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Il poeta Shelley citato ancora una volta per la lotta contro le élite

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Renovatio 21 ha dato notizia di come l’ex ambasciatore britannico Craig Murray abbia citato il sonetto Ozymandias di Percy Bysshe Shelley (17928-1822)  per caratterizzare il crollo dell’Impero britannico. Nello stesso giorno, la commentatrice australiana Caitlin Johnstone inizia il suo articolo del 9 luglio con una citazione da La maschera dell’anarchiaI, un poema politico scritto nel 1819 dal marito dell’autrice di Frankenstein:

 

Levatevi come leoni dopo il torpore
in numero invincibile,
fate cadere le vostre catene a terra come rugiada
che nel sonno sia scesa su di voi.
Voi siete molti, essi son pochi

 

La Johnstone indica poi le masse che hanno occupato la casa del presidente dello Sri Lanka, il suo ufficio e il ministero delle Finanze, portando alle dimissioni del presidente e del primo ministro: «Basta guardare questo. Guarda tutte quelle persone che si riversano lì dentro. Questo è un potere davvero maestoso. Immagina quanto sarebbe terrificante ritrovarti a subirlo».

 

«Ogni sovrano nel corso della storia ha passato del tempo a immaginare cosa sarebbe successo se una folla di quelle dimensioni decidesse di assaltare la loro base operativa. Se il loro numero diventasse troppo grande per essere soppresso, o se le tue forze che avrebbero operato la soppressione si unissero invece ai ranghi delle persone, lo scenario migliore per te è che a quel punto saresti già fuggito dall’edificio, come Rajapaksa ha avuto il buon senso di fare poco prima che l’edificio venisse preso d’assalto» continua la scrittrice degli antipodi.

 

«Se ti sei mai chiesto perché i nostri governanti lavorano così duramente per tenerci divisi l’uno contro l’altro, ecco perché. Se ti sei mai chiesto perché ci viene sempre chiesto di portare le nostre lamentele alla cabina elettorale anche se apprendiamo, elezione dopo elezione, che non cambia mai le cose che hanno più disperatamente bisogno di cambiare, ecco perché».

 

Parole veritiere assai.

 

«I dirigenti dell’impero oligarchico che governa su di noi sono terrorizzati dal fatto che un giorno noteremo che siamo molti più di noi di loro, e che non c’è davvero niente che potrebbero fare per fermarci se decidessimo di sostituire loro con un sistema che avvantaggia la gente comune invece di pochi elitisti».

 

Alla fine, il caos dell’ora presente si riduce a questo: élite contro masse.

 

«Questo è il motivo per cui le nostre istituzioni politiche e mediatiche agiscono come agiscono e perché i nostri sistemi sono impostati come sono: per impedirci di renderci conto di quanto sarebbe facile scrollarsi di dosso i vecchi meccanismi di oppressione come un cappotto pesante in una giornata calda e costruire qualcosa di nuovo che funzioni per tutti noi».

 

«Le cose continueranno a peggiorare finché non troveremo un modo per tagliare la nebbia del cervello della propaganda e alzarci come leoni», conclude la Johnstone, citando il verso di Shelley.

 

Lo Shelley insomma in questi giorni fa il pieno di citazioni.

 

Ricordiamo che siamo nel bicentenario della morte dello Shelley: il poeta, della cerchia di Byron, è morto a Viareggio esattamente un secolo fa in un misterioso incidente nautico.

 

La maschera dell’anarchia prosegue poi con parole che risuonano fortissimo anche oggi. Soprattutto oggi

 

Che cos’è la Libertà?… potete dire
ugualmente che cos’è la schiavitù…
Poiché il suo vero nome è cresciuto
fino ad un’eco di voi stessi.

 

È lavorare ed avere un paga tale
appena da menare la vita giorno per giorno
nelle vostre dimore, come in una cella
per lasciare gli agi ai tiranni

 

cosicché per loro voi vi riducete
telaio a aratro e spada e vanga
volenti o nolenti curvi
alla loro difesa e nutrimento.

 

Libertà, schiavitù, lavoro, tiranni, dimore come celle… a qualcheduno ricorda qualcosa?

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L’Ungheria celebra un millennio di cristianesimo con una croce gigante fatta di droni nel cielo

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L’Ungheria ha celebrato la sua eredità cristiana nel giorno di Santo Stefano con fuochi d’artificio e una croce gigante formata nel cielo dai droni. Lo riporta LifeSite.

 

Il 20 agosto, l’Ungheria ha celebrato la sua festa nazionale, la festa di Santo Stefano I, il primo re d’Ungheria. Durante i festeggiamenti, droni luminosi hanno formato una croce gigante sopra il Danubio, vicino al palazzo del Parlamento.

 

Il ministro degli Affari Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha condiviso un’immagine della croce galleggiante con la didascalia «Altri mille anni», in riferimento al fatto che l’Ungheria è una nazione cristiana da un millennio.

 

Lo spettacolo prevedeva anche fuochi d’artificio, una banda musicale e una processione con le reliquie di Santo Stefano.

