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La Corea del Nord riprende i lanci di palloni di spazzatura

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Secondo quanto riportato dai media sudcoreani, che citano i capi di stato maggiore congiunto del Paese, sabato la Corea del Nord ha lanciato circa 240 palloni carichi di rifiuti verso la Corea del Sud, circa dieci dei quali sono atterrati nel Paese vicino.

 

La Corea del Nord ha iniziato a inviare palloncini pieni di spazzatura verso il suo vicino a fine maggio e da allora ne ha inviati circa 3.600 velivoli di rumenta.

 

Pyongyang afferma di aver fatto ricorso a queste tattiche non convenzionali per rappresaglia contro i palloncini inviati al Nord contenenti volantini di propaganda. Seul, a sua volta, ha risposto riprendendo le trasmissioni di propaganda quotidiane su vasta scala attraverso gli altoparlanti di confine a metà luglio.

 


 

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Secondo la Yonhap News Agency, alcuni dei palloncini sono arrivati ​​nella provincia di Gyeonggi, che circonda la capitale di Seoul. La polizia locale ha confermato di aver ricevuto due segnalazioni di gonfiabili carichi di spazzatura nel fine settimana.

 

Il capo di stato maggiore congiunto sudcoreano ha affermato che i palloni contenevano frammenti di carta e bottiglie di plastica e che nel loro carico non sono state rilevate sostanze pericolose.

 

Il lancio di sabato, avvenuto dopo una pausa di oltre due settimane, ha segnato l’undicesima volta che la Corea del Nord invia palloni di questo tipo al suo vicino meridionale.

 

Il mese scorso, diversi palloni carichi di rifiuti sono atterrati nel complesso degli uffici presidenziali a Seul, ha osservato Yonhap.

All’inizio di giugno, il vice ministro della Difesa della Corea del Nord, Kim Kang Il, aveva annunciato che il suo Paese avrebbe «temporaneamente sospeso lo sbarco di rifiuti oltre confine», sostenendo che la campagna aveva raggiunto i suoi obiettivi. Il funzionario ha tuttavia avvertito che Pyongyang potrebbe riprendere i lanci se Seul intraprendesse ulteriori azioni ostili.

 

Secondo le autorità sudcoreane, i palloni lanciati negli ultimi mesi contenevano mozziconi di sigaretta, plastica ed escrementi umani; alcuni di essi erano dotati di timer, il che indica che erano stati progettati per scoppiare a mezz’aria.

 

Commentando le azioni del Nord all’inizio di giugno, il ministro della Difesa sudcoreano Shin Won-sik le ha descritte come «inimmaginabilmente vergognose e meschine per un Paese normale».

 

Kim Yo Jong, membro dell’organismo politico supremo della Corea del Nord, la Commissione per gli Affari di Stato, a sua volta ha dichiarato che «quando si sperimenta quanto sia spiacevole e stancante ricevere roba appiccicosa, ci si rende conto che non si può parlare di libertà di espressione così facilmente quando si tratta di volantini nelle zone di confine», ha riportato l’agenzia di stampa nordcoreana KCNA.

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Negli ultimi mesi le tensioni tra i due paesi vicini sono aumentate a causa dei test missilistici di Pyongyang e delle esercitazioni congiunte di Seul con gli Stati Uniti sulla penisola.

 

Pyongyang un mese fa aveva denunciato che l’Occidente sta preparando la «versione asiatica della NATO». Poche setitmane prima, il presidente russo Vladimiro Putin, in visita in Estremo Oriente, aveva dichiarato che la Russia è pronta ad armare la Corea del Nord.

 

Come riportato da Renovatio 21, varie agenzie di Intelligence occidentali hanno avvertito di attività hacker nordcoreana in corso.

 

La scorsa primavera i nordcoreani, in un contrattacco nucleare simulato, hanno testato la tecnologia di innesco nucleare.

 

Dopo lo stralcio dell’accordo militare con Seul, nel corso di questi mesi varie voci da Pyongyang hanno ripetuto che la guerra è solo «questione di tempo».

