antropiche di CO2 entro il 2030 – in linea con quanto previsto dall’”Agenda 2030” dell’ONU – quale tappa fondamentale di quella «neutralità climatica» che deriverebbe, secondo alcuni, dal totale azzeramento delle emissioni antropiche di CO2 entro il 2050.

 

È tuttavia agevole rilevare che un piano del genere, fondato su misure a dir poco draconiane, appare non solo di difficile realizzazione, considerata l’assenza di adeguate fonti energetiche alternative e realmente sostenibili dal punto di vista ambientale, ma anche in grado di incidere profondamente sull’economia e sull’occupazione degli Stati europei, nonché di compromettere in modo significativo diritti e libertà individuali costituzionalmente garantiti in alcuni ordinamenti nazionali, tra cui la libertà d’iniziativa economica privata.

 

Ciò nonostante, e forse proprio per questo, le istituzioni dell’Unione europea proseguono imperterrite nella realizzazione del «Fit for 55», elaborato con il fattivo contributo degli stakeholders di settore e quindi in consessi spesso distanti dalle sedi istituzionali della democrazia.

 

Ma anche quando il dibattito sulla transizione ecologica riesce ad approdare nelle aule parlamentari, è facile assistere a forme singolari di suicidio politico da parte di chi, evidentemente teleguidato da una propaganda faziosa e fuorviante in materia di climate change, si sente addirittura più «realista del Re».

 

In tal senso va ricordata la votazione svoltasi l’8 Giugno 2022 al Parlamento europeo, dove il «Fit for 55» elaborato e proposto dalla Commissione europea è stato approvato con il voto favorevole dei partiti che più affermano di difendere diritti, sicurezze e libertà fondamentali, ossia i partiti di sinistra (4).

 

Può quindi apparire singolare che gli emendamenti votati dal Parlamento europeo (5) siano addirittura più stringenti del testo licenziato dalla Commissione, arrivando a chiedere di anticipare al 2022 la prevista riduzione del 55% delle emissioni antropiche di CO2 in linea con i contenuti del «Patto per il clima» adottato a Glasgow nel novembre 2021.

 

Il Parlamento europeo ha inoltre approvato:

 

1) lo stop alla costruzione e alla vendita, a partire dal 2035, di automobili dotate di motori a benzina e diesel, inclusi quelli ibridi;

 

2) lo stop all’inclusione dei biocarburanti tre le soluzioni alternative all’impiego di combustibili fossili;

 

3) lo stop alla riforma «morbida» del sistema Emissions Trading System (ETS), che finirà per scaricare sul prezzo finale di beni e servizi – e quindi sui consumatori – i costi delle speculazioni finanziarie relative alla compravendita dei permessi di emissione di CO2, che l’Unione europea può cedere alle industrie a più alto impatto climatico.

 

È agevole rilevare che le principali conseguenze dell’applicazione del piano «Fit for 55» sul piano tecnologico, produttivo ed economico consisteranno:

 

– nella creazione, secondo la stessa Commissione europea, di oltre 600.000 disoccupati nel solo settore automotive europeo (di cui circa 70.000 in Italia), senza considerare il numero imprecisato e imprecisabile di disoccupati nei settori a esso collegati, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese (PMI);

 

–  nella consegna de facto nelle mani dell’industria cinese dell’intera produzione automobilistica europea, in virtù: i) del monopolio globale che la Cina detiene sulle Terre Rare, ossia sugli elementi chimici necessari alla fabbricazione delle batterie dei motori elettrici; ii) della mole di investimenti che da tempo la Cina promuove nel campo della produzione e della commercializzazione delle auto elettriche;

 

–  nella grave e probabilmente definitiva perdita di competitività e di know how delle industrie dei Paesi europei, con drammatiche conseguenze occupazionali, reddituali e sociali di breve, medio e lungo periodo;

– nell’ulteriore impoverimento dei cittadini europei che saranno costretti a sopportare, tra l’altro, l’incremento delle tariffe di trasporto inevitabilmente conseguente all’aumento dei costi sostenuti dai vettori a causa della citata riforma dell’ETS.

