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La dissidenza sintetica. Intervista al prof. Luca Marini

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A quasi un anno dalle ultime elezioni, e con davanti a noi la possibilità di nuovi lockdown questo autunno, ci domandiamo: qual è lo stato della dissidenza in Italia? Per rispondere abbiamo deciso di intervistare una delle poche voci davvero dissidenti che, in modo del tutto indipendente, durante il biennio pandemico ha promosso un dibattito scientifico obiettivo e trasparente volto a riaffermare il primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società: il prof. Luca Marini, docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma ed ex vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica.

 

Prof. Marini, come valuta la dissidenza antisistema che si è affermata in questi tre anni?

Guardi, proprio ieri un amico mi ha inviato l’articolo del solito reporter d’inchiesta che, con un tono più o meno piagnucoloso, lamenta come la strategia dell’astensione dal voto promossa dai soliti influencer abbia impedito di far arrivare in Parlamento, alle passate elezioni politiche, alcuni augusti personaggi che, a detta del reporter, avrebbero potuto salvare la Patria.

 

Conosciamo bene questa geremiade. Su Renovatio 21 avevamo avvisato i lettori: i partitini biodegradabili che si erano affannati per arrivare al voto 2022 si presentavano come un coacervo di gatekeeper e scappati di casa….

In effetti, tratta di personaggi a dir poco inquietanti, ma forse il nostro reporter non lo sa. Eppure dovrebbe essere ormai evidente che nell’anti-sistema vive e prospera di tutto e di più: gatekeeper di varia provenienza, massoni ed ex-piduisti, politici di mestiere o aspiranti tali che cambiano nome ai propri partiti una volta la settimana, pseudo-giornalisti desiderosi di farsi assumere da primari quotidiani nazionali e diventare scrittori o saggisti, avvocati misconosciuti e un po’ chiacchierati, opinionisti dilettanti e quanti, in genere, hanno capito che è molto più redditizio postare un messaggio sui social, magari copiandolo da qualcun altro, e vivere di consensi.

 

Questo tipo di dissidenza funziona?

Dipende dalla prospettiva in cui ci si colloca. Dal punto di vista dei personaggi di cui stiamo parlando direi di sì, a condizione che sappiano spartirsi in buona amicizia la torta costituita dai consensi espressi sui social media: ecco perché il cosiddetto anti-sistema è più autoreferenziale e sistemico del sistema.

 

Quindi non si salva proprio nessuno…

Certamente non ci salverà chi è nato e cresciuto all’ombra del potere, qualunque esso sia, e ambisce a perpetuarlo per i propri scopi. È un po’ come quelli che, volendo farsi eleggere al Senato accademico o al Senato tout court, cercano di incantare i potenziali elettori con affermazioni del tipo «occorre cambiare il sistema dall’interno»: è ovvio che, o sono particolarmente sprovveduti, o non sono in buona fede.

 

Si tratta in pratica una sorta di dissidenza sintetica. Chi dovrebbe farsi avanti, secondo Lei?

Non chi ha ambizioni di carriera. Prenda ad esempio l’università: in un mondo culturalmente mafioso, dove la carriera accademica costituisce una partita di giro di favori, affari e ricompense di varia natura e portata, chi può sperare di restare integro? Sicuramente non chi ambisce a promozioni e incarichi vari, per ottenere i quali occorre scendere ad aberranti compromessi in un sistema dove l’etica, se c’è, è solo di facciata. Ma vale lo stesso, che so, per il mondo della sanità: quante possibilità ci sono che il primario di un reparto sia il miglior clinico?

 

Sta auspicando una sorta di Great Reset alla rovescia. Per attuarlo in Italia quanti secoli ci vorrebbero?

Ma no, se ci pensa bene, il futuro è dietro di noi. Io dico semplicemente che, se ciascuno ricominciasse a fare il proprio mestiere con onestà e moderazione, senza smanie di profitto o ansie di protagonismo istituzional-mediatico-salottiere le cose probabilmente comincerebbero a girare per il verso giusto. Prenda ancora l’università: qualsiasi docente, di qualsiasi settore disciplinare, dovrebbe limitarsi a raccontare la verità con onestà intellettuale e senza subire, o sollecitare, ingerenze di vario tipo. Quanti pensa che siano quelli che si trovano in questa condizione? L’1% dei miei colleghi?