 

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«Nel giorno di Santo Stefano celebriamo il nostro millenario Stato cristiano ungherese, fondamento della nostra nazione, pilastro dell’Europa cristiana», ha scritto il premier Vittorio Orban su X. «Orgogliosi di portare avanti questa eredità di fede, forza e indipendenza».

 


Durante il suo primo mandato da primo ministro (1998-2002), l’Orban ha avuto un ruolo chiave nello spostamento della corona di Santo Stefano da un museo al centro del palazzo del Parlamento, un atto simbolico che ha sottolineato l’importanza del patrimonio cristiano dell’Ungheria.

 

«Oggi, 20 agosto, festa di Santo Stefano: celebrazioni in tutto il mondo, ovunque si trovino gli ungheresi», ha affermato l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Sua Altezza Imperiale arciduca Edoardo d’Asburgo-Lorena.

 


«Celebriamo oltre 1.000 anni di nazione cristiana» ha scritto SAR.

 

Le immagini dello spettacolo a Budapest sono impressionanti, monumentali in un senso epico e moderno al contempo.

 

 

 

 

 

L’Ungheria ha organizzato uno spettacolo di luci simile il giorno di Santo Stefano degli anni passati, quando i droni hanno pure formato una gigantesca croce fluttuante e una gigantesca corona.

 

 

 

Durante il regime sovietico, la festa di Santo Stefano fu soppressa. Il regime comunista scelse deliberatamente il 20 agosto 1949 come giorno per ratificare la nuova costituzione stalinista, in un apparente tentativo di sostituire la festa e promuovere il comunismo ateo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, i 40 anni di occupazione comunista dell’Ungheria terminarono e la festa di Santo Stefano divenne la nuova festa nazionale ungherese.

 

Re Santo Stefano I fu un fervente cattolico e il primo re cristiano d’Ungheria. Papa Silvestro II lo incoronò nell’anno 1000. Morì il giorno dell’Assunzione del 1038 e, sul letto di morte, dedicò il paese a Maria. Lui e suo figlio Emerico furono canonizzati da Papa San Gregorio VII nel 1083.

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica»

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica» è quanto scrive Pierluigi Panza su Il Fatto d’arte in un articolo che parla della tendenza in auge nei teatri e nei festival musicali, anche prestigiosi. «Del resto, l’opera è un suo territorio naturale poiché da sempre popolato di castrati, ruoli en-travesti, donne travestite da uomini e viceversa».   Nel Novecento, per convenzione, i ruoli originariamente destinati ai castrati sono stati interpretati da donne con voci da mezzosoprano o contralto en-travesti, spiega il critico. Di conseguenza, le voci tradizionalmente presenti sui palcoscenici mondiali sono state quelle di soprano, mezzosoprano e contralto per le donne, e di basso, baritono e tenore per gli uomini.   Negli ultimi anni, però, si è affermata la voce del controtenore tra gli uomini, inizialmente utilizzata principalmente per ricoprire i ruoli scritti per i castrati. Quello che sembrava un capriccio più che una necessità si è rapidamente trasformato in una tendenza diffusa, con un impatto sorprendente e inaspettato.   «Lo vediamo attualmente nel Festival di Salisburgo, dove in giorni successivi sono state messe in scena Drei Schwestern (le Tre sorelle da Anton Cehov) di Eötvös, Giulio Cesare in Egitto di Haendel e Hotel Metamorphosis, un pastiche su musiche di Vivaldi» racconta il Panza. Nella riformulazione di Tre sorelle, il compositore ha fatto la scelta di affidare tutte le parti femminili a «voci maschili, scelta legata al teatro kabuki che è privo di connotazioni maschili o femminili».

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«Una proposta del genere non può che piacere negli odierni tempi fluidi; così le tre sorelle sono state messe in scena con tre bei marcantoni» scrive il critico che avverte che anche il ruolo del soprano è ora insidiato dal genderimo: «la rivoluzione gender non si è fermata al trionfo diffusionale dei controtenori – quasi ricercate star come lo furono i castrati –, ma ha esteso ai maschi la voce da soprano».   «Così avviene nel Giulio Cesare in Egitto sempre in scena al Festival di Salisburgo. Qui il ruolo del romano Sesto è scritto da Haendel per un soprano o per un contralto castrato, cioè per una donna o per un castrato. A interpretarlo a Salisburgo è Federico Fiorio, un soprano veronese. E via con il resto dei ruoli: Giulio Cesare, Christophe Dumax, è un controtenore; Tolomeo, Yuriy Mynenko, un controtenore e Nireno, Jake Ingbar, pure lui un controtenore».   «È la moda del gender, bellezza!» conclude il critico d’arte.   Eravamo rimasti all’idea, diffusa dai giornali e dalle psicologhe invitate nelle scuole elementari cattoliche, che la teoria del gender non esiste. E invece, il gender è all’opera.

