Geopolitica
«La geografia è testarda»: le parole di Macron sulla Russia e la schizofrenia euro-ucraina
Alcune interessanti dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron fatte durante la sua recentissima visita in Romania sono state ignorate dai media francesi e internazionali.
La parole di Macron sembrano riflettere alcune delle vere preoccupazioni in Europa, consapevoli delle onde d’urto nei settori del cibo e dell’energia che destabilizzeranno molte regioni, in particolare l’Africa, dove Francia e Russia sono già impegnate in un partita a scacchi che sembra ora favorire quest’ultima a discapito dell’ex potenza coloniale parigina.
«Noi vogliamo costruire la pace. Ciò significa che a un certo punto tutti vogliamo che gli scontri cessino e le discussioni riprendano» ha detto Macron ai giornalisti il 15 giugno durante la sua visita alle truppe francesi della NATO in Romania.
«Ho semplicemente usato questa formula, in costante collegamento con il presidente Zelens’kyj, come ha perfettamente capito, per ripetere che noi europei condividiamo un continente. E siccome la geografia è testarda, capita che alla fine la Russia continui ad esserci. C’è oggi, c’era ieri, ci sarà domani (…) E quindi non ho mai condiviso l’opinione che oggi faremmo guerra al popolo russo e che domani vorremmo annientarlo, perché è quello che a volte si dice … No! Perché a un certo punto, quando abbiamo aiutato [l’Ucraina] il più possibile a resistere, quando, spero, l’Ucraina ha vinto e soprattutto quando gli spari si sono fermate, dobbiamo negoziare» ha continuato il giovane presidente transalpino.
«Il presidente ucraino, ei suoi leader, dovranno negoziare con la Russia, e noi europei saremo attorno al tavolo portando con noi una garanzia di sicurezza, sono elementi che appartengono al nostro continente. Questa è la realtà delle cose e questo è l’unico principio che ho semplicemente ripetuto. Ad un certo punto arriverà. E quindi ogni discorso eccessivo non permetterà che questo momento arrivi. Ma è in gioco il nostro futuro» conclude il Macrone.
Il giorno successivo, a Kiev, dopo aver incontrato lo Zelen’skyj, il presidente francese ha dichiarato sul canale TV TF1: «Voglio che l’Ucraina possa riconquistare il suo territorio, la sua sovranità».
«Dobbiamo aiutare l’Ucraina a resistere in una guerra che durerà. Ma non dobbiamo decidere le condizioni della fine di questa guerra al posto degli ucraini… Le scelte che si faranno sui territori, le concessioni o la mancanza di concessioni, spetta agli ucraini».
Conosciamo bene questa schizofrenia: da una parte, vi sono momenti di realismo in cui l’accordo con Mosca pare inevitabile (per la pace, per il gas, per il grano, per l’economia, per le bombe atomiche per tutto). Poi altri momenti in cui si ciancia di «vittoria ucraina», di territori che torneranno a Kiev, etc.
Nessuno, più del presidente kievita Zelens’kji, incarna questa incoerenza capace di manifestarsi diverse volte lo stesso giorno – e con effetti devastanti-
Come ipotizzato da Renovatio 21, vi possono essere ragioni politiche e biochimiche per dare conto di questo atteggiamento da parte dello Zelens’kyj.
Inutile attendere di sentirlo dalle fonti ufficiali; inutile aspettare che i vertici UE come Draghi, Macron e Scholz se ne rendano conto.
Anzi: aspettiamoci, invece, il contagio. Del resto, esso è già sotto i nostri occhi: l’Europa schizofrenica combatte contro se stessa, autoinfliggendosi via sanzioni un suicidio economico, energetico e geopolitico.
Geopolitica
La polizia fa irruzione in una discoteca in Ucraina per una canzone russa
Secondo i media locali, la polizia ha perquisito nel fine settimana una discoteca nella città portuale ucraina di Odessa, dopo la segnalazione della riproduzione di una canzone in lingua russa e del fatto che numerosi ospiti la stessero cantando in coro.
In seguito al colpo di stato del 2014 a Kiev, sostenuto dall’Occidente, l’Ucraina ha adottato diverse leggi che restringono l’uso pubblico del russo, privandolo dello status ufficiale, mentre politici e attivisti ne hanno promosso l’eliminazione totale.
Un video dell’esibizione, diffuso da Strana.ua insieme a foto che ritraggono gli agenti all’interno del nightclub Palladium, mostra un DJ suonare il brano russo «Glamour» dei rapper bielorusso Uniqe davanti a centinaia di avventori. Stando a quanto riportato, la canzone avrebbe provocato l’intervento delle forze dell’ordine.
🇺🇦 Russian track — police raid
The reason for the law enforcement visit to one of Odessa’s nightclubs was a song in Russian. It is about the track “Glamour” by Belarusian artist Uniqe, to which the club visitors started singing along en masse. The recording of this moment… pic.twitter.com/bANutwA9UU
— Zlatti71 (@Zlatti_71) November 2, 2025
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Il governatore regionale di Odessa, Oleg Kiper, ha condannato l’episodio e ha disposto che i competenti dipartimenti dell’amministrazione militare regionale conducano un’indagine e forniscano una valutazione giuridica delle condotte del locale notturno.