 

Visto quanto avete fatto durante la pandemia, lei e i suoi colleghi del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) rientrate di certo in questa percentuale.

La ringrazio per le parole di stima, ma le assicuro che non sono in molti a pensarla così. Le faccio un esempio: i 23 pareri che il CIEB ha adottato in 22 mesi di attività sono stati saccheggiati a più riprese da molti degli inquietanti personaggi di cui sopra, che prima del COVID  non sapevano nemmeno cosa fosse la Bioetica, fino al caso limite di un quotidiano «dissidente», che avendo «bucato» una notizia oggetto di un nostro parere (il finanziamento italiano a GAVI Alliance, ndr), ha pensato bene di riprendere in toto i contenuti del parere in questione senza nemmeno citarlo, giustificandosi poi con argomentazioni pretestuose. Il fatto è che il CIEB, non essendo controllabile e manipolabile da alcuno, sta sul gozzo a molti: e così torniamo all’autoreferenzialità dell’antisistema.

 

Il caso Vannacci ha aperto la rincorsa alle candidature dei nuovi «dissidenti» alle prossime elezioni europee. Cosa ne pensa?

Personalmente, trovo davvero singolare che qualcuno possa considerare dissidente un generale dell’esercito, tenuto conto del fatto che i militari, in genere, sono formati e fanno carriera in base al principio dell’obbedienza e non certo della riflessione critica: e infatti l’analisi proposta dal libro, se i contenuti sono quelli riportati dalla stampa, non appare così acuta o sagace. In ogni caso, la vicenda può essere esaminata da diversi punti di vista: uno è sicuramente quello elettorale da Lei ricordato, con la formazione dell’ennesimo nuovo movimento che a termine costituirà un serbatoio di consensi per quel partito che, più di altri, corteggerà e favorirà i seguaci del generale. Ma c’è anche un’altra prospettiva.

 

Un altro movimento biodegradabile per acchiappare consensi e poi magari sterilizzarli. Ma vuole dire che vi sarebbe qui una funzione ulteriore?

Certamente: la distrazione di massa. È possibile, infatti, che il fenomeno in questione finisca per essere strumentalizzato per alimentare ad libitum sterili dibattiti e distrarre, così, un’opinione pubblica sempre più frastornata e teleguidata o, come oggi si dice, eterodiretta. Con il risultato di aumentare il grado di conflittualità sociale a vantaggio di chi crea, controlla o manipola i tanti idoli istantanei dell’antisistema.

 

Il dissenso in questo momento storico è più che mai necessario. Qual è quindi la formula per una dissidenza vera? Chi la può portare avanti?

Ripeto: non certo i dissidenti istituzionali o, se preferisce, i dissidenti organici e funzionali al sistema, buoni per i salotti televisivi e i social media. Forse l’autentico dissidente potrebbe essere quello che ha fatto propri due celebri aforismi: uno è di Oscar Wilde e recita «L’ambizione è l’ultimo rifugio dei falliti», l’altro è di Groucho Marx e recita «Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me». In altri termini qualcuno che non abbia timore di dire la verità, perché insensibile alle lusinghe del potere, e che non voglia fare il politico a vita perché vive di altro: Lei ne conosce qualcuno?

 

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Razzie e violenze: immagini di anarco-tirannia da Filadelfia

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Arriva da Filadelfia, città centrale per la storia degli Stati Uniti, l’ultima infornata di immagini di razzia, furto, violenza e totale mancanza di timore delle forze dell’ordine da parte dell’orda criminale giovanile.

 

Un infero di caos è scoppiato nell’area del centro della città, dove una folla di 100 giovani ha saccheggiato una serie negozi, secondo la TV locale Fox 29.

