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Vaccini

La PAV e i vaccini: cannibalismo di feti umani & co.

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La tematica dei vaccini che oggi riempie i blog, le camere e i senati ha un aspetto davvero inquietante e di cui finora non si era mai parlato all’interno di questa rubrica: oltre a tutte le varie sfaccettature circa le reazioni avverse, la coercizione di stato, le farse sull’immunità di gregge e via di scorrendo, esiste qualcosa di molto più inquietante che implica una riflessione morale per i cattolici affiatati a sostenere la santa efficacia dei vaccini. 
È cosa ormai comprovata e scientificamente ammessa che certuni vaccini sono stati preparati con cellule provenienti da feti umani abortiti volontariamente. La cosa è talmente gravosa dal punto di vista morale che nel 2005 la Pontificia Accademia per la Vita fu costretta ad emettere un documento con annesse riflessioni rispetto a questa tematica così delicata
 . Lasciando perdere le conclusioni tratte dal documento, è bene soffermarsi sull’aspetto morale a proposito dell’utilizzo di vaccini con linee cellulari provenienti da procurato aborto, che dalla PAV (quella del 2005, è bene ribadirlo) viene ricordata come cooperazione al male formale o materiale, secondo la tradizionale teologia morale:
“La prima distinzione di principio che può essere fatto è quella fra formale e la cooperazione di materiale. La cooperazione formale si esegue quando l’agente morale coopera con l’azione immorale di un’altra persona, condividendo la cattiva intenzione della seconda. D’altra parte quando un agente morale coopera con l’azione immorale di un’altra persona, senza condividere la sua cattiva intenzione è il caso della cooperazione di materiale. 
La cooperazione di materiale può essere divisa ulteriormente nelle categorie di immediata (diretta) e mediata (indiretta), distinguendo se la cooperazione è nell’esecuzione dell’azione peccaminosa per se, o se l’agente agisce adempiendo alle condizioni – od offrendo strumenti o prodotti – che rendono possibili il commettere l’atto immorale. Inoltre, forme della cooperazione immediata e la cooperazione remota possono essere distinte, in relazione alla “distanza” tra (sia esso nelle condizioni di spazio temporale o collegamento di materiale) l’atto della cooperazione e l’atto peccaminoso commesso da qualcun altro. La cooperazione di materiale immediata è immediata sempre, la cooperazione di materiale mediata può essere immediata o remota”.

 

Il documento si sofferma poi parecchio sulla cooperazione formale – fra le due ovviamente la più grave -, tuttavia questo non è fondamentale ai fini del nostro discorso: è ovvio che qui trattasi di cooperazione materiale mediata.
Per farla breve e parlando chiaro: questa cooperazione al male – nel caso specifico dei vaccini – può essere lecita nonostante l’atto immorale adottato volontariamente da chi produce i vaccini. Però attenzione, questo è ciò che sostanzialmente il documento sui vaccini della PAV cerca di fare passare, esprimendo come motivo giustificante il rischio di salute non solo del singolo, ma anche della collettività:
“Comunque, se questi ultimi [i bambini NdA] sono a rischio di pericoli considerevoli alla loro salute, i vaccini con problemi morali che sono destinati a loro possono essere usati su una base provvisoria. La ragione morale è che il dovere di evitare la cooperazione di materiale passiva non è obbligatorio se c’è inconvenienza grave. Inoltre, noi troviamo, in tale caso, una ragione proporzionale per accettare l’uso di questi vaccini nella presenza del pericolo di favorire l’espansione dell’agente patologico, a causa della mancanza di vaccinazione di bambini”. 

 

Anche in chiusura di documento, nell’essenziale riassunto finale, viene ribadito lo stesso concetto:
“(…) Tale cooperazione accade in un contesto di coercizione morale della coscienza di genitori che sono costretti a scegliere di agire contro la loro coscienza o altrimenti, mettere la salute dei loro bambini e della popolazione nell’insieme a rischio. Questa è una scelta alternativa ed ingiusta che deve essere eliminata al più presto possibile”.

