Animali
Il racconto di un uomo attaccato dalle orche di Gibilterra
Un esperto velista e imprenditore britannico ha raccontato un violento attacco da parte di un gruppo di orche che ha causato danni per 15.000 sterline alla sua imbarcazione. Lo riporta il giornale britannico Daily Mail, che ha pubblicato negli scorsi giorni un’intervista esclusiva al 71enne, che ha descritto i «45 minuti di terrore» vissuti durante l’attacco nello Stretto di Gibilterra nel giugno 2024.
Lo Hegan ha raccontato che la sua barca a vela Swan 391 è stata colpita da un gruppo di quattro orche mentre navigava verso est nello Stretto. L’attacco «surreale», che ha provocato danni ingenti, ha fatto temere a lui e al suo equipaggio che la loro barca di 40 piedi potesse affondare.
Come sa il lettore di Renovatio 21, gli attacchi di orche alle imbarcazioni sono frequenti al largo delle coste di Spagna e Portogallo, soprattutto vicino allo Stretto di Gibilterra e al Golfo di Biscaglia. Tuttavia, lo Hegan ritiene che il numero di questi incidenti sia sottostimato per non allarmare i turisti. «È stato un attacco coordinato durato circa 45 minuti da parte di quattro orche», ha dichiarato al Daily Mail. «È evidente che il problema è più grave di quanto le autorità vogliano far credere per non danneggiare il turismo».
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Il 20 giugno 2024, lo Hegan e la sua famiglia erano salpati da Cascais, vicino a Lisbona, diretti a Gibilterra. Quel giorno avevano appreso di un attacco di un’orca a circa 30 miglia a sud di Lisbona, dove un catamarano aveva perso un timone. «Ci sentivamo tranquilli, pensando che il branco fosse più a nord», ha detto Hegan, aggiungendo che solo l’1% delle imbarcazioni sembrava essere coinvolto in questi episodi.
Due giorni dopo, il 22 giugno, mentre l’equipaggio di quattro persone si avvicinava allo Stretto di Gibilterra, alle 5:45 del mattino, un primo segnale di allarme: una chiamata di soccorso da uno yacht attaccato da un’orca a circa cinque miglia a sud-ovest della loro posizione. «Chi chiamava era in preda al panico, chiaramente terrorizzato», ha ricordato Hegan.
Poche ore dopo, il figlio dello Hegan, al timone, avvistò delle orche nelle vicinanze, seguito da un «forte colpo» contro lo scafo. Il velista ha subito trasmesso un segnale di emergenza sul canale 16 VHF, la frequenza radio marittima per le emergenze. «La guardia costiera mi ha passato al canale 71, mantenendo un contatto continuo durante l’attacco. Mi hanno detto di controllare i supporti del timone per verificare eventuali infiltrazioni d’acqua», ha spiegato. La guardia costiera ha registrato la loro posizione e si è detta pronta a inviare soccorsi se necessario, consigliando di dirigersi verso acque meno profonde, un’impresa «più facile a dirsi che a farsi».
Il primo impatto è stato seguito da colpi ripetuti al timone e allo scafo, in un «attacco coordinato» di quattro orche. «Una si è avvicinata alla poppa capovolta, probabilmente mordendo il timone, mentre un’altra colpiva a gran velocità il timone da entrambi i lati», ha detto Hegan. «Cinque tonnellate di orca contro la barca fanno un impatto devastante!»
Dopo «45 minuti di terrore», le orche si sono allontanate, e l’equipaggio ha puntato verso la costa in acque meno profonde, fermandosi solo quando il timone risultò danneggiato. Fortunatamente, non ci sono state infiltrazioni d’acqua, e i danni, pari a 15.000 sterline, sono stati in gran parte coperti dall’assicurazione.
La barca di Hegan è ancora ferma a La Linea, vicino all’aeroporto di Gibilterra, e lui spera di riportarla a casa l’estate prossima.
«Spero che le autorità trovino una soluzione entro allora», ha detto. La vittima del proditorio attacco orcino ha sottolineato che, sebbene le orche siano protette, ciò mette a rischio le imbarcazioni e potenzialmente la sicurezza degli equipaggi.
«Le autorità hanno proposto di tracciarle per evitarle», ha aggiunto, notando che il problema sembra spesso minimizzato, pur senza desiderare danni alle orche.
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Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni si è avuto il drammatico caso di una barca a vela affondata dalla violenta masnada cetacea. Sono oramai anni che il fenomeno va avanti, facendo registrare almeno un attacco al giorno: parliamo, quindi, di centinaia di aggressioni da parte della teppa bianconera contro gli esseri umani.
Il fenomeno è oramai fuori controllo ma non si trova nessuno, nelle istituzioni, che voglia affrontarlo, forse per il pudore di infrangere il tacito «eccezionalismo cetaceo» per cui ai mammiferi pisciformi sono assegnati grande considerazione e pure «diritti» superiori a quelli dell’essere umano.