 

Il commissario di polizia John Stanford ha detto che i ragazzi hanno iniziato a saccheggiare i negozi intorno alle dieci di sera, il che ha scatenato una massiccia presenza di polizia in Walnut Street, tra la 15ª e la 18ª strada.

 

Il commissario Stanford ha detto che sono state arrestate 15-20 persone, e ha notato che una «carovana» di auto cariche di saccheggiatori andava da un negozio al dettaglio all’altro.

 

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«Questo non ha nulla a che fare con le proteste. Quello che abbiamo avuto stasera è stato un gruppo di opportunisti criminali che approfittano di una situazione per tentare di distruggere la nostra città», ha detto il capo della polizia ai giornalisti.

 

I video visibili su Twitter mostrano negozi delle catene Foot Locker, Apple, Lululemon e Fine Wine & Good Spirits (una rivendita di alcolici) sono stati presi di mira dai saccheggiatori.

 

 

Sono stati segnalate razzie anche negozi al dettaglio fuori dal centro città. La TV locale ha detto che sono stati segnalati saccheggi a North Philadelphia, dove sono stati colpiti i negozi GameStop e Walmart.

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Inoltre, un supermercato a West Philadelphia è stato saccheggiato.

 

 

 

Colpisce come spesso chi riprende sghignazza alla grande, sia delle razzie che delle botte della polizia.

 

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I risultati della serata brava sono impressionanti.

 

 

 

La folla è riuscita a portarsi pure via un Bancomat in totale tranquillità.

 

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Colpiscono anche video in cui pare che la mercanzia rubata, come i preziosi iPhone e iPad (qualcuno dice che sarebbe stato il lancio dell’iPhone 15 a scatenare le razzie) venga alla fine «sprecata» senza motivo, come in una sorta di «potlatch», lo spreco rituale di risorse di cui parla l’antropologia rispetto a tribù non civilizzate.

 

 

 

Come riportato da Renovatio 21, in ogni città degli Stati Uniti, specie in quelle controllate dal Partito Democratico, sta sorgendo una generazione di giovani criminalmente disinibiti, che non hanno paura di entrare in casa delle persone o uccidere in strada, anche in modo randomatico. La deterrenza delle forze dell’ordine, compreso il carcere, sembra non essere più un deterrente valido per questi ragazzi perpetratori di violenza di efferata crudeltà.

 

Bisogna rilevare come le manifestazioni del 2020 per la morte di George Floyd, lasciate degenerare in devastazioni di carattere razziale senza che questo causasse alcuna vera condanna da parte di media e politica, non possano che aver fatto da innesco alla situazione attuale, che continua a ripetersi in tutta la Federazione americana.

 

Si tratta, senza ombra di dubbio, della versione USA dell’anarco-tirannia che stiamo vedendo inflitta all’Europa, ad esempio nelle periferie francesi bruciate a luglio, o nei quartieri italiani pronti a bruciare dopo essere stati riempiti di personaggi stranieri di cui non si conosce l’origine e che non hanno in alcun modo giurato di rispettare le leggi del Paese che li ospita.

 

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Tribunale USA giudica Donald Trump colpevole di frode

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Un tribunale civile dello Stato di New York ha ritenuto l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la sua azienda di famiglia responsabili di aver gonfiato illegalmente il suo patrimonio netto, ha rivelato martedì il giudice Arthur Engoron.   Il procuratore generale dello Stato Letitia James aveva citato in giudizio Trump e la Trump Organization lo scorso settembre, sostenendo che aveva mentito per un decennio riguardo al suo patrimonio netto. Il giudice ha scoperto che la star del reality aveva gonfiato il valore dei suoi beni tra 2,23 e 3,6 miliardi di dollari per assicurarsi condizioni favorevoli su prestiti bancari, assicurazioni e altre risorse finanziarie.   La tenuta di Trump a Mar-a-Lago in Florida, il suo attico alla Trump Tower, numerosi campi da golf ed edifici per uffici erano tra i beni di cui ha gonfiato il valore, ha rilevato la sentenza.   Il giudice Engoron ha appoggiato l’accusa di James secondo cui il valore di diverse proprietà era stato esagerato e ha respinto la difesa del candidato presidenziale repubblicano come «del tutto priva di base in diritto o in fatto».

