Bioetica
La grande ipocrisia dei prolife italiani sull’obiezione di coscienza
Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la delibera con cui l’Assemblea regionale siciliana ha approvato la legge n.23 del 5 giugno 2025 che prevede, in tema di aborto volontario, concorsi riservati al solo personale non obiettore di coscienza.
Attraverso un comunicato stampa il governo ha precisato che «talune disposizioni, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di ordinamento civile, violano l’articolo 117, secondo comma, lettera l della Costituzione, nonché i principi di uguaglianza, di diritto di obiezione di coscienza, di parità di accesso agli uffici pubblici e in tema di pubblico concorso di cui agli articoli 2, 3, 19, 21, 51, primo comma, e 97 della Costituzione».
A noi pare la solita operazione di facciata con cui questo governo palesemente filo-aborto (ma a ben vedere anche filo-gender e filo-eutanasia) finge di tutelare alcuni diritti fondamentali, tra cui l’obiezione di coscienza sui temi etici.
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D’altra parte, si tratta dello stesso governo che ha dichiarato «intoccabile» la legge abortista 194 e che ha affossato la proposta di legge «Un cuore che batte» per bocca del ministro della famiglia Eugenia Roccella (sempre lei!), la quale nel corso di un dibattito tenutosi all’interno di una conferenza programmatica di FdI ebbe a dichiarare che «Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili. È una cosa che non bisogna fare».
Ora, se l’attuale maggioranza considera l’uccisione dell’innocente con l’aborto una questione definitivamente chiusa e se addirittura arriva a bocciare una proposta di legge comunque blanda e inefficace come quella avanzata da alcune associazioni pro-vita, come può proporsi in qualche modo come argine, anche parziale, contro la deriva antiumana in atto?
Eppure, in ambito cattolico e prolife c’è sempre qualcuno che sembra avere le classiche fette di prosciutto davanti agli occhi e plaude alle ipocrite iniziative del governo.
Cominciamo col dire che la criminale legge 194 non tutela affatto l’obiezione di coscienza – concetto di per sé intrinsecamente e tragicamente contraddittorio – come molti si affannano a sostenere. In realtà, la norma pone dei limiti gravi all’esercizio di un diritto che, è bene ricordare, non rappresenta un’opzione etica ma costituisce un vero e proprio dovere morale per tutti i sanitari che sono coinvolti, in qualche modo, con l’intera procedura abortiva.
Come ebbe a dire l’arcivescovo di Trieste Gianpaolo Crepaldi, in una nota relativa al caso di una farmacista che si era rifiutata di vendere la pillola abortiva, l’obiezione di coscienza è un valore in sé solo quando obbedisce alla legge naturale e divina: «anche una donna incinta potrebbe fare obiezione di coscienza a che il figlio nasca. E non si può contemporaneamente convalidare l’obiezione di coscienza della farmacista che non vuole collaborare ad un aborto e l’obiezione di coscienza di una mamma che vuole invece abortire. Solo il primo può essere un diritto contemplato. Il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza non può fondarsi solo sul diritto ad essere coerenti con la propria coscienza, ma dovrebbe estendersi ai fondamenti oggettivi ed indisponibili della coscienza. Ma questo esula dalle possibilità della cultura giuridica di oggi, purtroppo».
Ma torniamo all’iniqua legge 194, che all’articolo n 9 recita così: «L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8».
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«La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo».
Del resto, come può una norma pensata per rendere legale e completamente a carico del sistema sanitario nazionale l’omicidio del bambino nel grembo materno, tutelare veramente la foglia di fico obiezione di coscienza?
È chiaro come il rimando alla possibilità per i sanitari di opporsi (solo in parte) alla procedura abortiva sia del tutto strumentale, un modo essenzialmente ipocrita nonché destinato a fallire, di bilanciare due diritti tra loro contrapposti: il falso «diritto» di aborto e il diritto sacrosanto di non compiere un atto intrinsecamente malvagio.
Qualcuno potrebbe ribattere che nella legge 194 non c’è scritto da nessuna parte che l’aborto è un diritto. Vero, ma è come se lo fosse visto che esso è sostanzialmente libero e gratuito.
Passiamo ad analizzare le delibera con cui la regione Sicilia ha istituito un bando per soli medici non obiettori: secondo il deputato Safina del PD, primo firmatario della legge impugnata dal governo, «la norma approvata non penalizza né discrimina i medici obiettori ma mira semplicemente a gestire un servizio essenziale, ossia l’aborto».
Ci sembra proprio questa la questione cruciale, ossia che l’omicidio dell’innocente sia per la legge italiana un servizio essenziale, assimilabile a un vero e proprio diritto (solo per la donna ovviamente, del diritto dei bambini e delle bambine fatti a pezzi non si parla mai).
Stante tale premessa, la semplice constatazione che la percentuale di medici obiettori di coscienza nella regione Sicilia sia particolarmente alta, superiore all’80%, può generare allarme e quindi provvedimenti normativi correttivi all’interno di un sistema sanitario che deve garantire per legge l’aborto ad ogni costo? Se vogliamo giudicare i fatti con schiettezza la risposta non può che essere affermativa, anche perché, come abbiamo visto, la stessa legge 194 non tutela affatto l’obiezione di coscienza; opzione che comunque non può mai risultare d’intralcio alla piena e libera fruizione dell’abominevole pratica abortiva.
Nel 2018 il tribunale di Genova condannò a ben nove mesi di reclusione e altrettanti di interdizione dai pubblici uffici un ginecologo obiettore che si era rifiutato alcuni anni addietro di eseguire le ecografie previste per verificare gli esiti di un aborto farmacologico.
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In altri termini, il pesce puzza dalla testa e non è pensabile contrastare la Necrocultura dominante senza mettere in discussione l’intero impianto normativo che da quasi cinquant’anni sta decimando la popolazione italiana. Risulta davvero sgradevole, tra l’altro, il tentativo di certe testate, di denunciare l’inutilità del provvedimento della regione Sicilia snocciolando dati che dimostrano come abortire in Italia non sia un problema.
A tutto c’è un limite, anche al fatto di elencare numeri e percentuali allo scopo di denunciare la natura ideologica di certe norme. L’abominio della macellazione umana, a nostro avviso, non può essere descritto senza utilizzare toni apocalittici che ne sottolineino interamente l’orrore infinito.
Ma qualcosa si deve pur fare, potrebbe dire qualcuno, per cercare di limitare la deriva anti-vita in atto. Il punto però ci sembra un altro: sono diversi decenni che a difendere le ragioni della vita si avvicendano intellettuali, politici, associazioni e movimenti che sono dediti al compromesso sui temi etici e morali.
La prima operazione da fare, quindi, sarebbe quella di denunciare tutti coloro che nuocciono alla causa, impedendo di fatto al popolo italiano di prendere veramente coscienza della realtà.
L’élite provita italiana ci è costata milioni di vite. È giunto il momento che si faccia da parte.
Alfredo De Matteo
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Immagine di mylissa via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0
Bioetica
In Nuova Zelanda i bambini vengono lasciati morire se nascono vivi dopo gli aborti
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Bioetica
JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura
Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.
Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.
«Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».
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Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.
La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.
«In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»
«Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».
Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.
«Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».
«È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».
Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.
«La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».
Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.
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«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».
«Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».
«Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».
Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.
Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.
Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.
È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.
C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la Necrocultura. Renovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr; immagine modificata
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Il Quebecco si muove per riconoscere il «diritto» all’aborto nella proposta di costituzione
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