Spirito
La Fraternità San Pio X sta per consacrare nuovi vescovi?
La notizia sta rimbalzando da tre giorni nella rete dei siti del tradizionalismo francese: la Fraternità San Pio X potrebbe procedere con l’ordinazione di nuovi vescovi. Tuttavia, alcuni negano che la notizia indichi che le consacrazioni siano imminenti.
L’origine della notizia è una pubblicazione del priorato della Fraternità a Le Pointet, nella Francia centrale. Nel bollettino uscito il 24 dicembre, un articolo del priore padre Alain Delagneau – intitolato «Consacrazioni!?!» – incoraggia i fedeli a non turbarsi delle reazioni che vi saranno contro future consacrazioni, come avvenne per le consacrazioni fatta dal fondatore della Fraternità monsignor Marcel Lefebvre nel 1988.
«Il superiore generale ci ha domandato di preparare i fedeli alla consacrazione di nuovi vescovi, senza precisare la data» scrive il bollettino. «In effetti, i nostri prelati avanzano con l’età, e il loro ministero non fa che crescere nel mondo».
«È una questione grave, che può turbare certi fedeli, specialmente i giovani che non si interessano abbastanza della crisi della Chiesa, e anche i nuovi convertiti che non hanno avuto gli argomenti comunicati dall’anno 88».
«Noi dobbiamo aspettare – da parte delle autorità – di essere trattati da scomunicati, da scismatici. Tutte cose dolorose e disturbanti per un cattolico. I media sapranno caricare queste condanne, ma anche la compagnia San Pietro e compagnia… Una buona occasione per essi per giustificare la loro scelta nella crisi della chiesa».
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«Stiamo arrivando alle consacrazioni senza l’accordo e addirittura contro il parere del Papa» continua il testo, citato dal sito tradizionalista francese Médias-Presse-Info. «È chiaro che è il papa ad avere giurisdizione universale su tutti i cristiani, e quindi è lui che affida parte del gregge a ciascun vescovo, pur rimanendo responsabile davanti a Dio. È per diritto divino. Ma la scelta dei vescovi avviene secondo il diritto ecclesiastico. (…) E quindi rifiutare i vescovi alla Tradizione è una legge umana, mentre salvare le anime è una legge divina».
«Pertanto, in casi di grave necessità per le anime del mondo intero, possiamo, e anche dobbiamo, andare contro la legge umana per salvaguardare la legge divina».
Come scrive il sito Risposte Catholique, «la prospettiva di un accordo tra la FSSPX e Roma è oggi molto lontana, tali consacrazioni verrebbero quindi molto probabilmente conferite senza mandato papale. La Fraternità San Pio X ha smentito questa informazione qualche mese fa».
Attualmente la Fraternità dispone di tre vescovi: monsignor Bernard Tissier de Mallerais (78 anni), monsignor Alfonso de Galarreta (67 anni a gennaio) e monsignor Bernard Fellay (65 anni) – l’ulteriore vescovo ordinato da monsignor Lefebvre, monsignor Richard Williamson, è uscito formando una sua Fraternità nota con il nome di «Resistenza».
I tre vescovi esercitano il ministero nei quattro angoli del globo dove vive l’oltre mezzo milione di fedeli della FSSPX – si pensi alla questione «tecnica» delle cresime, che necessitano della presenza di uno dei tre prelati, che quindi girano in tutte le comunità del mondo dove si portano i bambini al catechismo di San Pio X.
Le comunità della FSSPX in questi ultimi anni sono aumentate notevolmente di dimensioni, specie quando durante il COVID le chiese conciliari avevano preso a dare l’Eucarestia sulla mano con i guanti di lattice. Il caos programmatico che promana da Roma, esemplificato in questi giorni dallo scandalo del documento Fiducia Supplicans, ha ingrossato ancora di più le messe della Fraternità.
Un messaggio apparso alla viglia di Natale su Le Forum Catholique negava che la notizia data nel bollettino di Le Pointet sia una novità:
«Queste informazioni trasmesse da Pointet risalgono già a diversi mesi fa. All’epoca, un convento aveva già segnalato nel suo bollettino che il superiore generale della FSSPX aveva suggerito ai priori francesi di iniziare a preparare gli spiriti. Niente di veramente nuovo».