 

Sul piano politico e strategico, inoltre, le conseguenze del «Fit for 55» consisteranno:

 

– nell’ulteriore svuotamento delle prerogative sovrane dei Parlamenti degli Stati membri dell’Unione, coerentemente con le dinamiche globaliste promosse dal capitalismo finanziario transnazionale;

 

– nella cessione delle strategie relative a mobilità e logistica a un Paese, come la Cina, che mostra una singolare concezione della concorrenza e della democrazia.

 

La valutazione di tale epocale autogol è sotto gli occhi e alla portata di chiunque e svela la strategia che si cela dietro il «Fit for 55»: utilizzare o sollecitare evidenze scientifiche controverse o funzionali per pianificare crisi di natura diversa (climatica, energetica, ambientale, strategica, alimentare, sanitaria), ma tutte volte a legittimare l’introduzione e il mantenimento di misure restrittive di diritti e libertà fondamentali, secondo un approccio paternalistico fondato sui principi dell’economia comportamentale.

 

Dopo l’affaire COVID, siffatto «biopandemismo» è in via di realizzazione anche in campo ambientale ed energetico con buona pace dei cittadini europei e di quelli italiani in particolare, tenuto conto delle peculiarità industriali e socio-economiche del nostro Paese.

 

A questo proposito vale la pena di fare un’ultima osservazione.

 

È singolare che una deroga al «Fit for 55» sia prevista per le aziende europee che producono meno di 1.000 veicoli «termici» l’anno, come è il caso, ad esempio, di alcuni marchi storici e prestigiosi (quali, ad esempio, Ferrari e Lamborghini). A meno di non volere ricavare da ciò un’analisi neo-malthusiana, che si innesta sul neo-darwinismo elitario promosso con ogni evidenza dalla CommissioneEuropea, non resta che prendere atto, maliziosamente, della logica sancita dal «Fit for 55»: ossia che il comportamento delle classi più abbienti produce sul clima effetti diversi da quelli prodotti dal comportamento delle classi meno abbienti.

 

Sulla base delle considerazioni esposte, l’OCTE:

 

A) denuncia la tendenza ad applicare diffusamente, tanto a livello nazionale quanto a livello internazionale, l’approccio fondato sulla presunta origine antropica dell’evoluzione climatica globale;

 

B) critica le strategie del Green Deal, in quanto basate su una mono-narrazione che scoraggia ogni dibattito relativo all’evoluzione climatica in corso e alle iniziative da intraprendere in merito;

 

C) stigmatizza l’applicazione del piano «Fit for 55» dell’Unione europea, che non tiene nella dovuta considerazione l’aggravamento della crisi economica ed energetica conseguente al conflitto in Ucraina;

 

D) chiede ai decisori politici europei e nazionali, nonché al mondo accademico, di liberarsi dai diktat imposti da evidenze scientifiche controverse, infondate o strumentali6 per tornare ad assumere il ruolo di effettivi rappresentanti, rispettivamente, della democrazia e del pensiero critico, anche in vista delle complesse scelte politiche che la congiuntura economica imporrà nel prossimo futuro.

 

 

OCTE

 

21 Giugno 2022

 

La versione originale del Parere è pubblicata sul sito: https://www.ecsel.org/octe/

 

 

NOTE

1) In proposito si veda, tra gli altri, R. Graziano, «I lotofagi climatici, il global warming e lo zeitgeist della “modernità”», in Rivista dell’OCTE, 2022, n. 0, https://www.ecsel.org/octe.
2) Cfr. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_21_3541.
3) Cfr. https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/fit-55-delivering-eus-2030-climate-target-way-climate-neutrality.
4) I voti favorevoli sono stati 339, a fronte di 249 voti contrari e 24 astensioni.
5) Cfr. https.//www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0234_EN.pdf.
6) In tal senso si veda il dossier approvato il 14 giugno 2022 dal Servizio studi del Senato della Repubblica e dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea dalla Camera dei Deputati, il cui primo capitolo è dedicato a «Un Green Deal europeo».