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Gli Oasis contro le «lesbiche atee di sinistra»

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Il chitarrista e cantante degli Oasis, Noel Gallagher, durante il concerto del 30 luglio allo stadio di Wimbledon, tra due canzoni ha fatto una domanda particolare al suo pubblico di migliaia di persone

 

«Ci sono lesbiche atee di sinistra?» ha domandato il musicista mancuniano con la chitarra a tracolla. «Potete alzare la mano, per favore?».

 

«Nemmeno una» prosegue il Gallagher, infilandoci dentro la classica parolaccia anglofona con la «f». «Che razza di cultura siamo diventati, eh? Che disgrazia».

 

«La prossima canzona è per le lesbiche atee» dice il Noele. Il pubblico ride, lui parte con una canzone, Where Did It All Go Wrong? (2000).

 

 

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Il Gallagher stava prendendo in giro una comica progressista che sosteneva che gli Oasis fossero la ragione per cui nessuno si presentava ai suoi spettacoli.

 

Kate Smurthwaite si descrive come una «comica, scrittrice, attivista». Il pubblico britannico la ricorda per svariate clip sulla guerra culturale risalenti a quasi un decennio fa, in cui difendeva il femminismo, il politicamente corretto e altro ancora, spesso venendo presa in giro. Un sito di stand up comedy la descrive nella sua pagina di biografia come «una comica e attivista di sinistra, femminista, atea e poliamorosa».

 

La scorsa settimana la Smurthwaite si è cimentata nella parte di stand-up comedy della sua carriera al Fringe Festival di Edimburgo e sfortunatamente il suo spettacolo ha coinciso con un concerto degli Oasis durante la tappa del tour di ritorno della band in Scozia.

 

Mercoledì scorso, la comica lesbica ha pubblicato un video da un locale in cui si vedeva una sala vuota 25 minuti dopo l’inizio previsto del suo spettacolo.

 

 

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«Questo è l’effetto Oasis», ha affermato. «Grandi gruppi di persone con magliette degli Oasis non sono interessati al mio spettacolo né a quello di nessun altro».

 

In un video successivo in cui si vedono folti peli protudere imperiosamente dalle sue ascelle, la Smurthwaite si è lamentata del fatto che il concerto degli Oasis non avrebbe dovuto essere programmato contemporaneamente al festival d’arte e che i notiziari hanno «distorto la storia» che circondava le sue affermazioni.

 

 

Ha ampliato la sua lamentela iniziale sul fatto che gli Oasis dovrebbero essere più rispettosi nei confronti degli altri artisti, aggiungendo che la storia era stata «trasformata in qualcosa del tipo: “un’orrenda comica femminista non riesce ad avere un pubblico per il suo spettacolo perché è sveglia, non è divertente, nessuno è interessato, non è brava come gli Oasis, è amareggiata e furiosa”».

 

La Smurthwaita ha affermato che la copertura mediatica stava oscurando questioni più importanti che affliggono la Gran Bretagna, come il «cambiamento climatico» e le «orribili politiche razziste sull’immigrazione».

 

Nel 2021, a ridosso delle elezioni, il Gallagherro si era scagliato contro il Partito Laburista, reo di essere talmente impresentabile da farsi battere dal Partito Conservatore di Boris Johnson.

 

«Boris Johnson è il simbolo di quanto disgraziato sia il Labour Party, perché se quel fottuto uomo e questo Conservative Party hanno vinto di misura contro il Labour Party allora ho paura di cosa dovremmo dire del partito laburista: una fottuta disgrazia» aveva dichiarato il chitarrista intervistato in un podcasto.

 

«Hanno tradito la classe operaia, hanno tradito la cazzo di gente qualunque e hanno permesso a questa fottuta disgrazia di governare il Paese» ha chiosato l’artista mancuniano. «Il Partito Laburista moderno sono stronzi della classe media che odiano la classe operaia, cazzo, la odiano; è tutto qui e questi cazzo di Tories sono tipo: “Noi li patrociniamo allora”. Quando si sono presi tutti i voti a Nord Boris probabilmente è tornato a Londra e ha detto “Bene, che vadano a fanculo”».

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In passato Renovatio 21 non è stata tenere con gli Oasis, riportando della tragedia che nel dicembre 2021 costrinse 60 persone, bloccate da una tempesta di neve, ad ascoltare per tre giorni cover del gruppo: un evento dove, fortunatamente, non si ebbero vittime.

 

«Non è noto quante volte sia stata ripetuta la cover di Wonderwall, e quali altre perle insopportabili dei litigiosi fratelli mancuniani siano state inferte alla popolazione bloccata nella locanda» scriveva questo sito. «Al momento Renovatio 21 non è in grado di affermare se si sia trattato di un nuovo studio di un progetto MK Ultra segretamente rilanciato, una nuova ricerca dei limiti di sopportazione della mente umana posta sotto immenso stress e tortura. Gli Oasis come arma psicologica tuttavia potrebbero funzionare assai».

 

«Si ritiene che agli Oasis sia inoltre possibile imputare un altro immane danno all’umanità, che è la diffusione – in ispecie in Italia – del nome Liam» aggiungevamo non senza allarme ed amarezza.

 

Tuttavia, visti i recenti sviluppi, ci chiediamo: che sia il caso di ricredersi?

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