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Ai nordcoreani è stato ordinato di identificare le donne con tette «antisocialiste»

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La Corea del Nord ha lanciato una severa campagna contro le donne sospettate di aver utilizzato protesi mammarie considerate «capitaliste», classificando tali interventi estetici come «antisocialisti» e «borghesi». Lo riporta il giornale britannico Telegraph.   Le forze di sicurezza del regime starebbero effettuando ispezioni invasive, con i responsabili dei comitati di quartiere incaricati di individuare donne che mostrano evidenti modifiche fisiche e di segnalarle per ulteriori accertamenti.   Nel regime guidato da Kim Jong-un, interventi come l’aumento del seno e la chirurgia delle palpebre sono ritenuti «atti non socialisti» e sono vietati. Chi viola queste norme rischia gravi conseguenze.   La notizia è emersa in concomitanza con un processo pubblico tenutosi nella sala culturale di Sariwon, dove un medico e due giovani donne sono stati processati per aver praticato e subito interventi al seno non autorizzati. Il medico, con scarsa esperienza, aveva abbandonato gli studi di medicina prima di completare la formazione chirurgica.   «A metà settembre, un processo pubblico si è svolto in un centro culturale nel cuore di Sariwon contro un medico che ha eseguito un’operazione illegale di mastoplastica additiva e due donne che si sono sottoposte all’intervento», ha riferito una fonte della provincia di North Hwanghae al quotidiano sudcoreano Daily NK.   I pubblici ministeri hanno accusato le donne di essere state «contaminate dalle usanze borghesi» e di aver adottato un «comportamento capitalista corrotto». Le imputate hanno dichiarato di voler «migliorare il loro aspetto», ma sono state definite una minaccia per il sistema socialista.

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Il giudice ha promesso «punizioni severe», mostrando come prove strumenti medici, silicone di contrabbando e denaro contante. Secondo quanto riferito, il giudice ha dichiarato che una delle imputate «non aveva alcuna intenzione di essere leale all’organizzazione e al collettivo, ma era ossessionata dalla vanità, diventando un’erba velenosa che minava il sistema socialista».   Una fonte ha inoltre riferito al Daily NK «che tra i residenti presenti al processo, si sono sentite critiche come “i medici fanno di tutto per denaro”, ma anche commenti di solidarietà, come “Non lo fa forse perché non ha altri mezzi per vivere?”»   Molte donne di Sariwon vivono nel timore di essere sottoposte a controlli se sospettate di aver effettuato interventi di chirurgia estetica.  

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Animali

Il Canada vuole eutanasia di massa anche per gli struzzi

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Una controversia legata alla gestione di un focolaio di influenza aviaria ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica canadese. Tutto ha avuto inizio nel 2024, quando i proprietari di un’azienda agricola a conduzione familiare nella Columbia Britannica hanno rilevato sintomi compatibili con l’influenza aviaria in alcuni struzzi del loro allevamento. La malattia si è diffusa rapidamente tra gli uccelli, causando la morte di 69 esemplari nel giro di un mese.

 

Gli struzzi rimasti, tuttavia, non hanno mostrato segni di malattia nei mesi successivi, suggerendo lo sviluppo di una possibile immunità naturale. Nonostante ciò, l’Agenzia canadese per l’ispezione alimentare (CFIA) ha disposto l’abbattimento dell’intero stormo sopravvissuto, considerandolo un rischio per la salute pubblica e per l’industria avicola nazionale.

 

La decisione ha suscitato una forte reazione da parte della famiglia proprietaria dell’allevamento, che da mesi si oppone al provvedimento attraverso vie legali e mediatiche. La vicenda ha avuto un nuovo sviluppo lo scorso mercoledì, quando la Corte Suprema del Canada ha concesso una sospensione temporanea dell’abbattimento, bloccando l’operazione in attesa di ulteriori decisioni giudiziarie.

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Nonostante la sospensione, gli agenti della CFIA – coadiuvati da oltre 100 agenti di polizia – continuano a presidiare la proprietà, impedendo ogni accesso non autorizzato agli animali. Secondo i proprietari, l’agenzia ha anche vietato loro di effettuare test diagnostici indipendenti sugli uccelli sopravvissuti, con la minaccia di sanzioni che includono multe fino a 200.000 dollari e pene detentive fino a sei mesi per ogni esemplare testato senza autorizzazione.

 

La CFIA sostiene che la presenza degli struzzi costituisca ancora una minaccia biologica. Tuttavia, alcuni osservatori hanno sollevato dubbi sulle modalità di gestione della situazione. In particolare, è stato segnalato che, nei giorni iniziali dell’intervento, alcuni operatori dell’agenzia sarebbero entrati nell’area senza adeguati dispositivi di protezione individuale, adottando misure di sicurezza più rigorose solo successivamente. Anche le forze dell’ordine, secondo quanto riferito, non avrebbero utilizzato equipaggiamenti protettivi durante le operazioni di sorveglianza.

 

La famiglia proprietaria della fattoria, denuncia quella che definisce una violazione dei propri diritti. La figlia dei titolari, ha dichiarato: «Non si tratta solo dei nostri struzzi. È una questione più ampia che riguarda i diritti degli agricoltori e la libertà di gestire le proprie terre».