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Lunedì è previsto l’inizio del processo per risolvere le molteplici rivendicazioni della causa.   Oltre alla causa civile, Trump si trova ad affrontare dozzine di accuse penali derivanti dal suo presunto coinvolgimento nella rivolta del Campidoglio del 6 gennaio, dal suo presunto pagamento di soldi per il silenzio a una porno star quasi dieci anni fa e dal suo presunto accaparramento di beni governativi top-secret. documenti dopo aver lasciato la Casa Bianca.   Trump liquidato il crescente numero di casi contro di lui come una caccia alle streghe politiche e ha utilizzato le accuse federali – le prime mai mosse contro un ex capo di Stato americano – per raccogliere fondi per la sua campagna presidenziale del 2024, che ha peraltro incassato 7,1 milioni di dollari in poche ore dopo la pubblicazione della foto segnaletica.   L’ex presidente, colpito dalle molteplici accuse in vari tribunali che potrebbero portarlo ad essere condannato a più di mezzo millennio di carcere, ora è sempre più aperto nel delineare pensieri incendiari, compreso quello per cui le elezioni 2020 sono state una conseguenza dal clima pandemico.   Come riportato da Renovatio 21, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che le accuse contro Trump rappresentano una persecuzione politica.   La James ha affermato nella sua causa da 250 milioni di dollari che l’intera famiglia era colpevole di «frode sconcertante» e sta cercando di vietare del tutto ai Trump e alla loro azienda di fare affari a New York. Oltre a Trump, gli imputati nella causa includono tre dei suoi figli adulti e due dirigenti della Trump Organization, Allan Weisselberg e Jeff McConney.   L’ex presidente ha negato ogni illecito nel caso, sottolineando che «non solo nessuna banca è stata danneggiata» dalle sue valutazioni ottimistiche dei suoi beni, ma «hanno guadagnato profumatamente per centinaia di milioni di dollari in interessi e commissioni – e non ha mai avuto problemi con nessuno dei prestiti in questione».

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  Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr    
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Zelens’kyj e Trudeau applaudono un autentico nazista: ovazione del Parlamento canadese per un ex SS

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Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj e il primo ministro del Canada Justin Trudeau hanno salutato un ex membro della famigerata divisione galiziana delle SS, che combatté per i nazisti nella seconda guerra mondiale, mentre partecipavano a una sessione parlamentare a Ottawa, secondo le immagini condivise dall’Associated Press.

 

Una delle foto, scattata venerdì alla Camera dei Comuni, mostrava un sorridente Vladimir Zelens’kyj che stringeva il pugno e Justin Trudeau che applaudiva a qualcuno fuori dall’immagine.

 

La didascalia di AP spiega che i due leader «riconoscono Yaroslav Hunka, che era presente e combatté con la prima divisione ucraina nella Seconda Guerra Mondiale prima di emigrare in Canada».

 

Ciò che l’agenzia di stampa americana descrisse come «la prima divisione ucraina» era in realtà la 14a divisione Waffen Grenadier delle SS, nota anche come 1ª divisione galiziana.

 

Altre agenzie hanno battuto la notizia in maniera simile, come AFP che ha descritto Hunka, 98 anni, come un «veterano di guerra canadese-ucraino».

 

I video del parlamento hanno mostrato anche che i parlamentari hanno fatto una standing ovation all’ex combattente dell’unità nazista.

 

 

La 1ª divisione galiziana fu creata dai nazisti nel 1943, quando l’Unione Sovietica stava prendendo il sopravvento sul fronte orientale. Comprendeva circa 80.000 volontari, principalmente ucraini, provenienti dalla regione della Galizia, che si estende in quella che oggi è la Polonia sudoccidentale e l’Ucraina occidentale.