 

Dalle argomentazioni precedenti e da quelle di battuta finale, la PAV ribadisce che questa cooperazione può essere giustificabile – giacché non cooperazione formale e volontaria – laddove il rischio di astenersi per ragioni morali compromettesse la salute dei propri figli e di tutta la popolazione come già detto. Praticamente si dà per scontato che non vaccinare i propri figli, a prescindere dal movente, voglia dire mettere in pericolo la società. Questo non solo è erroneo da un punto di vista statistico, ma lo è anche da un punto di vista reale: non siamo dinnanzi a nessuna epidemia e questo comporta che ci sia una responsabilità ancor maggiore per chi decide di cooperare a questo male anche se in maniera materiale, mediata e passiva. La situazione alla quale l’Europa si trova davanti non è una situazione che segnali rischi di epidemie mortali o simili cose; tutt’altro. Ecco perché la questione si fa molto più spinosa, tenendo pure presente che i vaccini riallacciati a queste linee cellulari sono fra i più comuni (vaccini trivalenti MPR di tutto il mondo, vaccini contro la Varicella, vaccini contro l’Epatite-A, vaccini contro l’Herpes zoster, alcuni vaccini contro la Rabbia ed ancora in alcuni vaccini contro la Poliomielite, di cui dopo vedremo i precisi nomi delle linee).
Si è parlato fino ad ora di un documento datato 2005, a seguito del quale non vi è più stato un pronunciamento ufficiale della Chiesa. La CEI, a dire di quest’ultimo documento, auspicava che questa produzione illecita smettesse. Arrivati al 2017, ben dodici anni dopo, con un decreto che rende obbligatori dieci vaccini e altri li consiglia ancora fortemente, il problema si ripropone con una portata gigantesca, fino al punto di spingere grandi gruppi di cattolici a mobilitarsi per chiedere al Papa che possa essere riconosciuta l’obiezione di coscienza per i cattolici aventi figli in età vaccinale. Il motivo dell’aborto procurato implica ovviamente una muraglia etica – nonostante tutte le premesse – da parte di coloro i quali tengono alla difesa integrale della vita.
Per quanto in casi straordinari risulterebbe apparentemente lecito cooperare con questo male, salvo fatto che come detto qui non ci sarebbe giustificazione alcuna vista la zona “epidemia free”,questo non potrebbe mai lasciare indifferente una coscienza, ma anzi la turberebbe con grande morso morale ed etico.

 

Ecco ciò che ha spinto questi cattolici a rivolgersi direttamente al Papa per ottenere una sorta di “dispensa” dai vaccini incriminati. Il proposito non solo non ha ricevuto una risposta diretta, ma si è pure imbattuto nella risposta dell’attuale Presidente della Pontificia Accademia della Vita, il signor Vincenzo Paglia, che con una nota rilanciata qualche giorno fa anche da AgenSIR- uno dei più grandi organi di informazioni della CEI – ha respinto le obiezioni rassicurando tutti sulla infallibilità dei vaccini e sulla loro “pulizia” morale ed anche scientifica:
“Il difetto di vaccinazione della popolazione implica il grave rischio sanitario di diffusione di pericolose e spesso letali malattie infettive, debellate in passato, proprio grazie all’uso dei vaccini, come, ad esempio, il morbillo, la rosolia e la varicella”. 

 

Così inizia la nota, e casualmente si scorge subito che la lingua batte là dove il dente vuole: l’esaltazione del vaccino contro il morbillo e la rosolia, il famoso MMR tanto calato nell’uso comune dopo gli studi pubblicati dal Dottor Wakefield in Inghilterra.
Ma la nota diffusa dalla PAV insieme all’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute e all’Associazione medici cattolici italiani (Amci) non si limita ad avvalorare il rischio di epidemie inesistenti quali il morbillo e altre malattie come la varicella, ma continua affermando che non ci sono più problemi morali nell’uso di alcuni vaccino: “nel passato i vaccini possono essere stati preparati da cellule provenienti da feti umani abortiti, oggi però le linee cellulari utilizzate sono molto distanti dagli aborti originali: i vaccini a cui si fa riferimento, fra quelli maggiormente in uso in Italia, sono quelli contro la rosolia, la varicella, la poliomielite e l’epatite A. Va considerato che oggi non è più necessario ricavare cellule da nuovi aborti volontari, e che le linee cellulari sulle quali i vaccini in questione sono coltivati derivano unicamente dai due feti abortiti originariamente negli Anni Sessanta del Novecento”. 

