Persecuzioni
La giunta birmana golpista vuole demolire per «scavi archeologici» la cattedrale di Taungoo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Lo prevede un’ordinanza notificata anche a 19 siti buddhisti della «zona culturale» della città che verrebbero rasi al suolo per riportare alla luce l’antica Ketumati. Ad AsiaNews lo sgomento dei cattolici locali per la minaccia che incombe sulla chiesa dedicata al Sacro Cuore, eretta alla fine del XIX secolo dai missionari del PIME. È solo l’ultima ferita dei generali ai luoghi di culto: ben 300 quelli colpiti in Myanmar dal golpe del 1 febbraio 2021.
In un contesto di crescente repressione del patrimonio religioso, la Commissione per la Sicurezza e la Pace dello Stato del Myanmar, ovvero la sua giunta militare, sta portando avanti un piano per demolire a Taungoo (Taungngu) – città della regione di Bago – la storica cattedrale cattolica del Sacro Cuore e almeno 19 altri siti religiosi buddhisti, suscitando un profondo senso di smarrimento tra le comunità religiose.
Il nuovo ordine di demolizione – reso pubblico tre giorni fa dall’agenzia UcaNews e confermato da un’organizzazione locale di assistenza/beneficenza e dai leader religiosi locali, segue un modello di intimidazione e violenza contro le istituzioni religiose che si è intensificato dopo il colpo di Stato del febbraio 2021.
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Citando l’espansione degli scavi archeologici nella città cinquecentesca Ketumati – l’antica capitale della dinastia di Taungoo – la giunta ha ordinato non solo la rimozione dei siti cristiani, ma anche di 16 monasteri buddhisti, un convento, un centro di ritiro e una pagoda, tutti situati all’interno della cosiddetta «zona culturale».
Le radici della Cattedrale del Sacro Cuore affondano profondamente nella storia di Taungoo, fungendo da rifugio spirituale per generazioni di cattolici sin dalla sua fondazione da parte dei missionari italiani del PIME, presenti nell’allora Birmania dal 1869. Fu l’allora amministrazione britannica a mettere a disposizione il terreno.
I parrocchiani ricordano i battesimi, i matrimoni e le preghiere offerte per i propri cari all’interno delle sue mura. La sua struttura attuale risale al 1987 dopo i danni subiti durante la Seconda Guerra mondiale e una successiva ricostruzione.
Andrew, un residente locale, ha condiviso con AsiaNews il dolore della comunità: «come cattolici, siamo molto dispiaciuti. Possiamo confermare che la notizia è vera e che sono già iniziate alcune demolizioni nelle zone circostanti. Sebbene circolino voci su un sito archeologico del XVI secolo, sembra che il vero obiettivo siano proprio i gruppi religiosi buddhisti e cristiani».
Per la minoranza cattolica in Myanmar, il dolore è sia immediato che generazionale. Jacinta esprime così la paura condivisa da molti: «Noi cattolici non osiamo sollevare la nostra preoccupazione come gruppo minoritario in Myanmar, ma in questo caso anche la religione maggioritaria è oppressa. Ci chi chiediamo se almeno potremo ottenere un terreno sostitutivo dalle autorità dopo la demolizione della cattedrale. Sotto la giunta il Ministero degli Affari Religiosi non concede alcun permesso per la costruzione di edifici religiosi: temiamo non permettano alla diocesi la ricostruzione della cattedrale anche nel caso un appezzamento di terreno disponibile».
L’ordinanza di demolizione della cattedrale di Taungoo si aggiunge alle tante altre ferite subite dalla Chiesa cattolica in Myanmar. Le azioni dei militari dopo il colpo di Stato hanno costretto allo sfollamento forzato i vescovi di diverse diocesi: Hakha nello Stato Chin, Bhamo nello Stato Kachin, Loikaw nello Stato Karen e Lashio nello Stato Shan settentrionale.
Ora, anche la sede vescovile di Taungoo è minacciata in modo simile. In un recente esempio di questa escalation di violenza, la cattedrale di Bhamo è stata incendiata solo tre mesi fa dai soldati della giunta militare, segnando un’insicurezza sempre maggiore per i fedeli.
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Ricercatori indipendenti dal golpe del febbraio 2021 hanno registrato la distruzione di oltre 300 siti religiosi in tutto il Paese, spesso a seguito di attacchi aerei o raid punitivi. Il Governo di Unità Nazionale, che opera in esilio, sostiene si tratti di una politica calcolata del leader della giunta Min Aung Hlaing per minare la resistenza religiosa e civile.
Per i cattolici di Taungoo, la perdita della cattedrale rappresenterebbe ben più che la distruzione di un edificio: segnerebbe una rottura nella vita di fede di una città e si aggiunge a un crescente senso di paura, sfollamento e privazione dei diritti per le minoranze in tutta la nazione. Nonostante il dolore, però, rimane una tranquilla determinazione a proseguire il proprio cammino.
Mentre dunque i bulldozer si avvicinano alla Cattedrale del Sacro Cuore e ai monasteri buddhisti, le comunità religiose del Myanmar guardano alla loro fede per trovare conforto, resistenza e solidarietà, unite nella preghiera affinché i loro luoghi sacri possano continuare a vivere.
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Immagine di Tawoo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine modificata
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Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.
Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.
Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.
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Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.
Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».
Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.
A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.
Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.
Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.
Come riportato da Renovatio 21, strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.
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Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.
Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.
Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.
Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.
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Immagine screenshot da YouTube
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