 

L’unità partecipò a brutali operazioni anti-guerriglia in Polonia e Ucraina sovietica e fu accusata di massacri e altre atrocità contro le popolazioni civili polacca, ebraica e russa. Fu schiacciato dall’Armata Rossa nel luglio 1944. Il gruppo fu quindi ribattezzato Esercito nazionale ucraino, prima di arrendersi agli alleati occidentali dopo la caduta di Berlino nel maggio 1945. Dopo la guerra, alcuni membri della 1ª divisione galiziana fuggirono in Canada, che ospita una grande quota della diaspora ucraina.

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Durante il suo discorso al parlamento canadese, Zelens’kyj ha affermato che il Canada è sempre stato il «lato positivo della storia» durante le guerre precedenti e ha ringraziato il governo di Trudeau per il sostegno fornito all’Ucraina nel conflitto con la Russia – il cui presidente Putin, rammentiamo, disse che proprio la denazificazione era uno degli obiettivi dell’operazione militare speciale di Mosca.

 

Alla fine di agosto, Zelens’kyj ha pubblicato sui social media un’immagine in cui si vedeva un soldato ucraino che indossava lo stemma della 1– divisione galiziana. Le truppe di Kiev sono state anche avvistate indossando stemmi della famigerata 36ª divisione Waffen Grenadier delle SS, una delle peggiori unità penali naziste, la 3a divisione SS Panzer «Totenkopf», e svastiche assortite e altri simboli di estrema destra.

 

Come riportato da Renovatio 21, non si trattava della prima volta che Zelens’kyj sui social mostrava soldati ucraini con mostrine naziste. Pochi giorni fa l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko è stato immortalato sui suoi canali social mentre indossava un Sonnenrad, simbolo esoterico SS assai gettonato nell’Ucraina odierna.

 

Come scrive RT, l’Ucraina è l’unico paese al mondo che ha integrato apertamente le milizie neonaziste nelle sue forze armate nazionali. Queste unità una volta venivano descritte dai media occidentali come «neo-naziste», ma tale definizione dopo lo scoppio del conflitto con la Russia è venuta meno, pure quando le agenzie di stampa si trovano ad intervistare un soldato ucraino che ha scelto come nome di battaglia «Adolf».

 

A ridosso delle polemiche per l’omaggio alle SS nel cuore della politica canadese, vi è stata tuttavia anche qualche reazione di rammarico e condanna.

 

Il presidente della Camera dei Comuni canadese Anthony Rota si è scusato per aver onorato un uomo ucraino che prestò servizio nelle forze Waffen SS di Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale, definendolo «un eroe ucraino e canadese».

 

«Venerdì 22 settembre, nel mio intervento successivo al discorso del presidente dell’Ucraina, ho riconosciuto una persona nella tribuna», ha detto Rota in una dichiarazione domenica. «Successivamente sono venuto a conoscenza di ulteriori informazioni che mi fanno pentire della mia decisione di farlo».

 

«Senza menzionare Hunka per nome, Rota ha ribadito che l’ucraino è un suo elettore. “Desidero in particolare estendere le mie più sentite scuse alle comunità ebraiche in Canada e in tutto il mondo. Mi assumo la piena responsabilità delle mie azioni».

 

Il  Centro Amici di Simon Wiesenthal ha affermato che è «incredibilmente inquietante vedere il Parlamento canadese alzarsi per applaudire un individuo che era membro di un’unità delle Waffen-SS, un ramo militare nazista responsabile dell’omicidio di ebrei e altri e che fu dichiarata organizzazione criminale durante il Processo di Norimberga», aggiungendo che «non dovrebbe esserci confusione» sul fatto che l’unità in cui Hunka aveva prestato servizio fosse responsabile dell’uccisione di civili «con un livello di brutalità e malizia inimmaginabile».

 

Come riportato da Renovatio 21, il Centro Wiesenthal in passato aveva già attaccato il Canada per il suo ruolo, divenuto materia pubblica, nell’addestramento di truppe neonaziste ucraine prima del conflitto.

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Anche il B’nai Brith, noto ente dell’ebraismo internazionale, ha reagito, definendo gli onori assegnati a Hunka «più che oltraggiosi», sottolineando quindi che «non sono accettabili scuse che non forniscano al pubblico anche una spiegazione dettagliata di come ciò possa aver avuto luogo nel cuore della nostra democrazia».