«Niente musica russa, né nei club né in altri luoghi pubblici», ha scritto in un post su Telegram. «Odessa è una città ucraina. Per chiunque se ne fosse dimenticato, questo è un promemoria».
Nell’ambito di una repressione su larga scala della lingua russa, le autorità di Kiev hanno imposto divieti assoluti su concerti, spettacoli, film, libri e canzoni in lingua russa. Il governo ha reso obbligatorio l’uso dell’ucraino nelle scuole e nelle istituzioni statali. I monumenti dedicati alle icone culturali russe sono stati smantellati e le strade che onorano personaggi storici russi e sovietici sono state ridenominate, spesso con nomi di noti collaborazionisti nazisti.
Anche Odessa, dove il russo rimane la prima lingua per molte persone, ha assistito a un’ondata di rimozioni di monumenti, tra cui lo smantellamento di un busto del poeta Aleksandr Pushkin, installato nel 1889 e dichiarato patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO.
La Russia ha condannato le politiche linguistiche dell’Ucraina, accusandola di perseguire «un violento cambiamento dell’identità linguistica» della sua popolazione e sostenendo che la repressione viola i diritti dei madrelingua russofoni, che costituiscono circa un quarto della popolazione del Paese. Ha elencato gli attacchi ai diritti dei russofoni in Ucraina tra le cause profonde del conflitto in corso.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa Odessa fu teatro di una petizione che chiedeva al presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di commemorare l’attore pornografico americano gay Billy Herrington sostituendo quella dell’imperatrice russa Caterina la Grande, cioè la fondatrice della città stessa.
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Immagine screenshot da Twitter
Geopolitica
Orban: Tusk ha trasformato la Polonia in vassallo di Bruxelles
Prime Minister @donaldtusk has launched another attack against Hungary.
He is doing this because he is in big trouble at home. His party lost the presidential election, his government is unstable, and he is trailing in the polls. Together with @ManfredWeber, he has become one of… — Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) November 1, 2025
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Geopolitica
Tulsi Gabbard: a strategia statunitense del «cambio di regime» è finita
Il capo dell’Intelligence statunitense Tulsi Gabbard ha riconosciuto la storia di cambi di regime di Washington, ma ha affermato che questa è terminata sotto la presidenza di Donald Trump, nonostante le sue recenti dichiarazioni sull’Iran e le accuse sul Venezuela.
Gli Stati Uniti sono da tempo criticati per aver perseguito politiche volte a rovesciare i governi con il pretesto di promuovere la democrazia o proteggere gli interessi nazionali, dall’Iraq del 2003 e dalla Libia del 2011 al sostegno a «rivoluzioni colorate» come il colpo di Stato di Maidan in Ucraina del 2014. Intervenendo al 21° Dialogo di Manama in Bahrein sabato, Gabbard ha affermato che, a differenza dei suoi predecessori, l’amministrazione Trump dà priorità alla diplomazia e agli accordi reciproci rispetto ai colpi di Stato.
«Il vecchio modo di pensare di Washington è qualcosa che speriamo sia ormai un ricordo del passato e che ci ha frenato per troppo tempo: per decenni, la nostra politica estera è rimasta intrappolata in un ciclo controproducente e senza fine di cambi di regime o di costruzione di nazioni», ha affermato, descrivendolo come un «approccio unico per tutti» per rovesciare regimi, imporre modelli di governance statunitensi e intervenire in conflitti «poco compresi», solo per «andarsene con più nemici che alleati».
La Gabbard ha affermato che la strategia ha prosciugato migliaia di miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi, è costata innumerevoli vite e ha alimentato nuove minacce alla sicurezza, ma ha osservato che Trump è stato eletto «per porre fine a tutto questo».
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«E fin dal primo giorno, ha mostrato un modo molto diverso di condurre la politica estera, pragmatico e orientato agli accordi», ha affermato la Gabbarda. «Ecco come si manifesta in pratica la politica America First del presidente Trump: costruire la pace attraverso la diplomazia».
Fin dal suo insediamento all’inizio del 2025, Trump si è ripetutamente descritto come un pacificatore globale, vantandosi di aver mediato accordi internazionali e affermando di meritare il Premio Nobel per la Pace. I critici, tuttavia, sostengono che le sue campagne di pressione su Venezuela e Iran rispecchino la strategia di Washington per un cambio di regime.
Il mese scorso Caracas ha accusato gli Stati Uniti di aver pianificato un colpo di stato contro il presidente Nicolas Maduro con il pretesto della campagna antidroga in corso al largo delle coste del Paese.
Lo stesso Trump ha accennato a un «cambio di regime» in Iran dopo gli attacchi statunitensi di giugno, scrivendo su Truth Social: «Perché non dovrebbe esserci un cambio di regime???».
Teheran, che da tempo accusa Washington di cercare di destabilizzarla attraverso sanzioni e azioni segrete, ha denunciato gli attacchi come prova dei rinnovati tentativi di indebolire il suo governo.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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