Come ripetuto da Renovatio 21, urge trovare una soluzione al più presto, sempre ricordando che, da quello che abbiamo appreso, la grande civiltà giapponese possiede ristoranti dove la malvagia creatura acquatica può essere servita come pietanza.
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Animali
Maiale salva due soldati russi che stavano calpestando una mina: come i muli degli Alpini
🇷🇺🇺🇦🐽 Help came from where it was not expected. A Ukrainian pig saved good Russian people by stepping on a mine. There are heroes even among khokholys pigs. Be kind! pic.twitter.com/stMHahKvIF
— Black Diamond (@blackdiammon) November 15, 2025
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Dinosauro morto sotto un museo di dinosauri
Un dinosauro sembra essere morto sul punto esatto in cui hanno poi costruito un museo dei dinosauri, seppellendo il suo fossile sotto la struttura musiva.
A Denver alcuni scienziati hanno scoperto un fossile di dinosauro di 67,5 milioni di anni fa nel sottosuolo del parcheggio del museo che ospita questi enormi animali oramai estinti milioni di anni fa. Come il Denver Museum of Nature and Science ha spiegato a Catalyst, la sua rivista online, l’antico frammento osseo è stato sepolto a circa 230 metri sotto il parkingo dell’istituzione.
Al di là della coincidenza di tale scoperta sotto un museo di storia naturale, tuttavia, il modo in cui gli amabili resti dinosaurici sono stati rivenuti sfida la credulità del lettore.
Diversi mesi fa, i ricercatori hanno iniziato a perforare sotto il parcheggio del museo per vedere se le temperature sotterranee della Terra potrebbero riscaldarle e raffreddarle in modo sostenibile. Questo «riscaldamento geotermico» utilizza lo stesso principio delle sorgenti termali, rendendo questa forma di energia rinnovabile una delle più antiche del mondo, scrive Futurism.
Una volta che le due piattaforme di perforazione sono iniziate, gli scienziati dietro il progetto hanno deciso di vedere cos’altro potevano trovare scavando in profondità nella crosta terrestre.
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Come spiega un articolo sull’incredibile scoperta, gli archeologi non solo hanno scoperto interessanti campioni geologici all’interno del nucleo campione di sei centimetri e mezzo, ma anche, per puro caso, l’osso parziale di un dinosauro scomparso circa 70 milioni di anni fa.
«È fondamentalmente come vincere alla lotteria e rimanere colpiti da un fulmine nello stesso giorno», ha spiegato il curatore di geologia del museo James Hagadorn in un’intervista a Catalyst. «Nessuno avrebbe potuto prevedere che questo piccolo piede quadrato di terra dove abbiamo iniziato a perforare avrebbe effettivamente contenuto un osso di dinosauro sotto di esso!».
Naturalmente ci sono volute alcune ricerche per determinare che l’osso era di un dinosauro di una non determinata specie fosse e comprendere come fosse deceduto. Successivamente, come spiegato nel documento di Rocky Mountain Geology, l’osso è stato catalogato come un frammento vertebrale da un ornitopode, un’ampia classificazione paleontologica per i dinosauri bipedi ed erbivori del periodo Cretaceo.
Come comunicato dalla direzione del museo, il ritrovamento ha dell’incredibile.
«Questo fossile proviene da un’epoca appena prima dell’estinzione di massa che ha spazzato via i dinosauri», ha spiegato lo Hagadorn, curatore di geologia del museo. «Questa è una scoperta scientificamente e storicamente emozionante».
Come sottolinea Rocky Mountain Geology, questi tipi di «scoperte paleontologiche urbane» sono davvero rari, ma quando accadono, «accendono l’interesse pubblico per la scienza e approfondiscono la nostra connessione con la natura».
Curioso ripensare a un noto cartone animato dinosauresco trasmesso sulla rete berlusconide qualche decennio fa che ha accompagnato i pomeriggi di tanti bambini parcheggiati dai bommer dinanzi alla TV: Ti voglio bene Denver, con l’inevitabile, come sempre inascolatabile ed inaffrontabile, sigla di Cristina D’Avena.
La storia parlava di un cucciolo di dinosauro verde, trovato da un gruppo di adolescenti californiani (sportivissimi, capelli lunghi e biondi) ancora all’interno del suo uovo, che ha il potere di teletrasportare qualsiasi essere vivente nella preistoria oppure di mostrare sulla sua superficie scene di quell’epoca, viene rinvenuto. I californici ragazzotti si affezionano al dinosauro, al quale danno il nome di Denver, ispirandosi all’omonima città capitale del Colorado, dopo aver letto questo nome su un autobus. Il Denverro si scopre un abile schettinatore e chitarrista ghiotto di patatine in bustina. Il rettile pasticcione inoltre riesce a parlare il linguaggio degli esseri umani, doppiato in italiano da Graziano Galoforo.
Se gli scienziati di Denver chiamassero la creatura preistorica del parcheggio Denver saremmo a cavallo. Di un dinosauro.
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Immagine generata artifizialmente.
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Il Giappone invia truppe per contrastare l’aumento degli attacchi mortali degli orsi
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