 

Il caso ha acceso un dibattito pubblico sull’equilibrio tra misure di biosicurezza e diritti individuali, sollevando interrogativi sulla proporzionalità dell’intervento governativo e sulla trasparenza delle valutazioni scientifiche alla base delle decisioni.

 

Rimane il fatto che il Canada, anche per i grandi pennuti, è capitale dell’eutanasia di Stato che si dirige verso l’eliminazione dei bambini autistici (anche senza consenso dei genitori), i malati mentali in genere, i disabili, i depressi da lockdown, gli angosciati, i poveri – etc. Con contorno di record per le predazioni di organi.

 

Due anni fa il Canada registrò che una persona su 25 moriva per MAiD, il nome della pubblica eutanasia canadese.

 

Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di eutanasia animale sconvolse gli USA, forse spostando anche qualche voto delle presidenziali: quello dello scoiattolo Peanut, strappato dalle amorevoli braccia del suo addestratore ed eutanatizzato dalle autorità statunitensi.

 

Perché per il malvagio squirrello che invece terrorizza la California, al momento, non è richiesta la morte di Stato?

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Immagine di Mostafameraji via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Sub trovano 1 milione di dollari in monete d’oro da un relitto spagnolo

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Nascosto sotto le acque cristalline al largo della cosiddetta «Treasure Coast» della Florida, un gruppo di subacquei di una compagnia di recupero relitti ha rinvenuto un prezioso carico di tesori spagnoli, perduti da secoli, dal valore stimato di circa 1 milione di dollari. Lo riporta l’agenzia Associated Press.   Quest’estate, al largo della costa atlantica della Florida, sono state scoperte oltre 1.000 monete d’oro e d’argento, probabilmente coniate nelle colonie spagnole di Bolivia, Messico e Perù, secondo quanto annunciato questa settimana dalla società 1715 Fleet – Queens Jewels LLC.   Non è la prima volta che questo sito svela i suoi tesori. Secoli fa, il 31 luglio 1715, un uragano distrusse una flotta di navi spagnole cariche di oro, argento e gioielli provenienti dal Nuovo Mondo, diretti verso la Spagna, spargendo i loro preziosi carichi in mare, come riportato dalla 1715 Fleet Society.

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Nel corso del tempo, milioni di dollari in monete d’oro della flotta del 1715 sono stati recuperati da cercatori di tesori e recuperatori lungo un tratto di costa che va da Melbourne a Fort Pierce.   Secondo la compagnia, alcune delle monete recentemente recuperate mostrano ancora date e segni di zecca chiaramente visibili, un aspetto prezioso per storici e collezionisti desiderosi di approfondire la storia di questo tesoro perduto.   «Questa scoperta non riguarda solo il valore del tesoro, ma le storie che esso racconta», ha dichiarato ad AP Sal Guttuso, direttore operativo della compagnia di recupero. «Ogni moneta è un frammento di storia, un collegamento diretto con le persone che vissero, lavorarono e navigarono durante l’epoca d’oro dell’Impero spagnolo. Trovarne 1.000 in un solo recupero è un evento raro e straordinario».   Secondo una richiesta di permesso federale presentata dalla compagnia, il team di Guttuso utilizza squadre di subacquei, una flotta di imbarcazioni e dispositivi subacquei per il rilevamento di metalli, rimuovendo manualmente la sabbia o aspirandola per esplorare il fondale marino.   Secondo la legge della Florida, ogni «tesoro» o reperto storico «abbandonato» trovato su terreni o acque statali appartiene allo Stato, anche se ai recuperatori può essere concesso di effettuare «servizi di recupero». La legge prevede che circa il 20% dei materiali archeologici recuperati venga trattenuto dallo Stato per collezioni di ricerca o esposizioni pubbliche.

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Guttuso ha spiegato all’Associated Press che il suo team compila un inventario dettagliato di tutti i reperti raccolti ogni stagione, che sarà esaminato dallo Stato. I funzionari della Florida selezionano fino al 20% degli oggetti da conservare per il pubblico, attraverso un processo di negoziazione approvato da un tribunale federale.   I reperti restanti vengono divisi equamente tra i proprietari della compagnia di recupero e i suoi subappaltatori, ha aggiunto il Guttuso.   Non tutte le operazioni di recupero, però, sono davvero tali.   Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese è emerso che la ricerca del relitto del Titanic era in realtà una missione più ampia e segreta della Marina degli Stati Uniti, volta a testare un sistema di imaging delle profondità marine di recente sviluppo.

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