«Se uno o due vescovi ausiliari della FSSPX cominciassero ad avere seri problemi di salute e i sacramenti e le benedizioni da conferire non potessero più essere conferiti, si porrebbe il problema» continua il messaggio intitolato «Non è assolutamente un annuncio della FSSPX».
«Da notare che nulla indica che i superiori vogliano a tutti i costi fare a meno dei passi che mons. Lefebvre ha avuto cura di intraprendere presso la Santa Sede prima del 1988 e di cui nessuno può prevedere l’esito. Inoltre il contesto degli ultimi giorni è stato esplosivo e potrebbe cambiare molte cose. Chi può dire che l’unità della Chiesa (tra Germania e Africa), come la conosciamo, sarà preservata entro un anno?»
«I tre vescovi della FSSPX stanno attualmente molto bene e non vi è alcun segno di una loro imminente scomparsa. Il maggiore, mons. Tissier de Mallerais, si prepara a celebrare i santi misteri questa sera al seminario di Écône. Quel che è certo, infine, è che la decisione sarà ponderata con attenzione e non sarà certamente il frutto di un’assemblea sinodale di pochi lettori né il frutto delle pressioni di qualche blog».
Voci su consacrazioni e su possibili accordi con Roma si sono ripetute altre volte in questi anni.
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Immagine di DICI via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine ingrandita
Spirito
Chiesa 2.0 del cardinale Walter Kasper
Un’interpretazione molto personale dell’evoluzione della funzione cardinale
Radicata inizialmente nella liturgia, la funzione cardinalizia si sarebbe, secondo le parole dell’ex professore dell’Università di Tubinga, «politicizzata» per diventare il giocattolo delle grandi famiglie romane fino a essere coinvolte nel declino della Roma decadente del tardo Medioevo. In epoca moderna, la funzione cardinalizia si sarebbe poi ridotta all’esercizio del ruolo di funzionario della Curia Romana, prima della grande «riscoperta» di questa veneranda istituzione durante il Concilio Vaticano II, che costituisce tuttora l’alfa e l’omega della Chiesa per Mons. Kasper.Sostieni Renovatio 21
Un’affermazione molto discutibile
Gli studi concordano nel vedere la lontana origine dei cardinali nel presbyterium, un’assemblea di sacerdoti e diaconi che assistono e consigliano il vescovo nella guida del suo gregge. Sant’Ignazio di Antiochia lo menziona come «il Senato del vescovo», al quale i fedeli devono rispetto perché rappresenta il vescovo, ma al di sotto di lui. Anche il vescovo di Roma era circondato da un presbyterium. Ma, «dalla somiglianza di origine e dal fatto che il nome di cardinale era comune all’alto clero romano e all’alto clero di altre città vescovili, sarebbe errato concludere», precisa il Dizionario di Teologia Cattolica, «che questo nome rispondeva in entrambi i casi a identiche prerogative». «Il titolo di papa veniva anticamente dato indiscriminatamente a tutti i vescovi e non venne mai in mente a nessun cattolico di metterli tutti, per questa ragione, sullo stesso rango. È il caso del nome cardinale: in origine era generico e non implicava di per sé alcun ruolo specifico; nessun grado uniforme di potere; il suo valore esatto è stato determinato in base alle circostanze». «I cardinali di una determinata diocesi diversa da quella di Roma non hanno mai potuto ricevere dal loro vescovo, per condividerlo con lui, nessun altro potere se non quello contenuto entro i limiti di quella diocesi; ma i dignitari associati dal Sommo Pontefice all’amministrazione degli affari che gli spettavano acquistarono necessariamente potere e influenza estendendosi a tutta la Chiesa». Bastano queste righe autorevoli per rimettere in discussione i meriti storici di questo «bicameralismo» che il cardinale Kasper difende, e che equivarrebbe a diluire ulteriormente l’autorità del Romano Pontefice. «Speriamo di mantenere Francesco ancora per qualche anno e che i suoi successori completino le sue riforme», ha detto il cardinale Kasper. Una conclusione carica di incertezza, che lascia intendere che il progressismo è ancora lungi dall’aver vinto e che nel prossimo conclave resta l’elezione di tutte le possibilità, sotto la benevola grazia dello Spirito Santo.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Ritorno all’affare del catechismo olandese (1966-1968)
È utile raccontare la vicenda del Catechismo olandese, che è stata richiamata da mons. Peter Kohlgraf come punto di paragone con l’evoluzione della Chiesa in Germania.