 

La mancanza di contenuti, la banalità scientifica e morale con cui si è stesa questa nota è agghiacciante. E vediamo subito perché.
Per comprendere il problema è necessario anzitutto capire quali siano le due linee cellulari contenute nei vaccini a cui la PAV fa riferimento: il primo è della linea WI-38 (Istituto di Winstar 38), contenente fibroblasti diploidi di polmone umano, provenienti da un feto femmina che è stato abortito perché “la famiglia aveva troppi bambini” (G. al di et di Sven., 1969). Fu preparato e sviluppato da Leonard Hayflick nel 1964 (L. Hayflick, 1965; G. al di et di Sven., 1969). WI-38 è usato per la preparazione del vaccino storico RA 27/3 contro la rosolia (S.A. Al di et di Plotkin 1965).
La seconda linea di cellula umana è MRC-5 (Consiglio di Ricerca Medico 5) (umano, polmone, embrionale), con fibroblasti di polmone umano che provengono da un feto maschio di 14 settimane abortito per “ragioni psichiatriche” da una donna di 27 anni nel Regno Unito. MRC-5 è stato preparato e sviluppato da J.P. Jacobs nel 1966 (J.P. Al di et di Jacobs 1970).
Queste linee cellulari hanno prodotto questi specifici vaccini prodotti dalle seguenti case farmaceutiche (con la qual collaborazione il Ministro Lorenzin ha costruito il recente decreto) :
-vaccini monovalenti contro la rosolia Meruvax® (Merck U.S.), Rudivax® (Sanofi Pasteur, Fr.), ed Ervevax® (RA 27/3) (GlaxoSmithKline, Belgio);
– vaccino combinato contro la rosolia ed il morbillo, commercializzato col nome di M-R-VAX®(Merck, Stati Uniti) e Rudi-Rouvax® (AVP, Francia);
– vaccino combinato contro la rosolia e gli orecchioni introdotti sul mercato sotto il nome di Biavax® (Merck, U.S.),
– vaccino combinato MMR (morbillo, orecchioni, rosolia) contro la rosolia, gli orecchioni ed il morbillo, introdotto sul mercato sotto il nome di M-m-R® II (Merck, Stati Uniti), R.O.R.®, Trimovax® (Sanofi Pasteur, Fr.), e Priorix® (GlaxoSmithKline Regno Unito)(quest’ultimo usato attualmente in ITALIA, sottoposto a revisione nel 2004, dopo le gravi reazioni avverse causate dal MORUPAR).
-2 vaccini contro l’epatite A. Uno prodotto dalla Merck (VAQTA) e l’altro prodotto dalla GlaxoSmithKline (HAVRIX), entrambi sono preparati con la linea MRC-5;
– vaccino contro la varicella di pollo (il vaccino sta al pollo come la cavia sta al bambino) Varivax®, prodotto da Merck che usa WI-38 e MRC-5;
– vaccino contro la poliomielite, il vaccino contenente virus di polio inattivato Poliovax®(Aventis-Pasteur, Fr.) che usa MRC-5;
– vaccino contro la rabbia, Imovax®, prodotto da Aventis Pasteur, raccolto da celle diploidi umane ed infette, con ceppo di MRC-5;
-vaccino contro il vaiolo, AC AM 1000, preparato da Acambis che usa MRC-5, usato (pare) solo a livello sperimentale.

 

Ora, fatti nostri questi dati c’è da chiedersi con quale certezza la PAV possa presumere che le linee cellulari utilizzate per la composizione di questi vaccini possa essere talmente lontana da sollevare da ogni tipo di problema morale.
In più, anche se ciò fosse vero e le linee cellulari oggi esistenti risalissero ad embrioni umani morti non per aborto volontario, ci sarebbe da chiedersi con quale coraggio vada proclamata la liceità morale davanti al cannibalismo di cellule umane, volontario o involontario che sia. Tuttavia per la linea “pagliana” questo potrebbe essere più che normale, la vita essendo ormai stata sostituita con il suo contrario: la morte.

 

Un altro dato interessante sfugge nuovamente al Paglia e alla CEI, riguardante una nuova linea cellulare, molto più recente, che nella nota pro-vax non viene fatta comparire: manco l’ombra di una menzione.
Per ragioni di spazio parleremo però di questa nuova e recente linea in una prossima puntata della nostra rubrica. La paglia da bruciare non ci mancherà.

 

 

Cristiano Lugli

 

 

Articolo apparso precedentemente qui.

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Essere genitori

Vaccino Pfizer, studio su 1,7 milioni di bambini e adolescenti rileva la miopericardite solo nei vaccinati

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Lo studio osservazionale pre-print che ha utilizzato i dati del sistema sanitario del Regno Unito ha anche scoperto che il vaccino Pfizer-BioNTech contro il COVID-19 ha fornito a bambini e adolescenti solo circa 14-15 settimane di protezione contro la positività al virus.