 

 

Immagine di woodleywonderworks via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

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Ambiente

Ecoteppisti attaccano ancora Van Gogh

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Tre attivisti del movimento «Just Stop Oil» sono stati accusati di danneggiamento dopo aver lanciato zuppa di pomodoro contro due dipinti di Vincent van Gogh della serie «I Girasoli» esposti venerdì alla National Gallery di Londra.

 

Stephen Simpson, 61 anni, Phillipa Green, 24 anni, e Mary Somerville, 77 anni, sono stati arrestati, ha affermato la National Gallery in una nota, aggiungendo che i dipinti, racchiusi in una teca di vetro, non sono stati danneggiati.

 

Secondo il museo, tre persone sono entrate in una sala della mostra «Van Gogh: Poeti e amanti» e hanno lanciato una «sostanza simile a una zuppa» contro due opere, una delle quali è in prestito dal Philadelphia Museum of Art.

 

«I dipinti sono stati rimossi dall’esposizione ed esaminati da un restauratore e sono intatti. Puntiamo a riaprire la mostra il prima possibile», ha affermato la National Gallery.

 

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In un video pubblicato dagli attivisti sui social media, si vedono i manifestanti lanciare la zuppa dalle lattine contro il dipinto, mentre si sentono i visitatori reagire con indignazione.

 

«Le generazioni future considereranno questi prigionieri di coscienza dalla parte giusta della storia», ha affermato Phil Green, uno dei partecipanti all’azione.

 

L’azione è avvenuta poche ore dopo che due manifestanti del movimento Just Stop Oil, Phoebe Plummer, 23 anni, e Anna Holland, 22 anni, sono state condannate a pene detentive per aver causato danni stimati in 10.000 sterline (10.800 euro) alla cornice di un dipinto del pittore olandese omosessuale con l’orecchio mozzato nel 2022.

 

Just Stop Oil ha affermato che l’azione era un «segno di sfida» in risposta alla condanna di Plummer e Holland, che hanno ricevuto rispettivamente condanne di due anni e 20 mesi. Il giudice, Christopher Hehir, ha affermato che il «tesoro culturale» avrebbe potuto essere irrimediabilmente danneggiato o addirittura distrutto.

 

«Non vi importava se il dipinto fosse danneggiato o meno», ha detto il giudice britannico. «Non avevate alcun diritto di fare quello che hai fatto a I Girasoli».

 

Just Stop Oil ha fatto notizia vandalizzando opere d’arte e interrompendo il traffico in tutto il Regno Unito per fare pressione sul governo affinché sospendesse le licenze di estrazione di combustibili fossili. Il dipinto di Van Gogh è l’ultima opera presa di mira dagli attivisti per il clima. Negli ultimi anni, sono state attaccate opere di artisti come Leonardo da Vinci, Andy Warhol e Claude Monet.

 

L’organizzazione ecovandalica Just Stop Oil, che parrebbe in quanto ad immagine coordinata (colori, logo, etc.) una variazione di Last Generation, due mesi fa aveva attaccato l’aeroporto internazionale londinese di Heathrow. Due settimane prima due attivisti del gruppo, nel giorno del solstizio d’estate, avevano vandalizzato il monumento preistorico di Stonehenge nel Sud-Ovest dell’Inghilterra, usando vernice arancione.

 

Altri atti vandalici del gruppo hanno incluso, oltre il lancio di zuppa e vernice su opere d’arte, anche l’incollarsi ai dipinti.

 

Come riportato da Renovatio 21, attivisti climatici di sinistra avevano vandalizzato gli alberi di Natale in Germania sostenendo che l’atto aveva lo scopo di richiamare l’attenzione sulla crisi climatica che condanna il futuro dell’umanità.

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Ecozeloti hanno preso di mira recentemente anche Venezia, lanciando fango contro la Basilica di San Marco e colorando di verde le acque sotto il Ponte di Rialto. in Vaticano due attivisti ambientalisti si sono incollati alla statua del Lacoonte. Un anno fa attivisti ecoestremisti attaccarono il Tour de France.