Sfondo
I cattolici olandesi sono da tempo noti per la loro fede, perché fin dal XVI secolo hanno dovuto lottare contro un clima protestante ostile. Nel XX secolo sono diventati la maggioranza, con strutture importanti, una forte identità e numerosi missionari in tutto il mondo.
Ma dopo la guerra, il materialismo trasformò la vita. La pratica, superiore al 70%, era in declino. Dall’inizio degli anni ’60, tra i cattolici olandesi si diffuse l’uso dei contraccettivi, con la conseguente riduzione delle dimensioni delle famiglie, del numero dei candidati al seminario e una diminuzione del senso di fede. La tradizionale presa di distanza dai protestanti non aveva più senso.
Contesto
Dal 1956 i professori dell’Istituto catechetico superiore di Nimega furono incaricati dall’episcopato olandese di comporre un catechismo per i bambini. Nel 1960 si decise di realizzarlo per adulti. Fu pubblicato nel 1966 con l’imprimatur del cardinale Bernardus Alfrink.
La direzione si deve al gesuita olandese Piet Schoonenberg (1911-1999) e al domenicano belga Edward Schillebeeckx (1914-2009), professori dell’Istituto. Fr. Schillebeeckx era una voce ascoltata al Concilio Vaticano II, anche se non era stato nominato esperto.
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Le origini delle gravi carenze del Catechismo
Il testo considera la situazione del mondo, cercando di cogliere in modo positivo le diverse religioni, compreso il marxismo, come espressioni della ricerca di Dio. Integra la prospettiva delle scienze e quella dell’evoluzione. Questo approccio era difettoso.
Ciò nonostante, la cosa peggiore non fu questa. Sono stati scoperti gravi errori, la cui radice risiedeva in due intenzioni sottostanti. Il primo: andare d’accordo con la parte protestante del Paese, cercando di migliorare le spiegazioni cattoliche, ma evitando anche ciò che potrebbe dispiacere ai riformati.
La seconda: si trattava di raggiungere il mondo moderno. Ciò ha portato alla ricerca di formule morbide, a evitare argomenti difficili (il peccato originale, i miracoli) e a interpretare altri, «meno credibili», come il concepimento verginale, gli angeli e la risurrezione, come metafore. Gli scrittori si erano convinti che questi punti non fossero propriamente questioni di fede e che fossero liberi di cercarne un’interpretazione simbolica.
Infine, gli scrittori hanno cercato espressioni alternative alle formule tradizionali della Fede, sostituendo la terminologia «filosofica». Ciò ha portato a ricostruzioni difficili e insolite dei dogmi centrali – la Trinità, la personalità di Gesù Cristo, il peccato, i sacramenti – che hanno perso precisione. Il problema sta in ciò che non è stato affermato o in ciò che è stato reinterpretato.
Opposizione cattolica
L’opposizione sorse subito da parte dei cattolici ben formati. Hanno denunciato le carenze in un giornale (Confrontatiie) e hanno inviato una lettera al Papa, pubblicata sulla stampa cattolica (De Tijd). Gli autori del catechismo hanno reagito molto male.
Paolo VI nominò allora, d’accordo con Alfrink, una commissione mista composta da tre teologi romani (Edouard Dhanis, Jan Visser, Benedict Lemeer) e tre membri dell’Istituto di Nijmegen (Schoonenberg, Schillebeeckx e W. Bless). Si incontrarono a Gazzada (Italia) nell’aprile 1967, ma la delegazione dell’Istituto rifiutò per principio ogni cambiamento.