 

Secondo uno studio preliminare condotto su oltre 1,7 milioni di bambini di età compresa tra 5 e 15 anni nel Sistema Sanitario Nazionale (NHS) inglese, il vaccino Pfizer-BioNTech contro il COVID-19 ha garantito ai bambini e agli adolescenti in Inghilterra solo circa 14-15 settimane di protezione contro la positività al virus.

 

I ricercatori che hanno studiato la sicurezza e l’efficacia del vaccino Pfizer nei bambini e negli adolescenti completamente vaccinati, parzialmente vaccinati e non vaccinati, hanno riscontrato anche casi di miocardite e pericardite solo nei bambini vaccinati.

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«Questo studio dimostra chiaramente che il vaccino COVID di Pfizer non offre quasi alcun beneficio a bambini e adolescenti, ma aumenta il rischio di miocardite e pericardite», ha affermato Brian Hooker, Ph.D., direttore scientifico di Children’s Health Defense. «Ci si chiede: perché il CDC continua a raccomandare queste iniezioni non autorizzate per i bambini? Dove sono i dati che usano per supportare la loro affermazione secondo cui i benefici di questi vaccini superano i rischi?»

 

Lo studio ha rilevato che i bambini vaccinati necessitavano di un numero leggermente inferiore di visite al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri, ma che tali esiti erano estremamente rari nei bambini e negli adolescenti di tutti i gruppi.

 

Non si sono verificati decessi dovuti al COVID-19 tra nessuno dei soggetti coinvolti nello studio.

 

Le agenzie di sanità pubblica del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno concesso l’autorizzazione ai vaccini Pfizer sulla base di studi clinici che hanno misurato l’immunogenicità (ovvero l’efficacia del vaccino nel provocare una risposta immunitaria nell’organismo) e l’efficacia contro le infezioni.

 

Gli studi non hanno testato quanto bene i vaccini proteggessero da malattie gravi. Non hanno nemmeno valutato endpoint di sicurezza particolari, come miocardite e pericardite, che sono stati segnalati a livello globale.

 

Per ovviare a questa mancanza di dati chiave provenienti dagli studi clinici, i ricercatori di Oxford, Harvard, della London School of Hygiene and Tropical Medicine, dell’Università di Bristol e TPP, un’azienda globale di salute digitale, hanno creato uno studio ipotetico basato su dati osservativi del mondo reale.

 

La loro ricerca ha confermato un’ampia mole di prove che dimostrano l’esistenza di un legame tra i vaccini anti-COVID-19 e la miocardite e la pericardite, in particolare negli adolescenti.

 

La ricerca ha inoltre confermato che anche nel 2021, quando il vaccino è stato autorizzato per la prima volta per bambini e adolescenti, quella fascia d’età non presentava un rischio elevato di gravi conseguenze correlate al COVID-19, tra cui la morte o la necessità di cure d’urgenza, ricovero ospedaliero o terapia intensiva.

 

Da allora, il rischio è diventato ancora più basso.

 

I ricercatori hanno condotto la loro indagine utilizzando i dati del database OpenSAFELY-TPP del Servizio Sanitario Nazionale, parte della piattaforma OpenSAFELY, una piattaforma sicura che consente ai ricercatori di accedere ai dati anonimizzati del Servizio Sanitario Nazionale.

 

Il database copre il 40% delle pratiche di assistenza primaria inglesi ed è collegato alla sorveglianza nazionale del coronavirus, agli episodi ospedalieri e ai dati del registro dei decessi. È finanziato da sovvenzioni del Wellcome Trust, il più grande finanziatore della ricerca medica nel Regno Unito e uno dei più grandi al mondo.

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Lo studio ha incluso tutti gli adolescenti presenti nel database di età compresa tra 12 e 15 anni e tutti i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni al 31 agosto 2021, data in cui il vaccino è stato autorizzato per quella fascia d’età, ovvero oltre 1,7 milioni di bambini.

 

Per essere ammessi allo studio, i bambini dovevano inoltre essere registrati presso un medico di base partecipante che avesse utilizzato il database per 42 giorni, non dovevano presentare alcuna prova di infezione da COVID-19 entro 30 giorni dalla vaccinazione e i loro dati dovevano includere informazioni demografiche complete.

 

Sono stati esclusi i bambini clinicamente vulnerabili.

 

I ricercatori hanno testato l’efficacia della prima dose di vaccino rispetto a nessuna dose e di due dosi rispetto a una dose singola.

