Alimentazione
La Gran Bretagna è il primo Paese che approva la carne artificiale per gli animali domestici

Un’azienda britannica ha annunciato che quest’anno inizierà a vendere pollo artificiale ai produttori di cibo per animali domestici, rendendo la Gran Bretagna il primo paese in Europa a commercializzare carne «prodotta in laboratorio».
Owen Ensor, CEO e co-fondatore della start-up Meatly, ha dichiarato mercoledì che l’azienda ha ricevuto l’approvazione per i suoi prodotti dall’Animal and Plant Health Agency (APHA) e dal Department for Environment, Food and Rural Affairs.
Meatly è stata in grado di capitalizzare una finestra di opportunità creata dalla Brexit, che ha liberato il Regno Unito dalle normative UE. Ha anche beneficiato della recente attenzione del governo su biotecnologie e innovazione, che ha visto la sua carne coltivata ottenere il via libera, ha detto Ensor al Financial Times.
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Secondo l’imprenditore omonimo del pittore impressionista James, la cosa «molto entusiasmante» dell’approvazione è che «dimostra l’intenzione del Regno Unito di posizionarsi come leader in questi nuovi campi innovativi e nella tecnologia alimentare».
Il vicedirettore della politica alimentare presso la Food Standards Agency del Regno Unito, James Cooper, ha affermato che l’organizzazione «accoglie con favore le innovazioni del settore dei mangimi per animali nell’uso di materiali alternativi come i prodotti coltivati in cellule (CCP), se ciò avviene in modo sicuro e come richiesto dalla legge».
Ensor ritiene che il cibo per animali domestici diventerà il punto di partenza naturale per il mercato della carne coltivata in Gran Bretagna.
Un portavoce di Meatly ha dichiarato al sito web Just Food che, nonostante l’azienda sia attualmente «principalmente focalizzata sul cibo per animali», i suoi processi e prodotti sono sicuri e sani per gli esseri umani. «Probabilmente concederemo in licenza la nostra tecnologia leader del settore alle aziende alimentari per esseri umani», hanno affermato.
Meatly, che finora ha raccolto 3,5 milioni di sterline (4,15 milioni di euro) da investitori tra cui la società di Venture Capital americana Agronomics e il rivenditore di alimenti per animali domestici del Regno Unito Pets at Home, ha affermato che prevede di raggiungere volumi industriali entro i prossimi tre anni.
Secondo il portavoce, l’azienda cercherà ora di affermarsi nei mercati statunitense, canadese e dell’Unione Europea «inizialmente per il cibo per animali domestici».
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La carne coltivata, ricavata da cellule animali coltivate in vasche, è attualmente autorizzata per il consumo umano negli Stati Uniti, a Singapore e in Israele, riprota RT.
L’UE non ha ancora preso una decisione sulla carne «prodotta in laboratorio», ma Italia, Francia e Austria hanno già dichiarato che vieteranno tali prodotti, anche se fossero autorizzati dall’Unione.
Gli oppositori della carne coltivata sostengono che i suoi effetti a lungo termine sulla salute non sono ancora stati studiati, che mette in pericolo il bestiame e che la sua produzione richiede così tanta energia che finirebbe per causare danni ecologici maggiori dell’allevamento di animali.
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Alimentazione
Oltre 9 mila bambini intossicati coi pasti scolastici gratuiti in Indonesia

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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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Alimentazione
Carestia dichiarata a Gaza da un gruppo per la sicurezza alimentare legato alle Nazioni Unite

Famine declared by IPC in #Gaza Governorate is a direct result of actions by #Israel‘s Government that has unlawfully restricted entry & distribution of humanitarian aid.
It is a war crime to use starvation as a method of warfare, and the resulting deaths may also amount to a… pic.twitter.com/knqnRpe2yH — UN Human Rights (@UNHumanRights) August 22, 2025
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