 

Lo scorso novembre il capitolo tedesco del gruppo sul cambiamento climatico Last Generation (in italiano, Ultima Generazione) è stato designato come «organizzazione criminale» dal tribunale regionale di Monaco di Baviera. I cittadini tedeschi, esasperati, avevano iniziato mesi fa a reagire ai blocchi del traffico da parte degli ecoattivisti rimuovendo con la forza gli attivisti.

 

L’ideologia di tali gruppi sembra sempre più disperata e apocalittica. Al co-fondatore di uno di questi movimenti eco-estremisti, Extinction Rebellion, Roger Hallam, è stato attribuito un opuscolo dove si diceva che il cambiamento climatico – ovviamente causato dagli esseri umani – porterà allo stupro di gruppo di «tua madre, sorella e fidanzata (…) Ti costringeranno a guardare, ridendo di te. Alla fine ti accuseranno di divertirti».

 

Come riportato da Renovatio 21, la deputata tedesca di Alternative fuer Deutschland Beatrix Von Storch lo scorso aprile aveva tenuto un denso discorso al Bundestag che dimostrava gli interessi economici dietro l’ecologismo e i suoi scherani, con i movimenti foraggiati da miliardari con investimenti a lungo termine sul cambiamento tecnologico energetico.

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Il Partito Verde tedesco crolla: dimissioni dei giovani leader

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In seguito all’annuncio di ieri dei leader del partito verde tedesco Omid Nouripour e Ricarda Lang che si sarebbero dimessi alla convention del partito di novembre, anche i leader della Grüne Jugend («Gioventù verde») Svenja Appuhn e Katharina Stolla e l’intero comitato esecutivo di dieci membri si sono dimessi dai loro incarichi e hanno persino lasciato il partito.   La loro decisione entrerà in vigore alla convention della Gioventù verde del 18 ottobre a Lipsia. Non tutti i 16.000 giovani del partito starebbero abbandonando il partito.   «Abbiamo preso la decisione di lasciare il partito nelle ultime settimane, vale a dire prima che l’esecutivo del partito annunciasse le sue dimissioni», si legge nella lettera del 25 settembre sera che Appuhn e Stolla hanno inviato all’esecutivo del partito. «Tuttavia, non abbiamo ritenuto responsabile annunciare la nostra decisione durante le campagne elettorali statali, poiché eravamo preoccupati che avrebbe messo in ombra le già difficili campagne elettorali».   «Ultime settimane» apparentemente si riferisce a conflitti estesi e accesi tra i leader del partito e l’organizzazione giovanile, che pensa che la protezione del clima sarà intensificata tramite fondi extra derivanti dalla tassazione dei ricchi.

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I giovani respingono anche qualsiasi condizione per la Germania nell’accogliere i rifugiati. È interessante notare che, sebbene i giovani si oppongano ai 100 miliardi di euro di finanziamenti extra per la militarizzazione, che preferiscono spendere per il clima, finora non hanno dichiarato opposizione al finanziamento della guerra in Ucraina.   Ieri Svenya Appuhn ha scritto su X:   «Le cose non possono restare come sono. I timori di declino si stanno diffondendo, il mondo è in fiamme e gli esponenti della destra stanno traendo profitto dalla frustrazione. Come membri del consiglio federale ed ex studenti, oggi lasciamo i Verdi. Ci stiamo preparando a costruire una forte forza di sinistra in Germania. Insieme agli ex e storici membri dei Giovani Verdi, vogliamo fondare una nuova organizzazione giovanile di sinistra».   Non è improbabile che ora i giovani verdi si uniranno agli attivisti del movimento Friday4Future, Extinction Rebellion et similia – gruppi non popolarissimi tra gli automobilisti tedeschi.   Come riportato da Renovatio 21, a seguito dello sforzo di fermare l’avanzata dell’AFD, il partito dei Verdi è stato cannibalizzato dai socialisti del SPD alle recenti elezioni in Brandeburgo, dopo nessun esponente ecologista è stato eletto, rimanendo quindi fuori dal Parlamento del land. Verdi, socialisti e democristiani hanno tentato in ogni modo di bandire l’AFD, che ora è il secondo partito in Germania e il primo nella parte orientale del Paese.   L’astro nascente della politica tedesca, l’ex deputata della Linke Sahra Wagenknecht, forte di grandi risultati elettorali con il suo nuovo partito BSW, attacca frontalmente i verdi come partito di incompetenti – accusati di essere di danno all’industria nazionale – e guerrafondai.   Polemiche contro le politiche verdi sono emerse l’anno passato quando si è scoperto il rischio che la stessa capitale Berlino possa essere lasciata senza acqua a causa della fine dell’estrazione della lignite nella regione orientale di Lausitz.   Tra i giovani verdi, si distingue il giovane deputato nazionale Johannes Wagner, che aveva dichiarato che i tedeschi hanno «l’obbligo morale» di sacrificare i loro standard di benessere.   Il mese scorso i Verdi avevano difeso una bozza di riforma dell’Ufficio Federale Tedesco della Polizia Criminale (BKA) che consentirebbe alle forze dell’ordine di perquisire le case dei cittadini in segreto.   Tre anni fa i Verdi avevano pensato di togliere la parola «Germania» dal nome ufficiale del partito.   Come riportato da Renovatio 21, secondo sondaggi un’ampia maggioranza di tedeschi vorrebbe mantenere l’energia atomica. I Verdi, di contro, sono stati accusati di aver mentito per accelerarne la dismissione.