 

Per fare questo, hanno abbinato ogni bambino vaccinato con uno non vaccinato. I partecipanti sono stati abbinati in base ad età, sesso, regione, test COVID-19 precedenti e stato vaccinale infantile.

 

I ricercatori hanno poi ripetuto lo stesso metodo per confrontare i risultati di una seconda dose rispetto a una dose singola.

 

Sono stati effettuati test su cinque parametri di efficacia: un test COVID-19 positivo, visite al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri per COVID-19, ricoveri in terapia intensiva per COVID-19 e decesso per COVID-19.

 

In totale, 410.463 adolescenti che hanno ricevuto una dose del vaccino sono stati abbinati a gruppi di controllo non vaccinati, mentre 220.929 adolescenti che hanno ricevuto due iniezioni sono stati abbinati a gruppi di controllo vaccinati una sola volta.

 

Dei 1.262.784 bambini nella parte adolescenziale dello studio (vaccinati e non vaccinati), si sono verificati solo 72 accessi al pronto soccorso, 90 ricoveri ospedalieri per COVID-19 (tre dei quali in terapia intensiva per bambini non vaccinati) e nessun decesso.

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Si sono verificati nove casi di pericardite e tre casi di miocardite, tutti nel gruppo vaccinato.

 

Inizialmente, i test COVID-19 positivi erano più bassi nel gruppo vaccinato. Tuttavia, entro 15 settimane dalla vaccinazione, i tassi di test positivi in ​​entrambi i gruppi erano simili. L’incidenza di necessità di cure di emergenza o di ospedalizzazione era leggermente inferiore nel gruppo vaccinato.

 

Analogamente, nel confronto tra due dosi e una dose, l’incidenza dei test positivi è stata inizialmente inferiore nel primo gruppo, ma dopo 14 settimane dalla vaccinazione era pressoché la stessa in entrambi i gruppi.

 

L’incidenza dei ricoveri ospedalieri è stata leggermente più alta nel gruppo trattato con una dose rispetto al gruppo trattato con due dosi.

 

Hooker ha detto che è probabile che ciò sia attribuibile all’«effetto vaccinato sano», in cui gli eventi avversi successivi alla prima dose di un vaccino aumentano i ricoveri ospedalieri. Quindi quelle persone non ricevono una dose di follow-up.

 

Di conseguenza, è meno probabile che le persone che ricevono una seconda dose siano persone che hanno reazioni negative ai vaccini che richiedono il ricovero ospedaliero.

 

Nella fascia di età compresa tra 5 e 12 anni, 177.360 bambini che hanno ricevuto la prima dose sono stati abbinati a gruppi di controllo non vaccinati, mentre 66.231 bambini che hanno ricevuto due dosi sono stati abbinati a gruppi di controllo con dose singola.

 

Tra tutti i bambini del gruppo vaccinato e non vaccinato, non si sono verificate visite al pronto soccorso, solo sei ricoveri ospedalieri e nessun decesso correlato al COVID-19.

 

Si sono verificati tre casi di pericardite, tutti in bambini vaccinati.

 

Tra tutti i bambini nel gruppo a due dosi rispetto a quello a una dose, non si sono verificate visite al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri o decessi correlati al COVID-19.

 

Hanno concluso che negli adolescenti il ​​vaccino ha ridotto il tasso di ospedalizzazione più di quanto non abbia aumentato il rischio di miocardite e pericardite, ma nei bambini l’aumento del rischio di pericardite è stato maggiore della riduzione del rischio di ospedalizzazione.

 

Brenda Baletti

Ph.D.

 

© 3 ottobre 2024, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Essere genitori

«Prove evidenti» che i vaccini anti-COVID possono aumentare il rischio di asma nei bambini

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Una nuova analisi di oltre 200.000 cartelle cliniche di bambini statunitensi suggerisce che la vaccinazione mRNA contro il COVID-19 aumenta il rischio di asma, ha riferito Alex Berenson. I ricercatori taiwanesi che hanno condotto l’analisi non hanno ancora pubblicato i loro risultati.   Una nuova analisi di oltre 200.000 cartelle cliniche di bambini negli Stati Uniti suggerisce che la vaccinazione mRNA contro il COVID-19 aumenta il rischio di asma nei bambini, ha riferito martedì Alex Berenson.   Berenson, un ex reporter del New York Times che ora scrive sul suo Substack Unreported Truths, ha rivelato comunicazioni con ricercatori taiwanesi che dimostrano che hanno trovato «prove sorprendenti» che le iniezioni stesse possono causare asma, che porta a danni polmonari.   L’asma è una malattia polmonare cronica che colpisce circa 5 milioni di bambini negli Stati Uniti , secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Sebbene di solito non siano fatali, gli attacchi di asma gravi possono essere pericolosi per la vita nei bambini, secondo la Mayo Clinic.