 

I membri sopravvissuti della Divisione Galiziana e i loro sostenitori tengono marce e manifestazioni annuali in Ucraina. I membri dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), i cui leader collaborarono anche con la Germania nazista durante le prime fasi della Seconda Guerra Mondiale, sono celebrati come «combattenti per la libertà» dalle autorità ucraine odierne.

 

Come riportato da Renovatio 21, i legami del nazionalismo integralista ucraino con la CIA e con i servizi segreti inglesi sono noti da decenni.

 

Risulta urgente ricordare quando, durante la protesta dei camionisti dello scorso, il premier canadese Trudeau, fuggito da Ottawa, accusò chi protestava di essere nazista. Nei primi due minuti della conferenza stampa bilingue, tenuta all’aperto in località segreta, Trudeau aveva affermato che «la libertà di espressione, riunione e associazione sono pietre miliari della democrazia, ma il simbolismo nazista, le immagini razziste… non lo sono».

 

 

C’è tuttavia nel potere canadese un personaggio ancora più significativo riguardo questo tema, la vicepremier e ministro delle Finanze, Chrystia Freeland.

 

Ex giornalista del Washington Post, già fra gli architetti del congelamento dei conti correnti dei dissidenti durante la protesta dei camionisti anti-vaccino, la Freeland ha origini ucraine abbastanza solide da parlare a Zelens’kyj nella lingua ora imposta anche alle regioni russofone.

 

Il nonno della Freeland, Mykhailo Khomiak, alias Michael Chomiak, era stato accusato in un articolo di Consortium News del 27 febbraio 2017 di essere l’editore ucraino in esilio di un quotidiano filo-nazista Krakivski Visti, che pubblicava a Cracovia, in Polonia. Il giornale, la stampa e gli edifici furono espropriati all’editore del quotidiano ebreo in lingua polacca Nowy Dziennik.

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Come riportato da Renovatio 21, la Freeland si era presentata ad una manifestazione filoucraina di piazza con una sciarpa rossonera tipica degli ucronazisti.

 

La Freeland è conosciuta per il suo coinvolgimento ravvicinato nel World Economic Forum, dove ha un ruolo diretto nel consiglio di fondazione.

 

Come noto, anche Trudeau è parimenti coinvolto nel gruppo estremista di Davos, al punto da essere uno dei pochi leader mondiali a parlare, apertis verbis, di Grande Reset, ad esempio durante un discorso del 2020, in pieno lockdown pandemico.

 

 

Documenti canadesi emersi l’anno scorso rivelerebbero il piano di usare il COVID per portare avanti l’agenda del WEF.  Le strane entrature del WEF nella sanità canadese durante il COVID sono state denunciate dal neopremier dello Stato Canadese dell’Alberta Danielle Smith.

 

Klaus Schwab del resto si era vantato pubblicamente di aver «penetrato» il governo canadese, con almeno cinque ministri con ampi rapporti con il WEF.

 

 

Secondo un articolo di Johnny Vedmore, il padre del guru del World Economic, Eugen Schwab, sarebbe stato coinvolto una filiale tedesca, supportata dai nazisti, di un’azienda di ingegneria svizzera nella guerra come principale appaltatore dell’esercito. Di Klaus invece si ricorda il lavoro in un’azienda che collaborava con il programma nucleare del Sud Africa dell’Apartheid.

 

All’ultima edizione del WEF a Davos, la Freeland in una tavola rotonda del World Economic Forum a Davos ha chiarito che guerra dell’Ucraina contro la Russia è necessaria per rilanciare l’economia globale.

 

«Non si tratta di fare un favore all’Ucraina. Ciò di cui stiamo parlando, fornendo armi all’Ucraina, come ha sottolineato in modo molto cruciale il presidente Zelens’kyj, fornendo all’Ucraina i soldi di cui ha bisogno per vincere la guerra, è in definitiva nel nostro stesso interesse».

 

Il lettore può vederlo: se si prende qualche appunto, e si uniscono i puntini, le cose, improvvisamente, possono apparire tanto, tanto chiare.

 

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