La Commissione Cardinalizia
Paolo VI nominò poi una commissione di sei cardinali (giugno 1967): Josef Frings, Joseph-Charles Lefebre, Lorenz Jaeger, Ermenegildo Florit, Michael Browne, Charles Journet. Sarebbero assistiti da sette teologi. L’elenco dei punti da correggere o chiarire è lungo:
L’esistenza degli angeli e dei demoni, la creazione immediata dell’anima da parte di Dio, il peccato originale, il poligenismo, il concepimento verginale di Cristo, la verginità perpetua di Maria, la soddisfazione espiatoria del sacrificio della Croce, la perpetuazione del sacrificio nell’uomo Eucaristia, Transustanziazione, Presenza Reale, infallibilità della Chiesa, sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune, primato di Roma, conoscenza della Trinità, coscienza divina di Gesù, battesimo, sacramento della Penitenza, miracoli, morte e risurrezione, giudizio e del Purgatorio, l’universalità delle leggi morali, l’indissolubilità del matrimonio, il controllo delle nascite, i peccati veniali e mortali e lo stato matrimoniale.
La commissione pubblicò una Dichiarazione (15 ottobre 1968), indicando le necessarie correzioni e integrazioni. Come riferisce Omnes, «L’Istituto si rifiutò di correggere il testo e promosse traduzioni in tedesco, francese, inglese e spagnolo, senza rettifiche o nihil obstat […] [E] erano sicuri che la loro proposta fosse il futuro della Chiesa universale ed erano pronti a difenderlo ad ogni costo.
«Si è deciso poi di convertire le correzioni in un Supplemento di circa 20 pagine, che potrebbe aggiungersi ai volumi invenduti delle varie edizioni e traduzioni, previo benestare degli editori».
Influenza del «Consiglio» pastorale olandese
Questo «concilio», iniziato nel 1966, è stato influenzato dagli errori del Catechismo olandese. In particolare, la terza sessione (1969) fu molto segnata dal clima creato dalla questione del Catechismo e dalla tensione con Roma scaturita dal suo esame e poi dalla Dichiarazione della Commissione Cardinalizia.
Ciò spiega in parte gli eccessi che questo «concilio» ha esaminato e poi votato con la benedizione dell’episcopato olandese.
Paolo VI, su richiesta di Jacques Maritain e del cardinale Charles Journet, che prepararono l’ossatura del testo, reagì con la pubblicazione del Credo du peuple de Dieu, proclamato solennemente in Vaticano il 30 giugno 1968, per la chiusura dell’Anno della fede. Il Papa ha sostanzialmente riaffermato le verità di fede negate o messe in discussione dal Catechismo olandese senza nominarlo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagini di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Mons. Viganò: omelia per le Rogazioni contro il cancro conciliare
FIRMAMENTUM MEUM
Omelia nelle Litanie Maggiori, o Rogazioni Pozzolatico (Firenze). 25 Aprile 2024
Dominus firmamentum meum, et refugium meum, et liberator meus. Il Signore è mia roccia, mia fortezza e mio liberatore.
Ps 17, 3
Le Rogazioni riportano molti di noi a tempi remoti, nei quali il 25 Aprile era dedicato alla Benedizione dei campi. Ed era nelle campagne, un tempo nemmeno troppo distanti dalle città, che vedevamo processioni di fedeli e popolo seguire il sacerdote al canto delle Litanie. Ut fructus terræ dare et conservare digneris… Contadini vestiti con l’abito della festa accompagnavano i nostri parroci fino ai loro poderi, dove la sua preghiera echeggiava in un silenzio rotto solo dal canto degli uccelli. Gli alberi da frutto erano in fiore e nell’aria volavano i semi dei pioppi. E si sapeva, nell’intimo di una coscienza che parlava ancora, che il Signore premia il giusto e punisce il malvagio: non solo perché questo era ciò che si sentiva predicare in chiesa, ma anche perché questa giustizia semplice nella comprensione e divina nelle sue manifestazioni mandava le cavallette nel campo di chi lavorava la domenica, e rendeva feconde le coltivazioni, generosi i fianchi delle mucche e delle pecore di chi viveva in Grazia di Dio.Sostieni Renovatio 21
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