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L’analisi dei ricercatori taiwanesi, che gli stessi stanno ancora esaminando, ha utilizzato le cartelle cliniche elettroniche di TriNetX, che si pubblicizza come la «più grande fonte globale di dati del mondo reale».   Gli autori dello studio hanno esaminato i dati sanitari di TriNetX relativi a oltre 200.000 bambini statunitensi di età compresa tra 5 e 18 anni, raccolti tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022.   Secondo Berenson, hanno scoperto che i bambini che avevano ricevuto il vaccino mRNA contro il COVID-19 e che non avevano avuto un’infezione naturale da COVID-19 avevano un rischio maggiore del 13% di ricevere una nuova diagnosi di asma nell’anno successivo alla vaccinazione rispetto a un gruppo di bambini abbinati che non avevano ricevuto il vaccino o non avevano contratto l’infezione da COVID-19.   «Questo aumento del rischio non può essere dovuto al COVID, poiché nessuno dei due gruppi è stato infettato», ha scritto Berenson.   Confrontando i bambini vaccinati con quelli non vaccinati (tutti con diagnosi di COVID-19), i ricercatori hanno riscontrato un rischio ancora più elevato.   Berenson ha riferito che i bambini che avevano ricevuto sia il vaccino mRNA per il COVID-19 sia un’infezione da COVID-19 avevano un rischio del 20% più alto di una nuova diagnosi di asma rispetto a un gruppo simile di bambini non vaccinati che avevano contratto l’infezione da COVID-19.   Poiché lo studio non è uno studio prospettico randomizzato, non dimostra che i vaccini mRNA contro il COVID-19 abbiano causato un aumento dei casi di asma, ha affermato Berenson.   «Ma i ricercatori hanno abbinato da vicino due gruppi molto grandi”, ha scritto, “e l’associazione che hanno trovato non è quasi certamente dovuta al caso».

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«Potrebbero avere qualche difficoltà a far sì che una rivista importante o anche minore accetti i loro risultati»

I ricercatori hanno comunicato i loro risultati a Berenson in un’e-mail, che ha pubblicato nel suo post su Substack del 1° ottobre, in risposta alle sue domande su uno studio da loro pubblicato il 21 giugno sulla rivista peer-reviewed Infection.   Nello studio di giugno, gli autori taiwanesi hanno esaminato i dati TriNetX di 304.500 bambini statunitensi e hanno scoperto un «forte legame tra l’infezione da COVID-19 e un aumento del rischio di asma di nuova insorgenza nei bambini».   Sebbene non avessero ipotizzato che la vaccinazione potesse essere collegata a un aumento dell’asma, gli autori dello studio hanno scoperto che l’aumento del rischio era «più marcato nei soggetti vaccinati».   Berenson ha scritto su Substack:   «Ma poiché i ricercatori non avevano abbinato i gruppi in base allo stato vaccinale nello studio iniziale, il gruppo vaccinato era notevolmente meno sano del gruppo non vaccinato all’inizio. …Quindi le coorti vaccinate e non vaccinate non potevano essere confrontate direttamente».   Berenson ha chiesto ai ricercatori via e-mail se avessero condotto una versione parallela dello studio che confrontasse direttamente i risultati in base allo stato vaccinale e, in tal caso, se potessero divulgarne i risultati.   «Con mia sorpresa, hanno risposto», ha detto Berenson a The Defender. Non hanno detto quando avrebbero pubblicato i risultati.   «Se la storia è una guida», ha detto Berenson, «potrebbero avere qualche difficoltà a far sì che una rivista importante o anche minore accetti i loro risultati: le riviste sono state molto caute nel pubblicare ricerche negative sugli mRNA al di fuori della miocardite, che è un argomento accettabile da discutere».