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Seoul accusa: La Corea del Nord fucila funzionari per le inondazioni di luglio

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Lo ha riferito un’emittente televisiva sudcoreana, mentre i servizi segreti hanno dichiarato che stanno monitorando la situazione. Alcuni esperti hanno espresso scetticismo, ma durante una riunione del Politburo Kim Jong-un aveva detto che avrebbe punito coloro che avevano «trascurato» i loro doveri.

 

Secondo quanto riportato da un emittente televisiva sudcoreana, la Corea del Nord ha sottoposto a esecuzione capitale decine di funzionari ritenuti responsabili dei danni causati dalle inondazioni che a luglio avevano colpito il Nord del Paese.

 

Citando una fonte anonima del governo sudcoreano, la TV Chosun ha affermato che tra i 20 e i 30 funzionari sono stati fucilati nei giorni scorsi. Si tratta di un’affermazione riguardo cui alcuni esperti hanno espresso scetticismo.

 

Tuttavia, questa mattina, l’agenzia di spionaggio di Seoul, la National Intelligence Service, ha dichiarato che sta «attentamente monitorando» gli sviluppi riguardo la situazione, senza fornire ulteriori dettagli. Il ministero dell’Unione di Seoul, che si occupa di gestire le relazioni con la Corea del Nord, ha declinato di commentare.

 

Si stima che migliaia di persone siano morte durante le alluvioni che hanno colpito in particolar modo la provincia di Jagang, che confina con la Cina e ospita il fiume Yalu (o Amnok). I media sudcoreani hanno riferito che durante i lavori di bonifica del terreno sono stati rinvenuti dei cadaveri.

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L’apparato propagandistico della Corea del Nord aveva diffuso foto del dittatore nordcoreano Kim Jong-un che supervisionava le operazioni di soccorso, ma senza riportare il numero dei decessi. Tuttavia, secondo la Korean Central News Agency di Pyongyang, le piogge hanno danneggiato almeno 4.100 abitazioni e distrutto circa 3mila ettari di terreni agricoli nella città di Sinuiju, snodo commerciale collegato alla Cina tramite un ponte. Circa 5mila persona erano invece state portate in salvo.

 

Durante una riunione d’urgenza del Politburo di fine luglio, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un aveva dichiarato che avrebbe punito i funzionari di governo colpevoli di aver causato vittime per aver completamente «trascurato» i loro doveri.

 

L’agenzia di stampa Yonhap ha scritto che l’ex segretario del comitato provinciale di Jagang, Kang Pong-hun, potrebbe essere tra coloro che sono stati fucilati. Kang e altri membri del partito, tra cui il ministro della Pubblica sicurezza Ri Thae-sop, erano stati rimossi dai loro incarichi durante la riunione di emergenza del Politburo.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

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