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Pediatra: sintomi di asma simili all’anafilassi

Il dottor Lawrence Palevsky, pediatra, ha dichiarato al The Defender che molti sintomi dell’asma sono gli stessi associati all’anafilassi, una grave reazione allergica.   Tosse, respiro sibilante, broncospasmo, mancanza di respiro, respirazione accelerata/dispnea e ipossia: questi sintomi delle vie aeree si verificano quando il sistema immunitario e quello nervoso vengono significativamente attivati ​​in risposta all’esposizione a uno o più allergeni che l’organismo percepisce come una minaccia.   «Se le iniezioni di COVID sembrano aumentare i rischi nei bambini di sviluppare asma o anafilassi, ciò significa che potrebbero esserci uno o più ingredienti in queste iniezioni che rappresentano una minaccia per la salute e la sicurezza del loro sistema immunitario e nervoso», ha affermato Palevsky. «Avrebbe senso evitare di provocare anafilassi nei bambini, no?»   Berenson ha criticato il CDC per aver continuato a raccomandare il vaccino anti-COVID-19 per i bambini:   «Sono sbalordito che i Centers for Disease Control non ammettano la sconfitta e abbandonino la loro raccomandazione per loro, anche se, in pratica, quasi nessuno sotto i 18 anni li sta ricevendo ora».   «Ma continuando a fare pressione su di loro, il CDC sta ulteriormente danneggiando la propria credibilità, se ne ha ancora a questo punto».

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Il primo studio rileva un «forte legame» tra l’infezione da COVID e l’asma nei bambini, in particolare nei vaccinati

Berenson ha affermato che la scoperta dei ricercatori taiwanesi su un possibile collegamento tra i vaccini anti-COVID-19 e l’asma è stata «particolarmente sorprendente» perché non era ciò che stavano cercando.   Hanno condotto lo studio del 21 giugno utilizzando i dati sulla salute dei bambini di TriNetX per determinare se ci potesse essere un collegamento tra l’infezione da COVID-19 e l’asma.   Nel loro rapporto, hanno spiegato di aver utilizzato una tecnica di abbinamento di coorte prima di effettuare la loro analisi, per ridurre al minimo la probabilità di ottenere risultati distorti a causa di fattori confondenti.   Utilizzando la tecnica di abbinamento, hanno creato una coorte non vaccinata e una coorte vaccinata, ciascuna composta dallo stesso numero di bambini che avevano e non avevano avuto un’infezione da COVID-19.   Hanno confrontato gli esiti della diagnosi di asma nei bambini che avevano contratto l’infezione da COVID-19 con gli esiti della diagnosi di asma nei bambini che non l’avevano contratta, sia nel gruppo vaccinato che in quello non vaccinato.   Hanno scoperto che i bambini infettati dal COVID-19 mostravano un’incidenza significativamente maggiore di asma di nuova insorgenza durante l’anno successivo all’infezione rispetto ai bambini che non avevano avuto un’infezione da COVID-19, e il risultato era coerente per tutti i gruppi di genere, età e razza.   Hanno anche scoperto che l’aumento del rischio di asma di nuova insorgenza era “più marcato” nei bambini che avevano contratto il COVID-19 e avevano anche ricevuto un vaccino mRNA contro il COVID-19.   Berenson ha osservato nel suo post su Substack del 2 ottobre che lo studio di giugno degli autori taiwanesi ha ricevuto poca attenzione, nonostante i segnali di sicurezza del vaccino in esso contenuti.   Oltre a scoprire che il legame tra l’infezione da COVID-19 e l’asma era più forte nei bambini che avevano ricevuto il vaccino anti-COVID-19, gli autori dello studio hanno scoperto che i bambini che avevano ricevuto il vaccino anti-COVID-19 avevano 6 volte più probabilità di morire nel corso dell’anno successivo rispetto ai bambini che non avevano ricevuto il vaccino anti-COVID-19.   La spiegazione più probabile per la differenza è che i bambini nella coorte vaccinata erano più malati all’inizio, rispetto ai non vaccinati. Ad esempio, i bambini nella coorte vaccinata avevano tassi più alti di diabete e disturbi psichiatrici, secondo Berenson che ha esaminato lo studio.   «Tuttavia», ha scritto Berenson, «il divario è abbastanza ampio che in qualsiasi mondo sano di mente i ricercatori dei Centers for Disease Control e altrove lo seguirebbero, anche solo per escluderlo e capire se altri database hanno segnali simili».   Gli autori taiwanesi hanno sottolineato nel loro studio di giugno che anche altri studi recenti hanno riscontrato un collegamento tra infezioni virali, tra cui il COVID-19, e l’asma.   Tuttavia, è ancora in corso un dibattito scientifico sulla gravità della situazione nei bambini.

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Uno studio del 2022 pubblicato su BMC Infectious Diseases che ha analizzato circa 70 bambini ricoverati in ospedale per COVID-19 ha riportato che il 41,5% presentava sintomi simili all’asma al momento della dimissione. Meno del 16% di quei bambini aveva una storia di asma al momento del ricovero in ospedale. Lo studio non ha segnalato lo stato vaccinale.   Tuttavia, uno studio di aprile pubblicato su Pediatrics e condotto su quasi 30.000 bambini ha concluso che risultare positivi al COVID-19 non era associato a una nuova diagnosi di asma entro 18 mesi dall’infezione.   The Defender ha contattato l’autore corrispondente dello studio taiwanese, ma non ha ricevuto risposta entro la scadenza.   Questo articolo è stato aggiornato per chiarire che il confronto principale dello studio di giugno era tra bambini che avevano contratto l’infezione da COVID-19 e bambini che non l’avevano contratta, indipendentemente dallo stato vaccinale contro il COVID-19.   Suzanne Burdick Ph.D.   © 2 ottobre 2024, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Vaccini

Primo risarcimento per danno da vaccino COVID in Svizzera

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Per la prima volta in Svizzera, una persona ha ottenuto un compenso per danni derivanti dal vaccino contro il coronavirus. Lo riporta la testata elvetica Tio.ch.

 

Una donna riceverà 12.500 franchi come risarcimento per danno morale e 1.360 franchi di indennizzo. Questa decisione è stata approvata dal Dipartimento Federale dell’Interno (DFI), come confermato da una portavoce a Keystone-ATS, riprendendo quanto riportato dal giornale domenicale in lingua tedesca SonntagsBlick.

 

Secondo la portavoce, il risarcimento per danno morale rappresenta una compensazione per il dolore sofferto dalle persone coinvolte. Finora, il DFI ha ricevuto 320 richieste di risarcimento; al momento ci sono 50 casi in sospeso, di cui 30 in fase di esame dettagliato. La procedura, è stato detto, richiede tempo.

 

Per ottenere il risarcimento, deve essere dimostrato un collegamento diretto tra i problemi di salute e la vaccinazione. L’incapacità lavorativa che non comporta perdita di guadagno non è considerata danno, così come non lo sono i costi legati alla franchigia o alla quota percentuale della cassa malati. Il DFI ha segnalato che le richieste riguardano diversi problemi di salute, da lievi a gravi.

 

L’autorità svizzera di controllo dei farmaci, Swissmedic, ha registrato quasi 17.000 segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini contro il COVID-19, il 39% delle quali è stato classificato come grave. La maggior parte di questi casi ha riguardato il vaccino Moderna, il più somministrato in Svizzera, scrive Tio.ch. Tuttavia, le autorità hanno sempre sostenuto che il rapporto tra rischi e benefici dei vaccini rimane positivo.

 

I sintomi più comuni riportati in seguito alla vaccinazione sono stati febbre, mal di testa, affaticamento, brividi, nausea, vertigini, infiammazione del muscolo cardiaco o orticaria. Nel dicembre 2020, la Confederazione ha avviato la più ampia campagna di vaccinazione della sua storia.

 

Il Consiglio Federale aveva esortato tutti i cittadini a vaccinarsi contro il COVID-19, virus che, secondo i dati ufficiali, ha causato o contribuito alla morte di oltre 14.000 persone in Svizzera. In Svizzera e nel Liechtenstein sono state somministrate circa 17 milioni di dosi di vaccino, raggiungendo un tasso di vaccinazione del 70%.

 

Dal momento che la vaccinazione era stata raccomandata dallo Stato, coloro che hanno subito danni hanno diritto a un risarcimento. Tuttavia, il governo elvetico interviene solo in via sussidiaria, ossia quando gli assicuratori o i produttori dei vaccini non coprono i costi.

 

La Confederazione potrebbe ritenere responsabili i produttori di vaccini solo se il vaccino si rivelasse difettoso», ha dichiarato il DFI al Sonntagsblick. «Finora, Swissmedic non ha registrato alcun difetto di qualità nei vaccini Covid in questione».

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa la Svizzera aveva smesso di raccomandare i vaccini COVID adducendo un alto tasso di immunità raggiunto nella popolazione. Ad inizio pandemia la Confederazione non aveva autorizzato il siero AstraZeneca per dati insufficienti. In cui giorni si registrò la morte di uno dei primi vaccinati mRNA.

 

Nel biennio pandemico anche in Svizzera si era assistito ad immagini di repressione poliziesca contro chi manifestava contro vaccino e passaporto vaccinale.

 

I «grandi danni» dei vaccini sono stati dichiarati anche recentemente da un vescovo svizzero, Marian Eleganti.

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